Ho sognato un angelo

film del 1941 diretto da George Stevens
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Ho sognato un angelo (Penny Serenade) è un film del 1941 diretto da George Stevens.

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Cary Grant (Roger) e Irene Dunne (Julie)
Paese di produzioneUSA
Durata119 min
Generedrammatico
RegiaGeorge Stevens
SoggettoMartha Cheavens
SceneggiaturaMorrie Ryskind
ProduttoreGeorge Stevens e Fred Guiol (associato)
FotografiaJoseph Walker e Franz Planer (non accreditato)
MontaggioOtto Meyer
MusicheW. Franke Harling
ScenografiaLionel Banks

Cary Odell (associato, non accreditato)

Interpreti e personaggi

Trama

L'improvvisa morte per malattia di Trina, la figlioletta di sei anni, ha creato un incolmabile solco di silenzio e incomunicabilità tra Julie e Roger. Prima di lasciare il domicilio coniugale, la donna, attraverso un album di famiglia costituito soprattutto dai dischi della loro vita, ripercorre le tappe del loro matrimonio. Dal loro primo incontro in un negozio di dischi, sulle note di You were meant for me, al matrimonio, alla vigilia del viaggio in Giappone del marito, come corrispondente asiatico di un giornale newyorchese, seguito da un'avventurosa prima notte di nozze nel treno che lo conduceva all'imbarco. Le note di Japanese Sandman, le ricordano, poi, il soggiorno nel paese del Sol Levante, conclusosi con un drammatico terremoto, la perdita del figlio di cui era incinta e la rivelazione di non poterne più avere.

La successiva decisione di adottarne uno si era poi dovuta scontrare con l'incerta situazione economica della famiglia: Roger aveva incautamente sperperato i proventi di una piccola eredità in un'improbabile avventura editoriale in un piccolo giornale di provincia, il Rosalia Courier. Ma, con l'aiuto dello Zio Applejack, confidente di vecchia data dei due e factotum al giornale, e di Miss Oliver, responsabile dell'orfanotrofio locale, insieme erano riusciti a superare i momenti di sconforto e le difficoltà burocratiche.

Le note di Holy Night, Silent Night accompagnano il ricordo della prima recita natalizia di Trina, adottata a sole cinque settimane di vita e divenuta ormai una promettente bambina. Poco dopo il tragico esito finale.

Roger raggiunge Julie, pronta per la partenza. Non ha argomenti da opporle. Concorda con lei sul fatto di aver fallito, di non averle saputo offrire calore e sostegno nel momento in cui ne aveva più bisogno. Nel momento dell'addio giunge una telefonata di Miss Oliver. Ci sarebbe un bambino da adottare: "...Età: due anni, carattere: allegro, occhi: blu, capelli: biondi, fossetta sul mento." L'identikit che Julie e Roger avevano presentato alla loro prima richiesta di adozione. Si ricomincia...

Produzione

Il film fu prodotto dalla Columbia Pictures Corporation

Distribuzione

Distribuito dalla Columbia Pictures, il film uscì nelle sale cinematografiche USA il 24 aprile 1941.

Cenni critici

Con un plot costruito non con uno, ma " con sei o sette tra i più comuni espedienti dei drammoni strappalacrime ",[1] essenziale nell'evitare le "insidie del patetico",[2] il rischio della caduta nei toni da soap opera[3] è l'interpretazione di Cary Grant che, per questo film, ottenne una delle due nomination per l'Oscar al miglior attore.

Il regista e produttore George Stevens, a partire dal collaudato uso del flashback e della dissolvenza[4] (ad es. le dissolvenze circolari che, a partire dai dischi, introducono i diversi periodi in cui si articola la narrazione), evita ogni appesantimento del racconto, talora attraverso l'uso lieve di un semplice particolare[5], talora con inediti punti di vista nella ripresa (la scena in cui, nell'imminenza dell'udienza in cui il giudice deciderà sull'affidamento di Trina, la resa dello stato emotivo dei personaggi è affidata all'agitarsi dei loro piedi, ripresi dalle scale, concludendosi, com'era iniziata, sul pupazzo di pezza della bambina, appoggiato alla base del parapetto.

Note

  1. ^ Penny Serenade. New York Times. Retrieved on 2008-08-13
  2. ^ Paola Cristalli, "George Stevens", in "Dizionario dei registi del cinema mondiale", Vol. III, Giulio Einaudi editore, s.p.a., Torini, 2006
  3. ^ Enrico Ghezzi, introduzione al film, nella trasmissione "Fuori orario"
  4. ^ Paola Cristalli, cit,;
  5. ^ "Il Mereghetti. Dizionario dei film 2008", Baldini Castoldi Dalai editore, Milano, 2007

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Collegamenti esterni

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