Ciao
La parola ciao (IPA: [ˈt͡ʃaːo]) è una forma di saluto amichevole ed informale della lingua italiana, usata sia nell'incontrarsi, sia nell'accomiatarsi. "Fare ciao" è l'espressione con cui ci si riferisce ad un gesto di saluto informale ottenuto agitando la mano. Il corrispettivo saluto formale è "buongiorno" nell'isi e "arrivederci" nel commiato.
Etimologia
"Ciao" è entrato nella lingua italiana solo nel corso del Novecento. Deriva infatti dal termine veneto (più specificamente veneziano) s'ciao ([ˈst͡ʃao]), proveniente dal tardolatino sclavus, traducibile come "[sono suo] schiavo". Si trattava di un saluto assolutamente reverenziale, variamente attestato nelle commedie di Carlo Goldoni in cui viene pronunciato con sussiego da nobili altezzosi e cicisbei; ne La locandiera, ad esempio, il Cavaliere di Ripafratta si congeda dagli astanti con «Amici, vi sono schiavo», espressione usata anche da Don Roberto nella commedia La dama prudente (atto I, scena VI).
Nonostante ciò, a partire dall'Ottocento si diffuse come saluto informale dapprima in Lombardia, dove venne alterato assumendo la forma "ciao". Nello stesso periodo cominciò a penetrare nella lingua italiana, tanto che nel suo Dizionario della lingua italiana Niccolò Tommaseo constatava – con un certo rammarico – come anche in Toscana qualcuno cominciasse ad usare la formula "vi sono schiavo".
Fu tuttavia la forma lombardizzata "ciao" a fare fortuna e nel secolo successivo si diffuse in tutta la Penisola[1][2].
Un'etimologia analoga ha il saluto informale servus diffuso nell'Europa centrale.
L'uso della parola "ciao" nelle altre lingue
La parola si è diffusa per il mondo a seguito delle migrazioni degli italiani, ed è entrata come saluto informale anche nel lessico di numerose altre lingue, quasi sempre unicamente per il commiato.
Questa sezione elenca alcuni casi in cui la parola "ciao" o parole derivate da essa sono entrate nel lessico informale di altre lingue. Per le traduzioni di "ciao" nelle altre lingue, si veda il Wikizionario.
- albanese: çao/qao;
- bosniaco: ćao[3];
- bulgaro: чао (čao, più usato nel commiato);
- ceco: čau (sia nell'incontro sia nel commiato)[4];
- esperanto: ĉaŭ (più usato nel commiato; raramente nell'incontro);
- estone: tšau (sia nell'incontro sia nel commiato);
- francese: ciao o tchao (nel commiato);
- interlingua: ciao (nel commiato);
- lettone: čau (sia nell'incontro sia nel commiato)[4];
- lituano: čiau (più usato nel commiato; raramente nell'incontro);
- macedone: чао (čao, nel commiato);
- maltese: ċaw (nel commiato); anche ċaw ċaw (nel commiato);
- nahuatl moderno: jao, anche se usato molto molto raramente.
- portoghese: tchau (nel commiato); in Portogallo, si usa anche chau chau; in Brasile, si usa anche la forma diminutiva tchauzinho[5];
- rumeno: ciao o raramente ciau (più usato nel commiato; raramente nell'incontro);
- russo: чао (čao, nel commiato); si usa anche uno scherzoso чао-какао;
- serbo e croato: ћао o ćao (sia nell'incontro sia nel commiato), usato anche ћаос о ćaos;
- slovacco: čau (più usato nel commiato; raramente nell'incontro);
- sloveno: čau (sia nell'incontro sia nel commiato); anche čau čau (nel commiato);
- spagnolo, specialmente in America Latina, ma anche in Spagna, nel linguaggio giovanile: chao o, più raramente chau (usato soprattutto nel commiato);
- sardo: ciao (usato nell'incontro), salude (usato nel commiato)
- tedesco: ciao (solo nel commiato)[6];
- turco: çav (nel commiato)[7];
- vietnamita: chào (sia nell'incontro sia nel commiato)[8].
Note
- ^ Paolo Zolli, Le parole dialettali, Milano, Rizzoli, 1986, p. 74, ISBN 88-17-85884-6.
- ^ Aldo Gabrielli, Nella foresta del vocabolario. Storie di frasi e di parole, Milano, Mondadori, 1997, pp. 185-186, ISBN 88-04-47490-4.
- ^ Open Translation Engine
- ^ a b Spellic.com
- ^ Urban Dictionary
- ^ Collins German Dictionary
- ^ Webster's Online Dictionary
- ^ Open Translation Engine
Altri progetti
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