Utente:Sorosorokiri/Sandbox
La donna di sabbia | |
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Titolo originale | 砂の女 Suna no onna |
Autore | Kōbō Abe |
1ª ed. originale | 1962 |
1ª ed. italiana | 1962 |
Genere | romanzo |
Lingua originale | giapponese |
La Donna di Sabbia ( 砂の女 Suna no onna) è un romanzo dello scrittore giapponese Kōbō Abe pubblicato nel 1962 e vincitore nello stesso anno del premio letterario Yomiuri.[1] Il libro ebbe un incredibile successo in Giappone e all’estero.[2] È stato tradotto in Italia nel 1962 dall'editore Longanesi, nella traduzione di Atsuko Ricca Suga e introduzione di Gian Carlo Calza. Dal romanzo è stato tratto il film omonimo del 1964 diretto dal regista Hiroshi Teshigahara.[3]
Trama
Il professor Niki Junpei, appassionato di entomologia,[4] è alla ricerca di un nuovo esemplare di insetto al quale attribuire il proprio nome[2], ma si ritrova improvvisamente catapultato in un incubo: viene fatto prigioniero in uno strano villaggio di pescatori che sorge in mezzo alle dune, [4] è poi confinato e obbligato a vivere in una casa con una giovane vedova, sul fondo di una fossa di sabbia.[3]
Niki ben presto scopre che per sopravvivere e per evitare che il villaggio venga inghiottito dalla sabbia, gli abitanti devono costantemente lottare contro di essa, spazzandola via prima che si accumuli sulle loro abitazioni. Preso in trappola e costretto a lavorare in cambio di cibo e acqua, il protagonista si rende conto di aver preso il posto del marito della ragazza, con la quale si viene a creare un rapporto violento, fatto di inganni ed erotismo esasperato e animalesco.[4]
Niki proverà a ribellarsi e fuggire, ma i tentativi di fuga si riveleranno fallimentari. In seguito, una placida rassegnazione prenderà il posto dell’ossessione della fuga e libertà, tanto che il protagonista sceglierà di rimanere a vivere nel villaggio che un tempo l’aveva fatto prigioniero.[2]
Personaggi
- Niki Junpei: è il protagonista, un professore con l’hobby dell’entomologia.[5]
- Giovane vedova: abita la casa situata sul fondo della fossa di sabbia nella quale viene confinato Niki Junpei. Si verrà a creare col protagonista un rapporto fatto di silenzi, inganni ed erotismo disperato.[4]
Temi
Si tratta di un romanzo in cui si intrecciano surrealismo, esistenzialismo e l'allegoria dell'angoscia dell’uomo di fronte alla propria solitudine e alla morte.[6]
Nell’epigrafe all’inizio del libro si legge:
« Dove non esiste la punizione, non c’è nemmeno il piacere della fuga.»
L’autore usa un paradosso per dimostrare come una comprensione dialettica dell’essere umano possa illuminare su nuove possibilità di emancipazione.
Per comprensione dialettica, in questo caso, si intende come gli opposti interagiscono tra loro, creando nuovi fenomeni e possibilità di comprensione.
Nello specifico, nell’epigrafe, vengono menzionate punizione e libertà, correlate tra loro; la libertà è “libertà da qualcosa”, mette in relazione elementi opposti e mostra come questi si intreccino.
Nel dire che la libertà si articola come “libertà da qualcosa” l’autore la considera un concetto negativo, che può venir percepita come assenza; un tipo di pensiero comune tra i pensatori che fanno propria una retorica di tipo distopico.
Quest’assenza di libertà si vede nel romanzo, nell’imprigionamento di Niki, che scopre le potenzialità della libertà proprio attraverso la sua reclusione all’interno della buca di sabbia.
L’epigrafe, che può essere letta come l’espressione della dialettica signore-servo di Hegel, riassume le dinamiche su cui si basa il romanzo, espressione di una dialettica della distanza.[7]
Protagonista assoluta è la sabbia, il cui fluire continuo rappresenta una metafora perfetta della vita umana[2] e della rincorsa ossessiva a un sé pieno di contraddizioni e sfuggevole.[4]
Essa viene descritta in termini scientifici all’inizio del romanzo:
«S’era messo a studiare scritti e opere scientifiche sulla sabbia.Come risultato di queste ricerche, scoprì che la sabbia aveva un carattere piuttosto interessante. Sulla sabbia una voce d’una enciclopedia diceva:”Sabbia. Deposito di minuti detriti delle rocce. A volte contiene ferro magnetico, cassiterite, raramente oro. Diametro 2-1/16 mm”.»[8]
Per poi assumere pian piano connotazioni ambigue, fino a configurarsi come surreale metafora dei legami sociali opprimenti che l’autore vuole delineare.[9]
Come si vede nell'incipit del libro, Niki Junpei viene definito dalla società come una "persona scomparsa":
«Un giorno di agosto un uomo scomparve.»[10]
che si ritrova confinata in una buca di sabbia, ma riesce poi a ridefinire se stesso e la propria vita diventando una persona più autentica.
La sabbia, che intrappola e sottomette Niki, è la metafora di una realtà in movimento, nella quale l’eroe deve riscoprire se stesso, le radici della propria esistenza, e proprio i muri di sabbia che lo intrappolano sono la condizione che permette la scoperta di una nuova identità.[11]
«La sabbia…Visto con gli occhi della sabbia, tutto ciò che possedeva una forma era vano. L’unica cosa certa per essa era il suo movimento che negava ogni forma fissa.»[12]
Abe, come Marx , sembra sostenere che la caratteristica che definisce l’essere umano sia la sua capacità di creare e lavorare.
All’interno di questa logica, la capacità distruttiva della sabbia nel romanzo, può essere paragonata alla potenzialità distruttiva dell’uomo. Nella distopia di Abe gli esseri umani sono sfruttati dalla natura, diventano vittime della loro stessa capacità di sfruttare la natura. La sabbia viene associata alla fatica e brutalità del lavoro, una forma di schiavitù che disumanizza e aliena.[7]
La meccanizzazione del lavoro, l'industrializzazione , avvenuti nello stato capitalista, implicano la perdita di umanità nel lavoro.
L’autore sembra criticare l’industrializzazione, che ha un effetto negativo sulle persone, le rende delle macchine, più simili ad animali anziché liberarle.
Spesso nel romanzo Abe si riferisce ai lavoratori del villaggio o allla giovane vedova con termini che alludono alla loro natura d’animali o insetti.[7]
« Il dorso nudo della donna, piegata su se stessa, aveva un che di terribilmente osceno, animalesco.»[13]
L'esistenza del protagonista si esprime nei soli momenti di creatività, come ad esempio nei suoi ingegnosi tentativi di fuga che lo distolgono dalla solitudine.[14]
«Ora che aveva capito l’intenzione dei paesani che lo avevano imprigionato, bisognava guardare in faccia la realtà e fare un piano pratico di fuga.[...]Per qualche tempo l’uomo si concentrò nel lavoro di scavare la sabbia, che pareva rispondere con docilità; dava una buona speranza per la riuscita finale. […] Prima che l’incertezza crescesse troppo, e anche per riposare un poco, l’uomo decise di accertare la sua teoria fabbricando un piccolo modello della buca.»[15]
Una solitudine che il protagonista stesso scopre essere un insaziabile desiderio per qualcosa di illusorio,[16] tanto che alla fine, pur potendo fuggire, decide di rimanere, consapevole che talvolta la libertà tanto desiderata non è altro che una diversa forma di prigionia e illusione.[2]
« Perchè questo era l’inferno di solitudine?[…] Solitudine significa semplicemente la sete insaziabile che non sa smettere di cercare le cose inesistenti nella realtà.» [17]
All'interno della logica del libro,in un mondo alla rovescia, l’incubo del carcere di sabbia si rivela la terribile normalità, una parte degli ingranaggi del vivere. All’interno di questa visione distopica, la prigione di sabbia è un mondo di segni, tutti dal duplice volto, dove non vi sono vittime innocenti, e dove nessuno è del tutto un criminale. La prigione di sabbia riflette e sfrutta i meccanismi del capitalismo[4], sintetizzati nella realtà della kaisha, l'azienda giapponese. [18]
Le kaisha rappresentano un microcosmo della società giapponese contemporanea, e il romanzo sembra ritrarre la vera natura di queste aziende, e lo si potrebbe interpretare come la descrizione del matrimonio-prigionia tra un nuovo impiegato, Niki, e la kaisha, rappresentata dalla donna e dalla buca di sabbia nella quale vive, mentre le persone del villaggio rappresentano i lavoratori più anziani, i quali insegnano al nuovo arrivato l'importanza della cooperazione. Quella che all’apparenza sembra essere una storia di un mondo surreale potrebbe essere in realtà la rappresentazione allegorica di una realtà che esiste davvero: quella delle kaisha giapponesi, ossia le aziende giapponesi, elemento che simboleggia la società giapponese.[18]
Nel mondo descritto nel romanzo l'amore è inesistente o menzoniero. Gli individui non possono fare affidamento l’uno sull’altro, né tanto meno fidarsi, al punto che se un’emozione simile all’amore si palesasse, essa verrebbe alterata dalla rabbia o dalla paura.[14]
La realtà assume i contorni angoscianti del contrasto tra un individuo alienato e un sistema sociale capace di demolirne l'identità individuale.[4]
L’alienazione nella buca di sabbia in cui si trova costretto a vivere Niki, è connessa all’alienazione del singolo all’interno dello Stato; un esempio può essere la futilità degli standard statali legati ai documenti ai quali il singolo è sottomesso. Come si vedrà nel romanzo, questi documenti danno l’illusione di essere tutelati, ma sono in realtà l’espressione della burocrazia, che incarna le proprietà alienanti dello stato moderno. Le cose che Niki pensava lo tutelassero e liberassero erano ciò che l’avevano già intrappolato. La sua cattura e prigionia nella buca di sabbia sono l’espressione fisica della condizione che stava già vivendo e alla quale era sottomesso.[7]
Nemmeno il sesso dona possibilità di fuga, è anzi alieno, i protagonisti sono estraniati dalla loro stessa esperienza, in un modo simile all’alienazione nel lavoro di cui parla Marx.
«Su quel letto all’occidentale, uomo e donna che si abbandonavano ai sensi, o l’uomo e la donna che si guardavano… l’uomo che guardava se steso che sentiva, e la donna che guardava se stessa che sentiva. La donna che guardava l’uomo che guardava se stesso, e l’uomo che guardava la donna che guardava se stessa…»[19]
L’autore sembra inoltre concordare con Marx nella sua risposta alla domanda del perché gli esseri umani si prestino a questo tipo di lavoro alienante, allo sfruttamento, ossia a causa di confusione ideologica. Secondo Abe quest’ideologia è l’amore per la propria casa, per la propria patria. Quando Niki entra nel villaggio trova la scritta “Amore per il proprio paese”. Abe considera l’amore per la patria una sostituzione fallace di un possibile processo di emancipazione.[7]
L’amore per la patria è un’ideologia funzionale per lo sfruttamento nel lavoro.
«-Un lavoraccio anche per loro dev’essere.
Quando l’uomo pronunciò queste parole asciugandosi il sudore con la manica della camicia, il suo tono era più benevolo verso i giovani lavoratori. [...]
-È vero. Ma si lavora volentieri da noi poiché siamo tutti animati dall’amore per il paese.
-L’amore per che cosa?
-L’amore del proprio paese.
-Questa si che è bella!
Alla risata esterrefatta dell’uomo, anche la donna rise, senza però capire bene lei stessa il perché.»[20]
Abe nel suo romanzo affronta l’opposizione binaria tra individualismo e collettivismo, e crede che l’alienazione nel lavoro possa essere superata facendo interagire questi due aspetti, e inserendo il lavoratore alienato all’interno di un contesto esistenziale più vasto, per comprenderlo.[7]
È un romanzo che per le atmosfere oniriche e surreali [9] mostra analogie con l'opera di Franz Kafka[5]; una realtà apparentemente ordinaria, descritta con tratti realisti e oggettivi, si eleva a mito, a simbolo universale in grado di superare la realtà ordinaria descritta.[16] Si possono vedere anche analogie con i lavori di Beckett e Ionesco, nel raffigurare personaggi calati in un mondo da incubo che si ritrovano ad affrontare l'alienazione, il vuoto, la perdita dell'identità.[11]
Il romanzo diventa la metafora della società giapponese e delle sue contraddizioni,risultato della parziale modernizzazione del Giappone negli anni ‘60. [11]
Il racconto delle vicende di Niki sembra mettere in luce i meccanismi della coercizione: sottomissione, castigo, disciplina, e i crimini dell’uomo moderno in una società che ha fatto suo un sistema disciplinare modernizzato, nuovo, nel quale coercizione e empowerment, emancipazione, si intrecciano tra loro, e dove l’individuo si vede costretto in una rete di organizzazioni lavorative e sociali volte al controllo e coordinate tra loro; un esempio può essere il lavoro nelle fabbriche , le catene di montaggio. Tale struttura lavorativa e coordinazione tra i lavoratori, simile a quella nelle fabbriche, si vede nel lavoro della gente del villaggio. [11]
La donna, compagna di prigionia di Niki, avendo interiorizzato le tecniche necessarie richieste dalla realtà disciplinare in cui vive , istruisce il protagonista e gli mostra come lavorare in modo efficiente. In questa realtà disciplinare Niki è ridotto a mero strumento di lavoro, la gente del villaggio è priva di una propria individualità , è parte di un “tutto”, di un gruppo che sottomette gli individui al volere della collettività.[11]
«Accorgendosi della luce della lanterna, la donna si voltò. Stava spalando la sabbia e riempiva la latta di benzina vuota adoperando abilmente la pala.[...]
-In una parola, cioè, si scava la sabbia dove si vuole, vero?
-Non precisamente dove si vuole…
-Allora, va bene qui?
-Cercate per favore di tagliarla dritto lungo la parete.
-Si spala la sabbia in tutte le case a quest’ora?
-Di notte la sabbia è più umida e perciò si lavora meglio.» [21]
Niki è sottomesso ad una coercizione fisica, come si vede quando viene privato dell’acqua e ricattato e costretto a lavorare, ciò mette in luce anche la natura stessa del lavoro, vero e proprio lavoro forzato.[11]
«-Non c’è nulla da fare? Anche tu soffri, vero? Io ti ho fatto un favore slegandoti; ora tocca a te agire per salvarci!
-Si...ma bisogna domandare a qualcuno del villaggio
-Allora chiediglielo subito!
-Ce la porteranno subito se riprendiamo il lavoro.
-Non dire sciocchezze! Con che diritto pensano di poter negoziare con me in modo tanto barbaro?»[22]
In risposta alla disciplina imposta dall’esterno, l’eroe cerca di disciplinarsi a livello interiore, di emanciparsi, ma è anche spiazzato e indignato dalla mancanza di riconoscimento di ogni suo diritto legale, appellandosi ad una nozione idealistica di legalità e pensando che nessuna autorità, in uno Stato di diritto, avrebbe mai consentito che tutto ciò accadesse.[11]
«E pensate di farla franca con me? Ah, sbagliate di grosso! State commettendo davvero un grave errore. Mi dispiace per voi, ma non sono un vagabondo. Pago le tasse e sono munito della carta d’identità. Tra poco i miei denunceranno la mia scomparsa e sarà un guaio grosso per voialtri. Non capite una cosa tanto semplice? Come spiegherete tutto ciò alle autorità?»[23]
Il concetto di emancipazione espresso in La Donna di Sabbia sembra derivare dal Marxismo.
L’autore mette in relazione l’emancipazione con il lavoro e l’alienazione che ne può derivare. L’emancipazione prevede la conoscenza della schiavitù, dopo averne fatto esperienza diretta.
All’inizio del libro il lettore si deve immedesimare con un uomo scomparso, in un luogo altro, caratterizzato dall’aridità. Abe usa questo luogo liminale, destinazione del protagonista, per sviluppare teorie su varie possibilità di emancipazione.
La strategia dell’autore è inserire il lettore in un ambiente immaginario, ricordandogli che tutto ciò che descrive non è lontano dalla realtà, poiché l’immaginazione non è falsità, ma può invece condurre alla verità. Ecco dunque che, secondo la logica dell’autore, la fuga dalla realtà può mostrare opportunità di fuga nella realtà stessa.[7]
Il mondo alla rovescia del villaggio di pescatori immerso nella sabbia e abbandonato dallo Stato, serve per criticare le sorti del Giappone rurale e tradizionale , all’interno del Giappone moderno,capitalista e industrializzato.[11]
Si presenta come un’allegoria all’interno della quale l’autore esprime la questione della libertà di scelta e dell’autodeterminazione, articolata all’interno e contro una struttura sociale opprimente, che incastra l’individuo in una rete di obblighi e forme.[2]
Quando Niki trova l’acqua nella sabbia, riesce ad evadere mentalmente dalla prigionia, l’acqua rappresenta il suo empowerment, riprende in mano la propria vita e destino, la gente del villaggio non ha più controllo psicologico su di lui. Niki riesce così a emanciparsi e sviluppare un approccio più pragmatico per risolvere i problemi, e ad avere una visione d’insieme più ampia, ha trovato un nuovo equilibrio e una nuova identità.[11]
« Tolse la sabbia e, levando il coperchio, rimase sbalordito: un sottile strato d’acqua copriva il fondo del mastello. […] Una volta scoperta la chiave di questo fenomeno, non avrebbe più dovuto soccombere ai suoi avversari, anche se gli avessero rifiutato la razione d’acqua. […] Era riuscito a trovare l’acqua in mezzo alla sabbia. Finchè possedeva quell’impianto, nemmeno gli abitanti del villaggio avrebbero potuto vantarsi di un potere su di lui.[…] Si trovava nella buca, ma era come trovarsi fuori.[…] La trasformazione della sabbia significava la sua trasformazione. Aveva estratto dalla sabbia, insieme all’acqua, un nuovo se stesso.»[24]
Quando nel romanzo Niki riscopre sé stesso lo si può comprendere con riferimenti alla filosofia del Buddhismo, questo nuovo sé è un sé al negativo, che esiste in un rapporto complicato di distanza dal sé positivo, all'interno di una dialettica della distanza.
La dialettica della distanza offre la possibilità di una riconfigurazione radicale della propria identità, e quella di risvegliare la coscienza e iniziarla ad un processo di emancipazione. Abe suggerisce che è proprio questo tipo di fuga, la fuga dal sé, che permette l’eliminazione della sofferenza, altrimenti ineluttabile all’interno della vita dell’uomo.
Il romanzo si conclude con l’annuncio della scomparsa di Niki, ora ufficialmente “uomo scomparso”, a voler simboleggiare l’esistenza del protagonista in una nuova realtà.[7]
«Si afferma che l'assente Junpei NIKI è scomparso e irreperibile.»[25]
Trasposizione cinematografica
Kōbō Abe scrisse la sceneggiatura per l’omonimo film, di grande successo, del 1964 diretto da Hiroshi Teshigahara.[3] Il film venne presentato al Festival di Cannes nello stesso anno e vinse il Premio Speciale della Giuria.
Nella pellicola, come nell'opera letteraria, viene dipinto un mondo onirico e surreale, all'interno del quale il protagonista lotta per la propria libertà.
Il film, in bianco e nero, attraverso l'abile uso dei chiaroscuri riesce a ritrarre e far risaltare la materialità dei corpi, esplorati come panorami, in scene cariche di erotismo. Le scene in primissimo piano, nelle quali i granelli di sabbia si fondono alla pelle dei due protagonisti, amplificano queste sensazioni, accentuando la dimensione astratta e assurda all'interno della quale Niki Junpei e la donna si muovono.[9]
Ciò che caratterizza questo film, nel quale aspetti horror convivono con altri da dramma erotico, sono la struttura e la consistenza che il regista riesce a dare alla sabbia, all'acqua e ai corpi. Egli è in grado di rendere i corpi vivi, l'acqua fresca e mobile, oltre a riuscire a trasmettere la sensazione tattile delle dita che si posano sulla pelle.[26]
Edizioni
- Kōbō Abe, La donna di sabbia, traduzione di Atsuko Ricca Suga, Introduzione di Gian Carlo Calza, Collana La Gaja Scienza, Longanesi Editore, Milano, 1962.
- Kōbō Abe, La donna di sabbia, traduzione di Atsuko Ricca Suga, Introduzione di Gian Carlo Calza, Collana La Gaja Scienza, Longanesi Editore, Milano, 1972.
- Kōbō Abe, La donna di sabbia, traduzione di Atsuko Ricca Suga, collana Le Fenici, Guanda Editore, Parma, 1990, ISBN 978-8-87-746452-1
- Kōbō Abe, La donna di sabbia, traduzione di Atsuko Ricca Suga, collana Le Fenici, Guanda Editore, Parma, 2012, ISBN 978-8-86-088667-5
Note
- ^ (ES) Raúl Sanz, Abe Kōbō, su kappabunko.com, 11 marzo 2015. URL consultato il 1º agosto 2018.
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- ^ a b c (EN) Kris Kosaka, The Woman in the Dunes, su japantimes.co.jp, 27 dicembre 2014. URL consultato il 1º agosto 2018.
- ^ a b c d e f g Luisa Bienati (a cura di), Letteratura giapponese. 2, Dalla fine dell'Ottocento all'inizio del Terzo millennio, Giulio Einaudi, 2005, pp. 187-189, OCLC 885862899.
- ^ a b (EN) Kathleen Kuiper, The Woman in the Dunes, su britannica.com, 23 novembre 2011. URL consultato il 1º agosto 2018.
- ^ (FR) Laurent Rauber, Dans les sables mouvants d’Abe Kôbô, su kajap.hypotheses.org, 19 settembre 2010. URL consultato il 2 agosto 2018.
- ^ a b c d e f g h (EN) Isaac Clarke Holyoak, A Dialectic of Distance: Emancipation in Kōbō Abe's "The Woman in the Dunes", 19 Aprile 2010.
- ^ Kōbō Abe, La Donna di Sabbia, collana Le Fenici, Guanda Editore, 2012, p. 21.
- ^ a b c Maria Roberta Novielli e Paola Scrolavezza, Lo schermo scritto : letteratura e cinema in Giappone, Venezia, Libreria Editrice Cafoscarina, 2012, pp. 143-148, OCLC 828224960.
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- ^ a b c d e f g h i Marianne Marroum, Sands of Imprisonment, Subjugation, and Empowerment Reading Foucault in Kobo Abe’sThe Woman in the Dunes, in The Comparatist, vol. 31, Maggio 2007, pp. 88-104.
- ^ Kōbō Abe, La Donna di Sabbia, collana Le Fenici, Guanda Editore, 2012, p. 50.
- ^ Kōbō Abe, La Donna di Sabbia, collana Le Fenici, Guanda Editore, 2012.
- ^ a b Nancy S. Hardin, Abé Kobo, An Interview with Abé Kobo, in Contemporary Literature, vol. 15, n. 4, 1974.
- ^ Kōbō Abe, La Donna di Sabbia, collana Le Fenici, Guanda Editore, 2012, pp. 72-79.
- ^ a b Joseph P. Strelka, Kafkaesque Elements in Kafka's Novels and in Contemporary Narrative Prose, in Comparative Literature Studies, vol. 21, n. 4, 1984.
- ^ Kōbō Abe, La Donna di Sabbia, collana Le Fenici, Guanda Editore, 2012, pp. 223-224.
- ^ a b (EN) Takuya Ito, Abe Kobo’s Woman in the Dunes as a Metaphor for Human Relations Within Japanese Companies,, 23 Aprile 2007.
- ^ Kōbō Abe, La Donna di Sabbia, collana Le Fenici, Guanda Editore, 2012, p. 152.
- ^ Kōbō Abe, La Donna di Sabbia, collana Le Fenici, Guanda Editore, 2012, pp. 46-47.
- ^ Kōbō Abe, La Donna di Sabbia, collana Le Fenici, Guanda Editore, 2012, pp. 41-43.
- ^ Kōbō Abe, La Donna di Sabbia, collana Le Fenici, Guanda Editore, 2012, pp. 137-138.
- ^ Kōbō Abe, La Donna di Sabbia, collana Le Fenici, Guanda Editore, 2012, pp. 70-71.
- ^ Kōbō Abe, La Donna di Sabbia, collana Le Fenici, Guanda Editore, 2012, pp. 243-247.
- ^ Kōbō Abe, La Donna di Sabbia, collana Le Fenici, Guanda Editore, 2012, p. 251.
- ^ (EN) Rob Mackie, Woman of the Dunes, su theguardian.com, 10 agosto 2006. URL consultato l'11 settembre 2018.
Bibliografia
- Luisa Bienati (a cura di), Letteratura giapponese. 2, Dalla fine dell'Ottocento all'inizio del terzo millennio, Giulio Einaudi, Torino, 2005
- Luisa Bienati e Paola Scrolavezza, La narrativa giapponese moderna e contemporanea, Marsilio editori, Venezia, 2009
- Nancy S. Hardin,An interview with Abé Kobo, in "Contemporary Literature", vol. 15, n. 4, 1974
- Isaac Clarke Holyoak, A Dialectic of Distance: Emancipation in Kōbō Abe's "The Woman in the Dunes", 19 Aprile 2010
- Kris Kosaka, The Woman in the Dunes, su japantimes.co.jp, 27 dicembre 2014
- Kathleen Kuiper, The Woman in the Dunes, su britannica.com, 23 novembre 2011
- Rob Mackie, Woman in the Dunes, su theguardian.com, 10 agosto 2006
- Marianne Marroum, Sands of Imprisonment, Subjugation, and Empowerment Reading Foucault in Kobo Abe’sThe Woman in the Dunes, in “The Comparatist”, vol. 31, pp. 88-104, Maggio 2007
- Maria Roberta Novielli e Paola Scrolavezza, Lo schermo scritto: letteratura e cinema in Giappone, Libreria Editrice Cafoscarina, Venezia, 2012
- Laurent Rauber, Dans les sables mouvants d'Abe Kôbô, su kajap.hypotheses.org, 19 settembre 2010
- Raúl Sanz, Abe Kobo, su kappabunko.com, 11 marzo 2015
- Joseph P. Strelka, Kafkaesque Elements in Kafka's Novels and in Contemporary Narrative Prose, in "Comparative Literature Studies", vol. 21, n. 4, 1984
- Takuya Ito, Abe Kobo’s Woman in the Dunes as a Metaphor for Human Relations Within Japanese Companies, pubblicato presso ejcjs, 23 Aprile 2007