Utente:Flaviafors/Sandbox/Sergio Fermariello
Sergio Fermariello (Napoli, 29 aprile 1962) è un pittore e artista italiano.
Biografia
Nato a Napoli e nipote di Carlo Fermariello, il sindacalista che interpretò De Vita ne Le mani sulla città di Francesco Rosi, e di Gennaro Fermariello, sindaco di Napoli nel 1944, entra in contatto con l´arte avvengono durante l’infanzia, in seguito alla frequentazione dell’ atelier della famiglia Matania, che abitavano nesuo stesso palazzo
Dopo il diploma di liceo scientifico frequenta i corsi di Scienze Naturali presso l’Università di Napoli, ma, insofferente agli obblighi e alle regole accademiche, abbandona poco dopo gli studi per trasferirsi sull’isola di Vivara per fare il guardiano volontario.
Nel 1980, anno del terremoto dell’Irpinia, abbandona l’isola e inizia a dedicarsi unicamente all’arte.
Nel 1988 ottiene il “Premio Internazionale Saatchi & Saatchi per giovani artisti” in occasione della prima edizione che si era tenuta al Palazzo delle Stelline di Milano. Qui il giovane Fermariello viene notato dal gallerista napoletano Lucio Amelio che nel 1989 gli permette di realizzare la prima esposizione personale nella propria galleria di Napoli.
In seguito realizza diverse mostre personali, come quella alla Galleria Il Capricorno di Venezia nel 1990 alla Galerie Yvon Lambert di Parigi nel 1992. È presente nel 1991 alla mostra Metropolis alla International Kunstausstellung di Berlino e alla mostra Les pictographes al Musée de l’Abbaye Sainte-Croix di Les Sables-d’olonne dove Didier Ottinger lo invita ad esporre i suoi lavori accanto a dipinti di Klee, Miró, Picasso, Penck, Sanejouand.
Nel 1993, a 32 anni, viene chiamato da Achille Bonito Oliva per partecipare alla XLV Esposizione Internazionale Biennale d’Arte Venezia e gli viene affidata una sala personale nel Padiglione Italia. Nel 1995 espone nella mostra Opus Alchemico alla Galleria In Arco di Torino.
Stile
La sua ricerca parte dal recupero delle memorie familiari, concetto che si estende poi agli archetipi universali nell’ottica di recupero memoria colletiva inconscia. Achille Bonito Oliva, nel 1995, affermava che l’opera di Fermariello:
«sembra voler deporre fuori da ogni arbitrio impositivo, una diversa circolazione dell’immaginario collettivo che parte dall’impulso creativo dell’artista, incontra il corpo sociale per rimbalzare come un primitivo boomerang in una molteplicità di direzioni, tante quante sono quelle della vita e dell’arte».[1]
Nelle sue opere giovanili a partire dalle foto in bianco e nero del passato familiare, inizia a delineare lo stile pittorico che caratterizzerà tutta la sua arte: le sue opere si compongono di una fitta rete di segni reiterati, ingigantiti fino a far risultare il quadro come uno sfondo omogeneo e sgranato, informe, come a riprodurre l’effetto di zoom. Così Fermariello descrive la propria arte:
«Intrecciavo linee creando differenze di chiaroscuro a seconda dei passaggi e delle sovrapposizioni della trama, come mezzo per raggiungere un significato, il senso recondito dell'immagine che si andava formando. Usavo il segno come si usano le parole per raccontare una storia. Ricordo ancora l´ultimo dei miei fogli monocromi, tutta superficie, tutto fondo, e il mio gesto con la penna, reiterato, ossessivo, che non delineava più profili, ma era ricoperto da una moltitudine di frecce senza più un bersaglio, di domande senza più risposta. Era come se mi trovassi al cospetto di un cumulo di armi, lance accatastate su una pira, bandiere sfilacciate, che si abbandonano al nemico in segno di resa. La risposta andava cercata nella domanda, come il monaco zen che non distingue, nel coltivare il suo giardino di sabbia, tra il frutto dei suoi sforzi e la disciplina della sua pratica».[2]
Questa tecnica viene amplificata nelle figure dei Guerrieri stilizzati, che a partire dall’esposizione alla Biennale di Venezia nel 1993, diventano un elemento cardine della sua produzione artistica. Figure armate di lancia e scudo, reiterate come i caratteri di una scrittura, sempre uguali, costituiscono la fitta trama del disegno. Segni che da pura figurazione si trasformano in simboli, dove la coazione a ripetere è da intendersi come malattia, compulsione ossessiva.[3] Osservando bene i suoi guerrieri, si può notare che nella lancia si individua una “I” e nello scudo una “O”, come se ci si ponesse la domanda “Chi sono io?” e un eco rispondesse “IO, IO, IO…”. In realtà il guerriero rappresenta una persona che fragilmente nasconde la propria identità. Da lontano le piccole figure non si riescono a decifrare: solo avvicinandosi all’opera ci si rende conto che sono dei guerrieri, e quindi, metonimicamente, rappresentano la guerra, come se si trattasse di un monito a non avvicinarsi.[4]
Allo stesso modo si può vedere nell’opera Senza titolo conservata nella collezione "Terrae Motus" alla Reggia di Caserta come Il leggero segno con cui l’artista esegue il motivo dei guerrieri genera una fitta trama bianca su fondo nero. Qui l’elemento arcaico e primordiale invade lo spazio collettivo e la sovrapproduzione di segni ipnotici e dinamici crea una frattura con il tempo lineare, riconducendo a una lettura circolare dell’opera, così come avviene in tutti i lavori di Fermariello, dai quali riemerge ciò che è stato rimosso. Gli ideogrammi impiegati sono, contestualmente, caricati dall’artista di implicazioni personali, oltre che di metafore e riferimenti archetipici.[5]Questi segni oltre a creare un impatto visivo estremamente suggestivo allo stesso tempo si pongono come metalinguaggio: quello di Fermariello è un segno ricco di significati allegorici che, alla fine, lo impoveriscono fino a ridurlo a forma originaria e primitiva.
Mostre personali
- Galleria Lucio Amelio, Napoli, 1989
- Galleria Protiron, Spalato, 1989
- Galleria Il Capricorno, Venezia, 1990
- Galleria Albrecht, Monaco, 1990
- Galleria Lucio Amelio, Napoli, 1991
- Galerie Yvon Lambert, Parigi, 1992
- Galleria Il Capricorno, Venezia, 1992
- Galleria Lucio Amelio, Napoli, 1992
- Sala personale Padiglione Italia, XLV Biennale Internazionale d'Arte, Venezia, 1993
- Galleria Il Capricorno, Venezia, 1993
- Opificio d'Arte Contemporanea, Benevento, 1995
- Opus Alchemico, Galleria In Arco, Torino1995
- Galleria Sergio Tossi Arte Contemporanea, Prato, 1995
- Contemporanea 2, Villa Olmo, Como, 1996
- Galleria Lucio Amelio, Napoli, 1996
- Avviso ai naviganti, Castel dell’Ovo , Napoli, 1999
- Castel Sant’Elmo, Napoli, 2004
Bibliografia
- Maurizio Sciaccaluga (a cura di), Sergio Fermariello senza ridere e senza piangere opere 1988-2005, Prato, Gli Ori, 2005; ISBN 9788873361817
- Livia Velani, Ester Coen e Angela Tecce (a cura di), Terrae Motus: la collezione Amelio alla Reggia di Caserta, Milano, Skira, 2001; ISBN 888491066
- Jan Wagner (a cura di), Terrae Motus alla Reggia di Caserta, Napoli, Electa, 1992; ISBN: 8860425654
- Mario Franco, Sergio Fermariello il pittore di storie, Repubblica Napoli, 2010;
Collegamenti esterni
- Sergio Fermariello su Interviu.it
- www.sergiofermariello.com
Note
- ^ Sergio Fermariello. Senza ridere e senza piangere, opere 1988-2005, Gli Ori, p. 33.
- ^ Sergio Fermariello il pittore di storie, su napoli.repubblica.it.
- ^ «La coazione a ripetere dello stesso soggetto - chiarisce l´artista - è metafora della malattia, delle compulsioni ossessive, dei virus che usano "codici" sottraendoli a tessuti ordinati con tecnica persecutoria. Ma cosa sono i virus se non masse invisibili, armate, antenati senza permesso di soggiorno che nei sintomi delle malattie chiedono di noi e, soprattutto, cosa ne resta di loro?» - Sergio Fermariello in Sergio Fermariello il pittore di storie
- ^ "Il diverso esilio": un naufragio, un approdo, su interviu.it.
- ^ Terrae Motus: la collezione Amelio alla Reggia di Caserta, Skira, pp. 166-167.