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Eccidio di Pietrarsa
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Gli operai delle Officine di Pietrarsa
TipoEccidio
LuogoPietrarsa
InfrastrutturaOfficine di Pietrarsa
StatoItalia (bandiera) Italia
ProvinciaNapoli
MandamentoBarra
ComuneSan Giovanni a Teduccio
ResponsabiliBersaglieri
Conseguenze
Morti4
Feriti20

Fonti

Storia

Nel 1830 Re Ferdinando II di Borbone aveva fortemente voluto questo grande stabilimento tra Portici, San Giorgio a Cremano ed il quartiere napoletano di San Giovanni a Teduccio. Lo dotò anche di una scuola per macchinisti per affrancarsi dalla manodopera straniera nella costruzione delle locomotive a vapore. Oltre alla produzione si riparava anche materiale ferroviario. Sembra che lo zar Nicola I, in visita a Napoli, chiese una pianta dell’opificio per riprodurla similmente a Kronstadt. Nel 1847 gli operai erano 500, lavoro sicuro in monopolio per lo Stato. E nel 1853 si ebbe il picco di 700 operai.

All'indomani dell’Unità d’Italia vennero pianificate differenti strategie industriali privilegiando, dopo la relazione dell’ingegnere piemontese De Grandis, lo stabilimento Ansaldo di San Pier d'Arena presso Genova. Per Pietrarsa fu la condanna, venne indetta un'asta per la sua gestione. Se l’accaparrò, per l'irrisorio canone di 46mila lire annue e per 20 anni, tale Jacopo Bozza che chiuse la scuola per gli operai, aumentò le ore di lavoro e ridusse il personale.

Il 31 luglio 1863 Bozza, in difficoltà economiche, annunciò una sorta di “cassa integrazione” con stipendio ancora ridotto e solo per qualche mese. Cominciarono le agitazioni ed il 6 agosto il contabile Zimmermann chiese alla polizia di Portici l’invio di agenti per controllare uno sciopero degli operai che reclamavano lo stipendio.

Seguì un secondo allarme con richiesta di un battaglione di soldati. Gli operai riuniti nel piazzale dello stabilimento facevano evidentemente paura, furono allertati i bersaglieri che trovarono le maestranze ai cancelli . Nei rapporti dei militari si parlò di insulti e minacce: il risultato fu una carica alla baionetta e spari sugli operai che fuggivano. Il bilancio finale fu di quattro morti e di circa 10 feriti. Il tutto documentato nell’Archivio di Stato di Napoli, fondo Questura.

Dopo due mesi ci furono altri 262 licenziamenti. Nel 1875 gli operai erano 100 e fino al 1885 vennero realizzate 110 locomotive, 845 carri, 280 vetture ferroviarie, caldaie e vapore. Nel 1905 lo Stato ne riprese la gestione ma 70 anni dopo si decise la chiusura. Oggi è il primo Museo nazionale ferroviario.

Antonio A. – Fonte: “Il Mattino”

Incidente ferroviario di Torre Annunziata

Incidente ferroviario di Torre Annunziata
TipoIncidente ferroviario
Data30 dicembre 1939
08:00
LuogoStazione di Torre Annunziata Centrale
StatoItalia (bandiera) Italia
ProvinciaNapoli
MandamentoCastellammare di Stabia
ComuneTorre Annunziata
Mezzi coinvoltiTreno direttissimo 88
Treno 8030
CausaMancato rispetto del segnale di via impedita da parte del treno 88 che entrando in stazione urtava il treno 8030
Conseguenze
Morti29/36
Feriti100

L'incidente ferroviario di Torre Annunziata fu uno scontro fra treni, verificatosi nella stazione di Torre Annunziata Centrale avvenuto il 30 dicembre 1939.

Dinamica dell'incidente

ministro Giovanni Host-Venturi

Indagini

[1]

[2]

[3]

[4]

Note

  1. ^ Scontro ferroviario a Torre Annunziata, su archiviolastampa.it, La Stampa, 31 dicembre 1939. URL consultato il 25 settembre 2018.
  2. ^ La sciagura di Torre Annunziata. Le salme visitate dal ministro Host Venturi, su archiviolastampa.it, La Stampa, 31 dicembre 1939. URL consultato il 25 settembre 2018.
  3. ^ Lo scontro di Torre Annunziata. Il Principe visita i feriti, su archiviolastampa.it, La Stampa, 19 marzo 1940. URL consultato il 25 settembre 2018.
  4. ^ Cinque anni a due ferrovieri responsabili d'un grave disastro, su archiviolastampa.it, La Stampa, 19 marzo 1941. URL consultato il 25 settembre 2018.