Coccarda italiana tricolore
La coccarda italiana tricolore è l'ornamento nazionale dell'Italia, ottenuta pieghettando circolarmente un nastro costituito da strisce parallele verdi, bianche e rosse. È quindi composta dai tre colori della bandiera d'Italia, con il verde al centro, il bianco subito all'esterno e il rosso sul bordo[1]. La coccarda, simbolo rivoluzionario per eccellenza, è stata protagonista dei moti che hanno caratterizzato il Risorgimento italiano venendo appuntata sulla giacca o sui cappelli nella sua forma tricolore dai molti patrioti che furono protagonisti di questo periodo della storia italiana durante il quale l'Italia conseguì la propria unità nazionale, che culminò il 17 marzo 1861 con la proclamazione del Regno d'Italia[2]. Il 14 giugno 1848 ha sostituito la coccarda azzurra sabauda sulle divise di alcuni reparti della Regia Armata Sarda, mentre il 1° gennaio 1948, con la nascita della Repubblica Italiana, ne ha preso il posto come ornamento nazionale[3].

La coccarda tricolore, e con essa i tre colori nazionali italiani[4], comparve per la prima volta a Genova il 21 agosto 1789 poco dopo lo scoppio della Rivoluzione francese[4]. La coccarda ha preannunciato di sette anni il primo stendardo militare tricolore, che venne scelto dalla Legione Lombarda l'11 ottobre 1796[5], e di otto anni l'adozione della bandiera d'Italia, che nacque il 7 gennaio 1797, quando assunse per la prima volta il ruolo di vessillo nazionale di uno Stato italiano sovrano, la Repubblica Cispadana[6]: per tale motivo la coccarda tricolore è considerata uno dei simboli patri italiani[7]. Le ipotesi che vorrebbero la nascita dei tre colori nazionali italiani ascrivibile invece al periodo medievale o al Rinascimento, oppure legata alla massoneria, sono rigettate dalla storiografia perché non hanno fondamento documentato[8][9].
La coccarda tricolore è uno dei simboli dell'Aeronautica Militare Italiana, è dipinta su tutti i velivoli delle forze aeree italiane, non solo militari[10], è la base del fregio da parata dei bersaglieri, dei reggimenti di cavalleria, dei Carabinieri e della Guardia di Finanza[11][12][13], e una sua riproduzione in stoffa è cucita sulle maglie delle squadre sportive detentrici delle Coppe Italia che si organizzano in diversi sport di squadra nazionali[14]. È tradizione, per i membri del governo italiano e per i presidenti dei due rami del parlamento, avere appuntata sulla giacca, durante la parata militare della Festa della Repubblica Italiana, che è celebrata ogni 2 giugno, una coccarda tricolore[15].
Posizione dei colori
La coccarda italiana tricolore, per convenzione, ha il verde al centro, il bianco in posizione intermedia e il rosso periferico: tale consuetudine deriva da una delle caratteristiche concettuali delle coccarde, che possono essere immaginate come delle bandiere arrotolate intorno all'asta viste dall'alto[16].
Nel caso della coccarda italiana tricolore, il verde è situato al centro perché nella bandiera d'Italia questo colore è quello più vicino all'asta[16]. Le coccarde tricolori con il rosso e il verde invertiti di posizione sono invece quelle di Iran[17] e Suriname[18].
La coccarda ungherese possiede la stessa disposizione dei colori della coccarda tricolore italiana: che abbia la posizione dei colori invertita come la coccarda iraniana e quella surinamese è una leggenda metropolitana[19].
Altre coccarde identiche a quella italiana, anche nella disposizione dei colori, sono gli ornamenti nazionali di Burundi, Messico, Libano, Seychelles, Algeria e Turkmenistan[18]. Sono sempre coccarde tricolori verdi, bianche e rosse, aventi però la posizione delle tonalità differente, gli ornamento nazionali di Bulgaria e Maldive (che sono entrambe, partendo dal centro, bianche, verdi e rosse) e del Madagascar (che è, iniziando dal centro, bianca, rossa e verde)[18].
Storia
Le premesse
Il concetto di coccarda fu inventato dalle monarchie europee nel XV secolo, quindi qualche secolo prima dei moti insurrezionali del XVIII e del XIX secolo, con uno scopo analogo a quello dei rivoltosi presenti tra le barricate che iniziarono a diffondersi nel continente dopo la Rivoluzione francese[20][21]. Gli eserciti degli Stati europei le utilizzavano per indicare la nazionalità dei loro soldati: questa era un'informazione importante, soprattutto nelle battaglie, durante le quali era fondamentale riconoscere gli alleati dai nemici[20][21]. Queste prime coccarde sono state ispirate dalle fasce e dai nastri distintivi colorati che venivano usati nel tardo medioevo dai cavalieri, sia in guerra che nelle giostre, che avevano il medesimo scopo, ovvero di distinguere l'avversario dal commilitone[22].
La coccarda, simbolo rivoluzionario per eccellenza e facilmente realizzabile anche con scarsezza di mezzi, è stata protagonista, nella sua versione tricolore verde, bianca e rossa, dei moti che hanno costellato il Risorgimento, stagione della storia d'Italia caratterizzata da quei fermenti sociali che hanno poi portato, nel XIX secolo, all'unità politica e amministrativa della penisola italiana, venendo spesso appuntata dai patrioti che vi parteciparono[2]: per tale motivo viene considerata uno dei simboli patri italiani[7].
La coccarda italiana tricolore, così come tutti gli ornamenti analoghi realizzati nello stesso periodo anche in altre nazioni, aveva come caratteristica principale quella di poter essere ben visibile, dando così modo di identificare inequivocabilmente le idee politiche della persona che la indossava, nonché quella di essere, in caso di necessità, meglio nascondibile rispetto, ad esempio, a una bandiera[23].
L'ornamento italiano è stata ispirato dalla coccarda francese tricolore, che comparve qualche settimana prima della coccarda italiana tricolore[24]. Di conseguenza, anche la bandiera d'Italia si ispira a quella francese, introdotta dalla rivoluzione nell'autunno del 1790 sulle navi da guerra della Marine nationale[6][25][26][27]. Anche altri vessilli nazionali tricolori europei ebbero la medesima origine, con le modifiche del caso: molte di queste bandiere si ispirarono al vessillo francese perché erano anch'esse legate agli ideali della rivoluzione[24].
La coccarda francese tricolore ebbe origine durante la rivoluzione diventando con il tempo uno dei simboli del cambiamento[2]. Poco dopo l'inizio della rivoluzione, la consuetudine di utilizzare coccarde durante le rivolte valicò le Alpi giungendo in Italia insieme a tutto il bagaglio di valori e di ideali della rivoluzione francese, che furono veicolati dal giacobinismo delle origini, tra cui la volontà di rinnovamento sociale – sulla scorta dell'elaborazione della dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino del 1789 – e in seguito anche politico, con la nascita dei primi fermenti patriottici indirizzati all'autodeterminazione dei popoli che portarono poi, nella penisola italiana, al Risorgimento[27][28][29].
La coccarda francese tricolore nacque il 12 luglio 1789, due giorni prima della presa della Bastiglia, quando il giornalista rivoluzionario Camille Desmoulins, rivolgendosi alla folla parigina pronta alla rivolta, chiese loro quale colore adottare come simbolo della rivoluzione francese, suggerendo il verde speranza oppure il blu della rivoluzione americana, simbolo di libertà e democrazia: i rivoltosi risposero "Il verde! Il verde! Vogliamo delle coccarde verdi!"[30]. Desmoulins colse quindi una foglia verde da terra e se l'appuntò al cappello come segno distintivo dei rivoluzionari invitando loro a fare altrettanto[30].
Il verde, nella primigenia coccarda francese, fu abbandonato il 13 luglio 1789 in favore del blu e del rosso, ovvero degli antichi colori di Parigi, perché era anche il colore del fratello del re, il reazionario conte d'Artois, che diventò monarca dopo la Restaurazione con il nome di Carlo X[31]. La coccarda francese tricolore si completò poi il 17 luglio 1789 con l'aggiunta del bianco, colore dei Borbone, in ossequio a re Luigi XVI di Francia, che era ancora regnante nonostante le violente rivolte che imperversavano nel Paese: la monarchia francese fu infatti abolita in seguito, il 10 agosto 1792[25][32].
La nascita dei colori nazionali italiani
Le foglie usate come prime coccarde
Le prime sporadiche dimostrazioni favorevoli agli ideali della rivoluzione francese da parte della popolazione italiana avvennero nell'agosto del 1789 con l'organizzazione di manifestazione di protesta in vari luoghi della penisola italiana, in particolar modo nello Stato Pontificio[7]. I rivoltosi, in questi primi moti, avevano appuntate sui vestiti coccarde di fortuna costituite da foglie verdi di alberi a imitazione delle analoghe proteste avvenute in Francia agli albori della rivoluzione[7].
L'uso di coccarde, seppur di fortuna, durante i moti di protesta avvenuti in Italia non fu un caso isolato[33]. È infatti documentato che il 12 novembre 1789 il governo prussiano vietò alla popolazione della Vestfalia l'utilizzo di coccarde perché viste con sospetto dato il loro significato strettamente legato ai moti di protesta che stavano divampando in Francia: il suo uso travalicò quindi i confini francesi diffondendosi gradualmente nell'intera Europa[33]. Questa divulgazione fu opera della gazzette che erano stampate nei vari Paesi europei e che diedero ampio risalto al fatto che la coccarda, in Francia, fosse diventata uno dei simboli più importanti dei moti insurrezionali e della lotta del popolo contro i regimi assolutistici dell'epoca[34].
Per quanto riguarda i moti italiani, degne di nota furono le rivolte che ebbero luogo a Fano e Velletri poco prima del 16 agosto, a Roma tra il 16 e il 28 agosto e a Frascati poco prima del 30 agosto, tutte avvenute nello Stato Pontificio[35]. A Roma, in particolare, le coccarde, che erano formate da foglie di alloro, furono appuntate sui cappelli[35]. Qui i rivoltosi chiedevano l'abbassamento del prezzo dei beni di prima necessità con la minaccia di scatenare sommosse paragonabili alle violente proteste parigine in caso di rifiuto delle autorità di soddisfare tali richieste[35].
La gazzetta milanese Staffetta di Sciaffusa definì le proteste nello Stato Pontificio, su un articolo apparso il 16 agosto 1789[35]:
Dal settembre 1789 della coccarda completamente verde formata da foglie di alberi, nelle sommosse italiane, non si ebbe più notizia: fu infatti sostituita da coccarde in stoffa dal medesimo colore[36].
La prima coccarda italiana tricolore
Nelle prime settimane della stagione rivoluzionaria restò credenza comune, in Italia, che quello verde, bianco e rosso fosse il tricolore sventolato dai rivoltosi francesi: gli insorti italiani utilizzarono pertanto questi colori come semplice imitazione delle proteste che stavano prendendo piede in Francia e che erano finalizzate – in entrambe le nazioni – ai medesimi obiettivi, ovvero al raggiungimento di migliori condizioni di vita e all'ottenimento dei diritti politici, da sempre negati dai regimi assolutistici[7]. Le gazzette italiane dell'epoca avevano però creato confusione sugli eventi delle sommosse francesi, in particolar modo omettendo la sostituzione del verde con il blu e il rosso e riportando quindi l'erronea notizia che il tricolore francese fosse verde, bianco e rosso[37].
L'errore sui colori della coccarda francese si radicò tra i manifestanti perché i giornali non corressero subito l'errore sebbene all'epoca, in Italia, si stampassero circa una ottantina di testate, cinque delle quali nella sola Milano[37][38]. Le notizie pubblicate furono, all'inizio, anche contraddittorie[38]. Ad esempio La Staffetta di Sciaffusa riportò la notizia che la coccarda francese verde costituita da foglie degli alberi fosse stata sostituita, il giorno successivo, da una coccarda bianca e rossa (invece che blu e rossa)[38].
Anche sulla successiva e definitiva coccarda francese blu, bianca e rossa, che venne realizzata il 17 luglio, i giornali fecero confusione riportando, come nel caso de Il Corriere di Gabinetto, che fosse solo rossa e blu oppure, secondo altre testate, come La Gazzetta Enciclopedica di Milano, che fosse bianca e rosa[37]. Notizie più precise, riportate successivamente da tutte le testate italiane, comprese quelle lette a Genova, scrissero correttamente che i colori della coccarda francese fossero tre: sbagliarono però la loro tonalità, citando coccarde verdi, bianche e rosse, da cui poi l'uso il 21 agosto 1789, per le vie della città, di questo ornamento[36].
La prima traccia documentata dell'utilizzo della coccarda tricolore verde, bianca e rossa, che non specifica però la disposizione dei colori nell'ornamento, è datata 21 agosto 1789[4]. Negli archivi storici della Repubblica di Genova è riportato che testimoni oculari avessero visto aggirarsi per la città alcuni manifestanti con apposta sui vestiti[4]:
È indicativo l'utilizzo del termine "nuova coccarda": evidentemente in questa città si era già a conoscenza dell'avvenuto passaggio, in Francia, dalle coccarde di fortuna costituite da foglie a quelle in stoffa a due e successivamente a tre colori, nonostante se ignorasse la reale composizione cromatica[39].
A Genova la coccarda tricolore fu vista, dalle autorità statali, con sospetto e avversione dato che era uno dei simboli di quelle spinte sociali che iniziavano a diffondersi in Europa: questi fermenti popolari avevano infatti frequentemente connotati ribelli e destabilizzanti[4]. Il tricolore italiano verde, bianco e rosso nacque quindi come forma di protesta popolare nei confronti dei regimi assolutistici che all'epoca governavano la penisola e non come una manifestazione patriottica di italianità[N 1][7]. Alla fine del XVIII secolo si era infatti ancora lontani da quella presa di coscienza nazionale che portò poi, durante il secolo successivo, al Risorgimento[7].
Non è inoltre escluso che la coccarda tricolore verde, bianca e rossa sia nata prima del 21 agosto, e in una città diversa da Genova: i fermenti rivoluzionari degli eventi francesi sono infatti giunti in Italia probabilmente prima di tale data, fermo restando che di questa possibile prima realizzazione della coccarda tricolore non siamo per ora in possesso di tracce documentate[4]. È provato dalle testimonianze scritte che i primi moti rivoluzionari, in Italia, si ebbero in agosto nello Stato Pontificio, ma le fonti relative a questi eventi non citano coccarde tricolori, ma solo ornamenti costituiti da foglie di alberi[4].
Ciò è suffragato dalla tempistica di arrivo, dalla Francia, delle informazioni sulle coccarde utilizzate oltralpe durante la rivoluzione: già a fine luglio sono giunte in Italia le prime informazioni sulle coccarde costituite da foglie, mentre a metà agosto si sono diffuse quelle sull'utilizzo delle coccarde tricolori francesi con l'erronea convinzione dell'uso del verde in luogo del blu, inesattezza forse causata dal precedente utilizzo di foglie verdi, sia in Francia che in Italia: quindi è possibile che la coccarda italiana tricolore sia nata tra la fine di luglio e l'inizio di agosto, magari in una città differente da Genova[41].
Il verde, anche quando giunsero in Italia le corrette informazioni sulla reale composizione cromatica della coccarda francese (che è invece costituita dal blu, dal bianco e dal rosso) venne mantenuto dai giacobini italiani perché rappresentava la natura e quindi – metaforicamente – anche i diritti naturali, ovvero l'uguaglianza e la libertà, entrambi principi cari ai rivoluzionari dell'epoca[24]. All'inizio il tricolore verde, bianco e rosso ebbe, come già accennato, semplicemente valenza imitativa nei confronti dei moti della rivoluzione francese: il significato di "italiano" lo assunse in seguito, con la sua trasformazione in uno dei simboli patri italiani, mutamento che iniziò durante i moti popolari risorgimentali di inizio XIX secolo[7].
La coccarda tricolore diventa uno dei simboli patri italiani
L'adozione in Italia della coccarda tricolore verde, bianca e rossa non fu immediata e univoca: altre apparizioni, ancora sporadiche, di coccarde dopo quella genovese del 1789 ebbero luogo l'anno successivo, quando ne comparirono nel Granducato di Toscana bianche e rosse, oppure nel 1791 quando apparvero a Tolone, in Francia, grazie ad alcuni marinai genovesi nella forma di coccarde tricolori verdi, bianche e rosse e nel 1792 a Porto Maurizio, nella Repubblica di Genova, nuovamente bianche e rosse[42].
In seguito la coccarda verde, bianca e rossa si diffuse sempre in misura maggiore, divenendo gradualmente l'unico ornamento utilizzato in Italia dai rivoltosi[7]. I patrioti la iniziarono a definire "coccarda italiana" facendola diventare uno dei simboli del Paese[7]. Chiarito infatti l'errore delle testate giornalistiche sui colori della coccarda tricolore francese, e assunti di conseguenza i connotati dell'unicità, il verde, il bianco e il rosso furono adottati dai patrioti risorgimentali come uno dei simboli più importanti della lotta, insurrezionale e politica, finalizzata al compimento dell'unità nazionale prendendo il nome di "tricolore italiano"[7]. Il tricolore verde, bianco e rosso, acquisì quindi una forte valenza patriottica trasformandosi in uno dei simboli della presa di coscienza nazionale, mutamento che lo portò progressivamente a entrare nell'immaginario collettivo degli italiani[7].
L'uso del tricolore italiano non si limitò alla presenza del verde, del bianco e del rosso in una coccarda: quest'ultima, essendo nata il 21 agosto 1789, preannunciò di sette anni il primo stendardo militare tricolore, che venne scelto dalla Legione Lombarda l'11 ottobre 1796[5], cui è associata la prima approvazione ufficiali dei colori nazionali italiani da parte delle autorità, in questo caso napoleoniche, e di otto anni l'adozione della bandiera d'Italia, che nacque il 7 gennaio 1797, quando assunse per la prima volta il ruolo di vessillo nazionale di uno Stato italiano sovrano, la Repubblica Cispadana[6].
L'adozione del verde, del bianco e del rosso da parte dei patrioti italiani fu esente da contrasti politici: in Francia successe invece l'opposto, dato che il tricolore francese diventò simbolo prima dai repubblicani e poi dai bonapartisti, che erano in contrapposizione politica con i monarchici e i cattolici, i quali avevano come simbolo di riferimento la bandiera bianca reale con il giglio di Francia[24].
La coccarda della sommossa di Bologna
L'organizzazione della rivolta e la realizzazione delle coccarde
Degne di nota, da un punto di vista storico, visto il processo giudiziario e il clamore che ne seguirono, furono le coccarde tricolori realizzate nel 1794 da due studenti dell'Università di Bologna, il bolognese Luigi Zamboni e l'astigiano Giovanni Battista De Rolandis, che si posero a capo di un tentativo insurrezionale per liberare Bologna dal dominio pontificio; oltre ai due studenti, facevano parte dell'impresa anche due dottori in medicina, Antonio Succi e Angelo Sassoli, che tradirono poi gli altri patrioti riferendo tutto alla polizia pontificia, e altre quattro persone (Giuseppe Rizzoli detto della Dozza, Camillo Tomesani Collo Torto, Antonio Forni Mago Sabino e Camillo Galli)[43][44].
Durante questo tentativo di innescare una sommossa, che fu organizzato tra il 13 e il 14 novembre 1794 (oppure, secondo altre fonti, il 13 dicembre 1794)[45], i manifestanti guidati da De Rolandis e Zamboni sfoggiarono una coccarda rossa e bianca (che sono anche i colori dello stemma comunale di Bologna) avente una fodera di colore verde[45]. Queste coccarde tricolori, realizzate dai genitori di Zamboni, che di mestiere facevano i merciai e che pagarono poi a caro prezzo questa iniziativa, avevano il verde al centro, il bianco subito all'esterno e il rosso sul bordo[1].
Luigi Zamboni aveva già espresso in precedenza il desiderio di creare un vessillo tricolore che sarebbe dovuto diventare, a unità nazionale completata, la bandiera d'Italia[45]. Nello specifico Zamboni, il 16 settembre 1794, dichiarò[46]:
Durante l'opera di reclutamento Giovanni Battista De Rolandis e Luigi Zamboni riuscirono a convincere una trentina di persone a partecipare al loro tentativo di insurrezione[45]. I due, per effettuare il tentativo di rivolta, acquistarono anche alcune armi da fuoco, che in seguito si rilevarono di scarsa qualità[45]. L'obiettivo era quello di diffondere un volantino destinato a far insorgere Bologna e Castel Bolognese: questo proclama non sortì poi alcun effetto[45].
Il fallimento della sommossa e il processo
Dopo aver fallito il tentativo di far insorgere la città, i rivoluzionari cercarono di rifugiarsi nel Granducato di Toscana, ma la polizia locale prima li catturò a Covigliaio e poi li consegnò alle autorità pontificie[45]. Dopo la cattura dei fuggiaschi fu istituito, presso il tribunale criminale del Torrone[N 2], un processo Super complocta et seditiosa compositione destributa per civitatem in conventicula armata, ovvero per "complotto e tentativo di insurrezione popolare armata"[47]. Il processo coinvolse tutti i partecipanti al tentativo insurrezionale, anche i familiari di Zamboni e i fratelli Succi[47].
Luigi Zamboni venne poi trovato morto all'interno di una cella soprannominata "Inferno", che condivideva con due delinquenti comuni, da loro ucciso su ordine della polizia o forse suicida dopo un infruttuoso tentativo di fuga, il 18 agosto 1795[48]. Altre ipotesi ancora vogliono che si fosse trattato di un omicidio i cui mandanti andrebbero cercati in alcune famiglie senatorie bolognesi, in particolare nella famiglia Savioli[49].
Giovanni Battista De Rolandis fu giustiziato pubblicamente, dopo essere stato sottoposto a interrogatori preceduti e seguiti da feroci torture[50], il 26 aprile 1796[48]. Il padre di Zamboni morì di cuore quasi a ottant'anni dopo aver subito atroci supplizi, mentre la madre venne prima frustata per le vie di Bologna e poi condannata al carcere a vita[48]. Gli altri imputati, dopo aver scontato pene minori[47], furono liberati di lì a poco dai francesi, che nel frattempo avevano invaso l'Emilia scacciando i pontifici[48]. Le salme di De Rolandis e Zamboni vennero in seguito solennemente tumulate a Bologna nel Giardino della Montagnola su ordine diretto di Napoleone[51], per essere poi disperse nel 1799 con l'arrivo degli austriaci[48].
Alla coccarda tricolore e alla sommossa di Bologna capitanata da De Rolandis e Zamboni Giosuè Carducci dedicò una strofa dell'ode Nel vigesimo anniversario dell'8 agosto 1848:
Piantar dove moriva il tuo Zamboni
A i tre color pensando; e vo' l'orgoglio
De' tuoi garzoni. [...]»
Delle coccarde tricolori originali di Luigi Zamboni e Giovanni Battista De Rolandis, solo una è giunta sino a noi[1]. La storica coccarda tricolore, che è di proprietà della famiglia De Rolandis, è stata esposta per diverso tempo all'interno del Museo nazionale del Risorgimento italiano di Torino[1]. Nel 2006, in occasione di alcuni lavori di ristrutturazione, è stata trasferita al Museo europeo degli studenti dell'Università di Bologna, dove è tuttora conservata[1].
Il libero utilizzo durante l'epoca napoleonica
La coccarda tricolore è apparsa, dopo gli eventi di Bologna, durante l'ingresso di Napoleone a Milano, che avvenne il 15 maggio 1796[52]. Queste coccarde, aventi la tipica forma circolare, possedevano il rosso all'esterno, il verde in posizione intermedia e il bianco al centro[53]. Tali ornamenti furono indossati dai rivoltosi anche durante le cerimonie religiose officiate all'interno del Duomo di Milano come ringraziamento per l'arrivo di Napoleone, che fu visto – perlomeno all'inizio – come un liberatore[52]. Le coccarde tricolori diventarono poi uno dei simboli ufficiali della Guardia nazionale milanese, che fu fondata il 20 novembre 1796, diffondendosi poi anche altrove lungo la penisola italiana[24]. La coccarda tricolore si legò in modo particolare al movimento giacobino, che ne fece uno dei suoi simboli più importanti[24].
Proprio in occasione della citata prima adozione della bandiera verde, bianca e rossa da parte di uno Stato italiano sovrano, la Repubblica Cispadana, che è datata 7 gennaio 1797 e che è stata decretata da un'assemblea svoltasi in un salone del municipio di Reggio nell'Emilia, in seguito ribattezzato Sala del Tricolore, venne deciso che la coccarda tricolore, considerata anch'essa uno dei simboli ufficiali del neonato Stato napoleonico[54][55], avrebbe dovuto essere indossata da tutti i cittadini[56].
A proporre il 7 gennaio 1797 l'adozione di una bandiera e di una coccarda, verde, bianca e rossa fu Giuseppe Compagnoni, che per questo è celebrato come il "padre del tricolore"[57][58][59].
In questo contesto, a Bergamo, fu stabilito l'obbligo, da parte dei civili, di indossare una coccarda tricolore appuntata sui vestiti, imposizione sancita, il 13 maggio 1797, anche a Modena e Reggio nell'Emilia[60][61]. Anche senza bisogno di obblighi da parte delle autorità statali, l'uso della coccarda si estese sempre di più tra la popolazione, che la portava con orgoglio, gettando le basi, insieme ad altri fattori, al movimento popolare risorgimentale[62].
Il 29 giugno 1797, grazie alla fusione tra la Repubblica Cispadana e la Repubblica Transpadana, nacque la Repubblica Cisalpina, un organismo statale filo francese che si estendeva sulla Lombardia, su parte dell'Emilia e sulla Romagna e che aveva come capitale Milano[63][64]. Alla cerimonia ufficiale che sanciva la nascita della neonata repubblica, organizzata al Lazzaretto di Milano, comparvero una moltitudine di bandiere e di coccarde tricolori[65].
Il suo uso nel Risorgimento
I primi moti risorgimentali
Con la definitiva sconfitta di Napoleone, a cui seguì la Restaurazione dei regimi assolutistici pre rivoluzionari, i colori nazionali italiani entrarono in clandestinità, trasformandosi in simbolo di quei movimenti patriottici che iniziarono a costituirsi in Italia, la cui stagione storica è conosciuta come Risorgimento[52][66][67]. I fermenti sociali che portarono alla nascita del patriottismo italiano ebbero origine, come già accennato, in epoca napoleonica, durante la quale si diffusero gli ideali della Rivoluzione francese, tra cui il concetto di autodeterminazione dei popoli[68].
Sebbene fossero stati restaurati i regimi pre napoleonici, le idee liberali spesso sfociarono nella volontà dei popoli di affrancarsi dalla dominazione straniera costituendo un organismo statale unitario e indipendente, come nel caso italiano, mentre la richiesta di avere maggiori diritti civili e politici da parte della popolazione non sopì con la ricostituzione degli Stati assolutistici, riaffiorando in modo palese nei moti che avrebbero caratterizzato il XIX secolo[69].
La coccarda tricolore venne vietata dagli austriaci nel Regno Lombardo-Veneto insieme alla bandiera verde, bianca e rossa pena la condanna a morte[70]. Lo scopo di questo provvedimento, citando le testuali parole dell'imperatore Francesco Giuseppe I d'Austria, era di "fare dimenticare di essere italiani"[71]. La coccarda tricolore comparve, per la prima volta dopo l'epoca napoleonica, durante i moti del 1820-1821 nel Regno delle Due Sicilie: la sua ricomparsa fu quindi ancora sporadica e limitata a un territorio specifico[72]. La coccarda tricolore si presentò nuovamente durante le rivolte del 1830-1831, che avvennero principalmente nello Stato Pontificio, nel ducato di Modena e Reggio e nel Ducato di Parma e Piacenza, nei quali ci una profusione di fazzoletti e di coccarde tricolori: anche in questo caso, la sua comparsa fu limitata ad alcuni Stati della penisola italiana[73].
In questo contesto, nel 1820, in occasione dei solenni festeggiamenti legati alla concessione della costituzione da parte di Ferdinando I delle Due Sicilie, i membri della famiglia reale indossarono delle coccarde tricolori[74]. I moti del 1820-1821 ebbero infatti le conseguenze maggiori nel Regno di Sardegna, dove i moti furono guidati per un breve periodo da Carlo Alberto di Savoia[75], non ancora diventato re, e nel Regno delle Due Sicilie: in quest'ultimo, in particolare, fu riaperto anche il Parlamento siciliano e venne convocato per la prima volta il Parlamento napoletano[76].
Se le sommosse del XIV e del XV secolo vennero guidate dall'umanesimo, con tutti gli effetti del caso, tra cui il legame con il classicismo, le rivolte patriottiche del XIX secolo, con le loro idee di indipendenza e libertà, e con i loro simboli iconici, tra i quali ci furono le coccarde, erano invece ispirate dal romanticismo[77].
I moti del 1848
Coccarde tricolori continuarono a essere protagoniste, appuntate sul petto o sui cappelli dei patrioti, nelle sollevazioni popolari che seguirono quelle precedentemente citate, come nel caso delle cinque giornate di Milano (18-22 marzo 1848), nel corso delle quali ebbero un'ampia diffusione tra gli insorti, tra i quali ci furono molti religiosi[78][79]: il clero milanese appoggiò infatti attivamente le istanze patriottiche dei propri fedeli[80].
In questo contesto, il 23 marzo 1848, il re di Sardegna Carlo Alberto di Savoia emise un proclama avente decisi connotati politici, con il quale il sovrano sabaudo assicurava al Governo provvisorio di Milano formatosi in seguito alle cinque giornate che le sue truppe, pronte a venirgli in aiuto, avrebbero utilizzato, come bandiera militare, il tricolore italiano[81]:
I milanesi accolsero poi Carlo Alberto e le sue truppe con una profusione di bandiere e coccarde tricolori[82]. Questo non fu l'unico atto formale di Carlo Alberto di Savoia nei confronti del tricolore: il 14 giugno 1848, una circolare del Ministero della guerra del Regno di Sardegna, decretò la sostituzione della coccarda azzurra sabauda, in tutti gli ambiti militari in cui era utilizzata, con la coccarda tricolore[83]:
La coccarda azzurra era fino a quel momento collocata sul cappello della divisa dell'Arma dei Carabinieri, sul fregio dei berretti dei bersaglieri e sui copricapi dei reggimenti di cavalleria[84][85][86]. Sul cappello dei Carabinieri la coccarda azzurra era presente fin dalla fondazione dell'Arma, che è datata 1814[87], per l'Arma di cavalleria la sua introduzione è ascrivibile al 1843[83] mentre per i bersaglieri al 1836[85].
Nello specifico, lo stralcio della circolare del 14 giugno 1848 recitava che la coccarda azzurra sarebbe stata sostituita[84]:
In ambito istituzionale la coccarda azzurra ebbe sorte diversa, visto che è rimasta in uso fino al 1° gennaio 1948, quando è entrata in vigore la costituzione della Repubblica Italiana, dopo di cui è stata sostituita, in tutte le sedi ufficiali, dalla coccarda tricolore[88]. Lo Statuto Albertino del Regno di Sardegna, che fu promulgato il 4 marzo 1848 da Carlo Alberto di Savoia, da cui il nome, e che diventò poi la legge fondamentale del Regno d'Italia, prevedeva infatti all'articolo 77 la seguente disposizione[89][90]:
Questo articolo, come l'intero Statuto Alberto, rimase valido fino all'entrata in vigore della costituzione repubblicana che è avvenuta, come già accennato, il 1° gennaio 1948[88].
Durante i moti del 1848 le coccarde tricolori comparvero in tutti gli Stati preunitari italiani, dal Regno di Sardegna[91], al Regno Lombardo-Veneto[92], dal Regno delle Due Sicilie[93], allo Stato Pontificio[94], dal Granducato di Toscana[95], al Ducato di Parma e Piacenza e a quello di Modena e Reggio[78]. La coccarda tricolore era tra i simboli più la malvisti dalle autorità: ad esempio Carlo II di Parma, sebbene non fosse tra i sovrani più reazionari, tant'è che concesse una relativa libertà di stampa, vietò, nel suo ducato, l'uso della coccarda tricolore[96].
In ambito ufficiale la coccarda diventò uno dei simboli ufficiali del Regno di Sicilia, Stato resosi indipendente dal regno borbonico durante la rivoluzione siciliana del 1848[93].
Gli ultimi eventi risorgimentali
Durante la seconda guerra d'indipendenza i territori che venivano gradualmente conquistati dal "re eletto"[N 3] Vittorio Emanuele II di Savoia e da Napoleone III di Francia acclamavano i due sovrani come liberatori sventolando bandiere verdi, bianche e rosse e indossando coccarde tricolori; anche le regioni pronte a chiedere l'annessione al Regno di Sardegna attraverso i plebisciti risorgimentali esprimevano la loro volontà di far parte di un'Italia unita con lo sventolio di bandiere e l'uso di coccarde sui vestiti[97].
Le coccarde tricolori erano presenti anche durante la spedizione dei Mille (1860), iniziando a comparire sulle giacche dei siciliani che gradualmente ingrossavano le fila dei garibaldini[98]. In particolare, fecero il loro debutto poco prima della conquista, da parte di Giuseppe Garibaldi, di Palermo, per poi seguire l'eroe dei due mondi nella sua vittoriosa campagna nel Regno delle Due Sicilie[98].
Le coccarde tricolori erano consegnate agli abitanti del Regno delle Due Sicilie, poco prima di ogni moto di insurrezione, affinché avessero un segno distintivo dal significato inequivocabile[100]. Furono appuntate anche sul berretto della divisa ufficiale del corpo di ordine pubblico istituito da Giuseppe Garibaldi nelle terre che progressivamente venivano conquistate[101].
Coccarde tricolori furono realizzate da alcune patriote milanesi, guidate da Laura Solera Mantegazza, per finanziare la spedizione dei Mille[102]. A ciascuna coccarda tricolore, che era in vendita a una lira, era associato un biglietto numerato riportante sul fronte l'effige di Giuseppe Garibaldi, il tricolore italiano e la scritta "Soccorso a Garibaldi", mentre sul retro la dicitura "Soccorso alla Sicilia"[102]. Di queste coccarde ne furono venduti 24.442 esemplari, un risultato al di sotto delle aspettative forse a causa di una voce infondata diffusasi tra la popolazione sostenente che parte del guadagno ottenuto dalla vendita delle coccarde sarebbe andato a Giuseppe Mazzini, patriota malvisto da una parte dei milanesi[102].
L'utilizzo di coccarde tricolori continuò anche a conquiste risorgimentali terminate: nei territori poi soggetti ai plebisciti, anche dopo la consultazione popolare, fu molto comune l'uso di ornamenti verdi, bianchi e rossi appuntati su abiti e berretti[103].
Gli utilizzi successivi
Ambito aeronautico e militare
Terminata la stagione risorgimentale, e con essa i relativi moti insurrezionali, la coccarda tricolore, persa l'originaria funzione identificativa nelle rivolte, venne utilizzata in un altro importante ambito, quello aeronautico[14][104], continuando a essere adoperata in campo militare sui copricapi da parata dei sopracitati reparti delle forze armate italiane.
Tramontato l'uso di colorare l'intradosso dell'ala inferiore con sezioni verdi, bianche e rosse per il riconoscimento della nazionalità, la coccarda tricolore, nella versione schematica "a disco", comparve nel dicembre 1917 sugli aerei italiani impiegati durante la prima guerra mondiale[104].
Nel 1918 iniziarono a essere raffigurate sulle fusoliere e sulle ali delle coccarde tricolori che avevano, in alcuni casi, il perimetro verde e il disco centrale rosso – quindi con una posizione dei colori che era invertita rispetto a quella convenzionalmente utilizzata – con l'obiettivo di evitare di fare confusione con gli aerei della Royal Air Force britannica e con i velivoli dell'Armée de l'air francese, che operavano nello stesso teatro di guerra e che avevano entrambe una coccarda che poteva essere confusa con quella italiana, visto che i colori che le differenziavano erano visivamente simili se guardati rapidamente (la coccarde francese ha semplicemente, rispetto a quella italiana, il blu in luogo del verde, mentre la coccarda britannica è praticamente identica a quella francese, ma con il rosso e il blu invertiti di posizione) oppure in condizioni di bassa visibilità[104]. La coccarda tricolore con il verde all'esterno fu usata fino al 1927, quando venne sostituita da una coccarda raffigurante il fascio littorio, uno dei simboli del fascismo[105].
In ambito aeronautico la coccarda tricolore con il rosso verso l'esterno e il verde al centro è tornata in uso, senza più essere cambiata, nel 1943, durante la seconda guerra mondiale[104], in occasione della caduta del fascismo: dopo questo evento, ci fu infatti l'immediata scomparsa di tutti i simboli a esso legati, fascio littorio compreso[105]. La coccarda tricolore, che è stata poi diffusamente utilizzata su tutti i velivoli italiani, non solo militari[10], è ancora oggi uno dei simboli dell'Aeronautica Militare Italiana[106]. Nel 1991 è stata introdotta la coccarda tricolore a bassa visibilità, che è caratterizzata dalla banda bianca più stretta rispetto alle altre due[107].
Sempre in ambito militare, la coccarda tricolore è dal 14 giugno 1848 la base del fregio da parata dei bersaglieri, dei reggimenti di cavalleria, dei Carabinieri – quando ha sostituito in questo ruolo la coccarda italiana azzurra – e della Guardia di Finanza[13][11]. Quest'ultima è stata fondata nel 1862, quindi successivamente al cambio di coccarda, che è datato 1848: pertanto la Guardia di Finanza ha sempre avuto, come base del proprio fregio, la coccarda tricolore[11].
Ambito istituzionale
È tradizione, per le massime cariche dello Stato, escluso il Presidente della Repubblica Italiana, avere appuntata sulla giacca, durante la sfilata militare della Festa della Repubblica Italiana, che è celebrata ogni 2 giugno, una coccarda tricolore[15].
Ambito sportivo
Nello sport italiano – seguendo una tradizione nata nel calcio sul finire degli anni cinquanta del XX secolo[14], e ricalcante la prassi dello scudetto, che debuttò sulle maglie del Genoa nella stagione 1924-1925 su idea di Gabriele D'Annunzio[108] – la coccarda tricolore è divenuta il simbolo distintivo dei successi nelle coppe nazionali, cucita sulla maglia della squadra detentrice di questo trofeo: le formazioni vincitrici nelle varie Coppe Italia possono infatti sfoggiare la coccarda tricolore, nella forma schematica "a "disco"[40], sulle proprie divise per l'intera stagione successiva alla vittoria[109].
La coccarda tricolore ha debuttato nel calcio nella stagione 1958-1959 sulle maglie della Lazio[110][N 4]. A partire dalla stagione stagione 1985-1986, la coccarda tricolore utilizzata per le squadre detentrici della Coppa Italia subì una modifica: iniziò a essere utilizzata la versione con i colori invertiti, ovvero con il verde esterno e il rosso al centro[111][112].
Dalla stagione 2006-2007 è stata ripristinata la tipologia convenzionale, quella con il rosso all'esterno e il verde al centro[113][114]. Nel calcio la coccarda tricolore è anche il simbolo, sempre nella forma "a disco"[40], delle vittorie nella Coppa Italia Serie D, nella Coppa Italia Dilettanti e – con sostanziali differenze stilistiche, visto che è rappresentata nella forma schematica "a circolo" oltre che con il verde all'esterno e il rosso all'interno[40] – nella Coppa Italia Serie C[115].
Evoluzione storica
In ambito istituzionale
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Regno di Sardegna (fino al 1861) e Regno d'Italia (1861-1948)
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Repubblica Italiana (1948-oggi)
In ambito militare
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Regno di Sardegna (fino al 1848)
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Regno di Sardegna (1848-1861), Regno d'Italia (1861-1948) e Repubblica Italiana (1948-oggi)
In ambito aeronautico
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Regia Aeronautica e Aeronautica Militare (1917-1918 e 1943-oggi)
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Regia Aeronautica (1918-1927)
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Regia Aeronautica (solo sulla fusoliera: 1927-1943)
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Aeronautica Militare per procedure in bassa visibilità (1991-oggi)
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Regia Aeronautica (solo sulle ali: 1940-1943)
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Aeronautica Nazionale Repubblicana (solo sulle ali: 1943-1945)
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Aeronautica Nazionale Repubblicana (solo sulla fusoliera e sulla coda: 1943-1945)
In ambito sportivo
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Coppa Italia (1958-1985 e 2006-oggi)
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Coppa Italia Dilettanti (1966-1985 e 2006-oggi)
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Coppa Italia e Coppa Italia Dilettanti (1985-2006)
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Coppa Italia Serie C (1972-oggi)
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Coppa Italia Serie D (1999-oggi)
Il significato idealistico dei colori
Il verde, il bianco e il rosso
Ci sono varie ipotesi che tentano di spiegare i significati metaforici e allegorici legati ai colori nazionali italiani, che sono cambiati rispetto al significato originario nel tricolore francese quando il verde, il bianco e il rosso hanno assunto la caratteristica dell'unicità trasformandosi in un simbolo patrio italiano[116]. In particolare, il tricolore francese è formato dal blu, dal bianco e dal rosso, dove il bianco era il colore della monarchia francese, mentre il rosso e il blu sono gli antichi colori di Parigi[116]).
La più antica associazione di significati metaforici al futuro tricolore italiano è ascrivibile al 1782, quando fu fondata la Milizia cittadina milanese, le cui uniformi erano costituite da un abito verde con mostrine rosse e bianche; per tale motivo, in dialetto milanese, i membri di questa guardia comunale erano popolarmente chiamati remolazzit, ovvero "piccoli rapanelli", richiamando le rigogliose foglie verdi di questo ortaggio[117]. Anche il bianco e il rosso erano comuni sulle divise militari lombarde dell'epoca[6][56][117]: i due colori sono infatti anche caratteristici dello stemma di Milano[118]. Non fu quindi un caso che il primo stendardo militare verde, bianco e rosso, già considerato "italiano", abbia debuttato, l'11 ottobre 1796, sul vessillo da guerra della Legione Lombarda: i tre colori erano già infatti nell'immaginario collettivo dei lombardi per motivi storici[6].
Durante il periodo napoleonico, che durò dal 1796 al 1815, i tre colori nazionali italiani hanno gradualmente acquisito un significato sempre più idealistico, che con il tempo si è diffuso tra la popolazione, sganciandosi dagli originari significati storici legati alla nascita dei tre colori: il verde ha iniziato a rappresentare la speranza, il bianco la fede e il rosso l'amore[117][119]. Il verde del tricolore italiano era l'unico, come già accennato, ad avere, fin dalle origini, anche un significato idealistico: simboleggiava infatti per i giacobini i diritti naturali, ovvero l'uguaglianza e la libertà[24].
Ipotesi considerate non attendibili, e quindi scartate dagli storici, sono i presunti richiami metaforici al tricolore contenuti nella Divina Commedia di Dante Alighieri, nella quale ci sarebbero allegoricamente rappresentate le virtù teologali, ovvero la carità, la speranza e la fede, con le ultime due che si vollero poi simboleggiate, senza basi storiche, nella bandiera italiana[120]. Tale ipotesi vorrebbe quindi l'interpretazione dei colori nazionali italiani legata a significati religiosi[121], in particolar modo nei confronti del cattolicesimo, religione da sempre maggioritaria in Italia[122].
Altra ipotesi che tenta di spiegare il significato dei tre colori nazionali italiani vorrebbe, anch'essa senza alcuna base storica, che il verde sia legato al colore dei prati e della macchia mediterranea, il bianco alle nevi delle montagne italiane e il rosso al sangue versato dai soldati italiani nel corso dei secoli[121][123].
Per l'adozione del verde esiste anche la cosiddetta "ipotesi massonica": anche per questa società iniziatica il verde era il colore della natura, emblema quindi tanto dei diritti dell'uomo, che sono naturalmente insiti nell'uomo[56], quanto del florido paesaggio italiano; tale interpretazione, tuttavia, è osteggiata da chi sostiene che la massoneria, in quanto società segreta, non avesse all'epoca un'influenza tale da ispirare i colori nazionali italiani[124].
Altra congettura non plausibile che spiegherebbe l'adozione del verde ipotizza un tributo che Napoleone avrebbe voluto dare alla Corsica, luogo in cui[117]. Altra ipotesi ancora, anche in questo caso totalmente infondata, vorrebbe che il tricolore derivi dai colori principali della pizza Margherita, chiamata così in onore della regina Margherita di Savoia, i cui ingredienti principali dovrebbero richiamare le tre tonalità nazionali italiane, ovvero il verde per il basilico, il bianco per la mozzarella e il rosso per la salsa di pomodoro[125]: tale supposizione è totalmente insensata, visto che l'invenzione della pizza Margherita risale al 1889[N 5], mentre i colori nazionali italiani comparvero per la prima volta cent'anni prima, nel 1789 a Genova[4].
L'azzurro
Con l'Unità d'Italia, e con la conseguente estensione dello Statuto Albertino a tutta la penisola italiana, al verde, al bianco e al rosso si aggiunse un quarto colore nazionale, il blu Savoia, tonalità cromatica distintiva della famiglia regnante italiana; in particolare, in ambito istituzionale, venne inserito nella bandiera del Regno d'Italia sul contorno dello stemma reale per evitare che la croce e il campo dello scudo si confondessero con il bianco e con il rosso del vessillo[6].
L'origine del colore è datata 20 giugno 1366, quando Amedeo VI di Savoia, in procinto di partire per una crociata indetta da papa Urbano V che era finalizzata a prestare aiuto all'imperatore bizantino Giovanni V Paleologo, cugino di parte materna del conte sabaudo, decise di collocare sulla nave ammiraglia della flotta, una galea veneziana, una bandiera azzurra che sventolasse accanto allo stendardo rosso-crociato in argento dei Savoia[126]:
Il colore ha quindi un'implicazione mariana, fermo restando che esiste anche la possibilità che l'uso di un vessillo azzurro da parte dei Savoia sia iniziato in precedenza[127].
Il blu Savoia è stato conservato in alcuni ambiti istituzionali anche dopo la proclamazione della Repubblica Italiana: di questa tonalità è infatti il bordo dello stendardo presidenziale italiano ed è il colore dominante delle bandiere istituzionali di alcune importanti cariche pubbliche (presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana, Ministro e sottosegretari della difesa, alti gradi della Marina e dell'Aeronautica Militare).
La tonalità azzurra del colore blu Savoia, già in uso sulle coccarde militari, sulle cravatte delle bandiere e sulle fasce degli ufficiali sabaudi, continua ancora adesso ad apparire come uno dei colori di riferimento e di riconoscimento dell'Italia, tant'è che è diventato la tonalità usata sulle maglie sportive nazionali italiane, sulla sciarpa azzurra in dotazione agli ufficiali delle forze armate italiane, sulla fascia distintiva dei presidenti delle province d'Italia[128] e sulla coccarda italiana azzurra, anch'esse tradizioni che non si sono mai interrotte neppure in occasione della nascita della Repubblica Italiana.
I colori nazionali italiani nelle arti
Nella musica
Alla coccarda tricolore è stata dedicata una celebre canzone scritta da Francesco Dall'Ongaro e musicata da Luigi Gordigiani[129]:
portommi la coccarda di tre colori:
il candido è la fé che c'incatena,
il rosso è l'allegria de' nostri cuori.
Ci metterò una foglia di verbena
ch'io stessa alimentai di freschi umori.
E gli dirò che il verde, il rosso e il bianco
gli stanno ben con una spada al fianco,
e gli dirò che il bianco, il rosso e il verde
gli è un terno che si gioca e non si perde
e gli dirò che il verde, il bianco e il rosso
vuoi dir che Italia il giogo suo l'ha scosso,
Infine gli dirò che il tricolore
emblema è di fè, di pace e amore.»
Ai tre colori nazionali italiani, e al loro significato idealistico, è legata invece una delle strofe della canzone militare Passa la ronda di Teobaldo Ciconi, che fu composta nel 1848[130]:
Verde, la speme dei nostri cori,
Bianco, la fede stretta fra noi,
Rosso, le piaghe dei nostri eroi. [...]»
Nelle arti visive
Il noto dipinto Il bacio (1859) del pittore Francesco Hayez nasconde un riferimento al tricolore italiano. Al di là del soggetto romantico, l'opera ha un significato storico e politico: Hayez, attraverso i colori utilizzati (il bianco della veste, il rosso della calzamaglia, il verde del risvolto del mantello e l'azzurro dell'abito della donna), vuole rappresentare l'alleanza avvenuta tra l'Italia e la Francia attraverso gli accordi di Plombières (21 luglio 1858), di natura segreta, che furono la premessa della seconda guerra d'indipendenza[131].
L'opera di Hayez venne ripresa tre anni dopo da Giuseppe Reina nel suo dipinto Una triste novella, in cui il pittore compone ben in evidenza un tricolore, accostando una scatola verde, uno scialle rosso e la gonna bianca della figura femminile rappresentata[132]. In precedenza Hayez aveva già artatamente inserito il tricolore in altri due suoi dipinti, I due apostoli Giacomo e Filippo (1825-1827) e Ciociara (1842): in entrambe le opere sono ancora i colori degli indumenti dei soggetti ritratti a richiamare i colori nazionali italiani[131].
Nella letteratura
Molti poeti del romanticismo dedicarono alcune delle loro opere letterarie, traendone accostamenti e simbolismi, ai tre colori nazionali italiani[133]:
a una foglia d'allor metti vicino
i tre colori avrai più cari e belli
a noi che in quei ci conosciam fratelli
i tre colori avrai che fremer fanno
chi ancor s'ostina ad essere tiranno.»
il rosso che col sangue è a pugnar presta
e quell'altro color che vi si innesta
che mai mancò la speme alla sventura.»
soave olezzo di vividi fior,
rosseggianti su coste selvose,
dolce festa di vaghi color.»
ognun s'è comunicato.
Come piaga incrudelita
coce il rosso nel costato,
ed il verde disperato
rinforzisce il fiele amaro.»
Giovanni Pascoli, nell'ode Al corbezzolo, vide in Pallante il primo martire della causa nazionale italiana e la metafora del tricolore nel corbezzolo, sui cui rami fu adagiato il suo corpo esanime[135]. Il corbezzolo, infatti, viene considerato un simbolo patrio italiano per via delle foglie verdi, dei fiori bianchi e delle bacche rosse, che richiamano i colori nazionali italiani[136].
del Palatino lo chiamava a nome,
alto piangendo, il primo eroe caduto
delle tre Rome»
Nella prosa è celebre una novella di Grazia Deledda nella quale vengono richiamati i tre colori nazionali italiani[137]:
Le ipotesi rigettate dagli storici
Il presunto uso medievale e rinascimentale del tricolore
Spesso nella ricerca storica finalizzata allo studio dell'origine del tricolore italiano si è considerata l'ipotesi che il verde, il bianco e il rosso siano stati utilizzati come colori nazionali fin dall'epoca medievale, volendo far così risalire la creazione della bandiera italiana a epoche remote: in realtà queste congetture sull'origine del vessillo, che vorrebbero collegare il presunto tricolore medievale a quello nato in età napoleonica, sono storicamente da rifiutare, vista la totale assenza di fonti che comprovino questo legame[8].
In epoca medievale i tre colori sono stati forzatamente riconosciuti in alcuni eventi della storia d'Italia, come sul pennone del Carroccio durante la battaglia di Legnano, sugli stendardi dei guelfi toscani, il cui stemma era formato da un'aquila rossa su campo bianco sopra un serpente verde, blasone che venne concesso da papa Clemente IV[N 6], sull'insegna della contrada senese dell'Oca, sulle divise tricolori dei servitori della duchessa di Milano Valentina Visconti; in epoca rinascimentale i colori nazionali italiani sono stati immaginati sui tappeti che accolsero Renata di Francia, andata poi in sposa a Ercole I d'Este, al suo arrivo a Ferrara, sulle uniformi tricolori dell'esercito di Borso d'Este e sulla bandiera verde, bianca e rossa che iniziò a garrire dal Duomo di Milano in occasione dell'ingresso nella capitale meneghina di Francesco I di Francia dopo la sua vittoria nella battaglia di Marignano[8][9][138].
Altri studiosi hanno ipotizzato la prefigurazione del tricolore italiano in opere pittoriche; sono infatti verdi, bianchi e rossi gli abiti di alcuni personaggi affrescati sulle pareti di Palazzo Schifanoia di Ferrara, che risalgono al Medioevo[139]. Anche tali ipotesi, basate questa volta su raffigurazioni artistiche, sono da scartare perché non basate su riscontri storici[139]. Il motivo dell'inconsistenza storica dell'ipotetica presenza del tricolore in eventi storici e in opere artistiche precedenti all'era moderna risiede nel fatto che all'epoca non era ancora avvenuta la presa di coscienza nazionale italiana, che comparve secoli dopo[7].
I tre colori della bandiera italiana sono citati, nella letteratura, in alcuni versi della Divina Commedia, e ciò ha alimentato teorie che vorrebbero la nascita del tricolore collegata a Dante Alighieri: anch'esse sono ritenute infondate dagli studiosi[140], in quanto Dante in questi versi non pensava all'Italia politicamente unita, ma alle virtù teologali, ovvero alla carità, alla speranza e alla fede, con le ultime due che si vollero poi metaforicamente simboleggiate, come già accennato, nella bandiera italiana[141]. I versi della Divina Commedia che hanno dato origine a questa ipotesi appartengono al canto XXIX del Purgatorio[142]:
venian danzando; l'una tanto rossa
ch'a pena fora dentro al foco nota;
l'altr'era come se le carni e l'ossa
fossero state di smeraldo fatte;
la terza parea neve testé mossa. [...]»
In questi versi le virtù teologali sono allegoricamente rappresentate da tre donne che indossano, rispettivamente, un vestito verde (che simboleggia la speranza), un abito bianco (la fede) e un indumento rosso (la carità)[55]. Altri passi della Divina Commedia dove sono citati due dei tre colori della bandiera italiana sono i versi del canto XXX del Purgatorio, in cui Dante descrive Beatrice:
donna m'apparve, sotto verde manto
vestita di color di fiamma viva. [...]»
Anche in questo caso, i tre colori simboleggiano le virtù teologali cristiane: il verde la speranza, il bianco la fede e il rosso la carità[N 7].
L'improbabile origine massonica dei tre colori nazionali italiani
Nel 1865 il marchese Francesco Cusani, nella sua opera Storia di Milano dall'origine ai giorni nostri, propose la tesi per la quale la bandiera italiana avrebbe avuto origine massonica, precisamente dal Rito egiziano creato da Cagliostro[143]. Questa sua convinzione nacque da un libretto anonimo (Il Cagliostrismo svelato) pubblicato a Venezia nel 1791, che riportava il seguente stralcio[144]:
Dalla presenza delle tre ali – per parte – della benda[N 9], paragonabili metaforicamente ai tre colori nazionali italiani, e dal fatto che il nuovo tricolore verde, bianco e rosso fosse stato stranamente accolto senza commenti od opposizioni trasformandosi in breve tempo da coccarda a vessillo militare, venendo poi adottato come bandiera nazionale da vari Stati italiani senza tentennamenti, come se la sua nascita fosse stata guidata su binari precisi, Francesco Cusani ipotizzò l'origine massonica del tricolore italiano[144]. Tra l'altro Cagliostro, durante il suo tentativo di introdurre il Rito egiziano, soggiornò poco in Italia e riuscì a fondare una sola loggia, a Rovereto: il suo rito ebbe quindi pochissima influenza sullo sviluppo della massoneria italiana[145].
Inoltre Francesco Cusani non è molto accurato nelle sue descrizioni, dato che fa confusione tra le varie cerimonie massoniche, compresa quella della benda[147]. Inoltre l'affermazione di Francesco Cusani sul fatto che l'unico collegamento tra le repubbliche napoleoniche italiane da poco costituite fosse la massoneria, è difficilmente condivisibile, dato che in questo modo si attribuisce a quest'ultima, esagerandone l'importanza e l'influenza, la responsabilità degli effetti della Rivoluzione francese[145]. Questa tesi, rilevatasi poi infondata, era all'epoca molto diffusa, specie negli anni seguenti alla caduta del Primo Impero francese[145]. Altro punto a sfavore di questa ipotesi è il fatto che il verde, il bianco e il rosso non abbiano rivestito particolare importanza nelle cerimonie massoniche (compaiono infatti solo in quella di Cagliostro), con il colore principale della benda, il nero, che è completamente ignorato nell'iconografia patriottica italiana[148].
Infine, una spiegazione ermeneutica dei colori, che si presta quindi a interpretazioni, difficilmente avrebbe fatto presa sul popolo, principale "destinatario" della nuova bandiera[9]. Questo ultimo aspetto a sfavore dell'ipotesi che vorrebbe l'origine massonica dei tre colori nazionali è legato alle caratteristiche del tricolore e a quelle dei simboli massonici, la cui forma intrinseca è antitetica per definizione: se la coccarda tricolore identificava in modo palese e immediato l'appartenenza politica della persona che la indossava (discorso analogo si potrebbe fare per la bandiera tricolore), i simboli massonici hanno caratteristiche esattamente opposte, visto che sono notoriamente contraddistinti da un significato criptico, misterioso e difficile da decifrare[149].
Note
Esplicative
- ^ La coccarda tricolore francese era chiamata dai mezzi di stampa italiani "coccarda del popolo", "coccarda di cittadini", "coccarda della libertà", "coccarda patriottica", "coccarda nazionale", "segnale della libertà" e "coccarda dell'Assemblea Nazionale" a testimonianza del suo valore universale, legato agli ideali della rivoluzione, che trascendeva dalla nazione in cui nacque. Cfr. testo di Ferorelli a p. 665.
- ^ Il tribunale criminale del Torrone si trovava all'interno di Palazzo d'Accursio, storico edificio che si affaccia su piazza Maggiore a Bologna, per secoli sede del municipio della città emiliana nonché, per un periodo, anche delle carceri cittadine. Il tribunale prendeva il nome dalla presenza dell'imponente torrione che caratterizza ancora oggi l'edificio. Cfr. Il tribunale criminale del Torrone, su archiviodistatobologna.it. URL consultato il 24 settembre 2018.
- ^ "Re eletto", ovvero in procinto di diventare re d'Italia. Il termine "eletto" ha infatti, tra suoi i sinonimi, "designato", "investito", "prescelto" e "acclamato". Con questo titolo Vittorio Emanuele II di Savoia coniò anche monete che ebbero corso legale nelle Province Unite del Centro Italia, entità statale di breve esistenza che corrispose ai territori in procinto di annettersi al Regno di Sardegna grazie ai plebisciti risorgimentali, che vennero organizzati di lì a poco. Cfr. Visione d'insieme delle monete - Re Eletto, su numismatica-italiana.lamoneta.it. URL consultato il 25 settembre 2018.
- ^ Nell'annata 1958-1959 furono disputate due diverse edizioni della Coppa Italia, che venne reintrodotta dalla FIGC dopo 15 anni. La Coppa Italia 1958 ebbe inizio prima che cominciasse la Serie A 1958-1959, mentre la Coppa Italia 1958-1959 venne organizzata durante il campionato. Questo fu dovuto alla volontà dell'UEFA di introdurre una nuova competizione europea a cui avrebbero dovuto partecipare le vincitrici delle coppe nazionali: la Coppa delle Coppe. Le prime partite della Coppa Italia 1958 fanno quindi parte della stagione sportiva 1957-1958.
- ^ Quella che oggi è chiamata pizza Margherita era tuttavia già stata preparata nel 1866, prima della dedica alla regina d'Italia, come attesta Francesco De Bourcard in: Usi e costumi di Napoli, riedizione in copia anastatica, tiratura limitata a 999 copie, Napoli, Alberto Marotta, 1965 [1866] p.124.
- ^ L'aquila rossa su campo bianco sopra un serpente verde era infatti anche lo stemma di papa Clemente IV.
- ^ Questo non esclude tuttavia che, successivamente, la tradizione letteraria non abbia operato un collegamento tra i colori della bandiera nazionale e la nota allegoria dantesca, come dimostra il discorso del Carducci proferito in occasione del centenario della bandiera, un cui stralcio è riportato nel paragrafo "Dalla presa di Roma alla prima guerra mondiale". La figura di Dante, infatti, assurse a simbolo risorgimentale per eccellenza proprio con Mazzini e, sulla sua falsariga, con altri patrioti e letterati, tra i quali Carducci: cfr. Eugenia Querci (a cura di), Dante vittorioso, Allemandi, Torino-Londra-Venezia-New York 2011 ISBN 978-88-422-2040-4. Questo accadde in particolare con la celebrazione a Firenze, ma anche in altre città italiane come Verona o Trento, del "Centenario dantesco", vale a dire la commemorazione del sesto centenario di nascita del Sommo Poeta (1865), definito da Carducci «poetico centenario».
- ^ "Ale" è la versione arcaica del termine moderno "ali".
- ^ Le "ali" di una benda sono le sue due estremità grazie alle quali si è in grado di realizzare il nodo. A volte le estremità sono sfrangiate, come nel caso della benda del rito di Cagliostro, che era formata, per parte, da tre piccole ali.
Bibliografiche
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Voci correlate
Altri progetti
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Collegamenti esterni
- La Coccarda alla Biblioteca Museo Risorgimento, su castellalfero.net.
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- Salvatore Candido, Studi Garibaldini - I quaderni (PDF), su trapaninostra.it. URL consultato il 5 agosto 2018.
- Sandra Proto, Garibaldi e i Mille Un'impresa da catalogare (PDF), su cricd.it. URL consultato il 7 agosto 2018.