Matilde di Canossa
Matilde (in latino medievale Mathildes) di Canossa fu una feudataria medievale, e un'ardente sostenitrice del Papato nella lotta per le investiture.


Matilde di Canossa
dal Cod. Vat. lat. 4922 (1115)
Matilde nacque a Mantova nel 1046 e morì a Bondeno di Roncore (Reggiolo) il 24 luglio 1115.
Riuniva dalla nascita i titoli di contessa, duchessa, marchesa ed in seguito fu Regina d'Italia dal 1111, quando fu incoronata presso il castello di Bianello (Reggio Emilia) dall'imperatore Enrico V.
La Gran Contessa, di stirpe longobarda, era figlia di Beatrice di Lotaringia e di Bonifacio di Canossa; era nipote dell'Imperatore Enrico III (Re d'italia) pronipote del Papa Leone IX, cugina di Enrico IV Imperatore del Sacro Romano Impero e nipote del Papa Stefano IX; nel 1076 entrò in possesso di un vasto territorio che comprendeva la Lombardia, l'Emilia-Romagna e la Toscana, e che aveva il suo centro a Canossa, nell'Appennino reggiano.
Donna di primo piano assoluto per quanto all'epoca le donne, anche nobili, fossero considerate di rango inferiore, arrivò a dominare tutti i territori italici a nord dei possedimenti di Roma.
La stirpe
Matilde ottenne in dote la signoria ed il titolo di contessa di Canossa, Reggio, Modena, Mantova, Brescia e Ferrara, marchesa di Toscana e la signoria su vasti territori dell'odierna Lombardia, Emilia-Romagna e sulle terre che includevano il marchesato di Toscana, poi in seguito acquisì la signoria sul Ducato di Spoleto, su signorie e castelli ereditati dalla madre nell'odierno Belgio, Lussemburgo, Francia, Germania e su molti altri territori del patrigno Goffredo il Barbuto.
La sua famiglia che traeva il suo potere da Canossa, era di stirpe longobarda.
La madre, Beatrice, apparteneva alla famiglia più illustre dell'impero, figlia di Federico duca della Lotaringia e di Matilde figlia di Ermanno duca di Svevia e di Gerberga, discendente dei Re di Borgogna.
Il padre Bonifacio, era l'ultimo discendente della potente famiglia canossiana, erede diretto dell'avo Adalberto Atto (o Attone), il capostipite della famiglia degli Attoni (o Attonidi).
Il casato dei Canossa basava i suoi poteri non su concessioni, politiche o imperiali, di territori e castelli, ma dai diritti conquistati e dalle consistenti proprietà allodiali, cioè private, della famiglia. Avevano ampliato i propri beni principalmente attraverso l'acquisto di terre o alla permuta di beni (ad esempio un castello in cambio di un villaggio) cercando di cedere beni sparsi in favore della creazione di un nucleo di proprietà di notevole entità, ma anche all'oculata gestione dei matrimoni: i Canossa indirizzavano i propri membri giovani a matrimoni con discendenti di famiglie poste su un gradino sociale sempre superiore (come ad esempio tra Adalberto Atto ed Ildegarda). Oltretutto i Canossiani erano completamente inseriti nel sistema che procurava cariche ecclesiastiche in cambio di denaro (esistevano vere e proprie tariffe che richiedevano investimenti di alte cifre) ed essere alla direzione di una diocesi, essere a capo di una canonica, di un monastero o di una pieve era fonte di notevoli guadagni e ricchezze. I Canossa erano anche un esperti gestori di proprietà altrui, spesso signori o ecclesiastici lontani demandavano la gestione di castelli e cittadine che spesso non tornavano mai in possesso dei proprietari ma continuavano a far parte del patrimonio dei Canossa. Alcuni contratti stipulati da Bonifacio prevedevano la precaria cioè un'occupazione di 3 generazioni in cambio di altri beni ma in seguito bastava che l'occupante non ricambiasse la parola data tenendosi il feudo. Vi erano in fine le vere e proprie espropriazioni violente dei beni desiderati: Bonifacio non si fece scrupolo più volte di prendere con le armi le proprietà delle chiese locali. Nel volgere di qualche generazione i Canossa, castello dopo castello, possedevano nei loro beni privati di famiglia tutto il nord-Italia. Bonifacio iniziò la sua carriera di condottiero con un'imponente battaglia campale nel 1021 per la successione al potere e per tutta la sua vita fu definito uom d'armi forte come un leone spesso al fianco o in aiuto dell Imperatore Corrado II in tutta Europa.
L'infanzia
Sulla sua nascita e l'infanzia le fonti medioevali ricostruiscono un tracciato in base a quanto avvenne nella sua famiglia in quegli anni. Sulla data di nascita gli storici sono abbastanza concordi a fissarla nel 1046, anche perché Donizone afferma che nella data della sua morte Matilde avesse 69 anni, ma senza con cio' poter determinare il mese o il giorno. Molto contrastato è il dibattito sul luogo della sua nascita; le ipotesi più accreditate dagli studiosi dell'epoca sono Lucca (per Francesco Maria Fiorentini, erudito del '600), Canossa (per il benedettino Camillo Affarosi e per il Ferretti), Ferrara (per il Bacchini) Mantova (per il Donesmondi, l' Agnelli Maffei e il Volta), San Miniato (per Lorenzo Bonincontri, erudito del '400). Viene reputata plausibile dai più Mantova in quanto Marengo (vicinissima a Mantova) era stata la sede della corte dei Canossiani nell'anno di nascita di Matilde.
La scelta del nome fu della madre Beatrice che rinnovava il nome della propria madre, la figlia del Duca di Svevia Ermanno II, come aveva fatto col primo figlio chiamandolo Federico come suo padre Duca della Lotaringia. La madre Beatrice infatti era di stirpe regia e manifestava con questa scelta la propria preminenza col potente marito Bonifacio.
L'infanzia della Gran Contessa è sorvolata dalle cronache dell'epoca che preferivano dare l'attenzione ai maschi, in questo caso al fratello maggiore Federico, ed oltretutto Matilde aveva anche un'altra sorella più grande di lei, Beatrice. Le fonti negano uno stretto rapporto con i genitori che si dedicavano al figlio maschio destinato alla successione.
Matilde trascorse la sua gioventù tra i freddi laghi ed i nevosi boschi padani, ed a differenza delle nobildonne del suo tempo, trascorreva molto tempo per dedicarsi alla cultura e all'educazione: fin da piccola "conosceva la lingua dei Teutoni e sa anche parlare la garrula lingua dei Franchi" (sottolinea Donizone). La sua lingua madre era il longobardo ed era educata ai buoni costumi ed a modi modesti dagli ecclesiastici mantovani che la avevano presa a benvolere dopo che a soli 6 anni il padre mori' di morte violenta; specialmente Giovanni da Mantova le insegnò il trivio (grammatica, retorica e dialettica) e il quadrivio (aritmetica, geometria, musica, astronomia), che lasciarono un'impronta in tutta la sua esistenza nella passione per i libri, l'arte, la liturgia e la musica.
La madre rimasta vedova con 3 figli piccoli aveva difficoltà a reggere il ruolo di Bonifacio e perciò si appoggiò ai pontefici, anche perché i Papi erano ecclesiastici cortigiani dei Canossa o parenti come ad es. il Papa Leone IX che era suo prozio da parte della madre Beatrice.
Nel 1053 Matilde ed i suoi fratelli ottennero un privilegio di protezione personale dall'Imperatore Enrico III, ma in quello stesso anno muoiono i due fratelli di Matilde a causa di un maleficio (probabilmente un avvelenamento involontario).
Alla morte del Papa Leone IX, parente di entrambi i genitori di Matilde, venne eletto papa Vittore II dal potere imperiale. Visto il crescente potere delle due Canossiane e l'assenza del loro alleato Leone IX, Enrico III prende in ostaggio Matilde (di soli 10 anni) e sua madre e le porta in Germania, ma dopo un anno muore e Matilde ritorna a Canossa. Alla morte dell'imperatore Enrico III la madre Beatrice cerca una nuova protezione risposandosi con Goffredo il Barbuto cugino del Papa Leone IX; Goffredo, che diviene il Patrigno di Matilde, era un aristocratico dedito alle armi ed alle arti guerresche di indole belligerante, figlio di Gozzellone, Duca di Lotaringia succeduto al padre di Beatrice. Il patrigno, per consolidare il potere suo e dei Canossa e per non dover in seguito dividere i loro possedimenti, impone la promessa di matrimonio combinato tra i due bambini (e cugini di quarto grado) Matilde, sua figliastra, e Goffredo il Gobbo, suo figlio naturale. Presto però l'imperatore del Sacro Romano Impero lo costringe a fuggire e ritirarsi in Lotaringia, lasciando nuovamente sole, ma con più possedimenti, Matilde e sua madre.
Il Papa Vittore II era ospitato ad Arezzo dai Canossiani, e qui muore nel 1057 lasciando come successore Papa Stefano IX, il fratello del patrigno di Matilde che voleva farsi incoronare Imperatore, usufruendo di un vuoto di potere temporaneo; non ci riuscì per la morte del Papa in terra toscana dei Canossa ma senz'altro in quell'epoca la famiglia era la più potente d'Europa. A questo punto il papato decide di sottrarsi alle logiche politiche imposte dai potenti dell'impero introducendo il conclave dei cardinali, tuttora in vigore. Il pontificato allontanatosi dall'impero si affidò perciò alla tutela dei Canossa, che grazie al diritto-dovere dell'accompagnamento dei Pontefici, finirono col determinare la scelta dei Papi e le loro sorti.
Anche il nuovo Papa Benedetto X durò poco e anch'egli morì alla corte di Matilde nel 1061, ed a questo punto vennero eletti 2 papi: il Vescovo di Parma Cadalo, come Papa Onorio II eletto da parte dell'Imperatore ed il Vescovo di Lucca nonché ecclesiastico dei Canossa Anselmo da Baggio, come Papa Alessandro II. La casata di Matilde si oppose ad Onorio II e dopo varie vicissitudini si concordò di eseguire un nuovo concilio nel cuore del dominio canossiano, a Mantova. Il Papa Onorio II preferì non partecipare per timore della sua vita e comunque Alessandro II dimostrò la legalità della sua elezione; i Canossa giudici dal quale dipendeva il Paparum Ducatus allora decisero di assegnare il Papato al loro candidato Alessandro II. Matilde si ritrovava di nuovo con un Papa amico o parente.
Il matrimonio con Goffredo
Matilde alla fine del 1069 corre al capezzale del patrigno Goffredo morente in Lotaringia; prima della sua morte Matilde compie il rito di matrimonio col suo lontano cugino e fratellastro Goffredo il Gobbo per assicurare la successione ai titoli e possedimenti, com'era stato stabilito in una clausola del matrimonio del patrigno con la madre Beatrice. Il marito è un giovane coraggioso e retto ma oberato da difetti fisici, comunque Matilde, conscia dei doveri nobiliari per i quali era stata educata e con la persuasione della madre, seppur riluttante resta in Lotaringia coabitando col marito e ne rimane incinta nell'autunno 1070; tra la primavera e l'estate del 1071 partorisce una bambina che chiama Beatrice per poter rinnovare il nome della madre, nome molto frequente nella genealogia di Lotaringia. Il parto non è facile, come quasi tutti i parti del medioevo, e dopo pochi giorni la piccola Beatrice muore. La Beatrice madre erige il monastero di Frassinoro nell'Appennino Modenese, com'era usanza tra i potenti, per "la grazia dell'anima della defunta Beatrice mia nipote".
Durante questo periodo, il più tremendo per la sua vita, Matilde rischiava la sua incolumità personale sia a livello fisico per i postumi di un parto difficile che nel medioevo spesso si risolvevano con la morte della madre, e per l'ira del casato di Lotaringia che vedeva di malocchio Matilde che non aveva dato un erede al Signore, compito principale, se non unico compito, per le donne dell'epoca. In gennaio del 1072 fugge appena le circostanze le offrono la possibilità, e rientra a Canossa, presso la madre.
Tra il 1073 ed il 1074 Goffredo rientrò nella penisola italica per riconquistare Matilde regalandole possedimenti ed armate, ma il suo atteggiamento fu estremamente fermo e rigido verso un potente che anche se oberato da limiti fisici (tra gli altri gozzo e gobba) godeva della stima del Papa e dell'imperatore, e su di questo si è costruito il mito di una donna priva di debolezze.
Il marito Goffredo il Gobbo nel 1076 (come riporta Lamberto di Hersfeld) cadde vittima di un'imboscata nelle sue terre nei pressi di Anversa: durante la notte spinto da bisogni corporali si recò al gabinetto e un sicario che stava in agguato gli conficco' una spada tra le natiche lasciandogli l'arma piantata nella ferita. Sopravvissuto a fatica, una settimana dopo, il 27 febbraio 1076, morì, lasciando Matilde vedova e molti la accusarono di essersi macchiata personalmente di questo crimine: ..con la complicità di una serva fedelissima lo fece uccidere in gran segreto mentre stava seduto al cesso, infilandogli la spada nell'ano.. (Landolfo Seniore storico di Milano); comunque come colpevole viene indicato più verosimilmente il conte fiammingo Roberto. In ogni caso Matilde non versò al clero neppure un obolo per l'anima del marito ucciso, né fece recitare una messa o dedicò un convento com'era d'uso.
40 anni di regno
Il 18 aprile 1076 muore Beatrice, la madre di Matilde, e da questo momento, anche se prima aveva già regnato affiancata alla madre, diviene a 30 anni l'unica sovrana incontrastata di tutte le terre che vanno dal Lazio al lago di Garda.
L'umiliazione di Canossa
Matilde fu una fedele alleata di papa Gregorio VII contro l'imperatore Enrico IV durante la lotta per le investiture, che vide contrapposta l'autorità della Chiesa a quella dell'Impero e che culminò con l'umiliazione di Canossa del 28 gennaio 1077. In quest'occasione l'imperatore, per ottenere la revoca della scomunica da parte del papa, fu costretto ad umiliarsi, dovendo attendere d'entrare davanti al portale d'ingresso del castello di Canossa per tre giorni e tre notti inginocchiato col capo cosparso di cenere mentre imperversava una bufera di neve. In seguito dallo storico compromesso tra i due rappresentanti dei poteri medievali (che però non fu definitivo, dato che ebbe termine solo con il concordato di Worms), Matilde ricevette lustro e potere.
Dopo la morte di Gregorio a Salerno nel 1085, Enrico IV aveva eletto l'antipapa Clemente III, mentre Matilde cercò di riprendere il controllo sulla Chiesa, sostenendo la nomina dell'abate di Montecassino, papa Vittore III. L'esercito imperiale venne sconfitto dai feudatari di Matilde presso Sorbara, nel Modenese, e le armate di Enrico dovettero riattraversare le Alpi.
A seguito di vari rivolgimenti, venne eletto pontefice il vescovo francese di Ostia, papa Urbano II. La contessa di Canossa riuscì a portare dalla parte della Chiesa il figlio dell'imperatore, Corrado. Nel 1091 venne organizzata un'incoronazione farsa a Pavia, a cui assistettero Matilde e Papa Urbano, in cui il figlio dell'imperatore venne nominato Re d'Italia. A questo titolo venne aggiunto ben presto quello di imperatore, in quanto la chiesa considerava decaduto Enrico IV.
Il matrimonio con Guelfo V
Matilde si trovo' improvvisamente a fronteggiare una nuova discesa del'Imperatore Enrico IV, e si preparò al peggio con un matrimonio politico, dato che l'attuale pontefice disgiungeva il potere vaticano da quello canossiano, com'era stato sino a questo momento, per ultimo fino a Gregorio IV. Matilde si sposa col Duca Welf V di Svevia (italianizzato in Guelfo), figlio del Duca Welf IV (Guelfi e Ghibellini), creando una joint venture molto potente costituita dal nuovo Papa Urbano II e dal Duca, per contrastare efficacemente il cugino Enrico IV. Matilde invia una lettera al suo prescelto: Non per leggerezza femminile o per temerarietà, ma per il bene di tutto il mio regno, ti invio questa lettera accogliendo la quale tu accogli me e tutto il governo della Longobardia. Ti darò tante città tanti castelli tanti nobili palazzi, oro ed argento a dismisura e soprattutto tu avrai un nome famoso, se ti renderai a me caro. e non segnarmi per l'audacia perché per prima ti assalgo col discorso. È lecito sia al sesso maschile che a quello femminile aspirare ad una legittima unione e non fa differenza se sia l'uomo o la donna a toccare la prima linea dell'amore, solo che raggiunga un matrimonio indissolubile. Addio. La Gran Contessa inviò migliaia di armati al confine della Longobardia a prendere il Duca, lo accolse con onori, organizzò il convito nuziale di 120 giorni con un apparato al quale sarebbe impallidito qualunque sovrano medioevale. Cosma di Praga, autore del Chronicon Boemorum, riporta che dopo il matrimonio, per due notti, il duca aveva rifiutato il letto nuziale ed il terzo giorno Matilde si presentò nuda nella sua beltà su una tavola preparata ad hoc su alcuni cavalletti dicendogli tutto è davanti a te e non v'è luogo dove si possa celare maleficio; il Duca rimase interdetto e lei nuda ed indignata lo assali' a suon di ceffoni e sputandogli addosso lo caccio' con queste parole: Vattene di qua, mostro, non inquinare il regno nostro, più vile sei di un verme, più vile di un'alga marcia, se domani ti mostrerai, d'una mala morte morirai... . Il Duca fuggì e di lì in poi fu soprannominato Guelfo l'impotente. Il giovane Duca marito di Matilde così si separò dopo pochissimi giorni ed ovviamente i due non ebbero mai figli e discendenza.
La vittoria contro l'imperatore
Dopo numerose vittorie, tra le quali quella sui Sassoni, l'imperatore Enrico si prepara nel 1090 alla sua III discesa in terra italica per infliggere una sconfitta definitiva alla parte riformista. L'itinerario fu il suo solito, il Brennero e Verona, confine coi possedimenti di Matilde che iniziavano a partire dalle porte della città. La battaglia si accentrò presso Mantova. Matilde si assicuro' la fedeltà' degli abitanti esentandoli da alcune tasse come il teloneo ed il ripatico e con la promessa di essere integrati nello status di Cittadini Longobardi col diritto di caccia, pesca e taglialegna su entrambe le rive del fiume Tartaro. La città resistette fino al tradimento del giovedì santo, nel quale i cittadini cambiarono fronte in cambio di alcuni ulteriori diritti concessi loro dall'assediante Enrico. Matilde si arroccò sull'appennino reggiano attorno ai suoi castelli più inespugnabili nel 1092 e dopo alterne e sanguinose battaglie tra l'intricato sistema poligonale di difesa su cui Matilde poteva contare in Val d'Enza, l'esercito imperiale venne preso in una morsa in questa complessa rete di castelli, rocche, borghi fortificati sul quale si era costruito sin da Atto il potere dei Canossa, ed aveva sempre resistito ad ogni attacco che fosse stato portato sull'Appennino.
Nonostante l'esercito Imperiale fosse temibilissimo, fu distrutto dalla vassalleria matildica dei piccoli feudatari ed assegnatari dei borghi fortificati che mantennero intatta la fedeltà ai Canossa anche di fronte all'Impero. La conoscenza perfetta dei luoghi, la velocità delle informazioni e degli spostamenti, le posizioni strategiche che occupavano tutti i luoghi elevati della val d'Enza, aveva avuto la meglio sul potente imperatore. Pare che la stessa contessa con un manipolo di guerrieri scelti e fedeli avesse partecipato personalmente alla battaglia, galvanizzando gli alleati all'idea di combattere una guerra giusta. L'esercito imperiale fu preso a tenaglia nella vallata, ma la sconfitta totale fu più di una guerra persa: Enrico si rese conto dell'impossibilita' di penetrare quei luoghi asprissimi, ben diversi dalla Pianura Padana o della Sassonia, non si trovava più di fronte ai confini tracciati dai fiumi dell'Europa centrale, ma erano scoscesi sentieri, calanchi, luoghi impervi protetti da rocche agguerrite, da casetorri che svettavano verso il cielo, e delle quali restano i ruderi nella Val d'Enza, dalle quali scaricavano dardi di ogni genere su chiunque si avvicinasse: lance, frecce, olio bollente, giavellotti, massi, picche infocate, con queste armi chi si trovava più in alto aveva spesso la meglio.
Dopo la vittoria di Matilde molte città come Milano, Cremona, Lodi e Piacenza si appoggiarono alla Contessa Canossiana per sottrarsi al controllo imperiale. Il figlio stesso dell'Imperatore, Corrado, soggiogato dal carisma di Matilde, si ribello' al padre e cominciò a braccarlo senza tregua. Matilde libero' e diede rifugio persino alla moglie dell'imperatore Enrico, Prassede, figlia del Re di Russia ed ex vedova del Marchese di Brandeburgo, che aveva denunciato al concilio di Piacenza del 1095 le inaudite porcherie sessuali che aveva preteso Enrico da lei e per le quali veniva relegata in una specie di prigionia a Verona. Si accese dunque una lotta all'interno steso della famiglia imperiale, che indebolì sempre più Enrico IV.
L'incoronazione
Nel 1111 sulla via del ritorno l'Imperatore del Sacro Romano Impero, Enrico V, la incontra a Bianello, vicino a Reggio per confermarle i feudi messi in dubbio dal padre e per conferirle un nuovo titolo. Così il figlio del suo vecchio antagonista crea Matilde Regina d'Italia e Vicaria Papale. Ancora oggi in quei luoghi dell'Appennino Reggiano si commemora l'avvenimento dell'incoronazione ogni anno con rievocazioni in costume d'epoca.
La morte
Matilde morì nel 1115. Il suo corpo è attualmente sepolto in San Pietro a Roma, nella tomba scolpita dal Bernini, unica donna insieme alla regina Cristina di Svezia. Cronologicamente viene prima sepolta in San Benedetto in Polirone (San Benedetto Po), poi, nel 1633, per volere del papa Urbano VIII, la sua salma viene traslata a Roma in Castel Sant'Angelo. Nel 1645 i suoi resti trovano definitiva collocazione nella Basilica di San Pietro in Vaticano. La sua tomba scolpita dal Bernini è detta Onore e Gloria d'Italia.
Quando alla morte senza eredi di Matilde ed alla conseguente estinzione dei Canossa il suo immenso possedimento personale si frantumò, alcuni castelli rimasero in possesso ai discendenti della sorella di Tedaldo (il nonno di Matilde) Prangarda, a signori locali e a Communi Militum di cavalieri e mercenari; alcuni possedimenti vennero addirittura dimenticati in un vuoto di potere, altri semplicemente inglobati nei territori papali.
I Vassalli dei Canossa diedero vita alle dinastie dei Baratti, nel Parmense, e degli Attoni (Iattoni o Jattoni) di Antesica e di Beduzzo, nella Val Parma.
Dopo la sua morte, attorno al personaggio venne a crearsi un alone di leggenda. Gli agiografi ecclesiastici ne mitizzarono il personaggio facendone una contessa semi-monaca dedita alla contemplazione e alla fede. Lo stesso Dante Alighieri ne sentì parlare e la inserì nell'XI canto del Paradiso della Divina Commedia, ponendola nella cerchia dei militanti per la fede.
In realtà si trattò di un personaggio di forti passioni sia spirituali sia carnali, perfettamente in linea coi tempi. Gregorio VII, insieme al monaco Anselmo, la teneva in uno stato di continua esaltazione mistica. Una volta morto Anselmo, la contessa, che soffriva di un eczema, per curarsi si strofinava nuda sul tavolo dove era stato lavato il cadavere; in occasione dei frequenti attacchi di epilessia cui era soggetta, si calmava palpando l'anello vescovile del defunto che portava al dito.
Di orgoglio smisurato di fronte agli uomini, diventava remissiva davanti alle alte cariche ecclesiastiche. Era passionaria, priva di senso d'umorismo e facile al pianto. Si confessava ogni mattina all'alba vestita da popolana penitente ma quando montava a cavallo, si vestiva di tutto punto e si ornava con speroni d'oro. Qualsiasi signore, foss'anche di sangue reale, che passava per le sue terre era tenuto a piegare il ginocchio e riverirla come una sovrana. Sicuramente un personaggio non privo di grandezza, ma solo umana[1].
Cultura
Le vicende romanzate di Matilde ed Enrico IV sono raccontate da Luigi Pirandello nella sua tragedia teatrale e capolavoro del 1921, in tre atti, Enrico IV, divenuto poi un film nell'84 del regista Marco Bellocchio.
Note
- ^ Montanelli, Indro, e Roberto Gervaso, Storia d'Italia, L'Italia dei comuni, Milano, Rizzoli, 1966