Utente:Leila2/Prove
Con l'espressione foto-musica con foto-suoni si designa una particolare tecnica musicale nata sul finire degli anni novanta, nella quale convergono esperienze di etnomusicologia, bruitismo, musica concreta, musica ambient e, più in genere, musica elettroacustica.
Per i suoi forti presupposti poetico-filosofici, che dalla fenomenologia di Edmund Husserl vanno all'"anarchismo metodologico" di Paul Feyerabend alla "post-Filosofia" di Richard Rorty, può essere considerata un vero e proprio genere a sé stante di musica elettroacustica con ineliminabili risvolti applicativi.
La foto-musica si caratterizza, infatti, per essere sempre composta in relazione al contesto per il quale è pensata. Gli spazi architettonici e i loro contenuti, ivi inclusi i suoni che preventivamente li abitano, diventano i primi termini di riferimento dai quali il "foto-compositore" non può prescindere e, anzi, trae le idee stesse e i materiali del suo lavoro.
Principio basilare della foto-musica è l'utilizzo – sul triplice piano sintattico, semantico e pragmatico – del foto-suono, inteso come estratto musicalmente significativo del paesaggio sonoro. Ai foto-suoni possono essere combinati sia suoni sintetici sia suoni di strumenti acustici, compresa la voce con le sue molteplici qualità narrative e/o puramente fonematiche.
Dal punto di vista applicativo, la foto-musica è stata ed è particolarmente impiegata nel campo delle sonorizzazioni museali, ma risulta talvolta utilizzata anche nel quadro di realizzazioni elettroacustiche extra-ambientali che partono tuttavia da un sostrato acustico ambientale.
Teoria
L'impianto teorico della foto-musica ruota intorno ad alcuni concetti-chiave che il suo ideatore, il compositore italiano Riccardo Piacentini, riassume nelle quattro valenze "figurativa" (a), "applicativa" (b), "immersiva" (c), "sintattica" (d).
Il foto-suono organizzato
La metafora con l'universo fotografico deriva dalle prime esperienze di foto-musica, legate all'VIII e IX Biennale Internazionale di Fotografia di Torino (1999, 2001).
Come l'obiettivo della macchina fotografica cattura un'immagine, così il microfono del registratore cattura un suono. Immagine e suono vengono qui assimilati, anche per l'analoga molteplicità delle loro componenti. Un'immagine, infatti, è sempre composita, così come un suono è sempre scomponibile in ulteriori unità. Più propriamente bisognerebbe parlare al plurale anziché al singolare (immagini, suoni).
In questo senso la fotografia sonora non può che essere "impura", trascinando con sé il contesto paesaggistico e reintegrandolo in nuovi significati.
Ritagliare un foto-suono, pur nella sua "incrostazione" paesaggistica, è già un primo atto di organizzazione. Un secondo atto è costituito dal porre in reciproca relazione più foto-suoni la cui durata e rilevanza può anche essere molto diversa. Questo atto si presenta come più problematico rispetto al primo e richiede una approfondita conoscenza della tecnica compositiva, dove ai foto-suoni possono alternarsi e mescolarsi voci e suoni di strumenti elettronici o sintetici oppure acustici (tra questi i tradizionali strumenti dell'orchestra sinfonica). Il terzo atto si pone come interferenza con lo spazio architettonico, la sua configurazione fisica e i suoi contenuti, verso i quali il foto-suono organizzato, similmente al "suono organizzato" di Edgar Varèse, diviene a tutti gli effetti foto-musica poiettata nell'ambiente e per l'ambiente.
Collazione, paratassi, sintassi
Oltre la sintassi
Antecedenti
Le radici musicali
Presupposti poetico-filosofici
Applicazioni
Sonorizzazioni museali
Realizzazioni elettroacustiche extra-ambientali
Scritti
Scritti sulla foto-musica
Scritti per lavori di foto-musica
Collegamenti esterni
[[Categoria:Generi musicali elettronica]]