Discussione:Lingue parlate in Italia/Archivio

Come riportato in http://www.aliblu.it/italia/puglia/dialetto.asp Non esiste un dialetto PUGLIESE... esiste un dialetto Salentino e uno dell'alta Puglia.

Cartina Errata

Testo e cartina non concordano. Il Pavese e il dialetto dell'Oltrepo Pavese fanno parte dei dialetti emiliani, ma secondo la cartina rientrano nel Lombardo Occidentale. -- 13:10, mar 21, 2007 (CET)

Rischiamo il POV

Attenzione, non trasformiamo l'Italia come una Babele di lingue. Le posizioni sono due e vanno seganalate entrambe. Ethnologue è e resta una fonte discutibile. -- Ilario (0-0) - msg 10:38, nov 5, 2005 (CET).

L'Italia è una Babele di lingue (unica in Europa). Non lo dice solo l'Ethnologue ma la stragrande maggioranza dei linguisti. Ma forse Ilario non lo sa... Enzino 09:59, nov 6, 2005 (CET)

Ok. Ma non devi dire che Ethnologue è fonte esatta (confronta qui en:Ethnologue e qui en:SIL_International) mentre la comunità europea sbaglia perché è manovrata politicamente. Le posizioni sono due, vanno segnalate normalmente. Affermare che la Comunità Europea fa giochetti politici mi sembra un'affermazione "forte". -- Ilario (0-0) - msg 11:11, nov 6, 2005 (CET)

Chi ha detto che Ethnologue è una fonte esatta. Ho perso abbastanza tempo per cercare (invano) di cercare qualche rettifica (giusta) su lingue ignote dai più (come il gilbertino). Le posizioni dell'Unione europea sulle lingue sono molto, ma davvero molto, politically correct... Corrispondono dunque alla regola WP di NPOV. Enzino

Termini come "maggioranza", "minoranza", "molti", "la maggior parte" e "alcuni" andrebbero sostituite da una lista di fonti documentate, per evitare di svilire il valore scientifico di questo articolo. Con questo spirito ho rivisto parte dell'articolo. Alain

Tullio De Mauro

Sono d'accordo con Tullio De Mauro, ma la mia considerazione della differenza tra lingua e dialetto si basa su due concetti:

  • la presenza di diversi registri
  • la presenza di elementi grammaticali e di vocaboli differenzianti

Non escludo che gli idiomi italiani abbiano avuto una nascita e un progredire del tutto autonomo che ha portato a diverse letterature e a vere e proprie lingue. Ma una lingua può anche diventare dialetto perché perde coscienza di sé. Così il veneto, il siciliano, il lombardo parlati nei secoli scorsi non sono gli stessi che si parlano oggi: si sono fortemente italianizzati e fusi tra di loro.

Quindi:

  • hanno perso registri
  • hanno perso elementi differenzianti

per questo mi sembra esagerato parlare di un'Italia fatta di tante lingue, ma vedo bene un'Italia che sta vedendo in sé un fenomeno aggregatore che ha portato alla nascita di una "lingua franca" o koiné.

Me ne accorgo perché io, di origini anche napoletane, vedo diverso il dialetto che parlano i miei amici napoletani dal dialetto parlato in una commedia come la "Gatta Cenerentola" dove i termini sono fortemente tipizzati e a volte incomprensibile agli stessi napoletani. -- Ilario (0-0) - msg 11:51, nov 6, 2005 (CET)

Gatta Cenerentola è di Giambattista Basile, facente parte della sua opera Lo cunto de li cunti - scritto ca. 400 anni fa. A dire il vero: lo scritto è ben comprensibile per chi conosce il napoletano e chi legge le varie opere in lingua - se vuoi: ho una copia in pdf (è fuori copyright) - che però non posso caricare su wikisource in quato mi chiedono la risorsa: be' non la conosco - ho solo il testo. Del resto per piacere da uno sguardo all'Atlante linguistico italiano-svizzero - almeno non faresti original resarch, perché non siamo noi a poter determinare quale linuga sia lingua e quale no, bensì wikipedia può solo riportare quello che è riconosciuto generalmente. Che una lingua si trasformi nel tempo è normale - per quello non perde il requisito di lingua - basta guardare l'italiano con tutte le belle parole inglesi che vengono mischiate in una frase - quando di parla di week-end, di finanza, di marketing (equiti ecc.) - o l'italiano di oggi è ancora la versione dantesca? E: siete sicuri di poter leggere Dante "così" senza che vi venga spiegato a scuola? hmmmm .... --Sabine 20:04, 22 ott 2006 (CEST)Rispondi

Alto Adige

Alto Adige va tradotto in ladino con Suedtirol. Persino i ladini di fassa usano tale dizione. Per la precisione Region Autonoma Trentin - Sudtirol vedi il sito http://www.istladin.net/web/index.asp?id=24. Quindi correggo l'affermazione.


Definizione politica di lingua

Si fa una distinzione, in questa discussione, di lingua e dialetto su base linguistica o dialettologica, citando De Mauro ed altri: non ci si scordi però che esiste anche (e sopratutto) un criterio politico che distingue una lingua da un dialetto! la prima è un idioma riconosciuto e con caratteri di (parziale o totale) ufficialità, la seconda è un idioma senza riconoscimento politico (o quantomeno con un riconoscimento minimo, limitato alla tutela culturale).

Vi consiglierei (con molta modestia) di non scornarvi sul criterio linguistico, sia perchè non è un criterio scientifico (checchè questo termine venga usato spesso a sproposito in materia) sia perchè esistono notevoli differenze tra le varie definizioni, con criterio linguistico, proposte dalla linguistica e dai linguistici stessi! sareste in eterno litigio! La definizione politica è la più naturale (e forse, secondo me, in un primo momento significativa) e meno contestabile! Criterio che naturalmente non implica necessariamente alcuna parentela prossima tra dialetti di una stessa nazione, nè che questi siano in qualche modo "figli" o "padri" della lingua nazionale, o che siano con essa intercomprensibili.

Inoltre il tanto noto problema "delle koinè", che molti ascrivono ai criteri linguistici, è un problema in senso stretto del criterio politico! Naturale poi che in generale esistono ragioni fortissime affinchè i poteri politici individuino e alimentino delle koinè che abbiano una centralità anche linguistica e culturale, ma noi WIKIPEDIANI non siamo chiamati a pronunciarci su questo genere di questioni, bensì esclusivamente a registrare la realtà dei fatti e a esporla nel modo allo stesso tempo più semplice ed immediato possibile, e più neutrale possibile. Luciano

Immagine sui dialetti

Non so da dove provenga quell'immagine sulla diffusione dei dialetti in Italia, ma mi pare molto campata per aria. Innanzitutto è scritto "abbruzzese" invece di "abruzzese", e poi c'è una divisione "marchigiano settentrionale-marchigiano meridionale" che è sbagliata: il marchigiano settentrionale sostanzialmente non esiste, la provincia di Pesaro parla romagnolo, mentre la provincia di Ancona parla metà umbro e metà marchigiano meridionale, così come tutta la provincia di Macerata. Insomma, è un'immagine arbitraria e per di più sbagliata. Spinoza

Tecnicamente, l'immagine proviene dall'archivio multimediale di Commons ed è stata realizzata dall'utente F l a n k e r; nel merito, ha il difetto di non fare riferimento ad alcuna fonte che ne giustifichi la struttura. La questione è già stata sollevata da SabineCretella sulla relativa pagina di discussione. Se aggiungi la tua opinione anche lì si potrà senz'altro arrivare a una posizione condivisa in merito, oppure alla eliminazione dell'immagine. Intanto tolgo l'immagine dalla nostra voce. --Lp 13:12, 12 ott 2006 (CEST)Rispondi
Salve a tutti, sono l'autore dell'immagine. Mesi fa ho notato che per molte altre "nazioni", tipo ad esempio la Francia, vi erano le mappe degli idiomi (mi dicono che dialetto è poco corretto). Così ho voluto farne una anch'io per l'Italia, dato che non vi erano esempi accurati in letteratura che avessi sotto mano, mi sono basato su quello che ho trovato in rete e sulla mia esperienza personale. Appena ho caricato l'immagine ho scritto SUBITO al bar del progetto:Lingue che l'immagine era un abbozzo, provvisoria e che chiunque, dico chiunque, abbia trovato un'imprecisione poteva scrivermi ed io avrei IMMEDIATAMENTE provveduto ad emendare l'errore. Perché nessuno mi ha scritto? Ad ogni modo provvedo a rinominare abbruzzese in abruzzese e per le Marche vedrò di sistemare come posso. In futoro contattate sempre il diretto interessato! Ciao, F l a n k e r 11:40, 18 ott 2006 (CEST)Rispondi
PS: non è nulla di arbitrario, in rete avevo trovato quella divisione e non essendo un marchigiano, mi era sembrata corretta...
Ho trovato questa pagina riguardante i dialetti siciliani: eccola (quella in fondo). Che ne pensate? E' attendibile? --F l a n k e r 12:51, 18 ott 2006 (CEST)Rispondi

Pronto, pronto? Comunque io avevo messo l'immagine alla voce lingua italiana (dove è tutt'ora), non in altre, sia ben chiaro. --F l a n k e r 10:41, 20 ott 2006 (CEST)Rispondi

Vista la presenza di tedesco, sloveno e altre lingue propriamente dette, io suggerirei di rinominare la mappa in qualcosa del tipo "italian_languages_and _dialects.jpg" così non si fa torto a nessuno e nessuno può lagnarsi... :-) --Piero Montesacro 11:38, 20 ott 2006 (CEST)Rispondi
A me piacerebbe, come anche tu hai suggerito ieri, idiomi, in inglese verrebbe Italian_idioms.jpg. Che ne dite tutti? --F l a n k e r 12:06, 20 ott 2006 (CEST)Rispondi
Mmh, io parlavo di idiomi nel contesto di una discussione svolta tra noi in italiano. Idiom in inglese ha sì anche lo stesso significato che gli attribuiamo noi, ma anche un altro significato piuttosto diffuso (tanto che forse andrebbe inserito nel Glossario_dei_falsi_amici_della_lingua_inglese) ossia quello di frase idiomatica. Verificare ad esempio il Merriam-Webster online per credere:
1 a : the language peculiar to a people or to a district, community, or class : DIALECT b : the syntactical, grammatical, or structural form peculiar to a language
2 : an expression in the usage of a language that is peculiar to itself either grammatically (as no, it wasn't me) or in having a meaning that cannot be derived from the conjoined meanings of its elements (as Monday week for "the Monday a week after next Monday")
In altre parole, l'uso di idiom nella forma inglese potrebbe portare a nuove contestazioni o equivoci. --Piero Montesacro 12:50, 20 ott 2006 (CEST)Rispondi
Trovo anch'io che Italian languages and dialects come ha proposto Piero sia la più corretta. --Dch discutiamone 12:54, 20 ott 2006 (CEST)Rispondi

OK per me. --F l a n k e r 13:28, 20 ott 2006 (CEST)Rispondi

Visto che l'immagine è stato caricato su commons vi invito a proseguire la discussione lì. La semplice modifica del nome del disegno non porta ad alcun risultato - su commons ci sono anche le basi sull quali è stato creato questo grafico e a dire il vero: lo trovo molto interessante. link a commons - Grazie! --Sabine 20:16, 22 ott 2006 (CEST)Rispondi

Chi ha partecipato a questa discussione,e che evidentemente ha contribuito con maggior pervicacia di altri, coloro che invece difendono l'italianità, a modificare la voce in senso antiitaliano, dovrebbe solo vergognarsi. --Rick Hunter 13:45, 7 nov 2006 (CET)Rispondi

Err... perdonami, ma non ho afferrato il senso della tua affermazione. Chi dovrebbe vergognarsi e perché? Ciao, F l a n k e r 20:02, 23 nov 2006 (CET)Rispondi


Riferimenti bibliografici

La distinzione tra lingua e dialetto, tra dialetti nazionali e lingue separate ha spinto molti utenti a modifiche personali. Nell'ottica di porre queste voci su basi più salde, propongo di accumulare materiali provenienti da fonti attendibili come dizionari ed enciclopedie. Riporto le voci in forma integrale perché non vi siano accuse di manipolazione e immagino che questo non costituisca una violazione del diritto d'autore. Questi i primi che ho sotto mano:

Dialetto: parlata tipica di una determinata area geografica, a cui si contrappone la lingua ufficiale o nazionale: dialetto veneto, napoletano, di Bergamo; parlare, scrivere in dialetto. (Dizionario Garzanti 2005)

Dialetto: Sistema linguistico particolare usato in zone geograficamente limitate: i dialetti della lingua italiana; parlare in dialetto. (Dizionario Zanichelli 2003)

Dialetto: sistema linguistico usato in zone geograficamente limitate e in un ambito socialmente e culturalmente ristretto, divenuto secondario rispetto a un altro sistema dominante e non utilizzato in ambito ufficiale o tecnico–scientifico: il d. piemontese, siciliano, esprimersi in d. | nella linguistica angloamericana e francese, varietà regionale o connotata socialmente della lingua ufficiale. (Dizionario De Mauro Paravia)

Lingua: Sistema fonematico, grammaticale e lessicale per mezzo del quale gli appartenenti a una comunità comunicano tra loro: lingua italiana, spagnola, inglese, la grammatica, il lessico di una lingua; anche i dialetti sono lingue; la lingua nazionale, quella parlata da una nazione e usata nei suoi atti ufficiali, linguia parlata, quella delle comunicazione, più specificamente, quella, di tono immediato e familiare, che s'impiega nella vita quotidiana, lignua scritta,m quella che si traduce in scrittura; in senso specifico, la lingua delle comunicazioni scritte, più attenta e controllata. (Dizionario Garzanti 2005)

Lingua: Sistema grammaticale e lessicale per mezzo del quale gli appartenenti ad una comunità comunicano tra loro: lingua italiana, francese, inglese, tedesca. CFR. glotto-, -glotto | Le lingue classiche, il greco e il latino | Lingua materna, acquisita dal parlante sin dall'infanzia | Lingua morta, non più in uso come mezzo di comunicazione orale o scritta | Lingua viva, attualmente in uso nella comunicazione orale o scritta | Lingua madre, dalla cui evoluzione derivano altre lingue; (est.) madrelingua | Madre lingua, V. madrelingua | Lingua artificiale, lingua convenzionale per la comunicazione gergale o internazionale | Lingua franca, lingua parlata fino al XIX sec. nei porti mediterranei avente come base l'italiano centrale e comprendente vari elementi delle lingue romanze; (est.) ogni mezzo di comunicazione fra gruppi o genti, comunemente accettato | Lingue monosillabiche, agglutinanti, flessive, rispetto alla struttura della parola e alla morfologia | Confusione delle lingue, il sorgere della molteplicità delle lingue in occasione della costruzione della torre di Babele, secondo la narrazione biblica. (Dizionario Zanichelli 2003)

Lingua: FO parlata, idioma, ant. favella, loquela, talora linguaggio come facoltà umana; più spesso modo di parlare peculiare di una comunità umana, appreso dagli individui (in condizioni normali) fin dai primi mesi di vita, affiancato, per le popolazioni alfabetizzate, da modalità ortografiche e di stile connesse alla pratica dello scrivere e del leggere; nelle innumeri manifestazioni di tale modo di parlare e di scrivere si riconosce la presenza di un vocabolario comune alla generalità dei parlanti della comunità per le parole di più alta frequenza (vocabolario fondamentale o di base), integrato da parole e termini più rari in uso tra e per gruppi particolari (le classi più colte, categorie professionali, esercenti di particolari attività, varietà locali, ecc.): i significanti del vocabolario sono articolati e individuati con un sistema fonematico comune, affiancato da rappresentazioni grafiche (ideografiche o, più comunemente, alfabetiche) e il vocabolario noto viene usato per produrre e comprendere frasi e testi secondo un numero relativamente ristretto di norme grammaticali e sintattiche (sancite, di solito restrittivamente, nelle scuole) e secondo varie modalità stilistiche e pragmatiche legate alla varietà di situazioni comunicative sociali e alla diversa tipologia dei testi: la l. ch’io parlai fu tutta spenta | innanzi che a l’ovra inconsummabile | fosse la gente di Nembròt attenta (Dante); non è impresa da pigliare a gabbo | discriver fondo a tutto l’universo, | né da l. che chiami mamma o babbo (Dante); l. araba, catalana, francese, giapponese, greca, italiana, ladina, latina, russa, sarda, turca, usata soprattutto (di rado esclusivamente) dai popoli di omonima denominazione, spesso, sul modello dell’Europa moderna, all’interno di comunità statuali tendenti a realizzare l’omogeneità linguistica e l’unità e l’indipendenza nazionali; l. inglese, tedesca, spagnola, usate in vaste comunità nazionalmente eterogenee e appartenenti a stati diversi; una gente che libera tutta | o fia serva, tra l’Alpe ed il mare; | una d’arme, di l., d’altare, | di memorie, di sangue, di cor (Manzoni), gli italiani nella concezione risorgimentale cattolico–liberale; parlare, scrivere, leggere, ascoltare una l., enunciati, discorsi, testi prodotti con parole e regole di quella lingua; buona l., l’insieme degli usi accreditati come migliori rispetto ad altri, divergenti, ritenuti (dalla classe colta o per più estesa convinzione) meno o non accettabili; storpiare una l., parlarla male rispetto alle consuetudini comunemente accettate come migliori; parlare bene una l., usare con efficacia la propria o una lingua straniera per produrre o comprendere enunciati, discorsi, testi; parlare, leggere la propria, nella propria l., in un’altra l.; l. scritta, parlata, insieme delle realizzazioni scritte, parlate in una data lingua | estens., modo di esprimersi, comportarsi, pensare: parlare la stessa l., concordare profondamente, non parlare la stessa l., parlare (due) lingue diverse, non riuscire a intendersi, a concordare; in che l. parlo?, in che l. debbo parlarti?, rivolgendosi a chi (ritenuto pari o inferiore) pensiamo che non voglia e, invece, dovrebbe concordare con noi, seguire le nostre opinioni già espresse. (Dizionario De Mauro Paravia)

Ne consegue che, secondo la lingua italiana: 1) si dice lingua qualunque sistema con cui una comunità comunica al proprio interno e 2) una lingua di ambito limitato e non utilizzata a livello ufficiale o scientifico si dice dialetto.

Propongo quindi di precisare nella voce che il termine più appropriato per definire tutte le ligue italiane prive di valore ufficiale è dialetto.


Aggiungo questo interessante artitolo di De Mauro, prestigioso linguista italiano, con classificazione dei dialetti italoromanzi, utile per la riorganizzazione della voce; http://www.italianisticaonline.it/2005/lido-de-mauro/

Utile anche questo: http://www.unb.br/il/let/abpi2000/antoniani.htm


[Alain]

Lingue, dialetti, cartine e discussioni

Questo articolo ha bisogno di essere riorganizzato e migliorato. È necessario chiarire una volta per tutte la differenza tra lingue e dialetti. Una lingua è indipendente ed un dialetto è una versione regionale di una lingua. Se due forme dialettali derivano da una lingua comune e con il tempo divergono a tal punto da essere incomprensibili l'una dall'altra, le due forme dialettali allora si possono anche definire come lingue.

Approfitto per sottolineare che sarebbe opportuno correggere la cartina dell'articolo in questione modificando alcune zone linguistiche. Un amico di Latina mi ha fatto notare che sulla cartina il napoletano arriva fino alla metà del Lazio mentre, in verità, non va più in là di Latina. Il napoletano arriva fino a Terracina. Da lì diventa ciociaro. Latina rimane quindi in Ciociaria.

L'origine vera e propria delle lingue della Sardegna, della Calabria e della Puglia non sono sufficientemente chiare. Credo che sarebbe opportuno migliorare queste sezioni e spiegare come queste siano state derivate dal toscano fiorentino o dall'italiano. Non è possibile classificare le lingue della Sardegna sotto le categorie sarde e corsiche. Sarebbe più opportuno aggiungere nella lista le lingue in questione marcando la possibile classificazione sotto lingue sarde o corsiche ma non sotto tutte e due le famiglie separatamente.

Colgo l'occasione per puntualizzare che, al di là di "1 Cartina Errata" e "7 Riferimenti bibliografici", il resto delle discussioni è assolutamente inutile perché non apporta alcun contributo alle discussioni sulle lingue parlate in Italia. Oltre a questo è da notare la enorme quantità di errori ortografici e fonetici di queste inutili discussioni. Sono un purista della lingua italiana e non solo di quella. Credo che sia importante chiarire questo punto. La nostra lingua sta già decadendo a sufficienza. La gente non sa più neanche distinguere gli accenti acuti da quelli gravi o coniugare il congiuntivo invece dell'indicativo. Evitiamo di gettare l'italiano al macero in questa maniera.

ICE77 -- 195.212.29.75 14:28, 26 mar 2007 (CEST)Rispondi

L'articolo merita sicuramente un miglioramento, condivido il tuo attaccamento alla lingua italiana e i contributi sono ben accetti. Ma riguardo alla parte iniziale del tuo commento devo farti notare a scanso di equivoci che: 1) la distinzione tra "lingua" e "dialetto" è prevalentemente legata all'uso comune ma non viene più ritenuta attendibile e significativa sul piano scientifico (è chiaro che l'italiano è convenzionalmente una lingua e che il pisano è un dialetto locale, ma cosa dire del francoprovenzale o del gallo-italico o del galiziano?); 2) non esistono lingue "indipendenti" ma sono tutte sono un coacervo di substrati e superstrati e di influenze esterne succedutesi nella storia; 3) i dialetti non sono "versioni regionali di una lingua" ma si sono sviluppati come "volgari" parallelamente a quelle che noi oggi chiamiamo lingue, non certo come deformazione delle lingue nazionali, ed è poi la storia ad aver determinato che qualcuno di essi assurgesse al rango di lingua). 4) Sull'equivalenza tra comprensibilità/incomprensibilità e la classificazione lingua/dialetto in realtà le cose sono un tantino più complesse, connesse anche a fenomeni fonetici oltre che a differenze strutturali (capita che dialetti strutturalmente simili di una stessa lingua vengano recepiti come difficilmente comprensibili per la presenza di fenomeni fonetici locali, ad esempio in certe forme "strette" delle zone montane o per influenza di altri idiomi di contatto, mentre varietà appartenenti a lingue differenti e geograficamente molto lontane tra loro siano più facilmente intercomprensibili). Saluti. --Dch discutiamone 16:29, 26 mar 2007 (CEST)Rispondi
Forse ho capito male. E' stato scritto che ... le lingue della Sardegna, della Calabria e della Puglia ... (sono) state derivate dal toscano fiorentino o dall'italiano ? -- Dragonòt
Eh già. Ma in merito a questo non me la sentivo di dibattere... Mi bastava leggere "lingue (...) corsiche" (???) o "la enorme quantità di errori (...) fonetici di queste inutili discussioni" (chissà come li ha rilevati...). Meno male che sostinene "Sono un purista della lingua italiana e non solo di quella. Credo che sia importante chiarire questo punto. La nostra lingua sta già decadendo a sufficienza. La gente non sa più neanche distinguere gli accenti acuti da quelli gravi o coniugare il congiuntivo invece dell'indicativo. Evitiamo di gettare l'italiano al macero in questa maniera.". Certo che piuttosto che salvaguardare in questo modo l'italiano, preferisco confondere gli accenti acuti con quelli gravi. --Dch discutiamone 18:56, 26 mar 2007 (CEST)Rispondi

La distinzione tra una lingua ed un dialetto potrà a volte non essere così marcata o puramente scientifica ma una cosa è certa: se le persone che parlano un dialetto di una lingua si trovano isolate geograficamente, il dialetto può divergere dalla lingua dalla quale deriva con il tempo e diventare indipendente. Il pisano potrà essere anche un dialetto dell'italiano ma per quanto riguarda il gallo-italico ed il francoprovenzale il discorso è diverso. Io stesso parlo il piemontese che è una lingua gallo-italica e devo dire che il francoprovenzale è per me incomprensibile. I due dialetti, perché è così vengono spesso ed erroneamente chiamati, dovrebbero essere chiamati lingue. Il galiziano discende dal ramo portoghese-galiziano ed è un discorso completamente diverso e fuori luogo in questo frangente.

La maggior parte delle lingue europee, al di là di alcune eccezioni, derivano certamente da un ceppo comune ma con il tempo sono diventate indipendenti nel senso che una conversazione tra un tedesco ed un olandese non produrrà grandi risultati perché, sebbene i due parlino lingue germaniche, parlano due lingue che si sono evolute e che non sono più uguali.

I dialetti possono anche derivare dal volgare ma la geografia ha sempre e comunque fatto la sua parte. Il discorso è evidente quando si parla di come si è evoluto l'italiano nel Lazio e nella Toscana (la maniera di parlare a Firenze non è quella di Roma). Nel nord delle Valli di Lanzo in Piemonte, per esempio, si parla un piemontese che io non capisco assolutamente ed i paesi interessati sono solo ad un quarto d'ora di macchina dal mio paese. La geografia ha sicuramente fatto la sua parte molto più di quello che si possa pensare.

Il discorso di comprensibilità ha sicuramente a che fare con la fonetica, la sintassi, la grammatica ... con quello che ho scritto non volevo assolutamente limitarmi alla comprensibilità in sé perché questa si basa su diverse variabili. L'influenza di altre lingue può anche far parte di queste variabili. Con il tempo un dialetto o una lingua si possono modificare a tal punto da essere incomprensibili.

Sulle lingue della Sardegna, della Calabria e della Puglia ho chiaramente frainteso quello che avevo letto. Stavo leggendo diversi articoli e devo essermi confuso. La cosa non ha assolutamente senso. Io stesso so che la Sardegna è un discorso a parte. Per la Calabria e la Puglia volevo capire da dove arrivano i dialetti locali. Da quello che ho letto su Wikipedia in inglese ed in italiano, i dialetti di Puglia e Calabria sono paralleli al toscano e derivano da siciliano e campano.

Per lingue corsiche intendevo le lingue corse, le lingue della Corsica. Per gli errori di fonetica posso elencare la parola perchè, un classico errore che fanno milioni di italiani (errore che a scuola, sin dalle elementari, non veniva mai corretto). Per gli errori di ortografia non credo sia il caso di perdere tempo. Sono piuttosto evidenti. Non parliamo poi degli errori di punteggiatura. In questo articolo non ne mancano.

ICE77 -- 81.104.129.226 14:21, 2 apr 2007 (CEST)Rispondi


A me non piace per niente com'è strutturato quest'articolo. Ci si ostina assurdamente a continuare la diatriba lingua/dialetto. La distinzione da dizionario non è significativa, perché il dizionario riporta il significato comune dei termini, non necessariamente quello scientifico. La nozione di "dialetto" per come viene intesa nell'uso comune non dovrebbe trovare posto in un'enciclopedia, dato che diverge significativamente da quella usata dagli studiosi di linguistica (per un linguista quello che chiamiamo dialetto si chiama vernacolo); bisognerebbe piuttosto far riferimento a testi di linguistica, non certo al dizionario De Mauro con tutto il rispetto.

La cosa più semplice è chiamarli tutti "idiomi", "varianti linguistiche" e "vernacoli locali" e bandire la parola dialetto dal testo (che piaccia o meno porta con se una connotazione spesso dispregiativa) e tutto magicamente si risolverebbe, finirebbero le polemiche e l'articolo non si presterebbe a nessuna critica di strumentalizzazione. Ma forse è una soluzione troppo semplice e bisogna complicarci la vita... no? Lorenzino 02:49, 16 apr 2007 (CEST)Rispondi

Nota: de Mauro, curatore del dizionario omonimo, è uno dei maggiori linguisti italiani (http://it.wikipedia.org/wiki/Tullio_De_Mauro) [Alain]

Dal punto di vista linguistico il termine "dialetto" è molto sfumato e di difficile impiego nell'enciclopedia. Ma dal punto di vista legale è chiarissimo. Le lingue sono accettate in varia misura dalla pubblica amministrazione: ad esempio ci si può rivolgere al comune in sardo (in forma scritta), si può parlare in un tribunale valdaostano in francese, il tedesco è insegnato nelle scuole altoalesine, etc... le lingue che non hanno questo status sono dialetti e non per ragioni scientifiche, ma puramente legali. Se qualcuno si sente offeso, si potrebbe "nobilitare" tutte le voci a Lingua ("lingua pugilese, "lingua napoletana", etc...) inserendo nel box un riquadro che dica "Status: dialetto" Dopotutto, se il concetto è chiaro e informativo, perché eliminarlo"? [Alain]

Se "dal punto di vista legale è chiarissimo", si prega di citare una legge che dica che le "lingue" non ancora riconosciute sono "dialetti". -- Utente:Dragonòt

Dragonot, non ho intenzione di inizare una polemica. Dubito che ci sia una legge che imponga un termine piuttosto che un altro. Però sappiamo che la lingua ufficiale dello stato è l'italiano, che in alcune regioni si affianca ad altre legalmente ricosciute. Le altre lingue hanno status e usi oggettivamente diversi. Come vogliamo chiamarle? Secondo la lingua italiana, una lingua di ambito limitato, priva di riconoscimento ufficiale è un dialetto. Il termine è chiaro e oggettivo, ma se ritenete che non vada usato, spiegate oggettivamente perché e proponete una soluzione alternativa. [Alain]

Allora non è vero che "dal punto di vista legale è chiarissimo".
Adesso, se "secondo la lingua italiana una lingua di ambito limitato priva di riconoscimento ufficiale è un dialetto", allora perché si usa scrivere 'lingue Niger-kordofan" (più di 1500) e non "dialetti Niger-kordofan" ? Perché si usa scrivere "lingue austronesiane" (più di 1200) e non "dialetti austronesiani" ? Etc... -- Utente:Dragonòt

Per la distinzione lingua/dialetto, ti consiglio di consultare il post "Riferimenti bibliografici" più sopra. Ripeto. - Le lingue ufficiali italiane sono chiaramente definite. (Rif. Pagina sulla lingua italiana) - Il termine italiano per indicare quelle non ufficiali è "dialetto". (Rif. definizione nell'articolo) Se altri utenti desiderano cambiare terminologia, sono pregati di chiarirne le ragioni e di suggerire la terminologia sostitutiva in modo oggettivo e documentato. [Alain]

L'ospite che si firma Alain propone il "criterio dell'ufficialità". Ma quali gustose conseguenze ci sarebbero? Le "lingue creole" diventerebbero "dialetti creoli"? Le "lingue Niger-kordofan" diventerebbero "dialetti Niger-kordofan"? Le "lingue pidgin" diventerebbero "dialetti pidgin"? Le "lingue austronesiane" diventerebbero "dialetti austronesiani"? Il cario ed il luvio da "lingue anatoliche" diventerebbero "dialetti anatolici"? Le "lingue dei nativi americani" diventerebbero "dialetti dei nativi americani"? La "lingua d'oc" parlata in Francia (che non era e non è ufficiale in Francia) diventerebbe "dialetto d'oc" quando è parlato in Francia? -- Utente:Dragonòt

Ripeto quanto detto più volte: si dice lingua ogni "sistema fonematico, grammaticale e lessicale per mezzo del quale gli appartenenti a una comunità comunicano tra loro." Tutti gli esempi riportati da Dragonot sono lingue in senso generale e nello specifico si possono definire "dialetti", perché tale è il termine italiano per le lingue non ufficiali. Invito a consultare la voce "Dialetto" di Wikipedia per più informazioni sui significati del termine. Prego inoltre di fornire eventuali argomentazioni oggettive e documentate che giustifichino l'eliminazione del termine "dialetto" da questo articolo o di interrompere il dibattito, perché questo non è un forum. [Alain]

Scusa Alain, dici di riferirti alla voce Dialetto di wikipedia, e in tale voce leggo "In generale al termine si riconoscono due principali diverse accezioni [...] In Italia sono diffuse, non senza confusione, entrambe le accezioni" Ciò semplicemente conferma quello che stiamo dicendo, ossia che è un termine AMBIGUO, di cui sempre più linguisti scelgono di limitare l'uso. Stiamo dicendo che non ha senso adottare due diverse terminologie per gli idiomi italiani e per quelli stranieri (!) perché questa è un'enciclopedia e non un testo di diritto. Non c'è alcum motivo per cui la definizione "legale" debba essere quella principale in alcuni casi mentre quella linguistica debba esserlo in tutti gli altri casi. Oltre tutto questo testo non è omogeneo con le voci enciclopediche che parlano espressamente di "lingua siciliana", "lingua veneta", "lingua ligure" ecc ecc. Lorenzino 16:09, 3 giu 2007 (CEST)Rispondi

Non è indispensabile che la definizione sia solamente legale, ma la distinzione è evidente e deve essere indicata. Dopotutto il 72% degli italiani si rivolge "Solo o prevalentemente italiano" in pubblico, contro un 5,2% che usa prevalentemente il dialetto. (Dati Istat 2006 http://www.istat.it/salastampa/comunicati/non_calendario/20070420_00/testointegrale.pdf) Nelle regioni con lingue equiparate, il loro uso è ben più diffuso di qualsiasi dialetto (ad es. 66,4% a Bolzano). Un articolo che parla delle "lingue parlate in Italia" non può appiattire tutto su un solo termine: sarebbe una palese distorsione della realtà. Dopotutto, se la stessa Istat usa il termine "dialetto" nel suo sondaggio e 54.000 italiani sono in grado di comprendere il termine e rispondere, significa che la distinizione esiste ed è piuttosto chiara.

Entrando nello specifico, ripeto che ogni dialetto È una lingua, cioé mezzo di comunicazione di una comunità, quindi non c'è conflitto nel parlare di "Lingua siciliana" e specificare che è un dialetto. La linguistica non può spiegare quella linea che separa il 72% dal 5,2% perché è storica, politica e legislativa, ma non per questo possiamo fingere che non esista. Ripeto il mio invito a suggerire terminologie alternative che possano rimarcare questa distinzione, ma per ora l'unica mi sembra "dialetto". [Alain]

Fonti

[I linguisti odierni concordano nel raggruppare gli idiomi galloromanzi italiani, retoromanzi ed il veneto nel sistema linguistico reto-cisalpino (Atti del convengo internazionale degli studi sulle lingue romanze dell'Italia del Nord, Trento, 21-23 ottobre 1993). Secondo l'interpretazione più recente, gli idiomi retoromanzi costituiscono una varietà più conservativa di una lingua "padana" comune assestatasi nell'alto medioevo. La variante centro-occidentale di questa lingua ha in seguito assorbito numerose innovazioni di origine francese, dando luogo agli idiomi del gruppo cisalpino (idiomi galloromanzi italiani e veneto). In precedenza, secondo il linguista G.B. Pellegrini le lingue gallo-italiche e il veneto devono essere classificate nella famiglia dei "dialetti alto-italiani".]

Quanto scritto sopra è falso. Un falso clamoroso per di più scritto consapevolmente. Al contrario di quanto scritto, la stragrande maggioranza degli odierni linguisti classifica le lingue galloitaliche come italoromanze. La tesi proposta dall'articolo nasce con l'opera di un linguista australiano, Hull, nel 1982 e poi sostenuta solo da autori, pubblicazioni o enti che a questo si rifanno (comunque in esiguo numero). Tale tesi è tuttora da considerarsi originale e se proprio si vuole riportarla in una voce enciclopedica è pazzesco riportarla come l'unica tesi, anche a discapito di quella realmente sostenuta dalla maggioranza dei linguisti.

Sono inoltre curioso di leggere in dettaglio gli atti del convegno sopracitato che vengono spesso richiamati ma mai prodotti.

Altra menzogna è descrivere la tesi di una singola associazione, l'Associazione Linguistica Padanese, come "l'interpretazione più recente", in luogo di "originale e personale".

In ogni caso, coerentemente con quanto scritto, se questa fosse realmente "l'interpretazione più recente" sarebbe comunque non enciclopedico riportarla come UNICA tesi.

Da sottolineare poi la grave autocontraddizione che questa frase crea all'interno dell'articolo e con gli altri articoli. Fornisce infatti una tesi di rottura sia a fronte di quanto tutt'ora insegnato in scuole ed università di tutto il mondo (e riportato nelle enciclopedie cartacee) sia a fronte di quanto presentato da ethnologue, fonte decisamente inattendibile ma alla quale si appoggiano gli articoli di linguistica di wikipedia. Spesso citata come unico riferimento.


Cambiato il titolo del paragrafo creato dall'utente anonimo in quanto era troppo POV.
Bè, questo è vandalismo. Dall'alto di quale autorità morale hai ritenuto di poter giustificare questa scortesia? Bo', si vede che sei illuminato da una luce divina a me invece lontana... Ho intitolato questo paragrafo non verità perchè di questo penso tratti; invece di agire così ineducatamente dovresti semplicemente ribattermi e mostrarmi come invece tutto quanto riportato sia assoluta e trasparente verità. E se non è così allora sono oggettivamente delle non verità.
Gli atti del Convegno di Trento sono in libera vendita. Al Convegno di Trento parteciparono, tra gli altri, il grande G.B. Pellegrini, Zamboni, Benincà, Pfister, etc...
Che bello.
Curioso che sia stato proprio il Pellegrini a descrivere le varietà linguistiche altoitaliane/cisalpine/galloitaliche come italoromanze. Dire il contrario è semplice menzogna; come si può facilmente constatare leggendo le opere di pellegrini, anch'esse disponibili (edinoltre producibili). "La Carta dei Dialetti d'Italia (Pisa, Pacini editore 1977), Giovan Battista Pellegrini" è un celebre esempio in tal senso.
Il termine Cisalpino è stato creato dal Pellegrini nel 1973.
Che c'entra? Comunque penso sia un termine ben più antico. Anche in ambito linguistico.
Diversa invece l'affermazione fornita dall'utente anonimo che (come alcuni altri - o sempre lo stesso?) continua a parlare di "quanto tutt'ora insegnato" senza fornire altra info. -- Dragonòt
Ma scusa, questa è o ipocrisia o schizofrenia. Ma come? Le tue fonti sono valide, sebbene non riportate, in quanto disponibili in "libera vendita" (e quindi non producibili a meno di violazione di diritti, mi par di capire) e le mie (la scuola e l'università), liberamente e gratuitamente a disposizione di ogni cittadino, no?
Davvero bizzarro. Comunque praticamente tutti i testi scolastici o universitari di dialettologia italiano o glottologia riportano la carta del Pellegrini o altre che comunque, di base, sempre al Pellegrini fanno riferimento.
Fu proprio il Pellegrini a suddividere l'italoromanzo in "sistemi dialettali" (proprio per citare le sue parole) e il gruppo altoitaliano era il primo fra questi.
Questi sistemi attualmente sono, previe future nuove sottodivisioni, 6: Galloitalico, Veneto, Toscano(comprendente Corso e Gallurese), Centrale, Meridionale, Meridionale Estremo; più l'Istrioto che, non assimilabile al veneto, merita una trattazione particolare.
Noto, tra le altre cose che, in realtà, a nessuna delle argomentazioni da me proposte nel primo intervento hai ribattuto. Dunque devo pensare che effettivamente siano delle non verità.
==========

Se l'anonimo ospite vuole denunciare un vandalismo può rivolgersi ai sysop. Se ritiene che sia suo diritto affermare che sono state scritte delle non verità oppure che sono state scritte delle menzogne, può rivolgersi ai sysop.
Nel frattempo sarà meglio informarlo che sta confondendo "il dominio geografico italiano" (Zamboni, Atti di Trento, pag. 57) con un dominio linguistico.
Sarà meglio anche informarlo che il grande G.B. Pellegrini ha detto, scritto, firmato e pubblicato la seguente affermazione: "Rispetto alla tanto citata linea divisoria Spezia-Rimini ho preferito abbassare da tempo il limite che separa una Romània occidentale da una Romània orientale e portarlo a Carrara-Fano" (atti di Trento, pag. 1), seguita dalla seguente: "... una Romània occidentale, in cui rientra chiaramente l'italia settentrionale, sempre più nettamente distinta dall'orientale" (atti di Trento,pag 4).
Si è detto che gli atti del Convegno di Trento sono in libera vendita perchè così uno può acquistarli e farsi un'idea della questione, invece di lavorare di fantasia su una cartina.
-- Dragonòt

No, non voglio denunciare alcunchè, semplicemente constatavo la tua ineducazione. Tranne forse che viene scritto "i linguisti concordano" e questo è oggettivamente falso. E poi scusa, tu non hai fatto le scuole dell'obbligo??? Non avevi un sussidiario??? Se sì, questo non riportava la carta dal Salvi o quella del Pellegrini on un'altra carta linguistica d'Italia??? Non ti è stato prescritto un atlante, ad esempio il deAgostini (anch'esso riportante una carta linguistica d'Italia)??? Al liceo non hai studiato la letteratura italiana, e la sua nascita??? Io l'ho studiata, al liceo, su "La Latteratura Italiana" di Guido Armellini e Adriano Colombo e su "Lingua Italiana" di Luca Serianni, Valeria DellaValle e Giuseppe Patota. Nella scula dell'obbligo italiana viene insegnato che le parlate altoitaliane/galloitaliche sono italoromanze esattamente come quelle toscane o meridionali estreme. Sostenere il contrario vuol dire o mentire o non aver fatto la scuola dell'obbligo. Puoi però sostenere, e sarebbe opinione rispettabilissima, che quanto insegnato nelle scuole dell'obbligo e nei licei pubblici italiani sia falso. Questo potrebbe ovviamente essere vero, ma ciò non toglie che la posizione della scuola pubblica italiana resti comunque un'opinione meritevole perlomeno di menzione!!! Quanto all'università sai benissimo che l'opinione di Hull non è universalmente condivisa. Per riferire la mia esperienza io ho seguito i corsi filolgia e linguistica romanza, tenuto da Solimena, Storia della lingua italiana, tenuto da Serianni e dialettologia italiana tenuto da Vignuzzi. Anche altri corsi però toccarono la questione, ad esempio i numerosi corsi di filologia dantesca tenuti da Tartaro. In nessun corso da me seguito è stata neanche ipotizzata l'appartenenza delle lingue galloitaliche al gruppo galloromanzo, sebbene condividano con questo la radice di molti vocaboli. Ma, come pensavo tutti sapessero, questo è dovuto all'esistenza di un continuum dialettale che unisce Italia Francia Spagna e Portogallo. Come entrambi sappiamo, fenomeni lessicali, fonetici e morfologici sono tre cose ben distine e che vengono studiate indipendentemente; da quanto poi osservato riguardo la distribuzione di questi i vari linguisti cercano di creare una teoria completa e coerente che li metta in relazione. Il fatto che esista un continuum dialettale tra tutte le lingue che ethnologue definisce "italo-occidentali" implica ovviamente che sia necessario stabilire dei criteri privileggiati per poter fare una qualunque altra divisione. Molto ragionevolmente la maggior parte dei linguisti ritiene che sia da privileggiare una somiglianza strutturale ad una fonetica o lessicale. Nessuno, nemmeno Hull, nega che la grammatica spontanea delle parlate altoitaliane sia praticamente aderente a quella del resto d'Italia e per certi versi divergente rispetto a quella occitana. Nè si può negare che certi fenomeni creino omogeneità con il resto d'Italia (ad esempio la caduta di -s nel plurale) e difformità con la galloromania. Ovviamente esistono altri (pochissimi) che fanno il contrario, ma a ben vedere sono quasi sempre riscontrabili in aree isolate e non riconducibili all'intera area galloitalica. Senza dubbio esiste un fenomeno di disglossia tra italia del nord e centrale, e nessuno la sottovaluta; ma sono di solito attribuiti ad un contatto non ad una genesi. Infine nessuno dei fenemeni fonetici presentati da Hull come le prove di un originaria unità del nord italia con la galloromania ricopre con la sua distribuzione l'intera padania, ma sono di solito riscontrabili solo in piemonte e tra l'altro presenti anche in regioni del sud italia (e per di più assenti in talune regioni della francia). Però, a ben vedere, noto come tutto questo discorso sia imbarazzantemente iniquo!!! Per quale ragione io ho dovuto citare fonti e riferimenti e invece né te né l'articolo siete tenuti a fare altrettanto???

Comunque resta il fatto, a cui non hai potuto controbbattere, che la pagina riposrti come unica interpretazione l'interpretazione da questo stesso presentata come "la più recente", e che è invece solo quella dell'Associazione Linguistica Padanese, in luogo di tutte le altre diciamo "meno recenti". Questo non è enciclopedico.

==========

L'invito all'anonimo ospite a denunciare ai sysop quello che lui ritiene vandalismo rimane valido, come rimane valido l'invito a rivolgersi ai sysop se ritiene sia suo diritto affermare che gli Utenti Contributori hanno scritto delle non verità oppure che hanno scritto delle menzogne.
Ma facciamola breve.
Tesi: G.B. Pellegrini ha detto, scritto, firmato e pubblicato : "Rispetto alla tanto citata linea divisoria Spezia-Rimini ho preferito abbassare da tempo il limite che separa una Romània occidentale da una Romània orientale e portarlo a Carrara-Fano" e "... Romània occidentale, in cui rientra chiaramente l'italia settentrionale, sempre più nettamente distinta dall'orientale" (Atti Convegno di Trento, pag. 1 e 4).
Antitesi: se verrà citato un testo o una dispensa che sia usato attualmente in un corso universitario e che dica che le lingue dell'italia settentrionale sono delle lingue romanze orientali, lo acquisirò, lo consulterò e lo citerò io stesso. Sono proprio curioso di sapere se ne esiste uno e se qualcuno si è levato a negare gli studi del Pellegrini.
-- Dragonòt

Mi dispiace, c'è un corto circuito logico. Nessuno nega gli studi del pellegrini. Non hai letto il mio intervento. Nè i tuoi precedenti forse. Senza dubbio l'isoglossa di cui sopra esiste, nessuno la nega. Nessuno nega che la radice di molte parole galloitaliche sia galloromanza. Nessuno nega quindi che per quanto riguarda la distribuzione di questo fenomeno le lingue galloitaliche siano occidentali. La classificazione, qualora si scelga come metro la struttura di una lingua, fa però delle lingue galloitaliche delle lingue italoromanze. Questo appunto secondo Pellegrini e chi dopo di lui. Libri ti sono stati citati. Dato che esiste un continuum dialettale tra francia e italia è ovvio che le parlate varino con graduale continuità, e così la distribuzione di molti fenomeni. Sta di fatto che gradualmente si è creato un distacco dove c'era continuità, proprio a livello di struttura, tra le lingue poi chiamate italoromanze(ivi comprese le galloitaliche) e quelle poi chiamate galloromanze.

Dato che non hai controbbattuto alle argomentazioni del primo intervento devo dedurre che anche tu ritanga nell'articolo siano presenti le non verità da me ritenute tali.

Comunque non ho idea di cosa sia un sysop.

==========

A proposito di corto circuito, l'anonimo ospite ha appena candidamente ammesso che le lingue galloitaliche sono galloromanze dal punto vista delle "radici delle parole" (qualsiasi cosa ciò voglia dire per lui), per cui da tale punto di vista le "non verità" adesso sarebbero diventate "verità".

No, non hai letto affatto. Ho semplicemente non hai capito.
Non sai cos'è la radice di una parola??? Santo cielo, vai alle elementari invece di scrivere "qualsiasi cosa ciò voglia dire per lui".
Non ho detto che le lingue galloitaliche siano galloromanze da alcun punto di vista. Sai leggere? Ho scritto che la radice di molte parole usate nelle lingue galloitaliche è presente anche nelle loro omologhe di alcune lingue galloromanze.
Viene quasi il dubbio che tu non sappia cosa sia un isoglossa. Ah, se può esserti d'aiuto ha la stessa radice di "glossario".
La non verità era la frse "i linguisti concordano". Tale frase è oggettivamente falsa, come 2+2=5. Infatti ti è già stato palesato quale sia la posizione della scuola pubblica italiana, dell'Enciclopedia Italiana e dell'università pubblica. Può benissimo darsi che essi sbaglino e tu abbia ragione, non va escluso, ma sta di fatto che la loro resti un opinione (poggiata su linguisti, anche fossero incapaci quanto ti pare) che non concorda con quella dell'articolo.

In ogni caso, per cercare di finirla.
Tesi: G.B. Pellegrini ha pubblicato: "Rispetto alla tanto citata linea divisoria Spezia-Rimini ho preferito abbassare da tempo il limite che separa una Romània occidentale da una Romània orientale e portarlo a Carrara-Fano" e "... Romània occidentale, in cui rientra chiaramente l'italia settentrionale, sempre più nettamente distinta dall'orientale" (1993, pag. 1 e 4), riferendosi alle lingue in toto, senza distinzioni.

Sbaglio o questa buffa trovata "tesi e antitesi" era presente anche nel precedente intervento? Non credo che riscrivere più volte le stesse cose senza pensare aiuti a "finirla".

Si avanza un'altra proposta di collaborazione:
Antitesi: se si troverà un testo o una dispensa che sia usato attualmente in un corso universitario e che dica che Pellegrini ha scritto che "le lingue dell'italia settentrionale sono delle lingue romanze occidentali se il criterio sono le radici delle parole" (come ha scritto l'anonimo) e che lo stesso Pellegrini ha scritto che "le lingue dell'italia settentrionale sono delle lingue romanze orientali se il criterio sono la struttura delle lingue" (come ha scritto l'anonimo) , lo acquisirò, lo consulterò e lo citerò io stesso. Sono proprio curioso di vedere se stavolta salta fuori qualcosa.
-- Dragonòt

Che stai dicendo? Niente, come al solito.
Ancora continui a ripetere frasi prive di aderenza alla realtà che speri la aquistino grazie all'ossessiva ripetizione. Tra l'altro mi citi una frase che non ho scritto. Questo è delirante se fatto incosapevolmente (spero).
Ti sono stati proposti testi, ma forse non hai letto il mio intervento.
E' oggettivo dato di fatto, riportato da Pellegrini e chi dopo di lui, mai messo in discussione da Hull o chi per lui, che non esista alcun fenomeno morfologico che discosti le lingue galloitaliche dalle restanti lingue italoromanze. Di contro non ne esiste alcuno che le accosti a quelle galloitaliche (se non la progressiva sparizione del passato remoto, ma questo fenomeno è presente anche nel Sardo e nel Rumeno).
Non posso infine non constatare che sei stato prudentemente alla larga da qualsiasi argomentazione di tipo linguistico.
Poi, ho sì scritto che non ho idea di cosa siano i sysop, ma non ho scritto di non essere curioso di saperlo.
==========

Spiace che l'amabile anonimo ospite abbia chiamato "buffa trovata" un metodo logico che è stato ed è molto usato; inutile dilungarsi, data la sua vasta cultura, l'ospite sa sicuramente di cosa si sta parlando (incidentalmente, la disgiunzione "o" si scrive senza "h"). Subito gli argomenti linguistici, secondo i desideri dell'ospite.
Tesi: sempre la stessa, le citazioni del Pellegrini già proposte.
Antitesi: un paio di domandine, per aiutare l'ospite a fornire citazioni utili per le correzioni agli articoli di Wikipedia.

  1. potrebbe l'anonimo ospite citare dove ha trovato che è "riportato da Pellegrini ... che non esista alcun fenomeno morfologico che discosti le lingue galloitaliche dalle restanti lingue italoromanze" ? Titolo, pagina e 2 righette. Si è fatto "copia e incolla" delle precise parole dell'ospite, così non potrà dire che non lo ha scritto e che non si parla di linguistica.
  2. potrebbe l'anonimo ospite citare dove ha trovato che "la radice di molte parole galloitaliche sia galloromanza" ? Titolo, pagina e 2 righette. Anche qui si è fatto "copia e incolla", per le ragioni già esposte.

Questa volta qualcosa salterà fuori di sicuro. (non si chiede niente invece sulla frase "non ne esiste alcuno che le accosti a quelle galloitaliche" perchè leggermente incomprensibile).
-- Dragonòt

La mia normalissima cultura scolastica mi permette di definire la "buffa trovata" (l'uso di tesi e antitesi in una banale richiesta di riferimenti) ridicola e pretenziosa.
Veniamo a quelli che chiami argomenti linguistici (che invece non lo sono affatto, sono solo delle richieste di riferimenti):
Mi pare che la discussione sia diventata talmente paradossale dallo sconfinare nel grottesco.
Forse sfugge che è l'articolo che deve fornire i suoi riferimenti. Comunque ti ho già detto da dove ho tratto le mie informazioni. Se l'intervento è troppo lungo e noioso da leggere mi dispiace. Prova invece tu a dirmi quali siano i fenomeni morfologici galloromanzi presenti nelle lingue galloitaliche (questa è un'argomentazione linguistica). Sia citando gli autori che preferisci sia citando te stesso. Per usare la tua espressione, sono proprio curioso di vedere se salterà fuori qualcosa.
Per quanto concerne la seconda domanda proprio non ti capisco. E' un'argomentazione a favore della tua tesi, non della mia. Se sei proprio tu a rifiutarla tanto meglio per me. Prendo atto che secondo dragonot le parole in uso nelle lingue galloitaliche riconducibili aalla galloromania e non all'italoromania sono molto poche. Bene. Peccato questo significhi che allora l'isoglossa (spero si sappia cosa sia) LaSpezia-Rimini non esista (sotto le nostre ipotesi questo, per chi mastica logica, è un assurdo).
Leggermente incomprensibile? :D:D:D sei esilarante! Non esiste alcun fenomeno morfologico presente nelle lingue galloitaliche che sia riconducibile alla galloromania (tranne l'eccezione già da me citata). Così ti piace di più?
Infine è cosa doverosa fare "copia e incolla" quando si fa una citazione. Specie se quando ci si affida alla propria parafrasi il risultato è ridicolmente distorto se non ribaltato (come di solito è nel tuo caso).
==========

L'anonimo ospite sembra non rendersi conto che rifiutandosi di citare le sue fonti può far sorgere il dubbio (si spera infondato) che le sue fonti non esistano e che si sia inventato tutto.
L'anonimo ospite è quindi invitato a citare dove avrebbe trovato che che è "riportato da Pellegrini ... che non esista alcun fenomeno morfologico che discosti le lingue galloitaliche dalle restanti lingue italoromanze": titolo, pagina e 2 righette, in modo da fornire riscontro controllabile alle sue affermazioni (anche questa volta si è fatto copia e incolla, in modo che l'anonimo ospite non possa dire che non erano parole sue).
L'anonimo ospite è invitato anche a citare dove avrebbe trovato che "la radice di molte parole galloitaliche sia galloromanza": titolo, pagina e 2 righette, in modo da fornire riscontro controllabile alle sue affermazioni (anche qui si è fatto "copia e incolla", per le ragioni già esposte). Non importa a chi possa essere favorevole una frase, se non ha riscontri ed è infondata allora non è eticamente accettabile usarla; si spera che l'anonimo ospite se se renda conto.
Ci si augura che l'anonimo ospite si renda conto che nel caso le sue affermazione così precise non trovino riscontro e risultino infondate, potrebbe poi sorgere il dubbio che anche altre sue argomentazioni soffrano dello stesso difetto.
-- Dragonòt

Non capisco proprio se tu stia scherzando o parlando seriamente. Ho citato le mie fonti, più volte. Cosa che invece non fate né tu né l'articolo. Dunque invece delle solite sparate, che ormai hanno raggiunto livelli di ipocrisia davvero imbarazzanti, potresti porre rimedio.
Il testo dell'articolo non riporta alcun richiamo ad alcuna fonte. Dunque, stando alla TUA logica "rifiutandosi di citare le sue fonti può far sorgere il dubbio (si spera infondato) che le sue fonti non esistano e che si sia inventato tutto". Già più volte ti ho sottolineato queste irregolarità. Ma invece di commentarle o precedere in un qualunque senso al miglioramento dell'articolo hai preferito cercare di dire (per convincere te stesso?) che le mie posizioni non esistano. Anche fosse ciò non toglie che l'articolo continua a non citare fonti.
L'unico riferimento che compare è ad un'indagine svolta da DeMauro riguardo l'attuale vitalità dei dialetti. Ti spiacerà sapere che proprio DeMauro scrive che i dialetti galloitalici sono italoromanzi. Come fa il Pellegrini (ed ho già precedentemente citato i riferimenti).
Dunque l'articolo è anche autocontraddittorio.
Poi mi chiedi dove si possa trovare che non esistono fenomeni morfologici che discostino le lingue galloitaliche dal resto delle lingue italoromanze. Bè la risposta è semplicissima! Questo stesso articolo di wikipedia!
In questo articolo si sostiene l'appartenenza delle lingue galloitaliche alla galloromania solo facendo riferimento a dei fenomeni fonetici. Andando poi alle pagine delle varie lingue si vede però come nessuno di questi fenomeni ricopra con la propria diffusione l'intera padania. Proprio come mi pare di aver già detto...
D'altronde, se per un attimo metti da parte la tua inossidabile monoliticità, dovrai ammettere che non sei stato in grado di citare alcun "titolo, pagina e 2 righette" dove un qualunque autore, o anche tu stesso, abbiate rintracciato un solo fenomeno morfologico riconducibile alla galloromania presente nelle lingue padane.
Infine, l'ultima tua uscita è paradossale. Dopo che in moltissimi interventi non hai fatto altro che parlare dell'isoglossa LaSpezia-Rimini, ora dici di non sapere cosa sia??? Di aver bisogno che io scriva "titolo, pagina e 2 righette" per accertarne l'esistenza???

Fatti Morfologici

Alla fine è andata come peggio non poteva. L'anonimo utente, sfidato a fornire riscontro di dove avrebbe trovato che è "riportato da Pellegrini ... che non esista alcun fenomeno morfologico che discosti le lingue galloitaliche dalle restanti lingue italoromanze", non ha potuto farlo.
Penso a questo punto se ne possa dedurre che si è inventato tale affermazione.
Si poteva essere sicuri che, pur sfidato a fornire riscontro di dove avrebbe trovato che "la radice di molte parole galloitaliche sia galloromanza", non avrebbe potuto farlo. Il motivo è che usare il termine radice in tale contesto è un non senso (nessun linguista lo farebbe) e quindi penso che se ne possa dedurre che si è inventato anche tale affermazione.
Ma se una volta può essere un caso, due volte diventa un'abitudine e si può legittimamente pensare che anche altre sue affermazioni non siano nient'altro che bluff.
L'anonimo ospite continua a dire di aver citato le sue fonti, ma quando viene invitato a precisare si rifiuta. Strano, no?
In una cosa l'anonimo ospite ha però ragione, cioè laddove egli lamenta che si sia dato la precedenza a dimostrare l'inesistenza delle sue affermazioni, prima di apportare eventuali miglioramenti all'articolo. Era una scelta obbligata: era necessario smontare i bluff, prima che attecchissero su Wikipedia.

Una volta ridotte a semplici bluff le argomentazioni proposte dall'anonimo ospite, si passerà ora a smontare la sua ultima argomentazione, il due di picche che si è giocato relativo ai fenomeni morfologici. Ad esempio, nell'introduzione agli "Atti del Convegno di Trento, 1993", pag. X, viene riassunto da Emanuele Banfi (Univ. di Trento) un intervento (che poi si troverà a pag. 57, 58, 59) che marca un lungo elenco di differenze morfologiche tra il Gallo-Romanzo (comprendente il Cisalpino) e le lingue romanze orientali:
Alberto Zamboni (Università di Padova) ha esposto, in maniera magistrale, la rilettura del "tipo linguistico cisalpino", discutendo le tesi sostenute, tra gli altri, dal von Wartburg, dal Tagliavini, dal Pellegrini, dal Cortelazzo, dal Renzi: nel suo contributo, di orientamento tipologico, lo Zamboni ha integrato, nell'individuare il cisalpino-ladino, dati di tipo morfologico :

  • parametri del S obbligatorio,
  • della marcatura di N,
  • della presenza del partitivo
  • e della distinzione funzionale degli Aux essere/avere) .


Così, dopo i fenomeni fonetici, sono stati portati in evidenza anche i fenomeni morfologici (con pagina ed estratto). E come potevano non esistere anche le differenze morfologiche? I contributors di Wikipedia sono persone serie, non si nascondono di certo dietro ai bluff.
-- Dragonòt

Dici che "usare il termine radice in tale contesto è un non senso", ma questo è perchè evidentemente non hai idea di cosa sia la radice di una parola. Si insegna alle elementari. Ogni isoglossa viene tracciata appunto indagando sulla diffusione di alcune radici. Ma forse non hai neanche idea di come venga tracciata un'isoglossa.

Nella tua estasi di trionfo includi nell'elenco dei fenomeni morfologici anche altri fenomeni fonetici. Ma questo forse perchè non hai idea di cosa siano i fenomeni morfologici.

I fenomeni morfologici da te citati sono tipici delle parlate alto italiane, ma non sono sempre riconducibili alla galloromania; dunque in realtà hai portato un argomento contro le tue stesse tesi.

Come già ho scritto l'unico fenomeno riscontrabile anche nel complesso galloromanzo è la progressiva eliminazione del passato remoto. Fenomeno però presente anche nel Sardo e nel Rumeno.

Giusta la tua osservazione riguardo la funzione di essere/avere; hai ragione. Ma tale distinzione è identica anche in alcuni dialetti del meridione.

Per quanto riguarda il partitivo poi hai preso una bella cantonata. Sebbene eventuali puristi possano considerarlo estraneo alla lingua italiana corretta, l'articolo partitivo è presente in moltissime parlate d'Italia, comprese le toscane e compreso persino l'italiano stesso!

Dunque non sei riuscito a citare alcun fenomeno morfologico che faccia delle lingue altoitaliane delle lingue galloromanze.

Di contro io ti ho citato l'unico che ho mai trovato citato nei libri sui quali ho studiato a scuola ed all'università. Non capisco cosa altro ritieni avrei dovuto fare al riguardo.

Ti ho citato i miei libri di letteratura e grammatica delle scuole dell'obbligo e superiori con i relativi autori ("disponibili ed in libera vendita"). Ti ho citato i corsi universitari da me seguiti ed i relativi docenti. Ti ho citato l'enciclopedia Italiana.

Di contro tu non sei riscito a produrre altro che degli irreperibili atti di un convegno del quale citi sempre le stesse frasi, peraltro estratte dal loro contesto. Frasi che insistono sull'esistenza dell'isoglossa laSpezia-Rimini ma che non dicono affatto che le lingue padane siano galloromanze.

E'innegabile dato di fatto (pertanto da te non negato) che la posizione della scuola pubblica italiana e dell'enciclopedia italiana faccia delle lingue alto italiane delle lingue italoromanze. Tale fatto meriterebbe menzione su un'enciclopedia seria, sorretta da seri "contributors".

E' innegabile che alla Sapienza di Roma (e ti concedo che forse allora è la Sapienza la mosca bianca delle università; ma in tutta onestà la considero comunque una fonte attendibile) si insegni che le lingue padane siano italoromanze; tant'è che vengono assegnate tesi di laurea intitolate l'indovinello veronese, primo documento italoromazo. Anche la posizione dell'università la Sapienza meriterebbe menzione su di un'enciclopedia seria, specie se è così stranamente divergente con la tesi sostenuta nell'articolo.

Tra l'altro l'articolo continua a non citare alcuna fonte. E su questo ti sei ben guardato dall'intervenire, dato che non avresti potuto produrre altro che il nome di Hull come referente delle tue tesi.

Va sottolineato che tutti i linguisti che vengono più o meno casualmente citati in altri articoli o nelle nostre discussioni, ad esempio Tullio deMauro, Angelo Antoniani, Gianbattista Pellegrini etc, hanno classificato le lingue altoitaliane come italoromanze.

Va sottolineato che le wikipedie in lingua Francese, Tedesca, Spagnola, Russa e Polacca classificano le lingue altoitaliane come italoromanze (http://fr.wikipedia.org/wiki/Langues_romanes; http://de.wikipedia.org/wiki/Romanische_Sprachen; http://es.wikipedia.org/wiki/Lenguas_romances; http://ru.wikipedia.org/wiki/%D0%A0%D0%BE%D0%BC%D0%B0%D0%BD%D1%81%D0%BA%D0%B8%D0%B5_%D1%8F%D0%B7%D1%8B%D0%BA%D0%B8; http://pl.wikipedia.org/wiki/J%C4%99zyki_roma%C5%84skie). Ma forse i loro "contributors" sono meno seri dei nostri secondo il buon dragonot.

Va sottolineato che la wikipedia in lingua inglese in effetti classifica le lingue galloitaliche come galloromanze, ma per citare le sue stesse parole "riporta la classificazione proposta da ethnologue" e insiste più volte sul fatto che questa è solo una di molte.

Tra quelle che ho letto, l'unica wikipedia che scrive articoli senza citare le sue fonti, o contraddicendo le stesse, riportando spudoratamente una particolare tesi (scelta per chissà quali motivi) a scapito di tutte le altre, anzi dando fraudolentemente ad intendere che tali altre tesi non esistano affatto, è la wikipedia in lingua italiana.

Ma i suoi "contributors" evidentemente sono i più seri del mondo...

Rimane insoluta la questione delle non verità. Nell'articolo è scritto "I linguisti odierni concordano nel raggruppare gli idiomi galloromanzi italiani, retoromanzi ed il veneto nel sistema linguistico reto-cisalpino". Tale tesi (riportata solo dalla wikipedia in lingua italiana) è in contraddizione con quella di tanti enti e tra questi ethnologue (http://www.ethnologue.com/show_family.asp?subid=90076). Allora dobbiamo dedurne un aut aut: O la frase "i linguisti concordano" è falsa, e quindi va rimossa, o, se è vera, ethnologue non è redatta da linguisti e quindi è del tutto illogico che venga anche solo citata in articoli di linguistica.

I dialetti della provincia dell'Aquila

Ho rimosso la provincia dell'Aquila dall'elenco dei dialetti abruzzesi qualificati come meridionali in quanto sia il dialetto di L'Aquila città che quelli della sua provincia appartengono al gruppo centrale osco-umbro, come i dialetti laziali e umbri e parte di quelli marchigiani, mentre non hanno alcuna parentela con i dialetti iapigi (meridionali ) parlati nelle altre tre province abruzzesi. Un aquilano, parlando in dialetto, capisce perfettamente un umbro o un laziale, mentre trova quasi incomprensibile un teramano o un pescarese.

Ritorna alla pagina "Lingue parlate in Italia/Archivio".