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Assedio di Malta parte del Fronte del Mediterraneo della seconda guerra mondiale | |||
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Data | 11 giugno 1940 - 20 novembre 1942 (2 anni, 5 mesi, 1 settimana e 2 giorni)[1] | ||
Luogo | Mar Mediterraneo, Malta | ||
Esito | Vittoria decisiva Alleata[2][3] | ||
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L'Assedio di Malta (in inglese Siege of Malta) nella Seconda Guerra Mondiale fu una campagna militare nel Teatro del Mediterraneo. Dal 1940 al 1942, la lotta per il controllo dell'isola di Malta, allora colonia britannica di grande importanza strategica, contrappose le forze aeree e le marine d'Italia e Germania da una parte, e la Royal Air Force e la Royal Navy dall’altra.
L'apertura di un nuovo fronte in Nordafrica nel giugno 1940 aumentò il già notevole valore di Malta: le forze aeree e marittime britanniche basate sull'isola avrebbero potuto attaccare le navi dell'Asse che trasportavano forniture e rinforzi vitali dall'Europa; Churchill chiamò l'isola “una portaerei inaffondabile"[20].
Erwin Rommel, comandante dell'Afrikakorps ma, de facto, capo sul campo di tutte le forze dell'Asse nel Nord Africa, riconobbe rapidamente la sua importanza, avvertendo:
L'Asse decise di costringere Malta alla resa, bombardandola o prendendola per fame, attaccando i suoi porti, le città, iI capoluogo e le navi alleate che rifornivano l'isola. Malta fu una delle zone più bombardate durante la guerra. In un periodo di due anni, la Luftwaffe e la Regia Aeronautica effettuarono un totale di 3.000 missioni di bombardamento sull’isola, nel tentativo di distruggere le difese della RAF ed i suoi porti[22].
Un successo avrebbe reso possibile uno sbarco anfibio combinato tedesco-italiano (Operazione C3 per gli italiani, Operazione Herkules per i tedeschi) sostenuto dalle forze aeroparacadutate tedesche, ma questo non fu mai messo in pratica.
Alla fine, i convogli alleati furono in grado di fornire e rafforzare Malta, mentre la RAF riuscì a difendere il suo spazio aereo, sebbene a costo di grandi perdite di vite e materiali. Nel novembre 1942 l'Asse aveva perso la seconda battaglia di El Alamein e gli Alleati erano sbarcati in forza nel Marocco francese di Vichy ed in Algeria durante l'operazione Torch. L'Asse spostò le sue forze per la battaglia della Tunisia e gli attacchi a Malta si ridussero rapidamente: l'assedio si concluse effettivamente nel novembre 1942[23].
Nel dicembre 1942 le forze aeree e marittime che operavano da Malta passarono all'offensiva. A maggio 1943 avevano affondato 230 navi dell’Asse in 164 giorni, il più alto tasso di affondamento alleato della guerra[24]: la vittoria alleata a Malta svolse un ruolo importante nel successo finale degli Alleati nel Nord Africa.
Premesse
Malta era una fortezza militare e navale, essendo l'unica base alleata tra Gibilterra e Alessandria d’Egitto. In tempo di pace era una stazione intermedia lungo il percorso commerciale britannico in Egitto e il canale di Suez verso l’India e l’Estremo Oriente. A causa della sua posizione esposta in prossimità dell'Italia, gli inglesi avevano già trasferito la sede della Mediterranean Fleet della Royal Navy da La Valletta a Malta, a metà degli anni Trenta, ad Alessandria d’Egitto nell'ottobre 1939[25]. Quando la rotta fu interrotta all’inizio delle ostilità, Malta rimase una importantissima base di partenza per azioni offensive contro gli spostamenti dell'Asse e gli obiettivi di terra nel Mediterraneo centrale.
Malta è un’isola di 27 x 14 km, con una superficie di appena 250 km2[26]. Nel giugno del 1940 aveva una popolazione di circa 250.000 abitanti, di cui solo il tre o quattro per cento era costituito da nativi maltesi[27]. Secondo il censimento del 1937, la maggior parte degli abitanti abitava entro 6,4 Km da Grand Harbour (Porto Grande), dove la densità della popolazione era più di sei volte quella della media dell'isola. Tra i punti più congestionati c’era La Valletta, capitale e centro politico, militare e commerciale, dove 23.000 persone vivevano in un'area di circa 0,65 km2. Attraverso il Grand Harbour, nelle Tre Città, dove erano situati i cantieri navali e la sede dell'ammiragliato, 28.000 persone erano state concentrate in 1,3 km2. Furono queste piccole aree a subire i più pesanti, più sostenuti e concentrati attacchi aerei nella storia[28].
All’inizio della guerra, a Malta non c'erano quasi difese, a causa di un rapporto pre-guerra britannico che aveva ritenuto che l'isola fosse indifendibile. Le flotte di superficie italiane e britanniche erano uniformemente equipaggiate nella regione del Mediterraneo, ma gli italiani disponevano di sottomarini e aerei. L'Ammiragliato dovette proteggere il canale di Suez con la Mediterranean Fleet (con a capo l'Ammiraglio Andrew Cunningham) e Gibilterra con la forza H (guidata dal vice-Ammiraglio James Somerville)[29]. Nell'ottobre 1939, la Mediterranean Fleet venne trasferita verso est, in Egitto, spogliando l'isola della sua protezione navale. Soltanto il monitor inglese HMS Terror ed alcuni sottomarini erano rimasti basati sull'isola. Quando il governo maltese chiese chiarimenti riguardo alle mosse britanniche gli fu risposto che l'isola avrebbe potuto essere difesa altrettanto adeguatamente da Alessandria quanto dal Grand Harbour di Malta, il che naturalmente non era vero. Questo portò i maltesi a dubitare dell'impegno britannico a difendere l'isola[30].
Con l’assillante preoccupazione che l'isola, lontana dalla Gran Bretagna e vicina all'Italia, non potesse essere adeguatamente difesa, nel luglio del 1939 gli inglesi decisero di aumentare il numero di armi e aeroplani antiaerei dislocati a Malta[31]. Nel maggio del 1940 la leadership britannica aveva ulteriori dubbi se valesse la pena di tenere l'isola, quando durante la Battaglia di Francia il primo ministro francese Paul Reynaud suggerì che il primo ministro italiano e il dittatore Benito Mussolini avrebbero potuto essere blanditi con alcune concessioni, tra cui quella di Malta. Dopo varie discussioni, Winston Churchill convinse il Ministero della Guerra britannico che non avrebbe dovuto essere concesso alcunché[32]. Con le stesse isole britanniche in pericolo, la difesa di Malta non era una priorità e quindi l’isola fu lasciata solo leggermente protetta. Quando, il 10 giugno 1940, Mussolini dichiarò guerra al Regno Unito ed alla Francia, soltanto sei obsoleti biplani Gloster Sea Gladiator erano schierati sull'isola, più altri sei disponibili ma ancora smontati in casse per il trasporto[33].
Negli anni Trenta l'Italia aveva cercato di espandersi nel Mediterraneo e nell'Africa, regioni dominate dagli inglesi e dai francesi. La sconfitta alleata in Francia dal maggio-giugno 1940 spazzò via la Marina francese dall'ordine di battaglia alleato e spostò in favore dell’Italia l'equilibrio del potere navale e dell'aria[34][35]. Dopo la dichiarazione di guerra, Mussolini chiese un'offensiva in tutto il Mediterraneo: dopo poche ore, le prime bombe erano già cadute su Malta. Dopo la resa francese il 25 giugno, Mussolini tentò di sfruttare la situazione, conducendo l'Operazione E, (nome in codice per l'invasione italiana dell'Egitto) a settembre, ma la 10a Armata italiana fu schiacciata nell’Operazione Compass, un controattacco britannico, e Adolf Hitler fu costretto a salvare il suo alleato: nel febbraio 1941, il Deutsches Afrikakorps (DAK, Corpo tedesco africano), ai comandi del Generalfeldmarschall Erwin Rommel, fu inviato in Nordafrica come corpo distaccato (Sperrverband)[36]. Le squadriglie antinave della RAF e sottomarini della Royal Navy minacciarono da Malta le linee di approvvigionamento dell'Asse in Nord Africa ed entrambe le parti dovettero riconscere l'importanza di Malta nel controllo del Mediterraneo centrale[37].
Nel 1940, un assalto italiano a Malta avrebbe avuto una ragionevole possibilità di ottenere il controllo dell'isola, ed era un'azione che avrebbe potuto dare la supremazia navale e aerea degli italiani nel Mediterraneo centrale[38]: il Mediterraneo sarebbe stato diviso in due dall'Asse, separando totalmente fra loro le distanti basi britanniche di Gibilterra e Alessandria. Ma la riluttanza degli italiani ad agire direttamente contro Malta nel corso del 1940 fu rafforzata dalla Notte di Taranto, in cui gran parte della flotta di superficie italiana fu messa fuori combattimento da parte di aerosiluranti imbarcati dell’aviazione navale inglese[39]. Gli italiani adottarono un approccio indiretto e tagliarono i rifornimenti all'isola. Per gli italiani (e più tardi per i tedeschi), l'arma chiave contro Malta era la forza aerea[40].
Assedio italiano (giugno-dicembre 1940)
Le azioni aeree italiane
La superiorità aerea era il metodo scelto per attaccare Malta. La Regia Aeronautica iniziò il bombardamento aereo dell'isola da basi aeree dislocate in Sicilia. Il primo giorno, 55 bombardieri italiani e 21 caccia volarono sopra Malta e sganciarono 142 bombe sui tre campi di volo di Luqa, Hal Far e Ta' Qali[41]. Più tardi, 10 Savoia-Marchetti SM.79 e 20 Macchi C.200 italiani volarono sull’isola, senza alcuna opposizione aerea. All'epoca di questi primi scontri aerei, i caccia che difendevano Malta consistevano di obsoleti Gloster Sea Gladiators, del gruppo di volo (Fighter Flight) di Hal Far. Altri dieci Gladiators, ancora smontati in casse per il trasporto, furono assemblati sul posto; dato che non più di tre aerei riuscivano a volare in una sola volta, furono chiamati "Fede", "Speranza" e "Carità" ("Faith", "Hope" e "Charity"). Alcuni piloti erano addestrati al volo su idrovolanti, altri erano senza alcuna esperienza di operazioni di combattimento su caccia. Un solo Gladiator fu abbattuto, ma i restanti riuscirono ad abbattere diversi aerei italiani[42].[43].
Gli italiani volavano a circa 6.100 metri (20.000 piedi) e il monitor HMS Terror e le cannoniere HMS Aphis e HMS Ladybird aprirono il fuoco. Nel pomeriggio, altri 38 bombardieri scortati da 12 caccia assalirono la capitale. Le incursioni erano state pianificate per abbattere il morale della popolazione, piuttosto che per infliggere danni ai magazzini e le installazioni portuali. Un totale di otto incursioni furono condotte in quel primo giorno. Il bombardamento non causò molti danni e la maggior parte delle vittime erano civili. Non fu fatto alcun tentativo di intercettare gli attaccanti perché non c'era una forza della RAF pronta a contrastarli[44]. In In quel momento non era operativo alcun aeroporto della RAF a Malta; solo uno, a Luqa, era vicino al completamento[45].
Nonostante l'assenza di aeroporti operativi, almeno un Gladiator RAF volò l'11 giugno contro un attacco condotto da 55 Savoia Marchetti SM.79 ed i loro 20 caccia di scorta. Anche se ciò sorprese gli italiani, le difese, quasi inesistenti sul terreno e nell'aria, non poterono impedire il loro l’attacco[46]. Il 12 giugno fu abbattuto un aereo italiano in un volo di ricognizione su Malta[47].
Uno strano fatto si svolse il 19 giugno. Dodici aerosiluranti Fairey Swordfish riuscirono a raggiungere la base della FAA (Fleet Air Arm) ad Hal Far, sede del 767 (Training) NAS (767° Gruppo di Addestramento del Naval Air Squadron), dopo essere stati fatti fuggire dalla Francia meridionale a causa della capitolazione francese. Da qui volarono fino alla colonia francese della Tunisia, ma l'insicurezza di quella collocazione li costrinse a cercare un ambiente più amichevole. Gli aeromobili della FAA formavano il nucleo di quello che sarebbe diventato lo 830° Naval Squadron, fornendo a Malta i suoi primi aerei da attacco offensivo. Già prima della fine di giugno questi fecero un raid sulla Sicilia ed affondarono un cacciatorpediniere italiano, danneggiarono un incrociatore e distrussero i serbatoi di stoccaggio del carburante nel porto di Augusta[48].
All'inizio di luglio, i Gladiators erano stati rinforzati da alcuni Hawker Hurricane, ed in agosto le difese furono organizzate nel 261° Squadron RAF. Dodici aeromobili furono consegnati dalla HMS Argus nel mese di agosto, il primo di diversi lotti trasportati sull'isola da quella portaerei. Un ulteriore tentativo di far arrivare in volo 12 Hurricane a Malta il 17 novembre, guidato da Blackburn Skua della FAA (Operazione White) si concluse in un disastro, con la perdita di otto Hurricane; gli aerei finirono troppo lontano dall'isola a causa della presenza della flotta italiana, terminando il combustibile, e furono persi diversi piloti[49]. Altri due Hurricane si schiantarono, con uno dei piloti salvati da un idrovolante Short Sunderland[50]. L'arrivo di ulteriori caccia era ardentemente richiesto. Dopo otto settimane, la forza iniziale delle unità di Hurricane fu bloccata a terra a causa della mancanza di ricambi[51].
Alla fine dell'anno, la RAF affermò che 45 aerei italiani erano stati abbattuti. Gli italiani ammisero la perdita di 23 bombardieri e 12 caccia, con altri 187 bombardieri e sette caccia che subirono danni, soprattutto da parte dell’artiglieria antiaerea[52].
Il Piano di invasione DG 10 / 42
Già nel 1938 Mussolini aveva considerato un'invasione di Malta nell'ambito del piano DG 10 / 42, in cui una forza di 40.000 uomini avrebbe dovuto impadronirsi dell'isola. Ci si aspettava che quasi tutte le 80 motozattere appositamente costruite che avrebbero sbarcato a terra l'esercito italiano sarebbero state perse, ma gli sbarchi sarebbero stati effettuati nel nord, con un attacco alle fortificazioni della Linea Victoria, al centro dell'isola. Uno sbarco secondario sarebbe stato fatto a Gozo, a nord-ovest di Malta, ed all'isoletta di Comino, posta tra le due isole maggiori. Tutte le unità marittime italiane e 500 aerei avrebbero dovuto essere coinvolti, ma la mancanza di forniture portò gli strateghi a credere che l'operazione non potesse essere eseguita. Con il successo tedesco nella battaglia di Francia dal maggio-giugno 1940, il piano fu rivisto, con una forza d'invasione di 20.000 uomini con l'aggiunta di carri armati. La sconfitta degli Alleati in Francia diede agli italiani l'opportunità di conquistare Malta, ma i servizi segreti italiani sovrastimarono le difese maltesi e Mussolini pensò che un'invasione sarebbe stata inutile una volta che la Gran Bretagna avesse chiesto la pace. Mussolini si aspettava anche che la Spagna franchista aderisse all'Asse e conquistasse Gibilterra, il che avrebbe chiuso il Mediterraneo da ovest agli inglesi[53].
Guerra in mare
La riluttanza ad agire da parte dell'ammiragliato italiano era dovuta anche ad altre considerazioni. Gli italiani credevano di poter mantenere bloccata ad Alessandria la flotta di vecchie navi da combattimento della Royal Navy. Un altro fattore era la mancanza di petrolio greggio (durante la loro occupazione della Libia, gli italiani non avevano scoperto le grandi riserve di quel paese). I tedeschi presero gran parte del petrolio dalla Romania e lasciarono ben poche risorse per l'Italia per perseguire operazioni su larga scala nel Mediterraneo. Ciò lasciò gli italiani senza combustibile sufficiente per l’addestramento al combattimento in mare. All'inizio del 1941, la limitata riserva petrolifera significava che potevano essere garantiti solo 7 mesi di carburante[54]. Dalla parte opposta, la fiducia britannica fu erosa più tardi, nel 1941 e nel 1942, quando gli aerei iniziarono a dominare le azioni in mare, in quanto la Royal Navy era da tempo considerata il principale difensore dell'isola[55].
Cunningham mise in luce la riluttanza della Marina italiana ad impegnarsi sondando le loro difese. Il 9 luglio 1940, la Battaglia di Punta Stilo fu la prima volta in cui le principali flotte italiane e britanniche (con il supporto di navi della Royal Australian Navy) si impegnavano a vicenda. Entrambe le parti reclamarono la vittoria, ma in realtà la battaglia fu inconcludente e tutti tornarono alle loro basi il più presto possibile. Ciò confermò al popolo maltese che i britannici controllavano ancora i mari, anche se non dal Grand Harbor di Malta[56]. Ciò fu confermato nuovamente nel marzo 1941, quando la Royal Navy sconfisse decisamente la Marina italiana nella Battaglia di Capo Matapan. Gli italiani stavano andando a intercettare i convogli britannici che trasportano rinforzi per aiutare la Grecia nella guerra greco-italiana[57].
Il confronto navale nel Mediterraneo tra le navi britanniche e italiane è generalmente considerato un pareggio[58][59].
Note
- ^ Vedere Taylor (1974), p. 182
- ^ Vedere Taylor (1974), p. 182
- ^ Vedere Bungay (2002), p. 64
- ^ Vedere Bungay (2002), p. 64
- ^ Vedere Bungay (2002), p. 64
- ^ Vedere Bungay (2002), p. 66
- ^ Vedere Spooner (1996), p. 343
- ^ Vedere Spooner (1996), p. 326
- ^ Vedere Spooner (1996), p. 5
- ^ Vedere Spooner (1996), p. 5
- ^ Vedere Bungay (2002), p. 64
- ^ Vedere Spooner (1996), p. 5
- ^ Vedere Spooner (1996), p. 5
- ^ Vedere Spooner (1996), p. 3
- ^ Vedere Spooner (1996), p. 3
- ^ Vedere Spooner (1996), p. 5
- ^ Vedere Spooner (1996), p. 8
- ^ Vedere Spooner (1996), p. 11
- ^ Vedere Spooner (1996), p. 11
- ^ Nora Boustany, The Consummate Diplomat Wants Malta on the Map, su washingtonpost.com, July 13, 2001. URL consultato il 6 July 2017.
- ^ Vedere Taylor (1974), p. 182
- ^ Vedere Holland (2003), p. 417
- ^ Vedere Taylor (1974), p. 182
- ^ Vedere Spooner (1996), p. 337
- ^ Vedere Jellison (1984), pp. 6, 21, 51–52
- ^ Vedere Rix (2015), p. 2
- ^ Vedere Holland (2003), pp. 22
- ^ Vedere Jellison (1984), p. 51
- ^ Vedere Taylor (1974), p. 181
- ^ Vedere Jellison (1984), p. 21
- ^ Vedere Holland (2003), pp. 22
- ^ Vedere Holland (2003), pp. 30
- ^ Vedere Taylor (1974), p. 181
- ^ Vedere Spooner (1996), pp. 12-13
- ^ Vedere Jellison (1984), p. 51
- ^ Vedere Cooper (1978) p. 354–355
- ^ Vedere Taylor (1974), p. 181
- ^ Vedere Mallett (1998), p. 194
- ^ Vedere Taylor (1974), p. 181
- ^ Vedere Taylor (1974), p. 181
- ^ Vedere Bungay (2002), pp. 50-51
- ^ Vedere Bungay (2002), p. 51
- ^ Vedere Woodman (2003), pp. 32-33
- ^ Vedere Bradford (2003), pp. 3-4
- ^ Vedere Spooner (1996), p. 8
- ^ Vedere Spooner (1996), p. 15
- ^ Vedere Bradford (2003), p. 5
- ^ Vedere Spooner (1996), p. 15
- ^ Vedere Shores (1985), p. 81
- ^ Vedere Terraine (1985), pp. 365-367
- ^ Vedere Holmes (1998), p. 112
- ^ Vedere Shores (1985), p. 81
- ^ Vedere Spooner (1996), pp. 16-17
- ^ Vedere Mallett (1998), p. 171
- ^ Vedere Bradford (2003), p. 15
- ^ Vedere Bradford (2003), pp. 22-26
- ^ Vedere Holland (2003), p. 136
- ^ Vedere Sadkovich (1988), pp. 455-466
- ^ Vedere Caravaggio (2006), pp. 103-122
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