Carolingi

dinastia regale franca (751-987)

I carolingi sono una dinastia di sovrani franchi che regnarono in Europa dal 750 fino al X secolo, le origini dei quali risalgono a Sant'Arnolfo di Metz, vescovo.

Origini della famiglia carolingia

Dinastia Carolingia (751 - 1002)

Re dei Franchi


Lotaringia

Aquitania


Francia Orientale

Francia Occidentale

I Carolingi devono il loro nome al loro antenato diretto, Carlo Martello, "maggiordomo di palazzo" dell'Austrasia, del quale la vittoria a Poitiers interrompe la progressione degli Arabi verso nord, e gli dona una immensa fama nell'occidente cattolico. Solitamente ci si riferisce a Carlo Magno per indicare la dinastia, ma ciò è sbagliato. La dinastia dei Carolingi, infatti, ha le sue origini nella famiglia dei Pipinidi, che ebbero, durante molte generazioni, la carica di maggiordomi di palazzo sotto il regno dei sovrani merovingi d'Austrasia. Man mano che il potere della dinastia merovingia andava diminuendo, durante il periodo detto dei "re fannulloni", i maggiordomi di palazzo Pipinidi accrebbero il loro potere: già Pipino di Herstal, in seguito Carlo Martello dirigevano in modo quasi autonomo la politica del regno, come dei signori, ma senza tal titolo; così, nominavano i duchi, i conti, negoziavano gli accordi con i paesi vicine, dirigevano l'esercito, estendevano il territorio del regno (particolarmente in Frisia) e arrivavano perfino a scegliere i re merovingi.

Il territorio particolarmente apprezzato dai Pipinidi, fu il territorio preferito dai carolingi: regione di Liegi (Herstal e Jupille), Aquisgrana e Colonia.

Pipino il Breve, primo re

  Lo stesso argomento in dettaglio: Pipino il Breve.

È Pipino il Breve che mette fine alla dinastia merovingia nel 751: stanco di dover dipendere da re inutili e fastidiosi, Pipino, dovo aver ottenuto l'appoggio del papa Zaccaria, fece rinchiudere il suo signore Childerico III, e si proclama alla testa del regno al suo posto. La fine del regno dei merovingi è marcata, secondo la tradizione franca dei "re cappelluti", dalla rasatura che è imposta a Childerico. Pipino diventa così il primo re dei Franchi carolingi, per prima cosa secondo le tradizioni del suo popolo e in seguito per la Chiesa cattolica.

Carlo Magno e l'impero carolingio

  Lo stesso argomento in dettaglio: Carlo Magno.

Carlo Magno, figlio di Pipino il Breve, è senza alcun dubbio il sovrano che segna maggiormente l'epoca carolingia, per la longevità del suo regno, ma anche grazie al suo carisma, alle sue conquiste militari (è riuscito ad estendere il regno dai Franchi a tutta la Gallia, eccetto la Bretagna, alla maggior parte della Germania, all'Italia e alla Spagna) e alle sue riforme (nel campo dell'educazione, dell'economia, e con un inizio della restaurazione dello Stato).

Carlo Magno divide il suo impero in contee; nelle zone meno pacifiche crea i ducati (a carattere militare), e fa controllare le zone di frontiera da degli uomini di sua confidenza, che più tardi diventeranno i marchesi.

La contea è la più importante di queste circoscrizioni: alla sua testa, Carlo Magno mette un funzionario reale, scelto generalmente tra le più potenti famiglie di proprietari terrieri franchi; questo funzionario esercita il potere militare e giudiziario (potestas), normalmente per delega, e riscuote le tasse per conto del sovrano. È aiutato nel suo compito da dei visconti. Solitamente è anche destituibile dall'imperatore.

Parallelamente, per controbilanciare il potere dell'aristocrazia, Carlo Magno si appoggia sulla Chiesa, che riorganizza privilegiando l'autorità dei vescovi metropoliti (gli arcivescovi); per quello che concerne il monachesimo, da alle principali abbazie delle terre da coltivare e pone gli abati sotto la sua diretta autorità.

Un'altra misura va nella stessa direzione: a degli uomini laici di confidenza, che sono i suoi inviati, ne aggiunse un altro, generalmente un chierico, attraverso una nuova istituzione: i missi dominici (letteralmente gli inviati del signore). Questi inviati erano incaricati di risolvere i conflitti tra i nobili e di portare gli ordini del re presso i detentori delle cariche, ma anche di raccogliere il giuramento di fedeltà dei suoi sudditi. Non si sa la reale portata delle loro azioni, ma questo sembra indicare che, già in questo periodo, il re ha delle difficoltà a far rispettare la propria autorità.

Sotto l'influenza dei numerosi cristiani letterati della sua corte, il re è anche legislatore: egli faceva già applicare la legge attraverso il bando germanico, e la riallacciò anche con la concezione romana del diritto e rinnovò l'importanza degli atti scritti nel regno. Dopo le assemblee che riunirono i nobili del regno furono emesse dalla cancelleria del Palazzo delle ordinanze, divise in capitoli (da qui il nome di capitolari): Queste sono delle importanti e precise fonti per lo studio di quel periodo storico.

A un altro livello, più ideologico che politico, si deve ai letterati cristiani la nascita di una nuova concezione dello stato. Si tratta di una restaurazione dell'impero romano, anche se e essa in realtà poggia su dei fondamenti molto differenti per leggittimare la monarchia: è una concezione profondamente cristiana, e fa del re dei Franchi addirittura un nuovo Davide. L'idea dell'unità del regno sembra prevalere con la rinascita dell'Impero d'Occidente, nel Natale dell'800

Dal punto di vista culturale, l'epoca di Carlo Magno, di suo figlio Ludovico il Pio e dei suoi nipoti e conosciuta con il nome di "rinascimento carolingio". L'insegnamento classico, particolarmente quello del latino, viene rivalorizzato, dopo essere stato denatuato e trascurato alla fine del regno dei Merovingi. Tuttavia, la lingua latina è ormai quasi esclusivamente la lingua del clero, mentre negli ambienti militari è preferito il francone: questa evoluzione inevitabile va a fare del latino una lingua morta e fa nascere gli antenati delle lingue nazionali odierne: il romanico e il teutonico, rispettivamente del francese e del tedesco.

Problemi sotto Ludovico il Pio

La spartizione dell'impero

Dopo la morte del figlio di Carlo Magno, Ludovico il Pio, il trattato di Verdun divide il regno tra i suoi figli; il territorio è diviso da est ad ovest in tre regni:

  • Lotario I eredita il titolo imperiale e la parte centrale del regno (Italia, Provenza e la Lotaringia, che comprende i territori tra la Schelda e il Reno); il suo regno comprende inoltre le capitali politiche (Aquisgrana) e religiose (Roma) dell'impero. Tuttavia, il titolo imperiale perde la sua importanza: dopo il trattato di Verdun, Lotario conserva la dignità imperiale, ma in pratica non è che un titolo pro forma, che non corrisponde più ad alcun potere che sia superiore a quello degli altri re. Bisogna quindi attendere il 962 affinché il titolo d'imperatore rinasca in occidente: Ottone il Grande, della dinastia sassone in Germania, viene incoronato dal papa Giovanni XII a Roma;

L'indebolimento della dinastia carolingia

La scomparsa della Lotaringia

Lotario è il primo dei tre fratelli a morire, lasciando l'impero alla mercè degli altri due. Finalmente, dopo parecchie peripezie, la Lotaringia viene annessa nel 925 alla Francia Orientale, e la Schelda segnerà il confine tra la Francia Orientale ed Occidentale. Inoltre, il re della Francia Orientale riottiene, nella stessa occasione, il titolo d'imperatore.

Invasioni scandinave

Il primo attacco dei Vichinghi tocca nel 793 le coste britanniche; quindi, la pressione dei Vichinghi si accentua: essi risalgono i fiumi a bordo delle loro imbarcazioni a fondo piatto, impropriamente dette "Drakkar" e saccheggiano i tesori delle abbazie prima di tornare in Scandinavia; tuttavia, alcuni dei loro insediamenti costieri durano nel tempo. Nel 841, attaccano l'abbazia di Jumièges e la città di Rouen; i monaci devono fuggire dai pericoli delle razzie, portando con loro le reliquie dei loro santi. Alla fine del IX secolo, delle vere e proprie armate vichinghe portano devastazione fino al cuore del regno occidentale.

I re carolingi sembrano impotenti: Carlo il Calvo cerca di costruire delle fortificazioni aggiuntive. Chiede ai capi dell'aristocrazia di difendere le regioni minacciate. Roberto il Forte viene messo dal re alla testa di una marca occidentale; muore combattendo contro i Vichinghi nel 866. Il conte Oddone difende Parigi contro un attacco venuto dalla Senna nel 885. Questi nobili acquistano un immenso prestigio grazie alla lotta contro l'invasore scandinavo, prestigio che partecipa all'indebolimento del potere reale. Le vittorie militari sono ormai attribuiti ai marchesi e ai conti.

L'incapacità dei Carolingi di risolvere il problema scandinavo è manifesta: nel 911, con il trattato di Saint-Clair-sur-Epte, il re carolingio Carlo il Semplice cede la Bassa Senna al capo vichingo Rollone, e si rimette a lui per difendere l'estuario e il fiume, in aiuto di Parigi. Questa decisione è alla base della creazione del ducato di Normandia. I Carolingi sono costretti a cedere dei territori e a liberare dei tributi i popoli scandinavi per contrastare i loro danni. Sono inoltre impegnati in delle questioni familiari.

Questo clima d'insicurezza ha dunque accellerato la disgregazione del potere carolingio.

Nuove minacce ad Est

Ad Est si profila una nuovo minaccia con l'arrivo dei Magiari nella scena europea.

Questo popolo delle steppe occupa la Pannonia, lasciata libera dopo la distruzione degli Avari sotto il regno di Carlo Magno all'inizio del IX secolo. Fanno le loro prime incursioni ai margini dell'impero, come in Moravia nel 894, poi all'interno di esso, come in Italia nel 899. Nel 907, i regno slavo della Grande Moravia cede a causa dei nuovi invasori.

Dei regni troppo corti

A partire dalla fine del IX secolo, i re carolingi regnano troppo poco tempo per essere efficaci: Luigi II il Balbo resta re dei Franchi per soli due anni (877-879); Carlo III il Grosso è re per 3 anni (879-882); l'ultimo re carolingio, Luigi V muore in un incidente di caccia dopo solo un anno di regno (986-987). Quindi, gli ultimi re carolingi non riescono dunque ad imporre una politica a lungo termine.

L'ascesa dell'aristocrazia

Dalla fine del IX secolo, alcuni aristocratici (duchi e conti) che non facevano direttamente parte della famiglia dei Carolingi accedono al potere: nel 888, dopo la morte di Carlo il Grosso, Berengario I gli succede sul trono d'Italia.

Nel X secolo, le dinastie che si imposero dappertutto nel territorio carolingio non discendono più da quella carolingia. È il caso, nel 911, del duca Corrado I di Franconia, eletto re della Germania. In Francia, i Robertingi formano una stirpe potente, scelta per regnare nel 888-898 nella persona di Oddone: come spiegare questa ascesa dell'aristocrazia e il disgregamento del potere reale?

Ecco le principali fasi dell'ascesa dell'aristocrazia:

  • I regna esistevano già ai tempi dei Merovingi e si prolungarono fino sotto i Carolingi. Si trattava di territori dove l'unità poggiava in una forte identità etnica e culturale. Un regnum poteva essere affidato ad un figlio di un re, senza per questo diventare indipendente: questo fu il caso, in epoche diverse, dell'Aquitania, la Provenza, la Borgogna, la Sassonia, la Turingia e la Baviera.
  • I conti: questa parola deriva dal latino comes, che significa compagno (del re); i conti esistevano già nell'epoica merovingia: i re dava loro alcune terre, dei regali o una carica per ricompensarli dei loro servizi; ma i conti assumono la loro massima importanza sotto i Carolingi; funzionari, vengono designati e revocati dal re che li recluta nell'aristocrazia; garantiscono l'ordine pubblico presiedendo il tribunale, riscuotono le tasse ed organazzano le truppe in un pagus, circoscrizione territoriale, la quale è sotto la loro responsabilità. Nel corso del IX secolo, i conti diventano via via più autonomi nei confronti del re.
  • I duchi: la parola ha un'etimologia latina che significa "conduttore dell'esercito". Il duca è una sorta di conte che raccogli più pagi per lottare contro le invasioni scnadinave. I Robertingi ottengono nel X secolo il titolo di "duca dei Franchi" (dux Francorum). Questi peronaggi saranno i più potenti tra i "principi territoriali" come i duchi di Aquitania, di Borgogna e di Normandia.
  • Il marchese, in latino marchio, è un conte che custodisce una regione di confine chiamata marca e la difende in caso d'attacco.
  • Alla fine del IX secolo, come conseguenza della capitolare di Quierzy (877) queste cariche di conte, duca e marchese diventano ereditarie: i re carolingio non può più destituirli, quindi il suo controllo s'indebolisce. Si assiste allora alla costituzione di dinastie locali di conti, duchi e vassalli del re. Il vassallaggio, che era stato ben controllato sotto Carlo Magno e serviva per i suoi interessi politici, si ritorce contro l'autorità dei suoi successori. L'aristocrazia laica ed ecclesiastica è quindi in posizione predominante a metà del Medioevo, in Francia e in Germania.
  • I conti sono fisicamente più vicini al popolo dei Carolingi. L'autorità del re sembra lontana ai contadini. La maggior parte degli uomini liberi del regno vive a contatto diretto del conte e del suo delegato. Essi li potevano sentire, per esempio, durante le sedute del tribunale. La loro autorità è più immediata di quella del re. Si instaura quindi un rapporto stretto e personale: i contadini si mettono sotto la protezione dei nobili ed entrano sotto le loro dipendenze.
  • Nel X secolo, i segni dell'autonomia dei principi si moltiplicano: i conti e i duchi si sono presi le funzioni pubbliche e i diritti fino ad allora riservati al re. Costruiscono delle torri e dei forti, e in seguito dei veri e propri castelli in pietra, senza autorizzazione. Dopo la fine delle invasioni scandinave, il castello domina un territorio che è caduto sotto le mani di un segnore. Coniano proprie monete con la loro effige e il loro nome. Prendono sotto la loro protezione il clero e controllano le investuture episcopali.

In tutto, alla fine del X secolo, l'autorità centrale carolingia sparì, a tutto vantaggio degli aristocratici, in particolare dei principi territoriali; è la fine della dinastia carolingia e il trionfo delle stirpi aristocratiche.

L'ascesa degli Unrochidi in Italia (875-925)

L'esempio dell'ascesa degli Unrochidi in Italia illustra a merraviglia il modo in cui avviene il trasferimento del potere dei Carolingi ai Grandi dell'aristocrazia imperiale e, poi, la frantumazione che conosce il potere regale nelle mani di questi ultimi.

Sotto il regno del carolingio Ludovico II il Balbuziente (850-875), titolare della dignità imperiale, il potere reale potrebbe sembrare per un certo periodo rafforzata in Italia. Ma egli muore senza eredi ed il potere finisce di fatto nelle mani della dinastia bavarese dei Widonidi, l'esponente della quale detiene la carica di duca di Spoleto, ed in quelle della dinastia degli Unrochidi, il cui esponente è marchese del Friuli.

I membri di questa famiglia sono dei Franchi: Evrardo, loro progenitore, ha ricevuto la marca del Friuli fin dalla sua costituzione ad opera di Lotario I (837), mentre essi sono uniti alla stirpe carolingia tramite una figlia di Ludovico il Pio. Nell'875 gli Unrochidi considerano ancora il nord della Francia (la regione di Lilla) come uno dei centri del proprio potere. Se, almeno all'inizio, essi non avevano mai avuto la pretesa di conquistare il potere reale, la vacanza di tale potestà in Italia e le difficili circostanze della fine del X secolo portarono uno di essi (Berengario I) prima sul trono d'Italia e poi su quello imperiale.

Berengario, unico erede maschio della propria casata nell' 874, infatti, sostenne in un primo momento le pretese del Carolingio di francia Orientale al trono d'Italia. Gli eredi possibili, allora, sarebbero Carlomanno, figlio di Ludovico il Germanico, e suo fratello, Carlo il Grosso. Alla morte del secondo, tuttavia, non c'è più nessun Carolingio che sia in grado di affermare la propria autorità in Italia.

I rivali tradizionali degli Unrochidi nella penisola, cioè i Widonidi di Spoleto, che hanno alcuni possedimenti vicino Nantes, apparivano allora come dei candidati potenziali al trono della Francia occidentale. Perciò, Berengario accede personalmente al trono dell'Italia nel 887: per contrastare le ambizioni dei Widonidi, mette così fine, in pratica, all'idea dell'unità carolingia.

Tuttavia, in questo momento esso non dispone di un appoggio che va oltre l'ambito regionale ed è ancora contestato, particolarmente a causa dell'influenza che i Windonidi prendono sul papato (vedere pornocrazia). Fino alla morte del suo rivale, il duca Lamberto di Spoleto, nel 898, non controlla ancora tutto il territorio italiano

In più, è obbligato anche a contrastare la minaccia ungherese. All'epoca dell'invasione del regno d'Italia nel 899, deve quindi venire a patti con gli ambiti militari carolingi, cioè deve riunire l'armata: gli Italiani subiscono una sanguinosa sconfitta. A seguito di questo evento, la strategia di Berengario cambia: accetta da questo momento in avanti numerosi compromessi con i poteri locali: vengono costruite delle mura e scappano al controllo reale; l'autorità pubblica viene conferita, senza alcuna contropartita, a dei vescovi, ecc. Il risultato di questa nuova politica è uno sbriciolamento importante ed irreversibile dell'autorità del re nella penisola.

Facendo appello a dei mercenari ungheresi contro gli Italiani che si ribellano contro la sua autorirà, Berengario ottiene finalmente la dignità imperiale, che esso ambiva, nel 915, ma nelle sue mani essa non è che l'ombra del passato.

Arte

La rinascita europea promossa dai Carolingi influenzò anche la sfera artistica, determinando il recupero del linguaggio classico. Nelle grandi chiese abbaziali (St-Denis, Corvery, Reichenau, Castel San Vincenzo), si affermò una nuova tipologia basilicale a tre navate con abside, cripta e facciata tra torri (westwerk), mentre nella Cappella Palatina ad Aquisgrana prevale la pianta centrale di derivazione bizantina.

Bibliografia