Abu Omar al-Shishani
Tarkhan Tayumurazovich Batirashvili (in georgiano თარხან ბათირაშვილი; Birkiani, 11 febbraio 1986[1] – Al-Shirqat, 14 luglio 2016[2]) è stato un militare e terrorista georgiano, in precedenza sergente dell'esercito georgiano e comandante delle formazioni armate dello Stato Islamico in Siria; tra questi ranghi era meglio conosciuto col nome di battaglia Abū ʿOmar al-Shishānī (in arabo: أبو عمر الشيشاني, Abū ‘Umar ash-Shīshānī - Abu Omar il ceceno). Al momento della sua morte era tra i più ricercati del mondo, con una taglia di 5 milioni di dollari[2].
თარხან ბათირაშვილი Tarkhan Tayumurazovich Batirashvili | |
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Soprannome | Abū ʿOmar al-Shishānī |
Nascita | Birkiani, 11 febbraio 1986 |
Morte | Al-Shirqat, 14 luglio 2016 |
Cause della morte | Trauma balistico |
Etnia | cecena |
Religione | Cristianità ortodossa (fino al 2010) Islam sunnita (2010-2016) |
Dati militari | |
Paese servito | ![]() ![]() |
Forza armata | ![]() File:Emblem of the Islamic State of Iraq and the Levant.png Esercito dello Stato Islamico (2013-2016) |
Specialità | Comandante |
Anni di servizio | 2008-2016 |
Grado | Sergente |
Comandanti | ![]() ![]() |
Guerre | Seconda guerra in Ossezia del Sud |
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Biografia
Giovinezza e servizio militare
Nato nell'allora Repubblica Socialista Sovietica Georgiana da Teimuraz Batirashvili - un cristiano ortodosso appartenente al gvari Batirashvili - e da una donna musulmana d'etnia Kist (un sottogruppo ceceno del Pankisi Gorge georgiano) del clan Melkhi[3][4][5], Tarkhan Batirashvili trascorse la sua infanzia nel villaggio di Birkiani, situato nella regione di Pankisi Gorge, e in gioventù lavorò come pastore nelle colline sopra la valle.
In quel tempo, la sua regione era un importante punto di transito per i ribelli che partecipano alla Seconda guerra cecena; durante una di queste manovre, Batirashvili entrò in contatto con i ribelli ceceni che si spostavano in Russia e aderì alla loro causa[6]. Secondo quanto raccontato da suo padre, fin da giovanissimo Batirashvili aiutò segretamente i militanti ceceni in Russia e, talvolta, si unì a loro in missioni contro le truppe di Mosca[7].
Dopo aver terminato le scuole superiori, Batirashvili si arruolò nell'Forze terrestri georgiane e - stando a quanto testimonia il suo ex comandante Malkhaz Topuriasi, che lo inserì in uno speciale gruppo di ricognizione - si distinse per la sua bravura nell'usare varie armi e mappe[7]. Egli raggiunse il grado di sergente in un'unità di intelligence di recente formazione e durante la guerra russo-georgiana del 2008 prestò servizio nei pressi della linea del fronte, col compito di spiare le colonne di carri armati russi e inoltrare le loro coordinate alle unità di artiglieria georgiana[7].
Batirashvili venne decorato per la sua attività bellica[4] e sembrava sul punto di essere promosso ad ufficiale, me nel 2010 gli fu diagnosticata la tubercolosi e il suo passaggio di grado venne bloccato. Dopo aver trascorso vari mesi in un ospedale militare, venne dimesso per motivi di salute; poco dopo tentò di essere re-inserito nelle forze armate del suo paese, ma non ci riuscì[6][7]. Dichiarato inabile anche per il servizio di sicurezza nella Polizia, in quel periodo dovette patire anche la morte della madre a causa di un cancro e il padre lo descrisse come "molto disilluso"[7].
La conversione all'Islam e la guerra in Siria
Secondo il Ministero della Difesa georgiano, Batirashvili venne arrestato nel settembre del 2010 per possesso illegale di armi da fuoco e fu condannato a tre anni di carcere[7]. Dopo aver trascorso circa 16 mesi in prigione, venne rilasciato all'inizio nel 2012 e subito dopo abbandonò il paese; in un'intervista pubblicata su un sito web gihadista, Batirashvili ha dichiarato che l'esperienza del carcere lo aveva trasformato: "Ho promesso a Dio che, qualora fossi uscito vivo dalla prigione, sarei andato ad adempiere il Jihad sulla Via di Dio" (al-jihād fī sabīl Allāh)[7].
Batirashvili riferì a suo padre che stava partendo per Istanbul, dove i membri della diaspora ceceni erano pronti a reclutarlo per guidare i combattenti all'interno della Siria devastata dalla guerra civile; d'altronde, già un fratello maggiore di Tarkhan era andato in Siria qualche mese prima[7]. In un'intervista, Batirashvili ha detto che aveva preso in considerazione l'ipotesi di andare in Yemen e che visse per poco tempo in Egitto prima raggiungere la Siria nel marzo del 2012[8][9].
Il suo primo ruolo di comando fu quello all'interno della "Brigata Muhajirīn", un gruppo gihadista islamico composto da guerriglieri stranieri che si è formata nell'estate del 2012. Questa unità fu coinvolta nella battaglia di Aleppo e nell'ottobre del 2012 aiutò il Fronte al-Nuṣra durante un assalto condotto contro una base militare siriana ad Aleppo che conteneva strumenti per la contraerea e missili Scud[10].
Nel dicembre del 2012 combatté con la sua brigata al fianco del Fronte al-Nuṣra durante l'invasione della base militare di Shaykh Sulaymān, posta nella parte occidentale Aleppo. Nel febbraio del 2013, insieme alle Brigate al-Tawhid e al Fronte al-Nuṣra, prese d'assalto la base dell'80º reggimento dell'esercito siriano nei pressi del principale aeroporto di Aleppo[11].
Nel marzo del 2013 il Centro Kavkaz riferì che la Brigata Muhajirin si era fusa con due gruppi gihadisti siriani chiamati "Jaysh Muḥammad" e "Katāʾeb [ʿUmar b. al-]Khaṭṭāb" per formare un nuovo gruppo chiamato "Jaysh Muhājirīn wa l-Anṣār" o "Esercito degli Emigranti e degli Ausiliari"[12]. Il comando del gruppo è costituito da una leadership militare, una commissione incaricata di applicare la Shari'a, un Consiglio della Shura e un braccio armato di supporto, chiamato Liwāʾ al-Mujāhidīn al-Islāmī (Formazione armata dei Combattenti del jihād islamico): quest'ultimo è lo stesso nome di un gruppo composto da mujahidin stranieri che combatterono nella guerra in Bosnia[13].
La nuova formazione svolse un ruolo chiave nella cattura della base area di Menagh, avvenuta nell'agosto del 2013, che culminò in un attacco tramite autobomba che uccise e ferì molti membri delle forze armate siriane regolari[14]. Un ramo della Brigata Muhajireen è stato coinvolto nell'offensiva di Laodicea, svoltasi dal 4 al 19 agosto 2013 e conclusasi con la vittoria delle truppe di Baššār al-Asad[15].
L'adesione allo Stato Islamico
Nel mese di agosto 2013 Batirashvili rilasciò una dichiarazione che annunciava l'espulsione di uno dei comandanti della sua brigata, il cosiddetto Emiro Sayf Allāh, e di 27 altri suoi uomini dal gruppo: il georgiano li accusò di appropriazione indebita e di fomentare l'animosità dei siriani locali contro i combattenti stranieri, indulgendo facilmente nella pronuncia di Takfīr - la "scomunica" - contro altri musulmani, con la susseguente liceità della loro uccisione in quanto apostati.[16] Tuttavia, Sayf Allāh negò queste accuse e dichiarò che ciò era avvenuto perché egli si era rifiutato di unirsi allo Stato Islamico dell'Iraq e del Levante, che invece godeva del sostegno di Batirashvili[17].
Alla fine del 2013, Batirashvili è stato sostituito come comandante della formazione "Jaysh Muhājirīn wa l-Anṣār" (Esercito dei Muhājirīn e degli Anṣār) da un altro comandante ceceno, noto come Ṣalāḥ al-Dīn, dopo che nel mese di novembre la maggior parte dei membri ceceni del gruppo non prestarono il loro giuramento di fedeltà allo Stato Islamico (fortemente voluto da Batirashvili[4]) a causa della loro precedente sottomissione a Dokka Umarov, leader dell'Emirato del Caucaso[18].
Secondo il padre di Batirashvili, quest'ultimo da quando ha lasciato la Siria lo ha chiamato una volta per dirgli che ora era sposato con una donna cecena e aveva una figlia di nome Sophia[3]. Per un certo periodo, Batirashvili visse con la sua famiglia in una grande villa di proprietà di un uomo d'affari nella città di Huraytan, a nord-ovest di Aleppo[19], rimanendo in disparte rispetto agli avvenimenti del conflitto siriano.
Con il distacco dell'ISIS dalle altre forze della coalizione nazionale siriana e la nascita del cosiddetto "califfato" guidato da Abu Bakr al-Baghdadi, al-Shishānī ha rapidamente asceso posizioni all'interno dei vertici dello Stato Islamico, tanto che si è parlato di lui come possibile comandante dell'esercito di terra dell'IS dopo la morte di Abū ʿAbd al-Raḥmān al-Bilāwī, avvenuta a Mossul nel giugno 2014.[20] Nominato comandante militare dell'ISIS in Siria,[21] il 16 settembre 2014 ha lanciato le sue truppe all'assedio di Kobanê, perdendo però contro i peshmerga curdi a gennaio 2015.[22]
Morte, presunte morti e smentite
È ufficialmente morto il 14 marzo 2016 in seguito alle gravissime ferite riportate dieci giorni prima quando il suo convoglio è stato colpito da un raid aereo americano presso al-Shaddadeh, una cittadina strategica fra Siria ed Iraq, attaccata dai peshmerga.[2]
Non è la prima volta tuttavia che al-Shishani viene dichiarato morto o catturato, per poi ricomparire: fu dato per deceduto la prima volta a novembre 2014 nel Caucaso,[23] poi in Iraq a giugno 2015,[24] e poi dichiarato catturato dalle United States Army Special Forces a Kirkuk nel dicembre 2015;[25] ipotesi queste tutte rivelatesi evidentemente false.
La morte di al-Shishani avrebbe un peso strategico non indifferente sullo Stato Islamico, secondo il ricercatore Mairbek Vatchagaev, poiché renderebbe all'organizzazione molto più difficile reclutare musulmani ceceni o del Caucaso, che avrebbero potuto vedere in Shishani un leader ideale e familiare.[26]
Il 14 luglio 2016 l'agenzia di stampa Amaq, legata allo Stato Islamico, ha confermato la morte di al-Shishani, attribuendola però a ferite in combattimento nella città di Shirqat, nel governatorato di Salah al-Din in Iraq[27].
Note
- ^ a b Omar al-Shishani, su counterextremism.com. URL consultato il 16 gennaio 2016.
- ^ a b c d U.S. confirms ISIS commander "Omar the Chechen" is dead, su cbsnews.com, 14 marzo 2016. URL consultato il 19 maggio 2016.
- ^ a b "The Georgian roots of Isis commander Omar al-Shishani", BBC News, 9 luglio 2014
- ^ a b c "Syria crisis: Omar Shishani, Chechen jihadist leader", BBC News, 3 dicembre 2008
- ^ "Father fighting in Iraq, the red-bearded "Chechen" told me that he really – Georgians", newsru.com, 11 luglio 2014
- ^ a b 'Omar The Chechen' Should Come Home, Says Dad
- ^ a b c d e f g h "Meet the Rebel Commander in Syria That Assad, Russia and the U.S. All Fear", The Wall Street Journal, 11 luglio 2014
- ^ "Chechen jihadists in Syria: The case of Omar al-Shishani", Al Akhbar English, 1º maggio 2014
- ^ "Syrie. Témoignage d’Omar le Tchétchène, chef militaire de l’Etat islamique", Le Monde, 4 dicembre 2013
- ^ Al Nusrah Front commanded Free Syrian Army unit, 'Chechen emigrants,' in assault on Syrian air defense base, The Long War Journal, 19 ottobre 2012
- ^ Chechen commander leads Muhajireen Brigade in Syria, The Long War Journal, 20 febbraio 2013
- ^ "Chechen commander forms 'Army of Emigrants,' integrates Syrian groups", The Long War Journal, 28 marzo 2013
- ^ “Obliged to Unite under One Banner”: A Profile of Syria’s Jaysh al-Muhajireen wa’l-Ansar, Terrorism Monitor 11 (8), 19 agosto 2013
- ^ "Rebels Gain Control of Government Air Base in Syria", The New York Times, 5 agosto 2013
- ^ "Decoder: The Battle for Syria Begins", Syria Deeply, 5 agosto 2013
- ^ "Influence of Chechen Leader of North Caucasian Fighters in Syria Grows", Eurasia Daily Monitor, 9 agosto 2013
- ^ "Syria Spotlight: Insurgent Split — The Dispute Between Abu Umar al-Shishani & His Deputy, Seyfullakh the Chechen", EA WorldView, 23 novembre 2013
- ^ "Chechen-led group swears allegiance to head of Islamic State of Iraq and Sham", The Long War Journal, 27 novembre 2013
- ^ "'Chechen' and 'Alhomnyh' ... the story of 'jihad' was found paradise in Aleppo", alkhabar-ts.com, 12 luglio 2014
- ^ "Rising Star of ISIS Has Chechen Background and Fierce Reputation", NBC News, 2 luglio 2014
- ^ "Chechen in Syria a rising star in extremist group", Associated Press, 2 luglio 2014
- ^ I curdi hanno riconquistato Kobane, su ilpost.it, 26 gennaio 2016. URL consultato il 19 maggio 2016.
- ^ Isis, ucciso il leader jihadista ceceno al-Shishani. Presto la moneta dello Stato Islamico, su quotidiano.net, 14 novembre 2014. URL consultato il 19 maggio 2016.
- ^ Is, ucciso aiutante al-Baghdadi. Per la prima volta decapitate due donne in Siria, su repubblica.it, 30 giugno 2015. URL consultato il 19 maggio 2016.
- ^ Iraq, catturato da Forze speciali Usa il leader del Daesh Al-Shishani, su ilvelino.it, 28 dicembre 2015. URL consultato il 19 maggio 2016.
- ^ Giuliano Bifolchi, Le conseguenze della possibile morte di al-Shishani potrebbero arrivare fino in Russia, su notiziegeopolitiche.net, 14 marzo 2016. URL consultato il 19 maggio 2016.
- ^ L’ISIS ha confermato la morte di Abu Omar al Shishani, su ilpost.it, 14 luglio 2016. URL consultato il 14 luglio 2016.