Thirty-Three & 1/3
Thirty-Three & 1/3 è il nono album solista di George Harrison. È stato il primo album dell'ex Beatle a essere pubblicato sotto la sua nuova etichetta personale, la Dark Horse Records. Il titolo deriva dall'età di Harrison durante la registrazione dell'album (33 anni e 4 mesi) e dalla velocità di riproduzione di un LP.
Thirty-Three & 1/3 album in studio | |
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Artista | George Harrison |
Pubblicazione | 19 novembre 1976 |
Durata | 39:15 |
Dischi | 1 |
Tracce | 10 |
Genere | Pop Rock Funk |
Etichetta | Dark Horse Records |
Produttore | George Harrison |
Registrazione | 24 maggio-13 settembre 1976, FPSHOT, Oxfordshire |
Note | n. 11 ![]() n. 35 ![]() |
George Harrison - cronologia | |
Singoli | |
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Finalmente libero dai limiti imposti dalla Apple, Harrison registrò un album più vivace e fresco dei due precedenti, ricevendo apprezzamenti dalla critica. Le vendite (aiutate da un'apparizione al Saturday Night Live in coppia con Paul Simon) furono ugualmente lusinghiere: 11º posto negli USA e 35° in Gran Bretagna. I singoli estratti ebbero un buon successo negli Stati Uniti: 19º posto per Crackerbox Palace e 25º per This Song. Si trattava in ogni caso di vendite ben lontane da quelle dei primi anni '70, che testimoniavano la progressiva perdita d'interesse nei confronti di Harrison. D'altro canto l'artista inglese stava a sua volta perdendo interesse per il mondo del music business: il seguito di Thirty-Three & 1/3, l'eponimo George Harrison, si farà attendere tre anni.
Da notare la reinterpretazione di True Love (di Cole Porter) e This Song: si tratta di una canzone che ironizza sul celebre caso di plagio che coinvolse George Harrison e la sua My Sweet Lord.
Il disco
Origine e storia
Nel maggio 1974, George Harrison firmò un contratto discografico quinquennale con la A&M Records per la distribuzione delle uscite Dark Horse Records. Oltre ai dischi degli artisti della scuderia Dark Horse, l'accordo includeva anche quattro album solisti di Harrison, il primo dei quali programmato per il 26 luglio 1976, dopo la fine del contratto dei Beatles con la EMI nel gennaio di quell'anno.[1] Harrison trascorse i primi mesi del 1976 coinvolto in attività extra-musicali. Tra queste, ci fu anche l'udienza in tribunale, a New York, per la celebre causa di plagio intentatagli dalla Bright Tunes, che sosteneva Harrison avesse infranto la legge sul diritto d'autore "copiando" la melodia di My Sweet Lord dalla canzone He's So Fine delle Chiffons.[2] Mentre si trovava a Los Angeles tra febbraio e marzo, George lavorò al progetto di un documentario sul suo tour del 1974 in Nord America con Ravi Shankar.[3] Nello stesso periodo, egli fece un'apparizione come ospite speciale sul palco insieme ai Monty Python, e uno di essi, Michael Palin, a posteriori raccontò che Harrison sembrava "stanco e malato"; l'autore Peter Doggett attribuì il precario stato di salute di Harrison al suo stile di vita dell'epoca, che comprendeva abbondanti e frequenti bevute di alcol e uso di cocaina, a seguito del fallimento del suo matrimonio con Pattie Boyd nel 1974.[4]
Dopo aver iniziato le sessioni di registrazione per l'album verso la fine di maggio,[5] Harrison contrasse un'epatite e non fu in grado di proseguire i lavori per tutto il resto dell'estate.[6] Con l'aiuto della compagna Olivia Arias – che ricorse a rimedi naturali come l'agopuntura[7] dopo che George non aveva risposto positivamente a trattamenti medici più convenzionali[8] – egli si riprese gradualmente verso la fine dell'estate.[9] In seguito Harrison dichiarò: «Ho avuto bisogno di beccarmi l'epatite per smettere di bere».[10] Il titolo per il nuovo album riflette l'età anagrafica di Harrison all'epoca della registrazione, ma anche la velocità con la quale suona sul giradischi un disco in vinile a 33 giri.[11]
Registrazione
Harrison iniziò la registrazione di Thirty Three & ⅓ il 24 maggio 1976, nel suo studio casalingo a Friar Park, FPSHOT.[12] Egli aveva già inciso le tracce base di dodici canzoni[13] prima di contrarre l'epatite.[14] Avendo ammesso in una recente intervista con Melody Maker che egli avrebbe preferito lavorare in futuro con un co-produttore,[15] Harrison scritturò il sassofonista ed arrangiatore Tom Scott per fornirgli l'assistenza necessaria riguardo la produzione del disco.[16][17]
Tutti i musicisti reclutati da Harrison per suonare nel corso delle sessioni furono statunitensi, e compresero Willie Weeks (basso), Alvin Taylor (batteria), Richard Tee e David Foster (tastiere), ed Emil Richards (percussioni).[18] I collaboratori abituali di Harrison, Gary Wright e Billy Preston, contribuirono anch'essi suonando le tastiere.[19] Secondo gli autori Chip Madinger e Mark Easter, una delle poche cose che George fu in grado di fare, nonostante fosse ammalato, nei mesi estivi, fu sovraincidere un assolo di chitarra acustica nella ballata Learning How to Love You.[20]
Harrison selezionò dieci delle dodici tracce originarie. Egli disse che See Yourself, brano che aveva iniziato a comporre nel 1967,[21] era una di quelle canzoni che gli piacquero sempre di più mano a mano che vi aggiungeva strumenti durante le sovraincisioni.[22] Woman Don't You Cry for Me e Beautiful Girl erano altre due composizioni che risalivano alla fine degli anni sessanta che Harrison rivisitò per Thirty Three & ⅓;[23] la prima di queste era una canzone da lui scritta mentre era in tour con Delaney & Bonnie.[24] Come See Yourself, Dear One si ispirava agli insegnamenti di Paramhansa Yogananda,[25] l'autore di Autobiografia di uno Yogi e profonda influenza per Harrison sin dalla sua visita in India nel settembre 1966.[26]
Tra le nuove composizioni, This Song era l'ironica risposta da parte di Harrison al verdetto della causa di plagio My Sweet Lord/He's So Fine.[27] Crackerbox Palace era invece stata scritta dopo aver incontrato il manager del comico Lord Buckley nel gennaio 1976,[28] mentre Pure Smokey era un omaggio a Smokey Robinson, da sempre idolo di Harrison.[29] It's What You Value – che parlava di quando il batterista Jim Keltner aveva rifiutato di essere pagato per la partecipazione al tour di Harrison del 1974, chiedendo invece in cambio una Mercedes sportiva[30] – rifletteva il crescente interesse dell'autore per la Formula 1,[31] e nel testo è presente un riferimento alla Tyrrell P34.[32][33] Infine, Harrison registrò una reinterpretazione in chiave pop dello standard True Love di Cole Porter.[34]
Harrison completò la lavorazione dell'album il 13 settembre 1976.[35]
Tracce
- Lato A
- Woman Don't You Cry for Me – 3:18
- Dear One – 5:08
- Beautiful Girl – 3:39
- This Song – 4:13
- See Yourself – 2:51
- Lato B
- It's What You Value – 5:07
- True Love – 2:45
- Pure Smokey – 3:56
- Crackerbox Palace – 3:57
- Learning How to Love You – 4:13
Ristampa del 2004
L'album è stato ristampato su CD nel 2004, sia individualmente sia come parte integrante del cofanetto The Dark Horse Years 1976-1992. La ristampa presenta suono rimasterizzato, un libretto molto curato e una bonus track, Tears of the World (brano originariamente destinato a Somewhere in England e rifiutato dall'etichetta discografica).
Note
- ^ John Sippel, "A&M + Harrison: Pact That Failed", Billboard, 11 dicembre 1976, pp. 6, 53.
- ^ Huntley, pp. 130–32.
- ^ Madinger & Easter, pag. 453.
- ^ Doggett, pag. 250.
- ^ Badman, pag. 186.
- ^ Madinger & Easter, pag. 454.
- ^ Tillery, pag. 117.
- ^ Rolling Stone, pag. 133.
- ^ Madinger & Easter, pag. 454.
- ^ Clayson, pag. 359.
- ^ Rodriguez, pag. 169.
- ^ Badman, pag. 186.
- ^ A Personal Music Dialogue at Thirty Three & ⅓ intervista sull'album (Dark Horse Records, 1976; DH PRO 649).
- ^ Madinger & Easter, pag. 454.
- ^ Badman, pag. 176.
- ^ Madinger & Easter, pp. 453–54.
- ^ Leng, pag. 191.
- ^ Rodriguez, pag. 170.
- ^ Madinger & Easter, pag. 454.
- ^ Madinger & Easter, pag. 454.
- ^ Harrison, pag. 108.
- ^ Giuliano, pp. 223, 224.
- ^ Rodriguez, pp. 170–71.
- ^ Clayson, pp. 279–80.
- ^ Inglis, pp. 60, 62.
- ^ Tillery, pp. 56, 117–18.
- ^ Leng, pag. 193.
- ^ Clayson, pag. 358.
- ^ Inglis, pag. 63.
- ^ Huntley, pag. 147.
- ^ Madinger & Easter, pag. 455.
- ^ Harrison, pag. 322.
- ^ Clayson, pag. 367.
- ^ Huntley, pag. 148.
- ^ Badman, pp. 186, 194.