Utente:Exedre/Sandbox-PR
PR Wikipedia - Sintesi
Il Partito Radicale è un’organizzazione non governativa che attraverso l’uso di mezzi nonviolenti lotta per creare un corpo effettivo di leggi nazionali o internazionali sui diritti umani e per l'affermazione della democrazia e della libertà nel mondo, quindi a dispetto del nome partito non è una formazione elettorale. Il Partito Radicale ha deciso ormai da oltre 20 anni di non presentarsi, con il proprio nome e simbolo, alle elezioni per permettere che le proprie lotte diventino patrimonio comune di tutti quelli che vogliono aderire indipendentemente dalla propria fede politica. La storia del Partito inizia nel 1955 in Italia come scissione del Partito Liberale Italiano[1][2] e fin dalla sua fondazione si pone l’obiettivo di agire per la reale attuazione della Costituzione e l’effettiva instaurazione di uno Stato di diritto in cui i cittadini siano uguali innanzi alla legge, senza discriminazioni politiche e religiose, e in cui venga garantita la libertà attiva dall’arbitrio del Governo o delle forze di polizia.[3] Nei primi anni di vita, il Partito trova il suo riferimento culturale nel settimanale diretto da Mario Pannunzio Il Mondo e nel gruppo di intellettuali di tradizione socialista, liberale ed azionista che è raccolto attorno al giornale e che si faranno chiamare “Amici del Mondo”[4] che promuovono una forte linea politica anticlericale e anti-democristiana, ma anche non-comunista e anti-partitocratica. Il simbolo storico del partito è una testa di donna con il berretto frigio (la Marianna della Rivoluzione Francese).[5] Questa prima fase del Partito subisce un’inattesa svolta nel 1962 a seguito dello caso Piccardi quando gran parte della classe dirigente abbandona l’organizzazione.[6] Resta solo la componente, fino a quel momento minoritaria, della Sinistra Radicale[7] che vede in Marco Pannella[8] il proprio leader. Il Partito nel solco di una posizione ancora profondamente anti-clericale contesta la revisione dei Patti Lateranensi e promuove la prima raccolta di firme per un referendum per l’abrogazione del Concordato[9] che viene bocciato dalla Corte Costituzionale[10] iniziando così la lunga e travagliata storia referendaria del Partito Radicale. All’interno di una generale riflessione anti-[Stato Autoritario|autoritaria], per evitare le spinte partitocratiche al proprio stesso interno, il partito abbandona la propria struttura organizzativa di stampo socialista-liberale per affermare un’inedita forma libertaria anti-gerarchica che diventerà un elemento determinante della longevità dell’organizzazione, e rappresenta tuttora un contributo originale alle forme dell’organizzazione dell’impegno sociale.[11] Coniugando immediatezza delle decisioni degli organi dirigenti con la possibilità di coinvolgere realtà molto differenti, il «partito nuovo», negli anni settanta si lancia in forti campagne moralizzatrici, imperniandosi sulla difesa dei diritti umani e civili, contro la corruzione e contro il retaggio legislativo di ispirazione clericale nelle regolamentazioni del diritto di famiglia. È il periodo delle note e vittoriose campagne referendarie in tema di divorzio, ed aborto, ma anche di quelle movimentiste sull’anti-proibizionismo, anti-militarismo e obiezione di coscienza, sul femminismo e le libertà sessuali dando vita anche al primo movimento italiano per i diritti degli omosessuali (con un patto federativo con il FUORI). Agendo ancora fuori dalle istituzioni, in un panorama antagonista carico di odio e violenza risulta vincente l’adozione da parte dei radicali della non-violenza gandhiana, con i suoi mezzi atipici di azione, come le disobbedienze civili, le autodenunce[12], i sit-in, le maratone oratorie, le manifestazioni in fila indiana, ecc.[13] Anche attraverso eclatanti, dirompenti e moderne forme di comunicazione politica[14] i radicali attirano a sé grande simpatia da parte dei cittadini di tutte le estrazioni sociali e politiche. Nelle elezioni politiche italiane del 1976, con il nuovo simbolo della Rosa nel Pugno che Pannella compra dai socialisti francesi di Francois Mitterand[15], l’ingresso di una piccola pattuglia di «nuovi radicali» nel Parlamento[16] apre una fase inedita nella storia del Partito, in cui alle precedenti forme di lotta movimentiste, rafforzate dall’ampio seguito popolare, si associa l’uso di tecniche parlamentari inconsuete come l’adozione in modo massivo dell’ostruzionismo[17] e la promozione di iniziative legislative trasversali su cui registrare la convergenza di singoli parlamentari di differenti estrazioni politiche. Nei loro rapporti con i politici degli altri schieramenti i radicali si spingono fino al punto di chiedere loro l’acquisto della tessera radicale stimolando così il fenomeno, assolutamente originale per il panorama politico, della «doppia tessera»[18] (che i partiti di stampo ideologico rifiutano energicamente). I radicali usano il seguito popolare riscosso nelle piazze per fare ampio ricorso allo strumento referendario riuscendo in questo modo, a dispetto della minima forza parlamentare, a porre all’ordine del giorno della politica alcuni temi sensibili a cui la politica non vorrebbe dare risposta, ma deve trattare per evitare il voto popolare[19][20] Negli anni più duri del terrorismo, i radicali da soli denunciano il compromesso storico in cui al governo si ritrovano insieme democristiani e comunisti, socialisti e laici praticamente senza contestazioni ed alternative, e addirittura aprono un dialogo, nella più pura tradizione gandhiana, con i violenti e i terroristi[21][22], anche perché, come viene poi piano piano alla luce anche grazie alle inchieste dei radicali, ampie aree del terrorismo politico erano strettamente interrelate con i servizi segreti e altri apparati dello Stato.[23] L’ingresso dei radicali in Parlamento segna anche l’inizio di una nuova era nella comunicazione politica italiana. Il Partito Radicale rifiuta di usare il finanziamento pubblico per le proprie attività politiche in quanto distorsivo del rapporto tra i proprio iscritti e la classe dirigente del partito, ma non potendo utilmente evitarne l’uso decide di finanziare una emittente radiofonica al servizio di tutti i cittadini e di tutte le parti politiche, nasce così Radio Radicale[24], su cui si riversa il finanziamento pubblico[25] spettante al partito, inizia le trasmissioni con l’obiettivo della divulgazione pubblica (anche in forma un po’ piratesca all’inizio) dei dibattiti parlamentari e poi si apre alla registrazione non solo della vita politica del Partito Radicale stesso ma anche di tutti gli altri partiti e organizzazioni, rendendo effettivo il “mantra” einaudiano del “conoscere per deliberare”.[26][27] Un’altra area di grande impegno è quello internazionale, infatti fin dagli anni ‘60, e poi per tutti gli anni ‘70 e ‘80 l’impegno dei militanti radicali si rivolge ai paesi dell’Est, in grande deficit democratico, nei quali organizzano manifestazioni e azioni non-violente di disobbedienza civile che non raramente si concludono con arresti e detenzioni. Nell’ambito delle battaglie internazionaliste va citato il grande impegno del Partito Radicale, e di Marco Pannella personalmente, sulla campagna per un intervento straordinario “contro lo sterminio per fame e sottosviluppo nel mondo”,[28] che anticipa in modo quasi profetico le ondate migratorie che l’Europa vivrà venti anni più tardi. Gli anni ‘80 sono per i radicali un periodo di transizione in cui alla lotta contro l’autoritarismo della società si associa una più sofisticata analisi dello stato italiano che vede nelle difficoltà della Giustizia uno dei principali ostacoli al completo compimento nella attuazione della Costituzione.[29] Il Partito segue da vicino il mondo della giustizia, dando attenzione al mondo dell’esecuzione penale nelle carceri, allo svolgimento dei processi ad iniziare da quelli per terrorismo o mafia, e il processo di formazione delle leggi considerate «criminogene». I radicali diventano quindi il bastione del garantismo italiano[30] proprio in tempo per l’ondata giustizialista ed anti-partitica di Mani Pulite. La vasta eco della battaglia politica e giudiziaria di Enzo Tortora[31] porta ai radicali ancora altri consensi e li candida a presentarsi come una forza politica di tutto rilievo all’interno del panorama dei partiti italiani. Il comportamento elettorale dei radicali è però sempre stato tutt’altro che lineare, in molte occasioni, forse anche per mascherare la propria debolezza nella formazione delle liste, che a sua volta è dovuta all’insofferenza ad una strutturazione localistica, e quindi gerarchica, il partito sostiene specifici candidati di altri partiti, altre volte si presenta con apparentamenti con altri liste e perfino presenta propri simboli ma per fare però campagna elettorale per l’astensione. In questa complessa fase in cui da un lato il Partito vede sempre continuamente crescere il proprio consenso elettorale ma dall’altro disperdere di volta in volta il consenso ottenuto per evitare le spinte partitocratiche interne, nel XXXV Congresso del 1989[32], tenuto per la prima volta fuori dai confini nazionali a Budapest, si consuma un vero e proprio strappo tra quanti vorrebbero sfruttare la privilegiata posizione che i radicali stanno ottenendo nel panorama politico nazionale e quindi usarne le potenzialità elettorali anche a livello locale, e chi invece, come il leader storico Marco Pannella, preferisce sostenere le caratteristiche innovative del partito libertario come strumento di lotta politica non di parte. La mozione politica del’89 cristallizza quindi quell’insieme di caratteristiche che avevano connotato positivamente l’attività del partito, e l’eloquenza dei suoi principali esponenti, nei venti anni precedenti: la non-violenza gandhiana come strumento di lotta politica, la transnazionalità della visione e la dimensione inclusiva del transpartitismo. Per rafforzare quest’ultima condizione, e per fermare le spinte centrifughe nel partito, invece di continuare ad incentivare la pratica della «doppia tessera», il congresso a larga maggioranza vota la mozione proposta da Pannella che prevede che il Partito in quanto tale e con il proprio simbolo non si si presenti più alle elezioni.[33] La realizzazione del nuovo simbolo in cui viene raffigurato il volto stilizzato di Gandhi composto dalle scritta “Partito Radicale” in differenti grafismi e lingue inscritta in un ottagono[34]. È il punto di non ritorno nella trasformazione del Partito da strumento di lotta di parte, intriso da forti connotazioni ideologiche di stampo liberale e socialista, in uno strumento di lotta politica completamente al servizio delle campagne adottate rinunciando per sempre non tanto e non solo alle velleità elettorali ma soprattutto alla sovrastruttura ideologica che necessariamente le avrebbe connotate. Questa decisione provocherà grande polemica all’interno del partito[35][36] e una parte consistente dei radicali storici lasceranno il partito per continuare la propria attività in altri gruppi o partiti o ritirarsi a vita privata. Molti radicali però si impegneranno ancora attivamente in politica, talvolta direttamente o indirettamente supportati anche dal partito stesso, cercando ospitalità nei partiti tradizionali o creando nuove liste elettorali spesso tematiche (ecologisti, antiproibizionisti[37], ecc. ).[38] Da questo momento la vita del Partito vive un lungo periodo di vera e propria esplosione di interesse nei confronti delle condizioni dello stato di diritto e delle democrazie nel Mondo[39]. Pur continuando a trarre la propria linfa vitale e molto delle proprie risorse economiche, nella realtà italiana, anche per la sua commistione con le varie forme politiche aggregate attorno a iniziative di derivazione radicali, prima tra tutte quelle di cui Marco Pannella stesso si fa promotore, il Partito potenzia con particolare vigore la sua attività transnazionale orientata principalmente verso i paesi dell’Est.[40][41] A metà degli anni ‘90 diventa centrale nell’evoluzione transnazionale del Partito la fondazione della BBS chiamata Agorà Telematica,[42][43] che è una delle prime in Italia a permettere connessioni contemporanee dai molti paesi nei quali il Partito apriva punti di presenza o sedi. Nel 1995, dopo un intenso lavoro istituzionale, il Partito, pur mantenendo le forme proprie organizzative originali di partito libertario, si è di fatto trasformato in una organizzazione non governativa per la promozione dei diritti umani e per l'affermazione della democrazia e della libertà nel mondo, ottiene la registrazione come con status consultivo di livello generale al Consiglio Economico e Sociale (ECOSOC) dell’ONU.[44] In questa sede il Partito porta avanti una serie di battaglie di alto profilo come la moratoria della pena di morte e poi la proposta di una sua totale abolizione,[45] l’antiproibizionismo contro le mafie mondiali,[46] la giustizia giusta,[47] la libertà di ricerca scientifica e la battaglia per l’abolizione delle mutilazioni genitali femminili.[48] Il Partito sostiene le istanze dei popoli non rappresentati, come il Tibetani, gli Uiguri[49] e i Montagnard,[50]ed effettua un monitoraggio attivo dei conflitti contro i paesi dispotici, come quello ucraino contro la Russia, o dà voce alla dissidenza contro i regimi totalitari come quello cubano o turco. In seno all’ONU, non mancano elementi di conflittualità che porteranno il Partito ad entrare in rotta di collisione con la Russia, in particolare per la proposta di un piano di pace nel conflitto ceceno, tanto da rischiare una procedura di sospensione prima e poi di espulsione, da cui il Partito alla fine riesce a difendersi positivamente.[51]
A dispetto del loro successo, in Italia le iniziative del Partito nonviolento transnazionale appaiono distanti e talvolta rarefatte e faticano a trovare spazi sulla stampa che preferisce una rappresentazione del mondo radicale imperniata sui, talvolta inesistenti, conflitti interni tra le varie forti personalità del Partito, o gli aspetti di colore o di costume. La cattiva rappresentazione delle iniziative radicali, denunciata in molte sedi, e minuziosamente verificata attraverso la fondazione del Centro di Radioascolto Televisivo, ha dato adito a numerose condanne e risarcimenti da parte della Televisione di Stato. Le iniziative del Partito sono peraltro spesso confuse con quelle del leader storico Marco Pannella e delle sue vicissitudini elettorali. Ulteriore confusione viene dal fatto che il Partito stesso, a partire dagli anni 2000, piuttosto che rafforzare la sua espansione all’esterno dell’Italia il Partito preferisce concentrarsi sul «caso Italia» come emblematico del decadimento di un sistema politico costituzionale in una «democrazia reale», ovvero in una democrazia nella forma ma in cui nella sostanza le stesse istituzioni agiscono in contrasto con le leggi o la Costituzione. L’Italia rappresenta, secondo il Partito Radicale, l’apogeo del «regime partitocratico» e come tale pronta a diffondere nel mondo «la peste» della «democrazia reale», come viene denunciato nelle sedi internazionali e con la raccolta di un «Libro Giallo de “La Peste Italiana” (Dopo la rovina del Ventennio fascista, il Sessantennio di metamorfosi del Male)».[52] Nel primo decennio del nuovo millennio sul versante transnazionale l’organizzazione non riesce pienamente a cogliere le opportunità offerte dalle nuove forme di comunicazione globale come Internet, che avrebbero potuto rendere agevolare le attività internazionali, soprattutto perché entra in una fase di crisi per problemi di governance interna. Lo Statuto adottato nel 1993,[53] più che registrare lo stato in cui versa il Partito, ne disegna una evoluzione ideale molto ambiziosa, con infrastrutture che si rivelano ben presto ampiamente sovradimensionate rispetto all’effettiva numerosità degli iscritti e con la concezione di un sistema plurale basato su associazioni radicali tematiche fondative del partito ma specializzate su singole battaglie, che fanno rientrare nel partito quelle strutture burocratiche e gerarchiche di cui si sarebbe voluto fare a meno. A lungo andare, anche a causa dello stallo nella governance del Partito, queste associazioni invece che fornire nuova linfa al partito gliela sottraggono. Proprio mentre nella politica italiana si affermano movimenti popolari portatori di istanze di chiara derivazione dalle battaglie radicali, dalla metà degli anni 2000 in poi il partito entra invece in una crisi profonda.[54] Le associazioni costituenti i cui dirigenti a volte non sono neppure più iscritti al Partito, reclamano via via sempre più ampi margini di indipendenza politica dalla regia centrale del partito, non raramente affermando proprie agende politiche in sovrapposizione, se non in contraddizione, con il Partito stesso. Si giunge così nel 2011 ad un confronto molto aspro tra lo stesso leader Marco Pannella e i dirigenti dell’Associazione Radicali Italiani sostenuti da Emma Bonino, che per la prima volta nella storia rivendicheranno una cospicua autonomia e la determinata scelta di recuperare l’antica tradizione liberal-socialista del Partito Radicale ante ‘89 piuttosto che l’idea libertaria di partito come strumento di lotta nonviolenta, transpartitico e non ideologico propria di Marco Pannella. I Radicali Italiani esprimono così la chiara volontà di entrare in conflitto con il leader radicale e pezzi importanti del Partito Radicale stesso[55]. Le strade delle due organizzazioni sono destinate a separarsi nettamente quando, pochi mesi prima della scomparsa di Marco Pannella, nelle elezioni amministrative del 2016 i dirigenti di Radicali Italiani presenteranno, per la prima volta dalla svolta dell‘89 una lista chiaramente etichettata “Radicali” senza altra specifica, in cui verranno candidati peraltro solo in parte trascurabile iscritti al Partito Radicale. Il Partito invece sottolineerà per l’ennesima volta la sua classica posizione anti-elettorale anti-regime[56]. Anche la dirigenza delle altre organizzazioni afferenti al Partito prendono una posizione conflittuale quando tentano la convocazione unilaterale del Senato del Partito, mancante il suo Presidente, per evitare la convocazione del Congresso o comunque manipolarne la presidenza, senza peraltro riuscirvi.[57] Da questi atti nasce il percorso che porta il Partito Radicale ad adottare con una schiacciante maggioranza (di oltre 2/3 dei votanti), nel XL Congresso, tenuto all’interno del carcere di Rebibbia una mozione più rigidamente «pannelliana» e anti-gerarchica che scava un solco molto profondo non solo con i Radicali Italiani ormai orientati a diventare un partito per presentarsi alle imminenti elezioni europee, ma anche con tutte le altre associazioni radicali, disconoscendo il loro ruolo statutario fino al successivo congresso[58]. La mozione identifica in tre temi l’attività del Partito Radicale: il proseguimento della battaglia sulla Giustizia Giusta[59], in particolare per il mezzo della proposta di Amnistia per la Repubblica,[60] la rivendicazione degli Stati Uniti d’Europa[61] come strumento necessario al superamento dei localismi e dei nazionalismi che stanno spezzando il continente, ed infine l’introduzione all’interno della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo del fondamentale Diritto alla Conoscenza come base necessaria della transizione dei paesi verso veri Stati di Diritto.[62] La condizione che viene posta nella mozione per il proseguimento delle attività del Partito è quella di registrare 3000 iscritti nell’anno 2017 e nel 2018, in mancanza di questi, senza altre formalità, il Partito chiuderà.[63]
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