Castello di Monte Tauro

castello nel comune italiano di Taormina (ME)
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Il castello di Monte Tauro o castello di Taormina, è ubicato a Taormina.

Castello di Monte Tauro
Ubicazione
StatoItalia (bandiera) Italia
Città Taormina
Coordinate37°51′16.29″N 15°17′04.41″E
Informazioni generali
TipoCastello
Inizio costruzioneXI secolo (?)
Condizione attualeNon agibile
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Abbarbicato sulla rocca omonima, a quasi 400 metri di quota, la posizione consente di spaziare e controllare l'ampia quinta naturale del versante ionico delimitata a nord dallo Stretto di Messina, a sud la vallata del fiume Alcantara e le pendici dell'Etna, in lontananza l'impianto urbano della città di Catania. Ad ovest il sistema montuoso dei Peloritani, caratterizzati da un insieme di particolari aspetti storico, naturali e paesaggistici di notevole interesse.

Storia

 
Castello.
 
Castello.
 
Castello.

Epoca greco - romana

Rinvenimento di insediamenti d'epoca protostorica.

In età greca e romana, la rocca del Tauro era l'acropoli inferiore di Tauromenion. A livello superiore si contrapponeva l'acropoli superiore identificabile con l'attuale fortificazione denominata castello di Mola. Le due acropoli, gli edifici fortificati e i rispettivi nuclei abitati erano distinti rispettivamente in castrum superius e castrum inferior.

Epoca bizantina

La prima costruzione fortificata risale verosimilmente all'età bizantina, rappresentando a lungo uno degli avamposti di difesa nella guerra contro gli arabi. Come per la soprastante fortificazione di Mola è ipotizzabile un intervento ricostruttivo sui manufatti anteriore alle dispute per il contrasto delle incursioni arabe.

Allo scopo Costantino Caramalo, patrizio, ultimo stratega di Taormina del IX secolo provvede a rinforzare le fortificazioni di Castelmola.[1]

Epoca araba

Prima invasione dei Saraceni.[2] Eufemio prefetto di Sicilia, cospira contro l'imperatore Michele il Balbo e nel'827 alleatosi con Ziyadat Allah I consegna l'isola ad Asad ibn al-Furat. Siracusa e Taormina furono gli ultimi baluardi a resistere tenacemente.

Nell'agosto del 908 l'aglabita Ibrahim II e il figlio Abu l-'Abbas 'Abd Allah ibn Ibrahim promossero una nuova invasione dell'isola con l'intento di spingersi fino a Roma.[3] Sbarcari sulle coste occidentali e constatando che Palermo era già abitata dagli emiri, puntarono su Taormina sottoponendo la cittadina ad un terrificante assedio culminato con una feroce strage dei suoi abitanti.[4]

La capitolazione avvenne sotto il mandato dell'imperatore bizantino Leone VI il Filosofo, basileus dei Romei,[5] Con la resa del 910 i Saraceni s'impadronirono di Taormina.[6]

Seconda invasione dei Saraceni.[7] Approfittando della temporanea assenza di Ibrahim i taorminesi ripresero la città.[7] Nel 919 regnante Costantino VII Porfirogenito, consigliato dai tutori reggenti, causa la minore età, è firmata la pace da Eustachio di Calabria.[8]

961 - 962, Fine della tregua. Ad agosto il governatore Achmed, con le flotte e le armate di rinforzo comandate dallo zio Alcaid-Ben-Ammer, inizia un nuovo assedio. Dopo 5 mesi, sul finire di dicembre, avviene la capitolazione della città.[9]

Terza invasione dei Saraceni.[10] Niceforo Foca imperatore, effettua un ulteriore disperato tentativo di riconquista con lo scopo di riprendere l'isola.[10] Nel 964 - 965 la flotta navale e le armate sono affidate al giovane arrogante Patrizio Emanuele.[11]

Nel 969 dopo un assedio durato 5 anni l'ennesima capitolazione.[12]

Il territorio dell'isola fu suddiviso in cinque unità amministrative governate da altrettanti principi insediati nelle città di: Taormina, Palermo, Messina, Siracusa, Trapani.[13]

Epoca normanna

La liberazione di Taormina dalla tirannide saracena avviene per opera del Gran Conte Ruggero come descritto da Goffredo Malaterra.[14][15] Il conte adottò l'ingegnosa strategia di tagliare ogni forma di rifornimento: bloccò gli accessi via mare con la chiusura del porto, intorno alla città fece edificare ventidue torri di legno.[16] Lo scopo delle strutture provvisorie era quello di controllare e tagliare ogni possibile scambio e contatto con l'esterno. Questa tattica costrinse Taormina e i suoi invasori alla capitolazione pochi mesi dopo l'inizio dell'assedio.

  • 1077, assedio ed espugnazione con le armi, i saraceni con la popolazione ostaggio si asserragliarono all'interno della cinta fortificata;
  • 1078, isolamento e conquista per fame, epilogo finale con la presa e resa d'agosto.[17]

La vulnerabilità dei territori litoranei maggiormente esposti alle incusioni navali, determinò la soppressione della Dioecesis Tauromenitana. Tutte le diocesi peloritane confluirono temporaneamente nella neocostituita diocesi di Troina arroccata nel cuore dei Nebrodi.

Nel 1134 l'abitato è sottoposto al monastero di San Salvatore della Placa presso Francavilla di Sicilia.

Del 1150 la notizia riguardo alla presenza di una fortezza "difendevole" edificata sulla sommità di una rocca, sovrastante l'abitato. Anche lo storico Ugo Falcando distingue l'abitato fortificato dalla fortezza, baluardo munito edificato su di una rupe sovrastante il paese. La fortificazione è documentata dal geografo arabo al-Idrisi nel "Libro di Ruggero" del 1154.

Epoca sveva

Durante il dominio di Federico II di Svevia, la fortezza fu affidata ad un nobile castellano. Benché costruita in epoca normanna la struttura pervenuta presenta essenzialmente caratteri d'architettura federiciana.

Epoca aragonese

Una fonte del 1353 distingue il castello di Mola da quello di Monte Tauro, fortificazione del castrum inferius. Nel XV secolo sono documentati restauri e modifiche alle mura della fortezza. Tra i due fortilizi è documentata la Torre Malvicino edificata per volontà di re Ludovico di Sicilia.[20]

Epoca spagnola

Rivalorizzazione del sito con la costruzione di un luogo di culto dedicato alla Madonna della Rocca,

Epoca contemporanea

[30]

Galleria d'immagini

Note

  1. ^ Giovanni di Giovanni, pag. 174
  2. ^ Giovanni di Giovanni, pag. 166
  3. ^ Giovanni di Giovanni, pag. 178 - 180
  4. ^ Giovanni di Giovanni, pag. 187
  5. ^ Giovanni di Giovanni, pag. 166 e 167
  6. ^ Giovanni di Giovanni, pag. 169
  7. ^ a b Giovanni di Giovanni, pag. 190
  8. ^ Giovanni di Giovanni, pag. 191
  9. ^ Giovanni di Giovanni, pag. 195
  10. ^ a b Giovanni di Giovanni, pag. 196
  11. ^ Giovanni di Giovanni, pag. 197 - 198
  12. ^ Giovanni di Giovanni, pag. 198
  13. ^ Giovanni di Giovanni, pag. 199
  14. ^ Giovanni di Giovanni, pag. 208
  15. ^ Francesco Sacco, pag. 257
  16. ^ Giovanni di Giovanni, pag. 210
  17. ^ Giovanni di Giovanni, pag. 212
  18. ^ Vincenzo Palizzolo Gravina, pag. 247
  19. ^ Vincenzo Palizzolo Gravina, pag. 240
  20. ^ Pagina 139, Tommaso Fazello, "Della Storia di Sicilia - Deche Due" [1], Volume uno, Palermo, Giuseppe Assenzio - Traduzione in lingua toscana, 1817.
  21. ^ Vincenzo Palizzolo Gravina, pag. 82
  22. ^ Vincenzo Palizzolo Gravina, pag. 288
  23. ^ Vincenzo Palizzolo Gravina, pag. 247
  24. ^ Vincenzo Palizzolo Gravina, pag. 352
  25. ^ Vincenzo Palizzolo Gravina, pag. 125
  26. ^ Francesco Maria Emanuele Gaetani, pag. 459
  27. ^ Francesco Sacco, pag. 216
  28. ^ Francesco Maria Emanuele Gaetani, pag. 348
  29. ^ Vincenzo Palizzolo Gravina, pag. 87
  30. ^ Francesco Sacco, pag. 258

Bibliografia

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