Con l'espressione fatti di Sarzana si fa riferimento agli accadimenti del 21 luglio 1921, quando si registrarono diversi scontri armati avvenuti nella città di Sarzana tra squadre d'azione fasciste e Carabinieri reali e guardie del Regio Esercito, cui seguirono, ad opera dalla popolazione civile e degli Arditi del Popolo, alcuni episodi, pur violenti, di resistenza antifascista spontanea in risposta alle iniziali violenze squadriste. Si tratta di uno dei pochi episodi di resistenza armata all'ascesa del fascismo in Italia[2]. L'insieme degli avvenimenti provocò quattordici morti tra i fascisti, la morte di un militare di fanteria del presidio cittadino e di un contadino ucciso ad Ameglia, mentre lavorava la terra, dalle squadre fasciste dirette a Sarzana[3].

Fatti di Sarzana
Lapide apposta a ricordo dei "fatti di Sarzana" sulla facciata di Palazzo Roderio
TipoAssalto di squadre d'azione fasciste
Data21 luglio 1921
LuogoSarzana
StatoItalia (bandiera) Italia
ObiettivoCaserma dei Carabinieri Firmafede
ResponsabiliSquadre d'azione fascista
MotivazioneTentativo di far evadere lo squadrista Renato Ricci e altri 10 fascisti in quel momento agli arresti nella Caserma Firmafede
Conseguenze
MortiQuattordici vittime tra gli squadristi assalitori e un caduto tra le file del Regio Esercito. Diverse vittime tra la popolazione[1].

All'alba del 21 luglio 1921, nella città di Sarzana, all'epoca in provincia di Genova, giunse una colonna di circa 500 squadristi comandati da Amerigo Dumini e Umberto Banchelli[4], con l'obbiettivo di assaltare la Fortezza Firmafede per liberare alcuni fascisti che vi erano incarcerati, fra cui il fondatore del fascio di combattimento carrarese Renato Ricci, ritenuti responsabili degli atti di violenza e degli omicidi avvenuti nei giorni precedenti[5]. Il prefetto di Genova, per proteggere la città da ulteriori assalti fascisti, aveva ordinato l'invio di un nutrito numero di carabinieri e i militari in città, al comando di Guido Jurgens, i quali fronteggiarono i fascisti, che durante la giornata di scontri persero quattordici uomini ottenendo infine la liberazione di Ricci grazie all'intervento del procuratore di Massa[6].

Storia

Nell'autunno 1920 a La Spezia, Sarzana e in altri comuni della zona, in vista delle elezioni amministrative tutti i partiti anti-socialisti, con l'eccezione del Partito Popolare, si coalizzarono nei Blocchi Nazionali assumendo il nome di «Comitato di concentrazione democratica». In essi confluirono anche i fasci di combattimento. I Blocchi prevalsero sugli avversari socialisti in quasi tutti i comuni della provincia interessati al voto tra cui il capoluogo La Spezia, mentre i socialisti prevalsero a Sarzana, Santo Stefano di Magra e Ortonovo[7]. A Sarzana, il 17 novembre, il sindaco neo-eletto Pietro Arnaldo Terzi durante i festeggiamenti fece esporre dal balcone del Comune la bandiera rossa al posto del tricolore[8].

 
Renato Ricci con la sua squadra carrarese

Il movimento fascista locale cominciò ad espandersi principalmente agli inizi del 1921. Una nota della Prefettura di Genova ne attesta la presenza principalmente a La Spezia con 700 iscritti e a Sarzana.[9] Gli scontri e gli episodi di violenza commessi dai fascisti a livello nazionale,[10] allarmarono anche la neocostituita giunta di Sarzana dove il consigliere socialista Zappa dichiarò durante la seduta: «se il fascismo intendesse colpire Sarzana, occhio per occhio, dente per dente, alla violenza altrui sapremo opporre oggi, domani e sempre la nostra».[11] I primi scontri avvennero alla Spezia il 23 febbraio quando i partecipanti a una manifestazione filofascista furono osteggiati dai socialisti e il 26 febbraio quando furono respinti i fascisti intervenuti per impedire un comizio del deputato Francesco Misiano[12]

Il 13 maggio, si costituì ufficialmente a Carrara il Fascio di combattimento retto da alcuni reduci fiumani tra cui Renato Ricci. In vista delle elezioni politiche italiane del 1921 del 15 maggio si riproposero gli stessi schieramenti delle precedenti elezioni amministrative. I Blocchi Nazionali vinsero nuovamente a La Spezia mentre a Sarzana trionfarono di nuovo i socialisti. A Sarzana, l'amministrazione socialista proclamò il Soviet e decretò «cattivo» il pane in vendita in città contestandone il rincaro. Ma il 29 maggio la questione sfuggì di mano ai dirigenti del PSI e, da parte della folla in tumulto, avvennero sottrazioni di generi alimentari nei negozi, ma anche furti di scarpe e vestiario in abitazioni private.[13][14]

Tra il 29 maggio ed il 5 giugno 1921 la città di La Spezia fu occupata a due riprese dagli anarchici. Il 4 giugno numerosi anarchici assaltarono la polveriera di Vallegrande riuscendo a sopraffare i marinai di guardia. Il saccheggio fu impedito dall'opposizione del carabiniere Leone Carmana che fatta richiudere la porta alle proprie spalle la difese dagli assalitori fino al sopraggiungere delle guardie regie che entro il giorno successivo riuscirono a riprendere il controllo della situazione.

I primi scontri e l'arresto di Ricci

Nella notte fra il 12 e 13 giugno 1921, in occasione dell'inaugurazione del gagliardetto della sezione di Sarzana, dodici squadristi di Massa invasero la sede della cooperativa socialista devastandola. Il sindaco Pietro Arnaldo Terzi, venuto a sapere dell'accaduto, secondo il rapporto del Vice commissario di Polizia Gioia: «deciso a non raccogliere la provocazione, volle dare all'atto il valore di una ragazzata e consigliò la calma nell'animo dei compagni di partito»; tuttavia nel pomeriggio del 13 arrivarono su camion trentadue fascisti da Carrara, formalmente per una cerimonia pacifica, in realtà con il proposito di una «spedizione punitiva». Su questo punto lo stesso Gioia scrisse: «Immediatamente intervenni con gli agenti e con i carabinieri che avevano seguito il gruppo [...] e avvicinato un giovanotto, che appariva essere il capo della spedizione, forse tale Renato Ricci, gli imposi di richiamare i propri compagni [...] assicurando che da parte avversaria non avrebbero avuto né provocazioni né imboscate [...]. E mentre quello aderiva alla richiesta, eccheggiarono sinistramente tre colpi di rivoltella, che misero in subbuglio la popolazione e richiamarono degli altri fascisti, che frattanto avevano dato luogo ad altri incidenti, minacciando le persone dalle finestre»[15]. L'azione del funzionario non impedì quindi che scoppiassero tumulti tra fascisti e socialisti; alcuni dei primi rimasero feriti mentre un operaio estraneo ai fatti che stava passando in una via con il figlio, tale Luigi Gastardelli, fu colpito a morte[16]. Alla sera i fascisti lasciarono Sarzana e, giunti a Carrara, furono fermati e identificati: al comando della spedizione risultavano essere Renato Ricci e il fratello Umberto[17]. Che l'azione della squadra di Ricci non fosse un fatto occasionale venne confermato dall'azione compiuta contemporaneamente dalle camicie nere spezzine verso Portovenere[18], dove venne ucciso il comunista Giacomo Bastreni. Il sottoprefettofece arrestare sedici fascisti, tredici dei quali furono rilasciati il mattino seguente e tre trattenuti per concorso in omicidio[17]. Il rilascio dei fascisti provocò la reazione del comandante dei carabinieri di Sarzana che si era espresso per un'azione più energica; il sottoprefetto però, sottoposto alle pressioni del Segretario dei Fasci della Toscana, il marchese Dino Perrone, optò per una linea più morbida e promosse la creazione di una commissione paritetica formata da «influenti cittadini del luogo, ma di opposte tendenze politiche» per giungere ad una «generale pacificazione degli animi». Il sottoprefetto di La Spezia andò ancora oltre, ventilando al prefetto di Genova la sostituzione del commissario Gioia, in servizio a Sarzana, per incapacità di mantenere l'ordine pubblico additandolo come corresponsabile dei disordini del 13 giugno e indicando il suo operato verso i socialisti troppo «prudente», facendo affiorare velatamente l'idea che il raid fascista fosse una risposta ad una presunta provocazione dei «sovversivi»[19].

A questo punto subentrò una precaria tregua della durata di circa un mese, durante il quale i fascisti di Sarzana, presi di mira con gesti ostili dalla popolazione, si appellarono ai camerati di La Spezia invocando un sostegno in grado di ribaltare i rapporti di forza. La petizione, indicativa dei frequenti inviti all'azione rivolti dalla periferia ai centri urbani del movimento fascista, non rimase inascoltato[18]. Nel frattempo gli amministratori socialisti di Sarzana inviarono a Roma una delegazione, con la quale strapparono al presidente del Consiglio Bonomi l'impegno di aumentare la vigilanza della forza pubblica contro nuove spedizioni punitive, e il sindaco costituì una sorta di comitato di salute pubblica da lui presieduto e integrato da un gruppo di Arditi del Popolo incaricatisi dell'autodifesa armata[18]. Il precario equilibrio cessò il 15 luglio, quando ignoti nei pressi di Carrara, tesero un agguato e uccisero il muratore e imprenditore edile Pietro Procuranti, di sentimenti politici nazionalisti. La vendetta fascista non si fece attendere e il 17 luglio, quattro camion con a bordo un centinaio di armati irruppero nel villaggio montano di Monzone (Fivizzano), dove distrussero la cooperativa e il circolo socialista e spararono contro la popolazione uccidendo tre cittadini (i giovani operai Primo Garfagnini e Luigi Rossi, e un vecchio contadino)[20]. Ad Aulla durante una sosta, venne bastonato un anarchico e nel pomeriggio le squadre si diressero a Santo Stefano di Magra, dove massacrarono il contadino Edoardo Vannucci e derubarono preziosi all'interno di alcune abitazioni. In serata i camion raggiunsero i pressi di Sarzana e gli squadristi uccisero Rinaldo Spadaccini mentre questi tornava a casa dalla pesca pomeridiana: il suo compagno scappò all'agguato e allertò la popolazione. In breve furono messe insieme alcune squadre che si opposero alla spedizione facendo fuggire i fascisti. Durante gli scontri cadde lo squadrista Venanzio Dell'Amico, mentre Ricci fu arrestato con una decina di gregari[5].

La notizia dell'arresto di Ricci si diffuse velocemente causando la mobilitazione delle camicie nere liguri e toscane che - capitanate da Umberto Banchelli, Amerigo Dumini, Umberto Odett Santini e Tullio Tamburini - si prefissarono la liberazione dei compagni e il ristabilimento dell'onore delle camicie nere di fronte a una delle poche ma significative occasioni in cui vennero combattute[5]. La notizia del pericolo fascista arrivò nella stessa Sarzana, dove gli operai proclamarono uno sciopero generale mentre il sindaco Terzi comunicò alle autorità competenti il pericolo imminente[21]. A tal proposito il 18 luglio il prefetto di La Spezia comunicò a quello di Genova che: «Informazioni confidenziali comunicatemi da commissario PS Carrara segnalano propositi grossa spedizione fascisti Firenze, Pisa e dalla Versilia per tentare liberazione dieci fascisti arrestati iersera Sarzana. Ho rinnovato preghiere prefetto rispettive provincie impedire o segnalarmi partenza e ho inviato subito altri cento uomini di truppa. [...]»[22]. Nei fatti però, nonostante le premure del prefetto di La Spezia, la partenza dei fascisti dalle varie località della Toscana non venne impedita, e anzi - come scritto nella relazione redatta nei giorni seguenti dall'ispettore generale Vincenzo Trani inviato in quei giorni a Sarzana da Ivanoe Bonomi[23] - il vicequestore di Massa, al corrente delle intenzioni degli squadristi, ordinò alla forza pubblica di non opporsi alla partenza degli squadristi a patto che questi si allontanassero a piccoli gruppi[24]. Da tempo ormai in molte località italiane le autorità di polizia chiudevano gli occhi di fronte alle violenze fasciste al punto che, non è affatto sbagliato parlare di connivenza[25][N 1].

A conferma delle bellicose intenzioni degli squadristi, nella mattinata del 20 luglio gli Arditi del Popolo intercettarono due ragazzi diretti a Carrara che trasportavano un messaggio da parte dei fascisti di La Spezia contenente informazioni per piombare simultaneamente su Sarzana[22]. Questi facevano parte di una colonna di una trentina di squadristi comandata da Guido Bosero, che la notte precedente era partita da La Spezia fino ad arrivare a Camisano nei pressi di Ameglia, dove sostarono i attesa di attaccare il 21 assieme agli uomini provenienti dalla Toscana, ma la cattura dei due ragazzi scombinò parzialmente i piani delle squadre fasciste[N 2]. Nel pomeriggio del 20 luglio gli Arditi, venuti a sapere che i fascisti si nascondevano nelle alture tra Ameglia e Montemarcello, si diressero contro gli assalitori facendoli fuggire verso La Spezia, i quali durante la ritirata trucidarono un anziano agricoltore, Francesco Marchini, che stava lavorando nella piana di Ameglia[26]. Nella notte gli Arditi decisero quindi di rafforzare il posto di blocco sul ponte di Romito Magra, dove il giorno precedente avevano fermato i due ragazzi, mentre sul luogo arrivarono anche un gruppo di giovani anarchici, socialisti, comunisti, repubblicani e democratici di Arcola e Vezzano Ligure a dare manforte nella difesa della città. Altre pattuglie vennero formate per bloccare la via Aurelia e per presidiare le alture di Arcola, Montebarucco e Vezzano, mentre altri Arditi provenienti dai quartieri operai di La Spezia e dalla toscana apuana si riunirono a Sarzana per mettersi a disposizione del comitato e dell'amministrazione presieduta dal sindaco Terzi[27].

Lo scontro del 21 luglio

All'alba del 21 luglio tutta la città di Sarzana si trovava in uno stato di allarme[28] e nonostante i diversi avvisi da parte della prefettura di Sarzana verso le varie prefetture toscane e versiliesi, il concentramento degli squadristi non venne ostacolato. Alla stazione di Avenza i fascisti di Liverno, Pisa e Massa Carrara si riunirono a quelli provenienti da Firenze, Lucca e Pescia, costituendo una colonna forte di circa 600 unità, che al comando di Dumini e Banchelli, verso le ore 02:00 iniziò a spostarsi verso Sarzana seguendo la ferrovia[29].

Attorno alle ore 05:00 i fascisti giunsero alla stazione di Sarzana, intenzionati a raggiungere il centro, ma ad aspettarli alla stazione trovarono nove carabinieri, quattro soldati aggregati, due funzionari di polizia e il capitano dei carabinieri Guido Jurgens, con il quale iniziarono a parlamentare, mentre poco lontano pare si trovassero alcuni gruppi di Arditi assieme a contadini e altri lavoratori[25]. Nonostante Jurgens informò loro del rischio che avrebbero corso avviandosi nel centro cittadino difeso da cittadini e Arditi del Popolo[N 3], i fascisti chiesero l'immediata scarcerazione di Ricci e degli altri imprigionati, la consegna dell'ufficiale Nicodemi «che avrebbe schiaffeggiato» Ricci (in realtà non vi fu alcuna violenza sul capo del fascismo carrarese), e il permesso di recarsi in città per «liberarla dal giogo sovversivo»[25][30]. La ferma opposizione di Jurgens a richieste così pesanti causò un momentaneo scoramento nel gruppo, ma la situazione precipitò velocemente quando al grido «A noi!» le camicie nere si mossero compatte contro la quindicina di armati al comando di Jurgens[30]. A quel punto Jurgens ordinò ai carabinieri di mettersi in posizione, quando dal lato dei fascisti partì un primo colpo, e poi altri colpi, ai quali i carabinieri risposero scaricando le armi. Il fuoco intenso durò pochi minuti, gli agenti spararono le loro cartucce mentre i fascisti nella massima confusione scaricarono in parte le loro armi sparando in aria, obbedendo all'ordine di rispettare la forza pubblica, mentre il frastuono richiamò un reparto di guardie regie che sottrasse Jurgens dal linciaggio. Sul terreno rimasero il caporale Paolo Diana e gli squadristi Michele Bellotto, Alcide Borghini, Rizieri Lombardini, Giuseppe Montemaggi e Vezio Parducci, mentre altri tre fascisti feriti gravemente si spensero all'ospedale (Gastone Bartolini, Guido Lottini, Lorenzo Taddeucci)[30].

Subito dopo lo scontro a fuoco i feriti vennero portati all'ospedale, e mentre una metà dei fascisti rimase sul piazzale della stazione senza sapere bene cosa fare, altri si dispersero nelle campagne allarmando i contadini del luogo, che si prepararono all'autodifesa. In questo momento iniziò una caccia ai fuggiaschi da parte dei contadini armati di vanghe e badili, e tre camicie nere furono brutalmente uccise[31]. Un paio d'ore dopo, i fascisti rimasti nel piazzale e quindi asserragliatisi nella stazione, ottennero dalle guardie regie il rilascio di Ricci e degli altri arrestati (nonostante la disapprovazione del prefetto di Genova che temeva altri disordini[32]), e le stesse guardie approntarono un treno per far rientrare gli squadristi in Toscana, che alle 10:30 partì alla volta di Massa. Anche in questo caso - secondo l'ispettore generale Trani - la gestione dell'ordine pubblico fu del tutto inadeguata: i fascisti fatti ripartire non vennero identificati e disarmati, e appena partiti dalla stazione gli squadristi aprirono il fuoco contro le abitazioni e le persone, uccidendo un casellante e ferendo gravemente un contadino. I cittadini per tutta risposta, sottoposti al tiro di fucileria dal treno, presero a sparare contro i fascisti stessi colpendo e uccidendo un fascista di Carrara, Piero Gattini, che aveva preso posto vicino al macchinista. Almeno una ventina di persone rimasero ferite durante la fase di allontanamento del treno[33] Nel mentre i fascisti che fuggivano per i campi, in diverse occasioni vennero a contatto con i posti di vigilanza allestiti dai contadini e dagli Arditi del Popolo, accendendo piccoli scontri durante tutta la giornata, che culminarono nel pomeriggio quando un gruppo di contadini si recò alla stazione di Luni nel tentativo di intercettare eventuali fascisti armati nascosti sui treni[34]. A fine giornata i fascisti uccisi furono quattordici, a cui si aggiunsero i cadaveri «orrendamente mutilati» dei due fascisti catturati al posto di blocco il giorno 20 e ritrovati privi di vita in un fossato nei giorni seguenti, mentre i feriti furono circa cinquanta[35][36].

Le prime reazioni

I fatti di Sarzana suscitarono nel paese grande clamore, commenti disparati, articoli di giornale e notizie fantasiose, come quelle riferite al capitano Jurgens, definito dalla stampa borghese "comunista", o una seconda che ne dava per certo il suicidio, entrambe smentite da Il Lavoro. Lo stesso giornale pubblicò l'intervista fatta ad Amerigo Dumini, che come altri fascisti, attribuì la colpa dell'iniziale conflitto al capitano Jurgens, sostenendo inoltre che la spedizione a Sarzana aveva intento «pacifico» e mirava ad ottenere la liberazione dei compagni non con la forza «ma mediante pratiche conciliative»[37]. Poche ore dopo i fatti avvenuti a Sarzana Dino Grandi espose così la posizione ufficiale del partito fascista: «Il sacrificio dei nostri fratelli non sarà speso invano. La nostra lotta quotidiana è una necessaria tutela privata del diritto. Non siamo una fazione dello Stato, perché sentiamo invece di essere noi lo Stato e la Nazione»[38].

In nome dei socialisti i parlamentari Giuseppe Modigliani e Giacomo Matteotti espressero «profondo cordoglio per le vittime della Lunigiana», mantenendo così un atteggiamento attendistico in attesa degli sviluppi del patto di pacificazione nazionale cui ancora credevano. Il fatto che proprio in quei giorni si stesse discutendo del patto di pacificazione, privò gli squadristi della copertura politica della vendetta, anche se ciò non impedì alcune rappresaglie fasciste nei confronti della popolazione civile lunigiana[39]. Il 22 una quindicina di fascisti denominatisi «Plotone d'esecuzione» si recarono presso Fossola (località tra Massa e Ortonovo), e con l'intento di vendicare i morti di Sarzana uccisero tre cittadini, Cesare Chiappini, Pietro Piccinini e Gino Colombini e ne ferirono un altro, mentre il giorno 26, durante un'altra incursione in località Bergiola, vennero uccisi altri tre abitanti del luogo estranei ai fatti[40]. I giornali si schierarono più o meno apertamente dalla parte degli squadristi; il Corriere della Sera riprese l'intervista di Dumini fatta da questi al giornale fiorentino Nuovo giornale, mentre Il Tirreno incentrò la narrazione sull'uccisione dei due giovani squadristi il giorno precedente ai fatti[41]. Tutti i giornali sopracitati si guardarono bene dal narrare le atrocità compiute dagli squadristi nelle settimane precedenti il 21 luglio, presentando la spedizione su Sarzana come «una dimostrazione pacifica» in una città in mano ai «sovversivi»[39].

Al giungere delle notizie nelle grandi città italiane si levò un'ondata di indignazione da parte dei fascisti: a Milano imposero la chiusura dei negozi del centro in segno di lutto nazionale, a Bologna fu interrotto il servizio dei trams, e in molte altre località si assistette a serrate di protesta, rumorose manifestazioni e veri e propri scontri (a Carrara due comunisti vennero assassinati)[42], mentre a Napoli venne assaltata la tipografia che dava alle stampe «Soviet» di Amadeo Bordiga[41]. Di risposta i socialisti dalle colonne dell'Avanti! dichiararono che il fascismo era ormai degenerato da reazione di classe in aperta criminalità, cosicché «si è giunti alla logica conclusione dei fascisti in lotta colla guardia regia e coi carabinieri». Per un momento sembrò che l'Italia fosse alle porte di una guerra civile e che i fascisti fossero isolati dal paese[42].

Conseguenze politiche

Il giorno seguente, Benito Mussolini fece una interrogazione parlamentare al Presidente del Consiglio Ivanoe Bonomi dichiarandosi poi insoddisfatto della risposta ottenuta e, il 23 luglio, il gruppo fascista con un discorso dello stesso Mussolini negò la fiducia al governo. Al contempo avvennero piccole aperture rivolte al partito socialista[43] che furono di preludio ad una accelerazione del già vagheggiato Patto di pacificazione tra il movimento fascista, il Partito Socialista Italiano e la CGL, che fu poi firmato il 3 agosto 1921. Questo abbozzo di accordo creò contraddizioni profonde nel movimento fascista, fino a vere e proprie sconfessioni da parte dello squadrismo emiliano, veneto e toscano[44], contestato apertamente dallo stesso Dino Grandi che arrivò a mettere in discussione lo stesso Mussolini, che uscì dalla crisi trasformando il movimento in partito.

 
Sacrario fascista di Sarzana dedicato ai 14 caduti, demolito nel 1945

Il 1921 trascorse a Sarzana senza ulteriori scontri significativi, ma nel marzo 1922 nelle strade cittadine vi furono ulteriori scontri tra fascisti e antifascisti.

Nel frattempo l'amministrazione guidata dal sindaco Terzi, fin dal settembre 1921, fu posta sotto una indagine amministrativa alla ricerca pretestuosa di illeciti, che non trovò (unica irregolarità trovata fu l'ammanco di un ...francobollo non registrato[45]), e accusò così altrettanto pretestuosamente l'amministrazione di numerosi comportamenti giudicati "sovversivi" dall'imminente regime fascista[45].[46] Terzi, convocò l'8 luglio una riunione presso la sede socialista in cui propose le proprie dimissioni da sindaco. Nonostante la sua proposta fosse stata respinta a grande maggioranza, decise di procedere ugualmente.[47] Nel giro di pochi giorni la maggioranza dei consiglieri fu costretta a dimettersi e l'amministrazione decadde; L'amministrazione venne così commissariata.[48] Il 25 gennaio 1923, il consiglio comunale di Sarzana già commissariato fu sciolto con regio decreto.[49] Le elezioni furono fissate per il 27 maggio 1923. I partiti di sinistra, già indeboliti e ostacolati dall'avvento della dittatura fascista, si presentarono frazionati in più liste mentre i fascisti presentarono due liste, che anche con l'appoggio dei quotidiani locali ottennero un largo successo,[50] tanto da aggiudicarsi la totalità dei seggi disponibili[50] I 30 consiglieri comunali eletti, tutti fascisti, furono proclamati il 29 maggio 1923[51]

Il regime fascista sfruttò abbondantemente a fini propagandistici i fatti di Sarzana. Il 21 luglio 1922, in occasione del primo anniversario della strage i fascisti organizzarono una manifestazione propagandistica nella città e il 30 luglio nel corso di una nuova manifestazione fascista che vide la presenza di Michele Bianchi, fu posta una lapide commemorativa sul muro della stazione ferroviaria. Dopo la presa del potere da parte del fascismo fu inaugurata all'interno del municipio di Sarzana un sacrario ai caduti fascisti presso il quale ciclicamente si organizzarono incontri e ricorrenze fino alla caduta della Repubblica Sociale Italiana nel 1945. Il monumento fu demolito nel 1945 in seguito alla caduta del fascismo, in quanto contrario ai valori democratici e di libertà, allora finalmente maggioritari.

Il Sindaco Terzi fu costretto dalle autorità fasciste a lasciare Sarzana e a trasferirsi a Sestri Levante. Tenuto comunque costantemente sotto controllo nel corso degli anni, fu arrestato nel 1944 dalle brigate nere e consegnato alle autorità tedesche che lo trasferirono nel campo di concentramento di Mauthausen, dove morì di stenti a fine aprile 1945, pochi giorni prima della liberazione del campo.[45]

La memoria nel dopoguerra

Al termine della seconda guerra mondiale, a seguito della caduta del fascismo e del ripristino delle libertà democratiche e delle libertà di espressione, le istituzioni e la popolazione locale hanno dedicato numerose lapidi (oltre a quelle già inserite in questa voce) in memoria delle vittime dei fatti di Sarzana, quale riconoscimento dell'impegno civile antifascista della popolazione[52] e una in particolare intitolata a Luigi Gastardelli, prima vittima accertata del fascismo. Il comune di Sarzana dal 2008 assegna anche una onorificenza civica intitolata alla memoria della resistenza civica all'attacco fascista del "XXI Luglio 1941", consegnata alle persone o istituzioni benemerite che si siano distinte per valori umani e democratici e per la lotta a ogni forma di fascismo.[53]

A Sarzana e a Sestri Levante sono intitolate due vie al sindaco Terzi a testimonianza della sua attività di antifascista e martire della libertà. A Guido Jurgens è intitolato il piazzale della stazione ferroviaria di Sarzana, dove si svolsero i principali scontri a fuoco.

Dei fatti di Sarzana, l'allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini disse: "Se tutte le città d’Italia avessero fatto come Sarzana, il fascismo non sarebbe passato”[54][55][56]

I fatti del 21 luglio e la figura del sindaco Terzi sono descritti nel film "Nella città perduta di Sarzana", girato nel 1980 dal regista Luigi Faccini, in cui Terzi è interpretato da Riccardo Cucciolla.

Note

Esplicative

  1. ^ L'episodio di Sarzana si dimostrerà in modo lampante un caso isolato, secondo lo storico Marco Mondini lo squadrismo aveva «ben poco da temere dal punto di vista della repressione militare» e i comandi militari agivano nel completo disinteresse delle disposizioni governative a riguardo, favorendo l'azione delle squadre fasciste e talvolta arrivando a «manifeste forme di collaborazione». Vedi: Marco Mondini, La politica delle armi: il ruolo dell'esercito nell'avvento del fascismo, Bari-Roma, Laterza, ISBN 9788842078043..
  2. ^ Probabilmente nella notte tra il 20 e il 21 luglio, i due giovani fascisti catturati al posto di blocco, il sedicenne meccanico Amedeo Maiani e il diciottenne operaio Augusto Bisagno, vennero crudelmente uccisi. I loro corpi segnati dalle sevizie furono ritrovati alcuni giorni dopo nei pressi di Ghigliolo; Secondo Bianchi l'uccisione venne decisa da un gruppo di carraresi esasperati dalle incursioni della squadra di Ricci e allo stesso tempo per vendicare la morte dell'agricoltore di Ameglia. A riguardo lo storico Franzinelli definisce l'episodio «il tipico crimine di folla, reazione esacerbata e crudele di comunità locali la cui esistenza veniva sconvolta dal passaggio dei gruppi armati». Vedi: Bianchi, p. 183 e Franzinelli, p. 122.
  3. ^ Secondo Meneghini gli arditi e la popolazione civile erano comunque appostati sui tetti delle abitazioni e sui campanili delle chiese in caso di necessità di ulteriore difesa: «Si erano persino ammucchiati sui tetti delle case, ma anche sui campanili delle chiese, sassi, bombe a mano e persino, secondo quanto scritto in un comunicato del Circolo Giovanile Comunista, olio caldo preparato dalle donne per essere gettato sui nemici che fossero passati da quelle parti». Vedi: Meneghini, p. 128

Bibliografiche

  1. ^ Meneghini, p. 258.
  2. ^ Turismo e cultura - Comune di Sarzana, su old.comune.sarzana.sp.it, comune.sarzana.it. URL consultato il 29 luglio 2018.
  3. ^ Franzinelli, pp. 122-124.
  4. ^ Franzinelli, p. 344.
  5. ^ a b c Franzinelli, p. 122.
  6. ^ Franzinelli, pp. 123-124
  7. ^ Borrini, p. 56.
  8. ^ Borrini, p. 57.
  9. ^ A.S.G. Prefettura di Genova, ogg. Fascio di Combattimento, rapp. del 26 febbraio 1921, b 30.
  10. ^ Borrini, p. 64: "A partire da questi primi mesi del 1921, iniziarono a verificarsi, sempre più di frequente, le azioni di gruppi fascisti, organizzati militarmente, volte a "punire" con rappresaglie spesso mortali, i socialisti e gli anarchici, accusati di essere i fautori del disordine e di voler attuare una rivoluzione bolscevica in Italia".
  11. ^ Borrini, p. 64.
  12. ^ Borrini, p. 66.
  13. ^ Tamaro, p. 73: «A Sarzana poco prima, decretato dal partito socialista che il pane era cattivo, panettieri, negozi alimentari e altri vennero depredati: si penetrò anche nelle case private per "requisire" olio, vino, derrate [...]»
  14. ^ Franzinelli, p. 289: «A Sarzana la folla invade e svaligia abitazioni signorili, negozi di generi alimentari, di stoffe e di calzature; la forza pubblica è sopraffatta dal gran numero dei cittadini impadronitisi delle strade e delle piazze».
  15. ^ Prefettura di Genova, ivi, rel. n. 292 del 17 giugno 1921, b. 35, ASG. In Antonini, pp. 293-294.
  16. ^ Prefettura di Genova, ivi, rel. n. 180 del 24 luglio 1921, b. 35, ASG. In Antonini, p. 294.
  17. ^ a b Antonini, p. 294.
  18. ^ a b c Franzinelli, p. 121.
  19. ^ Antonini, pp. 294-295.
  20. ^ Franzinelli, pp. 121-122.
  21. ^ Bianchi, p. 180.
  22. ^ a b Bianchi, p. 182.
  23. ^ Il giorno 20 secondo Antonini, il giorno seguente secondo Bianchi, vedi: Antonini, p. 296, Bianchi, p. 189.
  24. ^ Bianchi, pp. 182-185.
  25. ^ a b c Antonini, p. 295.
  26. ^ Bianchi, p. 183.
  27. ^ Bianchi, pp. 183-184.
  28. ^ Bianchi, p. 184.
  29. ^ Bianchi, p. 185.
  30. ^ a b c Franzinelli, p. 123.
  31. ^ Franzinelli, p. 124.
  32. ^ Antonini, p. 297.
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Bibliografia

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Filmografia

Voci correlate

Collegamenti esterni