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Aree popolate del Kurdistan.
Aree con presenza curda nel Medio Oriente
In giallo le aree attualmente (2018) occupate dalle milizie curde in Siria e Iraq

Il Kurdistan o Curdistan[1] (in curdo Kurdistan, Paese dei curdi) è un vasto altopiano situato nel Medio Oriente e più precisamente nella parte settentrionale e nord-orientale della Mesopotamia. Il Kurdistan è una nazione ma non uno Stato indipendente; il termine Kurdistan indicava la regione geografica abitata in prevalenza da curdi, ma ha poi acquistato anche una connotazione politica.

Geografia e collocazione geografica

Il Kurdistan è un vasto altopiano situato nella parte settentrionale e nord-orientale della Mesopotamia, che include l'alto bacino dell'Eufrate e del Tigri, il lago di Van e il lago di Urmia e le catene dei monti Zagros e Tauro. Il clima è continentale rigido, le precipitazioni sono abbondanti e i terreni sono fertili per i cereali e l'allevamento.

Politicamente è diviso fra gli attuali stati di Turchia (sud-est), Iran (nord-ovest), Iraq (nord) e, in minor misura, Siria (nord-est) ed Armenia (sud), anche se spesso quest'ultima zona è considerata facente parte del Kurdistan solo dai più ferrei nazionalisti. Al 2012 solo il Kurdistan iracheno ha una certa autonomia politica, come regione federale dell'Iraq, in seguito alla fine del regime di Saddam Hussein nel 2003. Anche il Kurdistan siriano ha acquisito autonomia politica di fatto dall'inizio della guerra civile siriana.

Popolazione

Secondo la Encyclopædia Britannica, il Kurdistan conta 190.000 km², e le sue città sono Diyarbakır (Amed), Bitlis (Bedlîs) e Van (Wan) in Turchia, Mosul (Mûsil), Arbil (Hewlêr) e Kirkuk (Kerkûk), Sulaymaniyya in Iraq, e Kermanshah (Kirmanşan), Sanandaj (Sine) e Mahabad (Mehabad) in Iran. Secondo la Encyclopaedia of Islam, il Kurdistan conta 190.000 km² in Turchia, 125.000 km² in Iran, 65.000 km² in Iraq, e 12.000 km² in Siria, per cui l'area totale sarebbe di 392.000 km². Le principali città curde in Siria sono Kamichlié (Qamişlû) e al-Hasaka (Hesaka).

Etnie

Alcune stime contano all'incirca 50 milioni di curdi residenti in Kurdistan, di cui 15-20 milioni in Turchia. In tali zone i curdi sono la maggioranza della popolazione, ma vi vivono anche arabi, armeni, assiri, azeri, ebrei, osseti, persiani, turchi e turcomanni.

Lingue

I curdi parlano una propria lingua, appartenente al gruppo iranico della famiglia linguistica indoeuropea con numerose varianti dialettali, di cui le principali sono il Kurmanji, parlato nella parte curda della Turchia insieme al Badini e al Sorani, parlato nel Kurdistan iracheno. I curdi normalmente sono scolarizzati nella lingua del paese di cui hanno la cittadinanza (arabo, turco, russo, persiano, ...), che spesso non consente o ostacola l'uso del curdo, per cui il bilinguismo è una situazione assolutamente normale. Il curdo è trascritto in vari alfabeti (arabo, latino, cirillico). Nel Kurdistan sono parlate anche, da piccole minoranze, varie altre lingue di ceppo turco e indo-europeo.

Religione

La maggioranza degli abitanti aderisce all'Islam sunnita e sciita, un altro forte gruppo è rappresentato dai cristiani (appartenenti a varie confessioni); vi sono inoltre minoranze di Yazidi, Zoroastriani, Yarsan, Alevi, Ebrei, sarayi, bajwan, shabak sarli, mandei e ahl-e haqq.

Storia

Tra il 2400 e il 2000 a.C. fonti cuneiformi citano il regno di Guti o Gutei o Qurti come nemico dei Sumeri e in genere dei popoli della pianura mesopotamica. Verso l'800 a.C. i Guti si sarebbero fusi con i vicini Mannei o Medi. Senofonte, nella sua Anabasi (401 a.C.) cita i Carduchi (Greco:Καρδούχοι) e la loro regione. Nel IV secolo a.C., l'impero di Alessandro Magno confina con la Corduene o Gorduene (Greco:Γορδυηνῆ), come la chiamerà Strabone. Abitanti in una terra di confine, e tradizionalmente ostili ad Armeni (a nord) e a Persiani e poi Parti (a est), furono spesso e volentieri alleati dei Romani dal I secolo a.C. Una fonte cristiana siriaca del IV secolo chiama la regione Beth Qardu (casa dei curdi): fu cristianizzata non più tardi del IV secolo ed ebbe un proprio vescovo almeno dal 424.

I curdi furono islamizzati già nel VII secolo e formarono emirati semi-indipendenti; in seguito alla battaglia di Cialdiran (1514) il Kurdistan fu diviso fra l'Impero ottomano e l'Iran dei Safavidi: questa divisione fu formalizzata nel Trattato di Zuhab o Trattato di Qasr-i-Shirin (1639).

 

La divisione dell'impero Ottomano

La questione territoriale curda risale almeno alla fine dell'Impero ottomano il quale già ridimensionato col Trattato di Londra del 1913 che concludeva le guerre balcaniche, alla fine della prima guerra mondiale con il Trattato di Sèvres dell'agosto 1920 si trovò ridotto ad un modesto Stato entro i limiti di parte della penisola anatolica, privato di tutti i territori arabi e della sovranità sugli stretti del Bosforo e dei Dardanelli. Con esso la Grecia guadagnava le città di Adrianopoli e Smirne, da cui i Greci furono allontanati nel 1923. Il Trattato, inoltre, prevedeva ampie tutele per le minoranze nazionali (armene e curde) presenti in Turchia e, ai suoi art. 62 - 64, garantiva ai curdi la possibilità di ottenere l'indipendenza all'interno di uno Stato i cui confini sarebbero stati definiti da una commissione della Società delle Nazioni designata ad hoc. Il Trattato ebbe quattro firmatari per conto del governo ottomano ma non venne ratificato dal Parlamento Ottomano poiché questo era stato precedentemente abolito il 18 marzo 1920. Esso ricevette il sostegno del Sultano Mehmet VI ma fu invece fortemente osteggiato dal "Padre dei turchi", Mustafa Kemal Pasha (Ataturk), già vincitore della Battaglia di Gallipoli, il quale vinse la Guerra Turca d'Indipendenza (1920-1923) e costrinse le ex potenze alleate a tornare al tavolo della negoziazione. Le parti firmarono e ratificarono un nuovo Trattato a Losanna nel luglio 1923, che cancellava ogni concessione ai curdi, agli armeni e ai greci. Il territorio dell'impero ottomano storicamente abitato dai curdi si trovò quindi diviso tra la nascente Repubblica turca di Ataturk, che negava la stessa esistenza di una forte minoranza curda all'interno del suo territorio, avviando una politica di assimilazione delle minoranze alla cultura turca, anche attraverso repressioni violente, e la monarchia hascemita d'Irak, amministrata dal Regno Unito in base al mandato della Società delle Nazioni, a condizione che accordasse un'autonomia amministrativa ai curdi, principale minoranza etnica del Paese (pari al 13,7% della popolazione dal censimento del 1945: 392'598 curdi su 2'857'077 abitanti del regno d'Irak). Anche l'Irak non si mostrò facilmente disposto a concedere ai curdi quell'indipendenza che essi richiedevano, portando ad una serie di rivolte da parte dei nazionalisti curdi. Per ordine del segretario della guerra inglese Churchill, diverse città e villaggi curdi furono bombardati dall'aviazione inglese già nel 1925. La rivolta dei curdi, guidati da Mustafà Barzani e suo fratello Ahmed, scoppia nel 1931 ed è duramente repressa l'anno seguente dai turchi, mentre la monarchia hascemita d'Irak con la dichiarazione del 1932 autorizzò l'uso ufficiale della lingua curda nelle province irachene a maggioranza curda, nonostante l'opposizione degli arabi. Mustafà Barzani, liberato dai Turchi, proseguì la lotta armata in Irak, ma nel 1935 fu costretto all'esilio a Sulaymaniyya. Nel 1943 fuggì dall'esilio e organizzò una nuova rivolta nella sua regione natale, Barzan, ma il governo iracheno, ottenuto il sostegno delle altre tribù curde, lo costrinse a lasciare l'Irak assieme ad altri 1000 combattenti.

I curdi della repubblica di Mahabad

Nel 1945, Mustafà Barzani rifugiatosi nel Kurdistan iraniano contribuì alla formazione, con l'appoggio dell'Unione Sovietica, del partito democratico curdo e, dal 22 gennaio 1946, della effimera repubblica popolare curda, con capitale Mahabad, di cui fu Ministro della Difesa. Tuttavia con il ritiro delle forze sovietiche, meno di un anno dopo, le truppe iraniane riconquistarono il territorio, condannando a morte i vertici politici, compreso il Presidente Qazi Muhammad.

I curdi nella Repubblica d'Irak

A seguito del colpo di Stato in Irak del 14 luglio 1958, con cui il generale Abdul Karim Qasim abolì la monarchia e promulgò una Costituzione, Mustafà Barzani e i suoi partigiani furono invitati a tornare in Irak. La Costituzione sanciva che « lo Stato iracheno è parte integrante della nazione araba » (art.2) ma d'altra parte che « gli arabi e i curdi sono associati in questa nazione (irachena, ndr). La Costituzione irachena garantisce i loro diritti nazionali nell'ambito dell'entità irachena » (art.3). Essa dunque garantiva ai curdi d'Irak le libertà civili, di associarsi in partiti politici curdi e di pubblicare giornali curdi. Mustafà Barzani fondò il Partito Democratico del Kurdistan (PDK). I curdi iracheni furono leali al regime in occasione della rivolta di militari nasseriani del marzo 1959 a Mosul.

La prima insurrezione curda

Tuttavia a partire dal 1961, il generale Qassim si avvicinò gradualmente ai sostenitori di Nasser e limitò sempre più le libertà fondamentali del popolo curdo. A seguito di primi scontri nel mese di luglio tra il clan curdo di Barzani e quello dei Zibari, in settembre scoppiarono rivolte spontanee a Sulaymaniyya, rapidamente represse dall'esercito iracheno, e ad Erbil, dove i combattimenti proseguirono invece fino a dicembre, quando il PDK, guidato dal clan di Barzani, composto da 660 partigiani, dalla regione di Zakho si pose alla guida dell'insurrezione, raccogliendo in breve tempo oltre 7'000 miliziani, detti peshmerga, tra cui molti ex soldati di etnia curda dell'esercito iracheno.

L'esercito governativo riuscì a conquistare le città, ma i combattenti peshmerga restarono nelle montagne e il conflitto si protrasse per anni, fino al colpo di Stato del maresciallo Abd al-Salam Arif che rovesciò il generale Qassim l'8 febbraio 1963. Il nuovo regime per consolidare il proprio potere stipulò una tregua con i curdi, ma dopo aver ucciso Qassim e represso i comunisti, il regime, appoggiato ancora dal partito panarabista Baath, riprese a giugno i combattimenti contro il PDK e attuò una politica di arabizzazione forzata della provincia di Kirkuk, espellendo 40'000 abitanti di etnia curda. Il partito Baath siriano inviò anch'esso delle truppe nella regione di Zakho contro i curdi. A novembre, il maresciallo Arif si sbarazzò anche dei suoi alleati baathisti e nell'aprile 1964 stipulò nuovamente una tregua con il PDK, che per il tramite di oltre 15'000 peshmerga fedeli a Barzani, ottenne di esercitare un potere autonomo de facto sulla regione montagnosa compresa tra la Turchia e l'Iran, e sul milione di abitanti di etnia curda che la abitavano, mentre le città continuavano ad essere saldamente in mano al governo. A luglio si verificò una scissione interna al PDK, da parte di Jalal Talabani e Ibrahim Ahmad, e circa 1'000 peshmerga.

Un anno dopo, nell'aprile 1965, il maresciallo Arif, al comando di un esercito di circa 40'000 uomini, riprese le ostilità contro i peshmerga curdi, che furono sostenuti dallo shah di Persia. Nel gennaio 1966, la fazione capeggiata da Talabani, composta di 2'000 uomini, passò al fronte del governo di Bagdad contro il PDK. Nel giugno 1966 il generale Abd al-Rahman Arif, succeduto al governo al fratello, concluse, dopo essere stato pesantemente sconfitto nella battaglia del monte Hendrin, un terzo cessate il fuoco con i curdi.

I curdi nel regime Baathista d'Irak

Dopo che il 17 luglio 1968 il partito Baath ebbe ripreso il potere in Irak con il colpo di Stato del generale Ahmed Hasan al-Bakr, il regime riprese le ostilità contro i curdi nel gennaio 1969. A marzo i curdi eseguirono un raid sugli impianti petroliferi della compagnia irachena Iraq Petroleum Company a Kirkuk, causando l'interruzione delle esportazioni petrolifere dell'Irak per diverse settimane. Dal mese di settembre unità dell'esercito iraniano affiancarono le milizie curde, ed a gennaio 1970 il vicepresidente iracheno Saddam Hussein si recò a Nawperdan per iniziare i negoziati con il generale curdo Mustafà Barzani. Essi si conclusero l'11 marzo 1970, con la firma di un accordo bilaterale tra il regime Baath e il partito curdo indipendentista PDK, la « legge per l'autonomia nell'area del Kurdistan », che riconosceva ai curdi iracheni:

  • il carattere binazionale dell'Irak
  • la nomina di un vice-presidente curdo
  • la legalizzazione del PDK
  • la creazione di una regione curda i cui confini restavano da definire
  • l'uso della lingua curda nell'amministrazione regionale e nell'insegnamento
  • la non dissoluzione dei peshmerga
  • la creazione di una sezione curda nell'esercito iracheno
  • la nomina di tre governatori curdi a Dahuk, Erbil e Sulaymaniyya
  • la nomina di cinque ministri curdi nel governo iracheno

Tuttavia all'indomani della firma dell'accordo, il regime rinviò sistematicamente il censimento dei curdi, lasciando in sospeso la definizione dello status della provincia di Kirkuk, che era tra quelle rivendicate dai curdi. Anche la nomina del vice-presidente curdo veniva rinviata, essendo stato rifiutato da Bagdad il candidato del PDK Mohammed Habib Karim perché di origine iraniana. Nel frattempo, il regime continuava la sua politica di trasferimenti di popolazioni arabe nelle regioni di Kirkuk e Sinjar, rifiutando di concedere la cittadinanza irachena ai curdi fayli, di origine iraniana, che furono espulsi dall'Irak nel settembre 1971, mentre il 29 settembre 1971, lo stesso Mustafà Barzani sfuggì a un tentativo di assassinio da parte del governo.

La seconda insurrezione curda

Le negoziazioni per l'attuazione degli accordi si protrassero per quattro anni, in particolare quelle concernenti l'autonomia della provincia di Kirkuk, finché con la legge dell'11 marzo 1974 Saddam Hussein annullò di fatto le concessioni promesse quattro anni prima, e il mese seguente sostituì i cinque ministri curdi con altri di suo gradimento. Come conseguenza di questo atto, 40'000 peshmerga del PDK ed altrettanti uomini delle milizie locali, intrapresero una seconda insurrezione, sostenuti dallo shah di Persia Mohammad Reza Pahlavi con operazioni alla frontiera già dal mese di febbraio. L'esercito governativo iracheno, composto di 90'000 uomini, 1'200 mezzi corazzati e 200 aerei, avanzò rapidamente conquistando le città curde di Rowanduz, Akra e Dahuk, provocando l'esodo degli abitanti, fino a raggiungere ad ottobre il monte Zorzek e la città di Nawperdan, sede del governo centrale curdo del generale Barzani. Nella città di Erbil fu creato un governo e un parlamento curdi, composti da sostenitori del regime Baath. Difesi dalle batterie di artiglieria posizionate dall'esercito iraniano lungo la frontiera, numerosi profughi curdi si accatastarono nelle porzioni di territorio ancora controllate dai peshmerga. Infine il 6 marzo 1975, con gli accordi di Algeri, lo shah di Persia ritirò il suo aiuto ai curdi in cambio di una delimitazione della frontiera Iran-Irak presso lo Shatt-el-Arab. I curdi, privati del sostegno iraniano, ordinarono di cessare i combattimenti e di fuggire in Iran, dove si riversarono centinaia di migliaia di profughi curdi. Lo stesso Mustafà Barzani si trasferì in Iran, ove restò fino alla sua morte, mentre i suoi figli Idris e Masud ereditarono la guida di ciò che restava del PDK. In territorio iracheno rimase una piccola frazione del PDK, guidata da Hicham Akrawi, che esercitava una parvenza di potere nella regione autonoma nei limiti consentiti dal regime.

La terza insurrezione curda

La fazione di Jalal Talabani, che si era rifugiato in Siria, approfittando della rivalità tra regime baathista siriano e regime baathista iracheno, fondò il primo giugno 1975 il partito dell'Unione patriottica del Kurdistan (UPK), avversario del PDK di Barzani. Un gruppo dell'UPK comandato da Ali Askari stabilì una base di guerriglia nel sud-est del Kurdistan iracheno, che giunse a contare circa 1'000 peshmerga. Il 26 maggio 1976 il congresso del PDK decise a sua volta la ripresa della guerriglia, sotto la guida di Masud Barzani. Ad agosto, il presidente Saddam Hussein decise di evacuare una fascia di 20 km a confine con l'Iran, espellendo tutta la popolazione curda di tale regione, temendo infiltrazioni dall'Iran. Iniziò un biennio di guerriglia ininterrotta da parte di piccoli gruppi di insorgenti sparsi nelle montagne del Kurdistan. Ma nell'inverno 1977 i dissidi tra i due partiti divennero più aspri, quando il PDK accusò l'UPK di aver iniziato negoziati segreti con Bagdad. Nella seguente primavera 1978, l'UPK di Jalal Talabani cercò di conquistare la regione nord-ovest del Kurdistan, feudo tradizionale del PDK del clan Barzani, con scontri armati e diverse centinaia di morti, tra cui Ali Askari. Disapprovando la linea di Talabani, una parte dell'UPK, guidata da Rasul Mahmand, si separò nel 1979. A causa di questi scontri fratricidi, l'insurrezione contro il regime si concluse.

La quarta insurrezione curda

Nel corso della guerra Iran-Irak scoppiò nel 1983 una quarta insurrezione curda, repressa violentemente da Saddam Hussein con il massacro di decine di migliaia di civili, la distruzione di migliaia di villaggi e la deportazione di migliaia di curdi verso il sud e il centro dell'Irak. Gli attacchi causarono la distruzione di 2'000 villaggi e la morte di 50'000-100'000 curdi. L'operazione Anfal del 16 aprile 1987, svoltasi con raid di armi chimiche sulla valle di Balisan, uccise 182'000 persone, campagna qualificata come « genocidio » dalla corte internazionale di La Haye nel dicembre 2005, e per la quale il 24 giugno 2007 il tribuinale penale iracheno condannò Ali Hassan al Madjid, detto « Ali il chimico », e altri due dignitari del regime di Saddam Hussein alla pena di morte.

L'autonomia del Kurdistan iracheno

Dopo la sconfitta dell'esercito iracheno nella prima guerra del Golfo, nel marzo 1991, vi furono rivolte contro il regime di Saddam Hussein in tutto l'Irak, in particolare nelle regioni del sud, a maggioranza sciita, e nelle regioni del nord, abitate dai curdi. Questa sommossa fu chiamata dai curdi Raperîn, e malgrado una repressione brutale da parte del regime, riuscì ad ottenere un'autonomia de facto nella regione a partire dal maggio 1991, grazie al sostegno della coalizione a guida americana.

L'esercito iracheno riprese per un certo tempo il controllo di queste aree, causando l'esodo di centinaia di migliaia di curdi verso l'Iran, ma infine fu creato dal Consiglio di sicurezza dell'ONU una zona autonoma curda sotto il controllo dei due partiti curdi rivali, PDK e UPK.

Il 19 maggio 1992 il Kurdistan autonomo elesse per la prima volta il proprio Parlamento regionale, con 1,5 milioni di elettori, che votarono circa in parti uguali i due principali partiti curdi. Tuttavia la rivalità tra questi due partiti sfociò in un ciclo di violenze, arresti arbitrari, torture ed esecuzioni operate su entrambi i fronti.

Sebbene questi abusi fossero lontani dall'eguagliare le esecuzioni massive commesse dal regime baathista negli anni precedenti, furono nondimento abbastanza gravi da portare ad una guerra civile tra i due partiti curdi negli anni 1994-1997. La guerra si concluse con un compromesso, assegnando al PDK il governo della regione nord-occidentale, cioè quella attorno ad Erbil e Dahuk, ed all'UPK la regione sud-orientale, cioè quella attorno a Sulaymaniyya.

Nel corso della seconda guerra del Golfo, del marzo-aprile 2003, durante la quale la coalizione a guida americana invase l'Irak e pose fine al regime di Saddam Hussein, i curdi furono alleati degli americani, aiutando a contrastare l'esercito governativo iracheno fino a Mosul e a Kirkuk con l'operazione Iraqi freedom, e a contrastare i jihadisti di Ansar al-Islam con l'operazione Viking Hammer. Il governo provvisorio della coalizione occupante riconobbe la costituzione di una Regione autonoma del Kurdistan, e la zona controllata dai peshmerga fu ingrandita. La Costituzione federale dell'Irak, del 2005, riconobbe l'autonomia di questa regione, ed a seguito delle prime elezioni parlamentari, all'inizio del 2006 le due regioni amministrative curde, quella con capoluogo Erbil e governata dal PDK, e quella con capoluogo Sulaymaniyya e governata dall'UPK, furono riunite in una sola regione.

Un referendum avrebbe dovuto avere luogo nel 2007 per definire le frontiere definitive della regione autonoma curda, in particolare nella provincia di Kirkuk, ma fu indefinitamente rimandato dal governo federale di Bagdad.

La guerra allo Stato islamico

La guerra civile siriana del 2011 interessa anche le regioni curde della Siria del nord, come Kobane al confine con la Turchia, Ifrin e Hasaka. Le milizie curde, nate per difendere le città dai jihadisti, hanno conquistato una fascia di territorio nel nord della Siria, il « Kurdistan siriano ». Dal 12 novembre 2013, questa regione ha una amministrazione autonoma, che gestisce le questioni « politiche, militari, economiche e di sicurezza della regione e in Siria ». Questa regione, chiamata Rojava, è governata dalle Unità di protezione del popolo (YPG), braccio armato del Partito dell'unione democratica, che è il corrispettivo siriano del Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK). Dapprima queste milizie sono alleate dell'Esercito di liberazione siriano, oppositori del regime Baath siriano, ma dal luglio 2013 entrano in conflitto con i jihadisti di al-Nusra. Benché ostili al regime di Assad, si scontrarono raramente con le forze lealiste, con cui anzi collaborano in certe città, e con le quali conclusero alleanze opportuniste per combattere i ribelli jihadisti, principalmente dello Stato Islamico (Daesh). I miliziani curdi delle YPG erano circa 50'000 nel 2015, di cui il 40% donne. Nel giugno 2014, nel corso della guerra civile irachena, l'offensiva del movimento jihadista Stato Islamico (Daesh) nella regione di Mosul e la sconfitta dell'esercito governativo iracheno crearono un fronte con i curdi iracheni, e permisero alla regione autonoma del Kurdistan, con il sostegno aereo e logistico di una coalizione internazionale guidata dagli USA, di respingere i ribelli e incorporare anche i territori di Kirkuk e della piana di Sinjar, dando asilo anche a oltre 200'000 profughi delle minoranze cristiane irachene. Il 2 luglio 2014 il governo della regione autonoma annunciò l'indizione di un referendum sull'indipendenza, ma soltanto il 7 giugno 2017, soprattutto grazie alla volontà di Masud Barzani, fu annunciata la data del referendum per l'indipendenza del Kurdistan.

Nonostante l'opposizione internazionale pressoché unanime al referendum in un contesto regionale segnato già da diversi conflitti in corso (oltre all'opposizione dell'Iraq, anche Turchia, Iran e Stati Uniti si dichiararono contrari all'indipendenza), il referendum si svolse come previsto il 25 settembre 2017 in tutta la regione autonoma curda, inclusi i territori contesi, ottenendo ampia partecipazione popolare in tutte le province, oltre il 70%, ed un risultato pressoché plebiscitario, pari al 93% dei votanti, a favore dell'indipendenza del Kurdistan dall'Iraq[2].

Tuttavia la dura reazione del governo federale iracheno, che occupò militarmente i territori contesi ed isolò completamente la regione, ne rese inefficace l'esito, come riconosciuto dal governo regionale il 25 ottobre 2017, e dalle successive dimissioni del primo ministro Masud Barzani, leader del PDK e promotore del referendum. Il Partito Democratico del Kurdistan (PDK) e la Unione Patriottica del Kurdistan (UPK) in Iraq, il Partito Democratico del Kurdistan Iraniano ed il Partito per la Libertà del Kurdistan (PJAK) in Iran, e il Partito dell'Unione Democratica (PYD) in Siria, sono i principali gruppi a rappresentare le istanze curde nei rispettivi Paesi. Differente è la questione del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) in Turchia, unico partito curdo a proseguire la lotta armata e di ispirazione marxista. Questo partito è osteggiato da tutte le potenze, comprese quelle occidentali, e viene tacciato di terrorismo.

Razzismo e intolleranza

La popolazione curda all'inizio del XX secolo ha subito una politica di discriminazione razziale che non ha esempi in nessun'altra parte del mondo[3], soprattutto nel Kurdistan turco. Gli stati che attuarono queste politiche, principalmente la Siria e la Turchia, le hanno condotte con il fine di negare persino l'identità e l'esistenza stessa del popolo curdo[4]; utilizzando tutti i mezzi a disposizione: televisione, radio, stampa, esercito, polizia e istituzioni scolastiche, per attuarla[4].

Dietro la definizione geografica si nasconde uno dei luoghi più ricchi di petrolio al mondo, generando intorno ad esso forti interessi economici, tra cui l'invasione americana in Iraq. A seguito delle due guerre del golfo (1990-1991 e 2003) e dell'invasione statunitense in Iraq, la questione dei curdi si inserisce nel quadro delle strategie da seguire per ottenere il controllo del territorio e delle sue preziose risorse. All'inizio gli Stati Uniti sembravano non ostili all'indipendenza del nord iracheno con capitale a Kirkuk, sperando che passasse sotto la loro "tutela", ma (anche in seguito alle pressioni dell'alleata Turchia) hanno accettato, un Iraq federale con la capitale a Baghdad, in cui la regione curda non ha ancora ottenuto le città petrolifere di Kirkuk e di Mosul.[senza fonte]

Siria

In Siria la popolazione curda rappresenta l'11% della popolazione totale[5]. La lingua curda, ufficialmente, non gode di alcun riconoscimento legislativo[5] nelle scuole pubbliche, nei canali televisivi e nelle stazioni radiofoniche, né esistono giornali in lingua curda.

Negli anni '60 si verificarono molte manifestazioni razziali in Siria; infatti nelle zone curde vennero allontanati gli insegnanti d'origine curda dalle scuole e sostituiti con altri d'origine araba[6]. Il governo siriano iniziò una deportazione della popolazione curda dai territori d'origine verso le zone centrali e sud-occidentali del paese, modificando i nomi delle località e dei paesi con nomi arabi. Una legge emanata nel 1963 toglieva la cittadinanza siriana a circa 100.000 curdi[6].

Negli anni '70, migliaia di curdi siriani vennero arrestati e torturati per essere stati trovati in possesso di opere scritte in lingua curda, o per essere accusati di far parte di organizzazioni clandestine curde[6]. In seguito la repressione è diminuita, e nei primi anni '90 le genti curde hanno potuto festeggiare il Newroz, il 21 marzo, capodanno e festa nazionale curda[6].

Sport

Calcio

Sebbene non riconosciuta dalla FIFA, esiste una nazionale di calcio curda che disputa le partite di VIVA World Cup (il mondiale delle nazioni senza stato) dove ha fatto ottime prestazioni. Infatti all'edizione 2009 il Kurdistan è stato finalista (sconfitto poi 2-0 in finale dai padroni di casa della Padania). Anche all'edizione 2010 a Gozo la rappresentativa curda è arrivata in finale (sconfitta nuovamente dalla Padania con il punteggio di 1-0). L'edizione 2012, tenutasi proprio in Kurdistan, ha permesso ai curdi di laurearsi campioni, battendo in finale 2-1 la selezione di Cipro Nord.

Note

  1. ^ Bruno Migliorini et al., Scheda sul lemma "Curdistan", in Dizionario d'ortografia e di pronunzia, Rai Eri, 2010, ISBN 978-88-397-1478-7.
  2. ^ http://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2017/09/26/il-93-ha-votato-si-per-lindipendenza-del-kurdistan-dalliraq_ca847284-040c-4aec-b5a8-22b0df3b1dfb.html
  3. ^ Jasim Tawfik Mustafa, Kurdi - il dramma di un popolo e la comunità internazionale; BFS edizioni, 1994, p. 202
  4. ^ a b Jasim Tawfik Mustafa, op cit; BFS edizioni, 1994, p. 201
  5. ^ a b Jasim Tawfik Mustafa, op cit; BFS edizioni, 1994, p. 203
  6. ^ a b c d Jasim Tawfik Mustafa, op cit; BFS edizioni, 1994, p. 204

Bibliografia

  • Encyclopaedia Britannica, voce Kurdistan
  • M. Galletti, Storia dei Curdi, Jouvence, Napoli 2003
  • M. Galletti, Cristiani del Kurdistan, Jouvence, Napoli 2003
  • M. Galletti, I curdi. Un popolo transnazionale, Edup, Roma 1999
  • M. Galletti, “Le relazioni tra Italia e Kurdistan”, su: Quaderni di Oriente Moderno, 3, 2001, v+223 pp.
  • A. Marconi, Il popolo kurdo. Storia di una diaspora sconosciuta, Ed. Cultura della Pace, Roma 2001
  • L. Schrader (cur.), Canti d'amore e di libertà del popolo kurdo, Newton Compton, Roma 1993
  • G. Chaliand (cur.), Anthologie de la poésie pupulaire kurde, Stock Plus, Paris 1980
  • Balulì Zana (cur.), Leggende del popolo curdo, Arcana, Milano 1992

Voci correlate

Altri progetti

Collegamenti esterni

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