Giuseppe Maria Giovene

erudito, storico, numismatico italiano

Giuseppe Maria Giovene (Molfetta, 23 gennaio 1753[1]Molfetta, 2 gennaio 1837[1]) è stato un naturalista, agronomo, geologo meteorologo e arciprete italiano.[2] È noto soprattutto per i suoi studi sulla "nitrosità" del Pulo di Molfetta, che lo hanno reso famoso anche all'estero, tanto da essere citato in una sua pubblicazione di Eberhard August Wilhelm von Zimmermann[3].

I suoi lavori, principalmente di agronomia e botanica, non erano solo disinteressati e tesi alla mera conoscenza dei fenomeni naturali, ma, caratteristica comune dei primi lavori scientifici del Regno di Napoli, avevano come obiettivo sviluppare e rendere efficiente l'agricoltura.[1] Fu socio di molte accademie, tra le quali la Società italiana delle Scienze[4] e, per la sua verstilità, fu definito un "dotto enciclopedico".[5]

Fu anche un ecclesiastico, e ricoprì molti importanti incarichi, tra i quali quelli di arciprete e vicario apostolico.[6][7] Si interessò, inoltre, di numismatica, collezionando antiche monete e medaglioni, e possedeva anche una collezione di antichi vasi etruschi.[8] Per quanto riguarda il suo carattere, invece, è ricordato da molti per la sua modestia, tanto che a volte preferiva non pubblicare i suoi articoli, i quali venivano pubblicati da suoi colleghi, come ad esempio l'abate Alberto Fortis.[9][10]

Vita

Giuseppe Maria Giovene nacque a Molfetta il 23 gennaio 1753 da Giovanni Giovene e da Antonia Graziosi.[11] La madre lo affidò al vescovo di Molfetta Celestino Orlandi, il quale lo istruì fino all'età di 8 anni e, successivamente, studiò presso i padri gesuiti, che allora occupavano il Gran Collegio di Molfetta fino all'età di 12 anni. Nel 1766 si recò a Roma e fu ammesso al noviziato dei gesuiti, nonostante non avesse l'età prescritta, ma dopo soli otto mese l'ordine dei gesuiti fu soppresso e i gesuiti furono espulsi. Giovene non poté seguire i gesuiti all'estero a causa di una malattia, nonostante avesse voluto.[1][12]

Durante la sua infanzia, mostrò di non amare i "giovanili diletti" e preferiva discutere con uomini dotti. Tornato a Molfetta, dopo essersi ripreso dalla malattia, studiò filosofia e matematica nel seminario di Molfetta sotto la direzione del vescovo Cesare Orlandi. Tra l'altro studiò anche diritto, e, già da ragazzo, cominciò a manifestare una predisposizione per le sicienze naturali. Al fine di coltivare la sua passione, si recava spesso a Napoli, quiando ancora non era che un chierico, e a Napoli conobbe persone dotte e famosi naturalisti come ad esempio Vincenzo Petagna.[13]

Ritornato a Molfetta, il vescovo di Molfetta che lo aveva istruito, Cesare Orlandi, voleva che diventasse sacerdote della chiesa parrocchiale molfettese di Santo Stefano. Nonostante le resistenze di Giovene, il vescovo alla fine lo costrinse a partecipare al concorso per la selezione del sacerdote parrocchiale, e lo vinse. In quel momento, però, Celestino Orlandi, il suo tutore d'infanzia, morì, e in quel periodo scrisse l'orazione funebre Orazione pei solenni funerali di D. Celestino Orlandi (1775).[14][15]

Nel frattempo fu eletto il nuovo vescovo di Molfetta, Gennaro Antonucci,[16] il quale lo volle con sé come suo vicario apostolico, forse per via della sua fama o per la sua esperienza. Nel frattempo, Giovene non disprezzava di aiutare i più poveri, orfani, offrendo loro consulenze legali gratuite a tutela dai sorprusi dei più forti. In quel periodo fu anche incaricato di insegnare diritto presso il seminario di Molfetta. Dal momento che per poter diventare vicari, bisognava essere laureati, si recò a Napoli per adempiere ai doveri, e non perse occasione per discutere coi dotti di arte e storia naturale. Nonostante i suoi numerosissimi impegni, trovava sempre il tempo di dedicarsi alla storia naturale.[15]

Fu arciprete della Cattedrale di Molfetta. Inoltre, la sua fama giunse fino a papa Pio VII, il quale lo scelse per la diocesi di Lecce. Giovene non voleva accettare quell'ulteriore onere, ma il suo rifiuto non fu considerato e divenne così vicario apostolico di Lecce dal 1806 al 1816 circa.[17][18] Fu anche vicario apostolico del vescovo di Molfetta Antonio Benedetto Antonucci, successore del vescovo Celestino Orlandi.[19] Scrisse anche opere di carattere religioso e, inoltre, nell'ultima parte della sua vita, fu esortato dal vescovo di Molfetta Caracciolo a scrivere un'opera agiografica su San Corrado di Baviera, patrono della sua città natale Molfetta. Per poter scrivere l'opera, dovette consultare fonti medievali e a tal scopo si recò nell'Italia settentrionale e in Germania.[20] L'opera, di piccole dimensioni ma assai raffinata, piacque a papa Gregorio XVI, e grazie al suo lavoro, Molfetta ottenne la "sanzione del culto che fin dal secolo 12 si prestava". Il suo libro sul santo divenne noto anche in Germania.[21]

Accanto allo studio delle scienze coltivò anche la numismatica, raccogliendo monete e medaglioni di ogni tipo, e raccolse anche antichi vasi etruschi, a quanto pare non per vanità, ma per finalità storiche. Inoltre scrisse anche poesie e utilizzò anche il latino.[22] Insegnò anche fisica sperimentale, diritto e liturgia sacra nel seminario di Molfetta.[23]

Nel 1820 fu anche membro del nuovo Parlamento costituzionale del Regno delle Due Sicilie.[24] Anche nell'ultimo decennio della sua vita continuò a tenersi aggiornato e a leggere libri e giornali. In questo periodo il cristallino del suo occhio sinistro divenne "opaco" e dovette farsi aiutare per conoscere i progressi delle scienze e delle lettere.[25]

Morì a Molfetta il 2 gennaio 1837. Le sue ultime parole furono: "Lasciatemi in pace col mio Dio".[26] Con una lettera al suo confessore e amico, il canonico D. Paolo Rotondo, ritrovata dopo la sua morte, proibì ogni fastosità o orazioni funebri di alcun tipo durante il suo funerale.[27] L'elogio funebre, però, fu letto nella cattedrale di Molfetta e fu fatto stampare a Napoli dal pronipote Luigi Marinelli Giovene[28] (il quale ristampò anche la maggior parte delle sue opere in un'opera in più volumi dal titolo Raccolta di tutte le opere del cav. Giuseppe Maria Giovene 1839-1841). Inoltre Giovene stesso scrisse l'epigrafe della sua tomba.[29]

Ricerca scientifica

La "nitrieta naturale" del Pulo di Molfetta

Il nome di Giuseppe Maria Giovene è indissolubilmente legato alla scoperta della cosiddetta "nitriera naturale" del Pulo di Molfetta. Nel 1783, infatti, accompagnò l'abate Alberto Fortis che si era recato in Puglia per osservazioni naturalistiche. In quest'occasione, Fortis conobbe Giovene, e secondo alcune fonti, scoprirono insieme un giacimento di salnitro nel Pulo di Mofetta.[30]

La scoperta generò anche attriti; in particolare, la scoperta fu inizialmente messa in dubbio. Successivamente, il chimico Giuseppe Vairo e il suo allievo Antonio Pitaro confermarono la scoperta. Questa indubbiamente generò un danno ai produttori di salnitro artificiale, e alcuni studiosi, verosimilmente sostenuti dai produttori, cercarono di confutare la scoperta. In seguito alla scoperta, i naturalisti d'Europa accorsero in gran numero per visitare il Pulo di Molfetta, inviati dalle loro accademie, considerato anche che il salnitro era un ingrediente fondamentale nella produzione della polvere da sparo e che tali giacimenti rivestivano notevole interesse strategico.[31]

In particolare, in una lettera ad Alberto Fortis datata 7 agosto 1784, Giovene confuta l'opinione di coloro che credevano che il salnitro del Pulo di Molfetta fosse dovuto agli escrementi di animali che una volta abitavano il Pulo. Inoltre dimostrò anche di essere un valente chimico, e di essere persino più competente dei salnitrai stessi, insegnando loro a correggere l'acidità di quelle terre (contenenti quantità eccessive di acido azotico), aggiungendovi ceneri vegetali.[32]

Agronomia e meteorologia

Il alcuni suoi scritti, Giovene si occupò anche della cosiddetta "rogna degli ulivi", una malattia degli ulivi riconoscibile dai caratteristici tubercoli. In particolare, Giovene riconobbe che la malattia non era causata dagli insetti, sebbene gli insetti poi si formassero. Inoltre distinse i tubercoli causati dal gelo da quelli generati dalla grandine o da corpi contundenti. Inoltre fece alcuni esperimenti bollendo rami attaccati dalla malattia, e arrivò alla conclusione che i tubercoli non causati dal gelo sono "figli di occhi ciechi, cioè di germi soffocati nel loro nascere", e la conferma di ciò la si aveva strappando i tubercoli dai rami e osservando il centro.[33] Studiò anche i vermi e gli insetti che "corrodono e devastano il frutteto".[34]

Nel corso della sua vita si occupò anche di meteorologia, raccogliendo dati atmosferici, di precipitazione e barometrici, e studiandone l'andamento. Dal 1788 al 1797, ogni anno scrisse, partendo dalle sue osservazioni, una memoria delle precipitazioni e delle conseguenze sull'agricoltura.[35] Giovene fu anche lodato dal più illustre meteorologista di quel periodo, Giuseppe Toaldo. In particolare, se Giuseppe Toaldo può ben essere considerato il fondatore della meteorologia italiana, Giovene può ben considerarsi il fondatore della meteorologia campestre italiana, tanto che riuscì ad avvicinare alla meteorologia alcuni eminenti studiosi di quel periodo, tra cui Luca de Samuele Cagnazzi.[36][37]

Teologia

Nel corso della sua vita scrisse anche alcune opere teologiche, di cui una agiografica in latino dal titolo Vita Beati Corradi Bavari, relativa a San Corrado di Baviera, e dovette recarsi nell'Italia settentrionale e in Germania al fine di consultare le fonti medievali sul santo. L'opera fu apprezzata da papa Gregorio XVI, il quale concesse a Molfetta la "sanzione del culto che fin dal secolo 12 si prestava".[21]

Inoltre scrisse una lettera a Saverio Mattei, nella quale rispondeva a una domanda che Mattei aveva posto a Giuseppe Vairo sulla tipologia di sale a cui Gesù Cristo si riferiva nel passo in cui disse agli apostoli vos estis sal terrae. Giovene, con ragionamenti nei quali mostrava la sua erudizione e le sue conoscenze di fisica e chimica, arrivò alla conclusione che Gesù Crsito si riferisse al salnitro (nitrato di potassio).[38][39]

Carità

Giuseppe Maria Giovene era noto anche per il suo spirito caritatevole, in modo particolare nei confronti dei più deboli, gli orfani, le vedove e gli oppressi. Occupato nei i suoi numerosi impegni e incarichi ecclesiastici e nei suoi studi, riusciva a trovare il tempo per offrire consulenze legali agli indifesi, in modo particolare a coloro che erano oppressi e perseguitati dai potenti. Inoltre, spesso forniva loro aiuti economici. In particolare, dopo la morte di suo fratello, il barone Graziano Giovene, ricevette in eredità un ingente patrimonio, e Giuseppe Maria Giovene decise di spartirlo con gli indigenti.[40]

Opere

Altre opere

  • Kalendaria Vetera - Parte seconda.[43]
  • Topographia locorum aliquot Japigiae ementata.[43]
  • Delle Chiese Suburbane.[43]
  • Del digiuno e dell'astinenza ecclesiastica.[43]
  • Che bastano i soli salmi per provare una divina rivelazione.[43]
  • Della celebrità di N.S. Gesù Cristo.[43]
  • Conformità dell'agricoltura con lo spirito del Cristianesimo.[43]
  • Catalogo ragionato dei grilli di Puglia.[43]
  • La mia villeggiatura - Parte seconda.[43]
  • Conformità dell'agricoltura con lo spirito del Cristianesimo.[43]
  • Della pretesa antichità del tempo.[43]
  • Delle lave dell'Etna e degli argomenti che si pretende tirare per la molta antichità della Terra.[43]

Bibliografia

Note

  1. ^ a b c d http://www.treccani.it/enciclopedia/giuseppe-maria-giovene_(Dizionario-Biografico)/
  2. ^ elogio-giovene, pag. 3
  3. ^ zimmermann-nitriere
  4. ^ elogio-storico, pag. 2
  5. ^ elogio-storico, pag. 30
  6. ^ elogio-giovene, pag. 18
  7. ^ elogio-giovene, pagg. 18, nota I e pag. 19
  8. ^ elogio-giovene, pag. 20
  9. ^ elogio-giovene, pag. 23
  10. ^ elogio-storico, pag. 11, "strappatagli, dir puossi di mano nel 1789 dal rinomato abate Minervini, stampata venne in Napoli,..."
  11. ^ elogio-storico, pagg. 2-3
  12. ^ elogio-storico, pagg. 3-4
  13. ^ elogio-storico, pagg. 4-5
  14. ^ orazione-orlandi
  15. ^ a b elogio-storico, pagg. 4-5
  16. ^ https://www.molfettaviva.it/rubriche/viva-la-storia-di-molfetta-1/un-tesoro-nel-cuore-di-molfetta-la-storia-della-cattedrale/
  17. ^ elogio-giovene, pagg. 18, nota I e pag. 19
  18. ^ elogio-storico, pagg. 21-22
  19. ^ elogio-giovene, pag. 18
  20. ^ elogio-storico, pag. 28
  21. ^ a b elogio-giovene, pagg. 13-14
  22. ^ elogio-giovene, pagg. 12-13
  23. ^ elogio-giovene, pag. 20
  24. ^ a b c d e f g memorie-storiche-1844, pag. 151
  25. ^ elogio-giovene, pag. 25
  26. ^ elogio-giovene, pag. 24
  27. ^ elogio-giovene, pag. 3, nota I
  28. ^ elogio-storico, pagg. 32-33
  29. ^ elogio-storico, pag. 33, nota 35
  30. ^ elogio-storico, pag. 8
  31. ^ elogio-storico, pagg. 8-10
  32. ^ elogio-storico, pag. 10
  33. ^ elogio-storico, pagg. 11-12
  34. ^ elogio-storico, pag. 12
  35. ^ elogio-storico, pag. 13
  36. ^ elogio-storico, pag. 13, nota 16
  37. ^ elogio-storico, pag. 14
  38. ^ elogio-storico, pag. 16
  39. ^ lettera-mattei
  40. ^ elogio-storico, pag. 31
  41. ^ elogio-storico, pag. 16
  42. ^ https://books.google.co.th/books?id=aihCAQAAMAAJ&lpg=PA170&ots=CWg3DhRHgg&dq=otizia%20geologica%20della%20Puglie%20Peucezia%20e%20Daunia&hl=it&pg=PA170#v=onepage&q=otizia%20geologica%20della%20Puglie%20Peucezia%20e%20Daunia&f=false
  43. ^ a b c d e f g h i j k l https://books.google.co.th/books?id=eWtwCGxr7hoC&hl=it&pg=PA186#v=onepage&q&f=false

Collegamenti esterni