Pandosia Bruzia

antica città del Bruzio
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Pandosia Bruzia è un'antica città del Bruzio, citata dagli storici antichi e di incerta identificazione.

Fonti antiche

  • Aristotele[senza fonte] dice che Pandosia si trovava a sei ore di cavallo dal mare.
  • Strabone[3] la colloca nei pressi di Cosentia (Cosenza) e la descrive come una città fortificata, riportando la notizia che un tempo fosse stata capitale degli Enotri. Presso la città venne ucciso nel 331-330 a.C. Alessandro il Molosso. La città occupava tre colline e vi scorreva nei pressi un fiume con lo stesso nome dell'Acheronte.

Fonti numismatiche

  Lo stesso argomento in dettaglio: Monetazione di Pandosia.

Agli inizi del V secolo a.C. furono coniati stateri con lo stesso tipo della città di Crotone, alla quale Pandosia era forse sottoposta. Simili monete furono emesse anche da Crotone con Sibari e con Temesa.

Un secondo statere emesso nel 435-425 a.C. dalla sola Pandosia, riporta sul verso il dio del fiume Crati. Agli inizi del IV secolo a.C. si riferiscono uno statere, una dracma e un triobolo emessi dalla sola Pandosia.

L'identificazione della città

Dai resoconti delle fonti antiche sappiamo che la città si trovava presso un fiume che aveva all'epoca il nome di Acheronte, che era al confine tra Bruzi e Lucani e vicina a Cosenza

  • Castrolibero[5]: dista da Cosenza pochi chilometri concordando forse con il racconto liviano della fine di Alessandro il Molosso, secondo il quale parte del suo corpo, straziato dai nemici, venne trasportato a Cosenza a dorso di mulo[senza fonte]. Castrolibero fu inizialmente una fortezza (Castelfranco) situata nel territorio di Mendicino[6], dove (in tenimento Mendicini) si trovava il casale di "Pantosa", citato in un documento del 1267[7]. Nel 1412 il casale risulta disabitato[8] ed era stato forse abbandonato a favore di Castelfranco[9]. A Caselfranco sono stati rinvenuti, in località "Palazzotto" i resti di strutture difensive[senza fonte] e nel 1877 vi venne trovata una moneta dell'antica Pandosia[10].
  • Acri è stata identificata con Pandosia da diversi studiosi del XIX secolo e del XX secolo[11].
    In scavi condotti negli anni 1999, 2000 e 2002, sono stati rinvenuti i resti di due grossi insediamenti bruzii,con oggetti di uso quotidiano, con fornaci per la fabbricazione della ceramica e resti di ville romane del II secolo a.C.. Tuttavia Stefano di Bisanzio, nel V secolo, la cita come città della Iapigia, distinta da Pandosia[12].

Note

  1. ^ Tito Livio, ab Urbe condita, VIII, 24
  2. ^ ab Urbe condita, XXIX, 38
  3. ^ Strabone, Geographia, 6.1.5
  4. ^ Stefano di Bisanzio, "De Urbis et Populis". (..Pandosia castellum Brettiorum munitum tres vertices habens circa quod Alexander oetulus perit ab hujsmodi oroculo decepts:Pandosia tre colles habens,multum aliquando populum perdes...).
  5. ^ Castrolibero e Marano Principato nel XIX secolo costituivano un unico comune, con il nome di "Castelfranco". Gli attuali comuni di Castrolibero, Marano Marchesato e Marano Principato hanno costituito nel 1998 l'"Unione Pandosia".
  6. ^ I centri storici dei comuni di Mendicino e di Castrolibero, che confinano tra loro, si trovano a pochi chilometri di distanza.
  7. ^ Il documento venne emanato in Viterbo, l'8 febbraio del 1267, decima indizione, da papa Clemente IV[senza fonte]. In un altro documento del 1278[senza fonte] il toponimo è indicato indifferentemente come "Pantose" o "Pandose", indicando una possibile sopravvivenza del nome dell'antica città di Pandosia
  8. ^ Pergamena n.57 dell'Archivio Sanseverino di Bisignano nell'Archivio di Stato di Napoli[senza fonte].
  9. ^ La chiesa di San Nicola, al confine tra Castrolibero e Marano Principato, viene citata nel 1545 (F. Russo, Regesto Vaticano per la Calabria, nn. 18965 e 18976) come S. Nicolai de Pantusa de Castrofranco, la chiesa di San Salvatore, nel centro storico di Castelfranco è citata nel 1567 in un doccumento del notar Giordano G. Andrea (Cosenza – 6-5-1563 f. 299 come Santis Salvatoris de Pantusa.
  10. ^ Eugenio Arnon, La Calabria Illustrata (ristampa Edizioni Orizzonti meridionali, 1995), IV, p.59.
  11. ^ Francois Lenormant, Paisage et Historie - La Grande Grecè, 1881-1884, pp.442-446; Davide Andreotti Loria, Storia dei Cosentini, monografia sul nome di Acri, L'avanguardia, X, nn.3-8, 1895; Ubaldo Valbusa, s.v. Acri, in Enciclopedia Italiana Treccani, Roma 1929 Vol I p.424; Albert Forbiger: Handbuch der alten Geographie, Leipzig 1842, volume III pp.750,776; Francesco Grillo, Italia antica e medioevale. Ricerche storiche di geografia storica, in Calabria Nobilisssima, V, 1951, nn.6-12; 6, 1952, n.21; 7, 1953; Cesare Cantù: Storia Universale Doc. 8, p.218; Leopoldo Pagano "La selva Calabra" ms 27395, bibl. Civ. Cosenza p.11, Giulio Cesare Recupito, "De Vesuviano Incendio Nuntivs", Ivlio Caesare Recupito Neapolitano e Societate Iesusuviana, Neapoli, Ex Regia Egidii Longhi, 1632 (Elenc.FV.C.I.II.25 Invent.6958.Università degli Studi Salerno)
  12. ^ Gabriele Barrius, "De antiquitate et situ Calabriae", apud Iosepheum de Angelis, Roma 1571, V, p. 398.