Il Processo Gotha è un processo penale a carico di soggetti che secondo l'impianto accusatorio sarebbero i vertici della 'ndrangheta, la cosiddetta "cupola".[1] A capo della 'ndrangheta è stata individuata una "componente riservata", cioè dei "soggetti ‘cerniera’ che interagiscono tra l’ambito ‘visibile’ e quello ‘occulto’ dell’organizzazione criminale".[2] Il processo è stato avviato in seguito alle inchieste Mamma Santissima, Reghion, Fata Morgana e Sistema Reggio.[3] A processo con il rito ordinario, sono imputate 34 persone, tra cui figurano il senatore Antonio Caridi, l'avvocato e politico Paolo Romeo, l'avvocato Giorgio De Stefano, l'avvocato Antonio Marra, il parroco di San Luca Giuseppe Strangio, l'ex magistrato di Cassazione Giuseppe Tuccio, una volta Procuratore della Repubblica di Palmi. Con il rito abbreviato l'avvocato Giorgio De Stefano, zio del boss Giuseppe De Stefano, ed i fratelli Mario e Domenico Stillitano sono stati condannati a 20 anni di reclusione, Antonino Nicolò e Roberto Franco a 18 anni, Dimitri De Stefano, figlio del defunto boss Paolo De Stefano a 15 anni, Emilio Angelo Frascati a 13 anni, Natale Saraceno e Domenico Marcianò a 12 anni, Aldo Inuso, cancelliere della Corte d'appello di Reggio Calabria, a 5 anni e 4 mesi, l'ex sindaco di Villa San Giovanni Antonio Messina a 3 anni e 4 mesi, l'ingegnere Antonio Idone a 2 anni.[4][5]

Il senatore Antonio Caridi, precedentemente arrestato per l'inchiesta "Mamma santissima" con l'autorizzazione del Senato il 4 agosto 2016,[6] il 26 marzo 2018 viene rimesso in libertà.[7]

Operazoni delle forze dell'ordine

Il processo nasce dall'omonima operazione delle forze dell'ordine e dalla precedenti operazioni Mamma Santissima, Fata Morgana e Sistema Reggio.

Sentenza di primo grado

A marzo 2018 si conclude il primo grado del processo Gotha condannando a 20 anni di carcere Giorgio De Stefano, ex consigliere comunale DC come al vertice della ndrangheta reggina ed in cui viene spiegato che a capo dei tre mandamenti vi sono ancora oggi i Piromalli per la zona tirrenica, i De Stefano-Tegano per Reggio città, i Nirta Scalzone (la Maggiore) per la Jonica, assetto definito ormai dagli anni '70 del secolo scorso[8]. Il processo conferma Giorgio De Stefano e Paolo Romeo come i capi del mandamento Città e disvela il cosiddetto livello "invisibile" della 'ndrangheta reggina, fatta di soggetti cerniera e di manipolazione della vita politica, della massoneria deviata, dell'imprenditoria e della magistratura. [9]

Note

Voci correlate

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