Nella città di Venezia, per scuola (scritto anche in alternativa scola o schola si intende sia un'antica associazione, di carattere devozionale o corporativo, sia l'edificio che ne costituisce la sede. Per estensione il termine è stato destinato nominare le varie sinagoghe presenti a Venezia.

Introduzione

È piuttosto difficile definire precisamente i contorni delle loro funzioni istituzionali, della loro organizzazione, la loro varietà ed i vincoli legislativi a cui erano sottoposte proprio per la loro secolare storia, iniziata attorno alla metà del Duecento e terminata repentinamente, per tutte tranne un paio di eccezioni, con gli editti napoleonici del 1806-1807.

Se le Scuole Grandi hanno lasciato una cospicua eredità, particolarmente percepibile ancora oggi soprattutto in termini di produzione artistica (i sontuosi edifici e le opere d'arte pittorica – alcune ancora in loco, altre sparse in vari musei –) i contorni del fenomeno delle cosiddette Scuole piccole costituisce ancora un soggetto di studio in piena esplorazione.

Va detto che un tempo a Venezia qualsiasi associazione era detta Scuola, erano un modo tutto veneziano di concepire l'associazionismo, fossero scuole dedicate all'assistenza o alla devozione oppure alle corporazioni delle arti o perfino irregolari: anche un gruppo di carcerati dei piombi costituì la propria scuola presso una saletta detta "la Giustiniana", questa ha potuto sopravvivere per almeno un secolo tra il Seicento ed il Settecento lasciandoci i libri con le regole e di cassa[1]

Regolamentazione delle scuole

La Repubblica cercava di tenere gelosamente sotto il proprio controllo l'istituzione e l'attività delle scuole, sebbene nascessero su base volontaria. A parte gli inizi più nebulosi nella documentazione pervenutaci che vede come principale controllore la Giustizia Vecchia, successivamente il controllo risultò affidato al Consiglio dei Dieci che a sua volta nel 1507[2] si tenne l'esclusiva di autorizzare la nascita di nuove scuole ed delegando ai Provveditori de Comun l'approvazione delle Mariegole (statuti) ed successivi controlli.

Il controllo doveva essere rigoroso secondo il principio, allora ancora inespresso, di separazione fra gli affari dello stato e della chiesa: ne furono una prova le radicali correzioni volute dal Consiglio dei X nel 1475 alla mariegola della Scuola di San Nicolò da Tolentino per quanto fosse stata approvata e lodata in precedenza dal Patriarca, o proprio per questo[3].

Una volta approvata la mariegola, le Scuole erano tenute a registrare da un notaio gli accordi presi con la chiesa parrocchiale o conventuale presso cui si erano istituiti: l'utilizzo di un altare, le messe periodiche, gli sazi per la sepoltura di confratelli, l'alloggiamento di un banco per riporre gli arredi di proprietà, etc.[4]

La verifica era ancor più complessa per le Arti che dovevano sottostare anche alle altre magistrature preposte agli specifici mestieri o all'approvvigionamento delle materie prime: a titolo di esempio i Pistori (fornai) ed gli Scaleteri (pasticceri) dipendevano anche dai Provveditori alle Biave e dagli Ufficiali al Frumento mentre gli Stampatori e Librai dipendevano anche dai Riformatori dello Studio di Padova e dagli Esecutori contro la Bestemmia per le pubblicazioni e di nuovo dalla Giustizia Vecchia per i contratti con i garzoni.[5]

Il 2 gennaio 1532 il Collegio dei Cinque Saggi sopra le Mariegole, una commissione delle magistrature veneziane, dopo aver accertato che i testi di alcune mariegole erano stati alterati con cancellature e correzioni ed anche con l'eliminazione di più pagine, ordinò che tutte le mariegole fossero ricopiate e depositate a cura della Giustizia Vecchia per le scuole grandi e dei Provveditori de Comun per quelle piccole, le arti ed i traghetti. Il termine stabilito era di un anno ma bisognò attendere due secoli quando i Provveditori de Comun, ripresa l'iniziativa, nel 1728 finirono la raccolta in dodici volumi di 1000 pagine ciascuno[2].

Accadeva comunque che venissero istituite scuole irregolari, soprattuto presso le chiese conventuali. Il Consiglio dei Dieci doveva intervenire a posterori in un modo o nell'altro: nel 1563 soppresse una serie di non meglio identificate scuole di putti e nel 1595 avviò la regolarizzazione della Scuola di San Giacinto istituita presso la chiesa di San Domenico. Nel Settecento la situazione peggiorò e nonostante i Dieci avessero dichiarato nel 1732 di non autorizzare più alcuna nuova scuola nel 1742 si trovarono a consentire sei mesi di tempo per regolarizzare le confraternite che si erano invece formate. Neanche questo bastò tant'è che nel gennaio 1765 il Consiglio affidò un'accurata indagine ai Provveditori de Comun. I risultati presentati due mesi dopo furono sorprendenti: furono accertate ben 230 scuole abusive. Di queste 80 vennero regolarizzate e 150, definite Capitelli, vennero sopresse.[6] Tra queste alcune erano di sole donne, a cui finalmente venne consentito di potersi amministrare autonomamente,[7] e ben 26, nonostante la restrizione, di soli sacerdoti[8].

*** lo Stato, ovvero il patriziato veneziano, vedeva di buon occhio le scuole in quanto da una parte assolvevano autonomamente alla maggior parte dei bisogni assistenziali, lasciando allo stato solo il sistema degli ospizi ed ospedali, ma anche come fonte di sovvenzioni per le operazioni militari a cui generosamente parteciparono le scuole come nel caso delle guerre contro l'impero ottomano

Organizzazione delle scuole

*** le scuole eleggevano annualmente i propri organi di governo. Ai vertici era il Gastaldo o Guardian Grando, assistito da un Vicario e in alcuni casi da un Guardian de Matin, c'erano poi i consiglieri e i sindaci il massaro (l'economo) e lo scrivano (il segretario che doveva redigere i verbali) e tutti insieme costituivano la Banca

*** in alcune scuole venivano eletti due nuovi consiglieri sei mesi dopo il rinnovo della Banca, che avevano lo scopo di aiutare nei passaggi di consegne i nuovi eletti nelle votazioni successive[9]

*** l'assunzione delle cariche era obbligatoria pena sanzioni pecuniarie[10]

*** contrariamente a quanto si crede le donne erano ammesse sebbene non fossero ammesse alla dirigenza [previsione gastalde albanesi s.stefano = vio] salvo rare eccezioni Scuola dei Mascoli oppure scuole di sole donne

Le varietà e funzione delle Scuole

Sebbene tutte fossero istituite sotto il patronato di uno dei vari titoli di Cristo e di Maria oppure di un Santo, la loro funzione poteva essere di stretto carattere devozionale di preghiera o unita ad attività caritatevoli o di mutuo soccorso oppure di carattere corporativo. Le scuole arrivarono ad essere alcune centinaia[11]. Marin Sanudo ne contò 210 già nel 1501 nella processione per i funerali del Cardinale Zen[12] ma appena dopo, soltanto per citare un gruppo del titolo omogeneo, nacquero numerose Scuole del Santissimo Sacramento destinate a coprire tutte le settanta parrocchie veneziane sopratutto nella prima meta del Cinquecento[13]. Con esse molte altre ancora fino agli ultimi anni della Repubblica: l'8 febbraio 1797 la Compagnia laicale del miracoloso Crocifisso di Poveglia chiese ai religiosi di San Nicolò della Lattuga l'uso dell'oratorio per riunirsi in capitolo e il 5 aprile dello stesso anno furono autorizzati dai Provveditori de Comun[14].

****Scuole abusive

Scuole devozionali

La parte stragrande maggioranza delle scuole erano di questo tipo. Soltanto alcune nel tempo, comprese ovviamente quelle che diventeranno le Grandi, sentirono la necessità di dotarsi di una sede propria e soltanto alcune poterono costruire edifici maestosi. Le altre si limitarono ad erigere o adottare un altare presso la chiesa (parrocchiale o conventuale) a cui erano legate, inoltre poterono installarvi dei banchi (piccoli armadi) per poter riporvi i propri arredi liturgici ed i propri libri ed alcune anche acquistarono delle arche (tombe, nelle chiese o nei chiostri e portici delle stesse) per seppellirvi i confratelli.

Sovvegni

Scuole del Santissimo Sacramento

Compagnie di sant'Arian

Scuole di arti e mestieri

*** praticantato ed esame

**** a differenza delle altre scuole erano anche soggette al controllo delle varie magistrature, spesso più d'una, sotto le cui competenze rientravano le professioni svolte.

Scuole cosiddette "nazionali"

Le scuole "nazionali" associavano cittadini di altre signorie o stati come i Lucchesi, i Fiorentini, i Genovesi, i Milanesi o gli Armeni[15] e i Greci[16] ma anche ma provenienti da piccole aree come la Scuola dei Voltolini (riservata agli originari della Valtellina)[17] o la Scuola della Sedrina (originari di Sedrina nel comasco)[18]. Esistevano inoltre scuole riservate ai sudditi veneziani provenienti dai domini dello Stato da Mar come gli Albanesi e i Dalmati e dello Stato da Tera come i Friulani ed i Bergamaschi. Nel caso dei tedeschi, che già possedevano un proprio Fontego in cui incontrasi, si crearono alcune scuole di arte e mestiere specifiche come la Scuola dei Calegheri Tedeschi e quella dei Pistori tedeschi.

Un caso particolare per la microscopica provenienza geografica fu la Scuola dei Povegioti formata dai profughi dall'isola lagunare di Poveglia che avevano rifiutato di sottomettersi ai Genovesi durante la Guerra di Chioggia. Proseguita per diversi secoli dagli eredi fino alla caduta della Repubblica, mantenne diversi privilegi come l'incontro privato annuale con il Doge e la partecipazione con una propria barca alla festa dello Sposalizio col Mare[19].

*** scopo assicurare esequie a individui lontani dai luoghi originari (p.e. Voltolini Vio 433)

Note

  1. ^ Giovanni Scarabello in Scuole grandi e piccole, pp. 20-21
  2. ^ a b Vio 2004, p. 22
  3. ^ Vio 2004, p. 38, n. 10 OPPURE origineale di Sbriziolo 1967
  4. ^ Vio 2004, p. 21
  5. ^ Giovanni Scarabello in Scuole grandi e piccole, p. 23 n. 1
  6. ^ Vio 2004, p. 31-34
  7. ^ Vio 2004, p. 23
  8. ^ Vio 2004, p. 27
  9. ^ Vio 2004, p. 18
  10. ^ v, caso di GD Tiepolo Vio 2004 p. 37 n. 7
  11. ^ Nell'opera di Gastone Vio ne vengono elencate 925 (v. Antonio Niero in Vio 2004 p.15). Tuttavia non si può considerare un numero preciso e definitivo ma piuttosto un numero di schede di regesti d'archivio: l'opera è organizzata in base a chiese e parrocchie cui le scuole erano legate, nel caso di trasferimento e fusioni (non moltissime per la verità) vengono conteggiate due volte, di altre non esistono schede in quanto se ne ha solo notizia indiretta.
  12. ^ Annalisa Perissa e Silvia Gramigna in Scuole grandi e piccole p. 15
  13. ^ Vio 2004 pp. 20-21
  14. ^ Vio 2004 p. 653
  15. ^ Di questa scuola si conosce l'esistenza attraverso un riferimento esplicito nella Mariegola della Scuola degli Albanesi, cfr. Vio 2004, p. 437
  16. ^ La Scuola di San Nicolò dei Greci per la folta comunità greca residente a Venezia, indifferentemente se provenissero da possedimenti veneziani o meno, fu autorizzata nel 1498 prima presso la chiesa di San Biagio e una volta costruita presso la chiesa di rito greco di San Giorgio dei Greci. Cfr. Annalisa Perissa in Scuole grandi e piccole p. 101 e Vio 2004 pp. 86-87
  17. ^ La Scuola di Santa Maria Elisabetta (ma dedicata anche all Beata Vergine ed ai santi Gervasio e Protasio) fu fondata nel 1626 presso la chiesa di San Zulian. Riservata inizialmente agli originari di Bormio, nel 1708, ridotti i Voltolini a solo 12 persone, accolse anche 8 originari di Chiavenna, che provenivano anch'essi dalla stessa Diocesi di Como. Cfr. Vio 2004, pp. 433-434
  18. ^ Scuola della Sedrina dedicata all'Assunta preso la chiesa di San Giacometo Vio 2004, pp. 715-716
  19. ^ La Scuola di San Vidal dei Povegioti fu fondata nel 1410 presso la Chiesa di San Trovaso, nel corso del Cinquecento si trasferì presso quella di Sant'Agnese dove risideva l'università dei povegioti principalmente attivi come compra e vendi pesce. Cfr. Vio 2004, p. 860 e pp.87-875

Bibliografia

  • Silvia Gramigna e Annalisa Perissa, Scuole grandi e piccole a Venezia tra arte e storia, Venezia, 2008.
  • Silvia Gramigna, Annalisa Perissa e Gianni Scarabello, Scuole di Arti Mestieri e Devozione a Venezia, Venezia, Arsenale, 1981.
  • Terisio Pignatti (a cura di), Le Scuole di Venezia, Milano, Electa, 1981.
  • Gastone Vio, Le Scuole Piccole nella Venezia dei Dogi - Note d'archivio per la storia delle confraternite veneziane, Costabissara, Angelo Colla Editore, 2004.
  • Gianfranco Levorato (a cura di), Scuole a Venezia: storia e attualità, Venezia, Marcianum, 2008.
  • Guido Perocco e Antonio Salvadori, Civiltà di Venezia, Venezia, Stamperia di Venezia, 1976.

Biblio aggiuntiva

  • Lia Sbriziolo, Per la storia delle confraternite veneziane: dalle deliberazioni miste (1310-1476) del Consiglio dei Dieci. Scolae Comunes, artigiane e nazionali, in Atti dell'Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti, CXXVI, Venezia, 1967-68.