Weland il fabbro

mastro fabbro leggendario della mitologia germanica e nordica

Weland il fabbro (inglese antico Wēland e Welund; norreno Völundr e Velent; antico alto-tedesco Wiolant; medio alto-tedesco Wielant; proto-germanico Wēlandaz, cioè Wēla-nandaz, lett. "coraggioso in battaglia -combattente coraggioso"[1]) è un mastro fabbro della Mitologia germanica. La sua leggenda è narrata in area nordica nella Völundarkviða (un poema epico dell'Edda poetica) e nella Þiðrekssaga (Saga di Teoderico da Verona) e raffigurata sull'VIII Pietra di Ardre. Nelle fonti antico-inglesi, appare in Deor, in Waldere e in Beowulf e rappresentato sul Cofanetto Franks. Viene anche menzionato nei poemi tedeschi del ciclo di Dietrich von Bern come padre dell'eroe Witige.

Da sinistra: La figlia di Níðuðr, Völundr in forma di aquila mentre si allontana volando, la sua fucina e i figli morti di Níðuðr nascosti dietro essa. Pietra Ardre VIII.

Ha avuto una grande notorietà nel Medioevo anche con il nome di Galan, in lingua francese medioevale.

Leggenda

Nella Þiðrekssaga

La versione più completa del mito di Velent il fabbro è riportata nella Þiðrekssaga af Bern (Saga di Teodorico da Verona).

Velent è figlio del gigante Vaði. Affidato dapprima al fabbro Mímir, poi a due abili nani, egli viene istruito sul mestiere di fabbro. Terminati l'apprendistato, i nani, invidiosi della sua abilità, cercano di ucciderlo, ma Velent ha la meglio e presi i loro attrezzi e le ricchezze si mette al servizio di re Niðungr. Amilias, l'arrogante fabbro del re, sentendosi umiliato dalla bravura del ragazzo, lo sfida a costruire una spada che fosse in grado di perforare la sua migliore armatura. Velent forgia la spada Mímungr, e il giorno della sfida taglia a metà l'armatura e lo stesso Amilias che la indossava. Tempo dopo Niðungr scende in guerra e dimentica a palazzo le pietre della vittoria (una sorta di amuleto portafortuna) e promette a chi glie le avesse recuperate metà del regno e la propria figlia in sposa. Velent riesce nell'impresa, ma, di ritorno al campo, viene assalito dagli uomini del re che desiderano riscuotere il premio in posto suo. Nella mischia Velent uccide un ufficiale, quindi porta al re le pietre e narra l'accaduto. Niðungr, adirato per la morte dell'ufficiale, non solo nega a Velent la ricompensa, ma e lo costringe a lavorare per lui nella fucina giorno e notte e gli fa tagliare i tendini delle gambe, perché non possa fuggire. Velent inizia allora a preparare la propria vendetta: uccide i figli bambini del re e usa le loro ossa per fabbricare oggetti per il sovrano. Qualche tempo dopo la figlia di Niðungr si presenta da lui, chiedendogli di riparare un anello: egli la violenta mettendola incinta. Velent manda allora a chiamare suo fratello Egill, abile arciere, che accorre prontamente in suo aiuto. Seguendo le indicazioni di Velent, Egill si procura molte piume d'uccello: con esse Velent si fabbrica un paio di ali e vola fino al palazzo di Niðungr. Qui racconta al re quanto era accaduto ai suoi bambini e come avesse violentato sua figlia, poi vola via. Di lì a poco Niðungr muore e gli succede il figlio Otvin. Questi fa pace con Velent, che sposa sua sorella, la principessa, già madre di suo figlio Viðga.

Nell'Edda poetica

Alle vicende di Völundr è dedicato anche il poema dedico Völundarkviða ("carme di Völundr").

Völundr, figlio del re dei Finnar, vive in Ulfdalir ("le valli dei lupi") con i fratelli Egill e Slagfiðr. Un giorno i tre giovani incontrano sulle rive di un lago tre valchirie e le portano a casa loro. Egill prende per sé Ölrún, Slagfiðr prende Hlaðguðr svanhvít e Völundr Hervör alvitr. Dopo nove inverni trascorsi insieme, le tre spose, trasformate in cigni, volano via per compiere il loro destino di valchirie. Egill e Slagfiðr partono in fretta per cercare le mogli, ma Völundr rimane in Ulfdalir sperando nel ritorno di Hervör alvitr. Egli fabbrica molti anelli d'oro per la sposa: ne fa in tutto settecento.

Un giorno Völundr torna da caccia e conta gli anelli e si accorge che ne manca uno e crede che Hervör alvitr sia tornata a prenderlo. Così si addormenta. Ma al risveglio trova il crudele re Níðuðr, che era entrato a rubare l'anello e che ora lo fa prigioniero. Níðuðr fa tagliare a Völundr i tendini delle gambe e lo relega su una piccola isola perché lavori per lui e non possa fuggire. L'anello rubato viene dato alla figlia del re, Bodvilðr.

Un giorno i due figlioletti di Níðuðr vengono all'isola di Völundr per vedere i tesori della sua fucina. Völundr dice loro di tornare in segreto. Quando questi tornano, Völundr li decapita e usa i loro teschi per fare coppe per il re e gli occhi per fare gioielli per la regina e i denti per fare collane per Böðvildr.

Una volta Böðvildr viene alla fucina per far riparare l'anello che si era rotto. Völundr le dà una bevanda drogata e giace con lei e la principessa rimane incinta. Poi Völundr spicca il volo e rivela a Níðuðr tutta la sua vendetta (l'uccisione dei figli e la violazione della principessa) e, fatto promettere al re che nessun male verrà arrecato a Böðvildr e a suo figlio, vola via.

Riferimenti anglosassoni

 
Il fabbro Weyland con la principessa e l'ancella e, a destra, Egil che caccia, nel pannello frontale del cofanetto Franks (vedi testo).

La figura di Weland era ampiamente conosciuto anche nel mondo anglosassone. Il poemetto antico inglese Deor, elegia che elenca le sofferenze dei maggiori eroi del ciclo gotico, dedica a Welund e a Beadohilde le prime due strofe:

1. Welund tra le serpi conobbe sventura,

2. l'uomo risoluto patì sofferenze,

3. ebbe a compagni dolore e desiderio,

4. desolazione invernale; trovò spesso affanno

5. dopo che Niðhad a lui impose vincoli,

6. flessuosi lacci a miglior uomo.

7. Quello è passato, passerà anche questo.

8. Beadohilde non fu per la morte dei suoi fratelli

9. così affranta in cuore come per il suo proprio stato

10. s'era con certezza accorta

11. d'esser gravida; mai seppe

12. pensare fiduciosa cosa ne sarebbe stato.

13. Quello è passato, passerà anche questo.[2]

Weland è nominato anche nel frammentario poema Waldere e nel celebre Beowulf: in entrambi i poemi l'eroe eponimo porta un'arma forgiata dal fabbro. [3]

Una scena della leggenda di Welund si trova raffigurata sul pannello anteriore del cofanetto Franks, accanto all'adorazione dei Magi. Weland è all'estrema sinistra della scena, nella fucina dove egli è tenuto prigioniero. Sotto la fornace è il corpo decapitato di uno dei figli di Niðhad. Con una mano Welund stringe le tenaglie, con l'altra offre il calice di birra drogata a Beadohilde. Dietro a Beadohilde un'altra figura femminile, forse un'ancella. A destra della scena un uomo, probabilmente Egill, sta catturando gli uccelli con le cui piume Welund si fabricherà le ali.[4]

Altre raffigurazioni di Weland risalenti all'epoca Vikinga si trovano nell'Inghilterra del Nord. A Halton nello Lancashire Weland è raffigurato nella sua fucina, circondato dai suoi strumenti. Sulle croci di Leeds e West Yorkshire, e a Sherburn-in-Elmet e Bedale, sia in North Yorkshire, Welund è rappresentato mentre vola con il suo abito di piume.[5].

Toponimi

È anche associato con la Forge de Wieland (Fucina di Wieland), un sepolcro funerario nella Contea di Oxford. Questo monumento megalitico è stato chiamato così dai Sassoni, ma il loro è di molto tempo prima. Da questa assimilazione viene la superstizione secondo la quale un cavallo lasciato una notte intera con una piccola moneta d'argento (Groat) sarà trovato l'indomani completamente ferrato, il pezzo d'argento sparito...
Questa superstizione è menzionata nel primo episodio di Puck of Pook's Hill di Rudyard Kipling, "The Sword of Weland" (la spada di Weland), che narra l'ascesa e la caduta del dio.

Spade che sarebbero state forgiate da Weland

Dalla corrispondente voce in inglese e dalle opere citate a fianco risulterebbero le seguenti spade attribuite a Weland:

 
Böðvildr in Weyland's Smithy
John Gehring (1883)

Inoltre l'armatura di Beowulf nell'omonimo poema (verso 455) si dice essere opera di Weland, così come quella di Waltharius nell'omonimo poemetto latino.

Nella fantascienza moderna

  • The Winter of the World (L'inverno del mondo), una serie TV di fantasia di Michael Scott Rohan combina elementi mitici da fonti norrene e antico inglese, tra cui la forgiatura di una spada rassomigliante alla Cortana. Uno dei personaggi viene catturato e costretto a forgiare oggetti di metallo per il re; dopo che viene paralizzato e imprigionato su un'isola, crea una serie di ali per fuggire dalla sua prigionia. Le storie di Elof the Smith (Elof il fabbro) nella trilogia in qualche modo parallela alle leggende di Wayland Smith.
  • Northworld: Justice di David Drake si basa sulle storie di Weyland.
  • Wieland il fabbro è un personaggio dei Fumetti Fables di Bill Willingham.
  • Nella saga Shadowhunters di Cassandra Clare il nome viene cambiato il Wayland, ma resta il fabbro creatore di Cortana, Durlindana e, in questo caso, Gioiosa.

Note

  1. ^ (DE) Hellmut Rosenfeld, Der Name Wieland, Beiträge zur Namenforschung, 1969.
  2. ^ Traduzione italiano Università di Padova -Elegies/DEOR.
  3. ^ R.K. Gordon, ed. Anglo-Saxon Poetry. (London: Dent) 1954:65. testo parziale dei frammenti di Waldere in inglese moderno: per Welund si veda l'inizio del frammento A.
  4. ^ G. Henderson, Early Medieval Art, 1972, rev. 1977, Penguin, p. 157
  5. ^ All noted in Richard Hall, Viking Age Archaeology (series Shire Achaeology) 1995:40.

Voci correlate

Fonti

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