Utente:Sorosorokiri/Sandbox
La donna di sabbia | |
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Titolo originale | 砂の女 Suna no onna |
Autore | Kōbō Abe |
1ª ed. originale | 1962 |
1ª ed. italiana | 1962 |
Genere | romanzo |
Lingua originale | giapponese |
La Donna di Sabbia ( 砂の女 Suna no onna) è un romanzo dello scrittore giapponese Kōbō Abe pubblicato nel 1962 e vincitore nello stesso anno del premio letterario Yomiuri.[1] Il libro ebbe un incredibile successo in Giappone e all’estero.[2] È stato tradotto in Italia nel 1962 dall'editore Longanesi, nella traduzione di Atsuko Ricca Suga e introduzione di Gian Carlo Calza. Dal romanzo è stato tratto il film omonimo del 1964 diretto dal regista Hiroshi Teshigahara.[3]
Trama
Il professor Niki Junpei, appassionato di entomologia,[4] è alla ricerca di un nuovo esemplare di insetto al quale attribuire il proprio nome[2], ma si ritrova improvvisamente catapultato in un incubo: viene fatto prigioniero in uno strano villaggio di pescatori che sorge in mezzo alle dune, [4] e poi confinato e obbligato a vivere in una casa con una giovane vedova, sul fondo di una fossa di sabbia.[3]
Niki ben presto scopre che per sopravvivere e per evitare che il villaggio venga inghiottito dalla sabbia, gli abitanti devono costantemente lottare contro di essa, spazzandola via prima che si accumuli sulle loro abitazioni. Preso in trappola e costretto a lavorare in cambio di cibo e acqua, il protagonista si rende conto di aver preso il posto del marito della ragazza, con la quale si viene a creare un rapporto violento, fatto di inganni ed erotismo esasperato e animalesco.[4]
Niki proverà a ribellarsi e fuggire, ma il tentativo di fuga si rivelerà fallimentare. In seguito, una placida rassegnazione prenderà il posto dell’ossessione della fuga e libertà, tanto che il protagonista sceglierà di rimanere a vivere nel villaggio che un tempo l’aveva fatto prigioniero.[2]
Personaggi
- Niki Junpei: è il protagonista, un professore con l’hobby dell’entomologia.[5]
- Giovane vedova: abita la casa situata sul fondo della fossa di sabbia nella quale viene confinato Niki Junpei. Si verrà a creare col protagonista un rapporto fatto di silenzi, inganni ed erotismo disperato.[4]
Temi
Si tratta di un romanzo in cui si intrecciano surrealismo, esistenzialismo e l'allegoria dell'angoscia dell’uomo di fronte alla propria solitudine e alla morte.[6]
Protagonista assoluta è la sabbia, il cui fluire continuo rappresenta una metafora perfetta della vita umana[2] e della rincorsa ossessiva a un sé pieno di contraddizioni e sfuggevole.[4] Essa viene descritta in termini scientifici all’inizio del romanzo, per poi assumere pian piano connotazioni ambigue, fino a configurarsi come surreale metafora dei legami sociali opprimenti che l’autore vuole delineare.[7] Niki Junpei, definito dalla società una "persona scomparsa" e confinato in una buca di sabbia, riesce a ridefinire se stesso e la propria vita diventando una persona più autentica.
La sabbia, che intrappola e sottomette Niki, è la metafora di una realtà in movimento, nella quale l’eroe deve riscoprire se stesso, le radici della propria esistenza, e proprio i muri di sabbia che lo intrappolano sono la condizione che permette la scoperta di una nuova identità.[8]
L'esistenza del protagonista si esprime nei soli momenti di creatività, come ad esempio nei suoi ingegnosi tentativi di fuga che lo distolgono dalla solitudine.[9] Una solitudine che il protagonista stesso scopre essere un insaziabile desiderio per qualcosa di illusorio,[10] tanto che alla fine, pur potendo fuggire, decide di rimanere, consapevole che talvolta la libertà tanto desiderata non è altro che una diversa forma di prigionia e illusione.[2]
All'interno della logica del libro,in un mondo alla rovescia, l’incubo del carcere di sabbia si rivela la terribile normalità, una parte degli ingranaggi del vivere. All’interno di questa visione distopica, la prigione di sabbia è un mondo di segni, tutti dal duplice volto, dove non vi sono vittime innocenti, e dove nessuno è del tutto un criminale. La prigione di sabbia riflette e sfrutta i meccanismi del capitalismo[4], sintetizzati nella realtà della kaisha, l'azienda giapponese. [11]
Le kaisha rappresentano un microcosmo della società giapponese contemporanea, e il romanzo sembra ritrarre la vera natura di queste aziende, e lo si potrebbe interpretare come la descrizione del matrimonio-prigionia tra un nuovo impiegato, Niki, e la kaisha, rappresentata dalla donna e dalla buca di sabbia nella quale vive, mentre le persone del villaggio rappresentano i lavoratori più anziani, i quali insegnano al nuovo arrivato l'importanza della cooperazione. Quella che all’apparenza sembra essere una storia di un mondo surreale potrebbe essere in realtà la rappresentazione allegorica di una realtà che esiste davvero: quella delle kaisha giapponesi, ossia le aziende giapponesi, elemento che simboleggia la società giapponese.[11]
In questo mondo l'amore è inesistente o menzoniero. Gli individui non possono fare affidamento l’uno sull’altro, né tanto meno fidarsi, al punto che se un’emozione simile all’amore si palesasse, essa verrebbe alterata dalla rabbia o dalla paura.[9]
La realtà assume i contorni angoscianti del contrasto tra un individuo alienato e un sistema sociale capace di demolirne l'identità individuale.[4]
È un romanzo che per le atmosfere oniriche e surreali [7] mostra analogie con l'opera di Franz Kafka[5]; una realtà apparentemente ordinaria, descritta con tratti realisti e oggettivi, si eleva a mito, a simbolo universale in grado di superare la realtà ordinaria descritta.[10] Si possono vedere anche analogie con i lavori di Beckett e Ionesco, nel raffigurare personaggi calati in un mondo da incubo che si ritrovano ad affrontare l'alienazione, il vuoto, la perdita dell'identità.[8]
Il romanzo diventa la metafora della società giapponese e delle sue contraddizioni,risultato della parziale modernizzazione del Giappone negli anni ‘60. [8]
Il racconto delle vicende di Niki sembra mettere in luce i meccanismi della coercizione: sottomissione, castigo, disciplina, e i crimini dell’uomo moderno in una società che ha fatto suo un sistema disciplinare modernizzato, nuovo, nel quale coercizione e empowerment si intrecciano tra loro, e dove l’individuo si vede costretto in una rete di organizzazioni lavorative e sociali volte al controllo e coordinate tra loro; un esempio può essere il lavoro nelle fabbriche , le catene di montaggio. Tale struttura lavorativa e coordinazione tra i lavoratori si vede nel lavoro della gente del villaggio. [8]
La donna, compagna di prigionia di Niki, avendo interiorizzato le tecniche necessarie richieste dalla realtà disciplinare in cui vive , istruisce il protagonista e gli mostra come lavorare in modo efficiente. In questa realtà disciplinare Niki è ridotto a mero strumento di lavoro, la gente del villaggio è priva di una propria individualità , è parte di un “tutto”, di un gruppo che sottomette gli individui al volere della collettività.[8]
Niki è sottomesso ad una coercizione fisica, come si vede quando viene privato dell’acqua e ricattato e costretto a lavorare, ciò mette in luce anche la natura stessa del lavoro, vero e proprio lavoro forzato.[8]
In risposta alla disciplina imposta dall’esterno, l’eroe cerca di disciplinarsi a livello interiore, ma è anche spiazzato e indignato dalla mancanza di riconoscimento di ogni suo diritto legale, appellandosi ad una nozione idealistica di legalità e pensando che nessuna autorità, in uno Stato di diritto, avrebbe mai consentito che tutto ciò accadesse.[8]
Il mondo alla rovescia del villaggio di pescatori immerso nella sabbia e abbandonato dallo Stato, serve per criticare le sorti del Giappone rurale e tradizionale , all’interno del Giappone moderno,capitalista e industrializzato.[8]
Si presenta come un’allegoria all’interno della quale l’autore esprime la questione della libertà di scelta e dell’autodeterminazione, articolata all’interno e contro una struttura sociale opprimente, che incastra l’individuo in una rete di obblighi e forme.[2]
Quando Niki trova l’acqua nella sabbia, riesce ad evadere mentalmente dalla prigionia, l’acqua rappresenta il suo empowerment, riprende in mano la propria vita e destino, la gente del villaggio non ha più controllo psicologico su di lui. Niki riesce così a sviluppare un approccio più pragmatico per risolvere i problemi e ad avere una visione d’insieme più ampia, ha trovato un nuovo equilibrio e una nuova identità.[8]
Trasposizione cinematografica
Kōbō Abe scrisse la sceneggiatura per l’omonimo film, di grande successo, del 1964 diretto da Hiroshi Teshigahara.[3] Il film venne presentato al Festival di Cannes nello stesso anno e vinse il Premio Speciale della Giuria.
Nella pellicola, come nell'opera letteraria, viene dipinto un mondo onirico e surreale, all'interno del quale il protagonista lotta per la propria libertà.
Il film, in bianco e nero, attraverso l'abile uso dei chiaroscuri riesce a ritrarre e far risaltare la materialità dei corpi, esplorati come panorami, in scene cariche di erotismo. Le scene in primissimo piano, nelle quali i granelli di sabbia si fondono alla pelle dei due protagonisti, amplificano queste sensazioni, accentuando la dimensione astratta e assurda all'interno della quale Niki Junpei e la donna si muovono.[7]
Ciò che caratterizza questo film, nel quale aspetti horror convivono con altri da dramma erotico, sono la struttura e la consistenza che il regista riesce a dare alla sabbia, all'acqua e ai corpi. Egli è in grado di rendere i corpi vivi, l'acqua fresca e mobile, oltre a riuscire a trasmettere la sensazione tattile delle dita che si posano sulla pelle.[12]
Edizioni
- Kōbō Abe, La donna di sabbia, traduzione di Atsuko Ricca Suga, Introduzione di Gian Carlo Calza, Collana La Gaja Scienza, Longanesi Editore, Milano, 1962.
- Kōbō Abe, La donna di sabbia, traduzione di Atsuko Ricca Suga, Introduzione di Gian Carlo Calza, Collana La Gaja Scienza, Longanesi Editore, Milano, 1972.
- Kōbō Abe, La donna di sabbia, traduzione di Atsuko Ricca Suga, collana Le Fenici, Guanda Editore, Parma, 1990, ISBN 978-8-87-746452-1
- Kōbō Abe, La donna di sabbia, traduzione di Atsuko Ricca Suga, collana Le Fenici, Guanda Editore, Parma, 2012, ISBN 978-8-86-088667-5
Note
- ^ (ES) Raúl Sanz, Abe Kōbō, su kappabunko.com, 11 marzo 2015. URL consultato il 1º agosto 2018.
- ^ a b c d e f Luisa Bienati e Paola Scrolavezza, 19. Abe Kōbō, in La narrativa giapponese moderna e contemporanea, Marsilio Editori, 2009, OCLC 327148384.
- ^ a b c (EN) Kris Kosaka, The Woman in the Dunes, su japantimes.co.jp, 27 dicembre 2014. URL consultato il 1º agosto 2018.
- ^ a b c d e f g Luisa Bienati (a cura di), Letteratura giapponese. 2, Dalla fine dell'Ottocento all'inizio del Terzo millennio, Giulio Einaudi, 2005, pp. 187-189, OCLC 885862899.
- ^ a b (EN) Kathleen Kuiper, The Woman in the Dunes, su britannica.com, 23 novembre 2011. URL consultato il 1º agosto 2018.
- ^ (FR) Laurent Rauber, Dans les sables mouvants d’Abe Kôbô, su kajap.hypotheses.org, 19 settembre 2010. URL consultato il 2 agosto 2018.
- ^ a b c Maria Roberta Novielli e Paola Scrolavezza, Lo schermo scritto : letteratura e cinema in Giappone, Venezia, Libreria Editrice Cafoscarina, 2012, pp. 143-148, OCLC 828224960.
- ^ a b c d e f g h i Marianne Marroum, Sands of Imprisonment, Subjugation, and Empowerment Reading Foucault in Kobo Abe’sThe Woman in the Dunes, in The Comparatist, vol. 31, Maggio 2007, pp. 88-104.
- ^ a b Nancy S. Hardin, Abé Kobo, An Interview with Abé Kobo, in Contemporary Literature, vol. 15, n. 4, 1974.
- ^ a b Joseph P. Strelka, Kafkaesque Elements in Kafka's Novels and in Contemporary Narrative Prose, in Comparative Literature Studies, vol. 21, n. 4, 1984.
- ^ a b (EN) Takuya Ito, Abe Kobo’s Woman in the Dunes as a Metaphor for Human Relations Within Japanese Companies,, 23 Aprile 2007.
- ^ (EN) Rob Mackie, Woman of the Dunes, su theguardian.com, 10 agosto 2006. URL consultato l'11 settembre 2018.
Bibliografia
- Luisa Bienati (a cura di), Letteratura giapponese. 2, Dalla fine dell'Ottocento all'inizio del terzo millennio, Giulio Einaudi, Torino, 2005
- Luisa Bienati e Paola Scrolavezza, La narrativa giapponese moderna e contemporanea, Marsilio editori, Venezia, 2009
- Nancy S. Hardin,An interview with Abé Kobo, in "Contemporary Literature", vol. 15, n. 4, 1974
- Isaac Clarke Holyoak, A Dialectic of Distance: Emancipation in Kōbō Abe's "The Woman in the Dunes", 19 Aprile 2010
- Kris Kosaka, The Woman in the Dunes, su japantimes.co.jp, 27 dicembre 2014
- Kathleen Kuiper, The Woman in the Dunes, su britannica.com, 23 novembre 2011
- Rob Mackie, Woman in the Dunes, su theguardian.com, 10 agosto 2006
- Marianne Marroum, Sands of Imprisonment, Subjugation, and Empowerment Reading Foucault in Kobo Abe’sThe Woman in the Dunes, in “The Comparatist”, vol. 31, pp. 88-104, Maggio 2007
- Maria Roberta Novielli e Paola Scrolavezza, Lo schermo scritto: letteratura e cinema in Giappone, Libreria Editrice Cafoscarina, Venezia, 2012
- Laurent Rauber, Dans les sables mouvants d'Abe Kôbô, su kajap.hypotheses.org, 19 settembre 2010
- Raúl Sanz, Abe Kobo, su kappabunko.com, 11 marzo 2015
- Joseph P. Strelka, Kafkaesque Elements in Kafka's Novels and in Contemporary Narrative Prose, in "Comparative Literature Studies", vol. 21, n. 4, 1984
- Takuya Ito, Abe Kobo’s Woman in the Dunes as a Metaphor for Human Relations Within Japanese Companies, pubblicato presso ejcjs, 23 Aprile 2007