Utente:Manuelarosi/Sandbox3
| Fortilizio dei mulini | |
|---|---|
|  | |
| Stato |  Italia | 
| Città |  Spoleto | 
| Coordinate | 42°43′56.4″N 12°44′42.7″E | 
| Informazioni generali | |
| Condizione attuale | rudere fatiscente | 
| voci di architetture militari presenti su Wikipedia | |
Il fortilizio dei mulini è un impervio edificio turrito situato a Spoleto, all'estremità verso Monteluco del Ponte delle Torri. Seppur ridotto a rudere fatiscente, è parte del panorama più famoso e caratteristico della città.
Storia
Non si conosce l'esatto anno di costruzione; probabilmente esisteva già una fortificazione a difesa del precedente ponte/acquedotto di origini romane. Forse venne eretto, o solamente consolidato, in epoca tardo medievale, nel periodo in cui il cardinale Albornoz intraprese importanti iniziative edilizie a Spoleto, come la costruzione della Rocca sul colle sant'Elia e la sistemazione dell'antico ponte romano, alzato e ingrandito come lo vediamo oggi; forse anche il fortilizio, come le altre opere, fu affidato all'ingegno dell'architetto Matteo Gattaponi.
Il primo cenno dell'edificio si trova in un testo del 1572 dedicato alle biografie di Braccio Fortebraccio e di Nicolo Piccinino Perugino. Gli autori descrivono il tentativo, da parte di Fortebraccio, di impadronirsi della Rocca nell'aprile 1419[1]; egli cercò prima di espugnare il fortilizio in incognito, come semplice gregario di una schiera di armati:
Dovette ritirarsi e rimase zoppo per sempre. Altri tentativi disposti dalle sue truppe contro la Rocca non ebbero fortuna alcuna. Il controllo del Ponte sia da oriente sia da occidente si mostrò efficace, come ingegnosamente progettato dal Gattaponi.
Indicato come "lu mulinu a botte"[3], l'esistenza del fortilizio si legge anche negli annali di Parruccio Zampolini (1305-1424).
Fu abbandonato una prima volta nel XVI secolo e solo nel 1601 venne restaurato per volontà di Fabrizio Perugini vescovo di Terracina, luogotenente a Spoleto del cardinale Cinzio Aldobrandini. A questo intervento appartiene la costruzione di un passaggio pensile evidente nell'iconografia dell'epoca. Di nuovo viene usato come mulino [4]
L'edificio fu del tutto abbandonato dopo
Funzioni
La funzione prevalente del fortilizio era di vigilanza: una torre di avvistamento che sorvegliava la via sul ponte, facile da battere e bersagliare dall'alto. All'altro estremo la vigilanza veniva garantita dalla possente fortezza, la Rocca Albornoziana. Il perfetto allineamento fra il fortilizio e una delle più robuste torri (La Torretta) della Rocca, consentiva facilmente segnalazioni di eventuali pericoli, con segnali di fumo o sbandieramenti.
Il fortilizio rappresentava il punto di confluenza di due acquedotti, quello di Cortaccione e quello proveniente da Patrico. Prima di percorrere il canale sopra il ponte, l'acqua si riversava in ampi contenitori all'interno del fortilizio adattato fin dal XIV secolo a svolgere la funzione di serbatoio, denominato Rifolta. Confluendo dentro la Rifolta, le acque con la loro caduta davano la forza necessaria al funzionamento di due mulini comunali, uno dei quali rimase in attività fino a fine ottocento; venne abbandonato dopo la costruzione del nuovo acquedotto di Spoleto nel 1894. Altri vecchi acquedotti meridionali seguitavano a riversarsi ne la Rifolta; la discesa delle loro acque, non dovendo più alimentare il mulino, divenne un suggestivo insieme di cascata e cascatelle.
Note
- ^ Carlo Bandini, La rocca di Spoleto, Spoleto, Tipografia dell'Umbria, 1933, p. 82.
- ^ Gio. Antonio Campano e Giovanbattista Poggio Fiorentino, L'Historie et vite di Braccio Fortebracci detto da Montone, et di Nicolo Piccinino Perugino, su books.google.it, tradotto in volgare da M. Pompeo Pellino Perugino, Venezia, 1572, p. 86. URL consultato il 17 febbraio 2016.
- ^ Parruccio Zampolini, Frammenti degli annali di Spoleto di Parruccio Zampolini dal 1305 al 1424 (PDF), in Achille Sansi (a cura di), Memorie umbre - Documenti storici inediti, p. 22. URL consultato il 13 febbraio 2016.
- ^ Carlo Bandini, Monte Luco, con prefazione di Ugo Ojetti, Spoleto, Claudio Argentieri Editore, 1922, p. 72.