Lucio Licinio Crasso
Lucio Licinio Crasso (latino: Lucius Licinius Crassus; 140 a.C. circa-91 a.C.) fu un uomo politico della Repubblica romana, console per l'anno 95 a.C., oltre che il più grande oratore della sua epoca.
Iniziò la sua carriera di oratore molto giovane, a ventuno anni (119 a.C.), quando Gneo Papirio Carbone, un uomo nobile ed eloquente, odiato dagli aristocratici, cui apparteneva Crasso. Crasso dimostrò grande onesta in questa causa, in quanto ricevette da uno schiavo di Carbone delle lettere sigillate sottratte dal tavolo del suo padrone, ma rimandò l'uomo a Carbone assieme alle lettere ancora chiuse. Carbone si suicidò per evitare l'onta della condanna.
Nel 118 a.C. si oppose alla posizione del proprio partito nei riguardi di una legge che proponeva l'istituzione di una colonia a Narbona. Il Senato romano osteggiava tale proposta perché temeva che avrebbe causato una diminuzione degli introiti dell'erario statale legati agli affitti della terra pubblica. Crasso preferì questa volta sostenere la causa della legge, per ottenere il consenso delle classi più povere, che avrebbero ottenuto i maggiori profitti da questo provvedimento. Fu lo stesso Crasso a provvedere alla fondazione della colonia.
Nel 114 a.C. prese le difese della sua parente Licinia, una vergine vestale, e di due sue colleghe, Marcia ed Emilia, che erano state accusate di incesto. Con la sua eloquenza Crasso fece si che venissero riconosciute innocenti dal pontefice massimo Lucio Cecilio Mettio; in seguito, però, il popolo incaricò Lucio Cassio di indagare sulla sentenza, e questa volta l'eloquenza di Crasso non fu sufficiente.
Bibliografia
- Smith, William, "Crassus 23", Dictionary of Greek and Roman Biography and Mythology, v. 1, p. 879.