Henrik Ibsen

scrittore, drammaturgo e poeta norvegese (1828–1906)
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Henrik Johan Ibsen [ˈhɛnɾik ˈipsən] (Skien, 20 marzo 1828Oslo, 23 maggio 1906) è stato un drammaturgo, poeta e regista teatrale norvegese.

Henrik Johan Ibsen
Firma di Ibsen

È considerato il padre della drammaturgia moderna, per aver portato nel teatro la dimensione più intima della borghesia ottocentesca, mettendone a nudo le contraddizioni.

Biografia

L'infanzia e l'adolescenza

 
Silhouette della famiglia Altenburg/Paus
 
Hedvig Altenburg, nonna materna di Ibsen

Henrik Johan Ibsen nacque a Skien, cittadina della Norvegia sudorientale, nel 1828, da una famiglia di discendenza danese e tedesca. Il padre, Knud Plesner Ibsen, era un ricco armatore, e la madre, Marichen Cornelia Martine Altenburg, era figlia di uno degli uomini più facoltosi di Skien, proprietario, tra le altre cose, di una grande casa in città, di una distilleria a Lundetangen e di una fattoria in campagna. Le sue due navi erano impegnate nel commercio di legname.[1] I suoi beni passarono alla vedova e quindi a Marichen, quando quest'ultima sposò Knud, il 1° dicembre 1825. Con il matrimonio, come volevano le leggi vigenti, tutto divenne proprietà del marito.[2]

Henrik era il figlio cadetto, anche se il primogenito Johan, di due anni più grande, morì il 14 aprile 1828. Gli Ibsen ebbero altri quattro figli: nel 1830 nacque Johan Andreas, nel 1832 l'unica femmina Hedvig Kathrine, nel 1834 Nicolai Alexander e nel 1835 Ole Paus. Nonostante il padre avesse rapidamente fatto fortuna con il suo multiforme commercio, tanto da figurare, nel 1833, come sedicesimo contribuente di Skien, subì un rovescio finanziario ancor più repentino. Ridotto in povertà, attorno al giugno 1835 si trasferì con la famiglia a Venstøp, piccolo villaggio a quattro chilometri di distanza, in una fattoria che aveva acquistato due anni prima. Knud, dopo il trasferimento, provò a salvare la disastrosa situazione finanziaria con modesti commerci, destinati, negli anni successivi, a fallire anch'essi.[3]

Henrik era un bambino solitario e molto introverso, che rifuggiva la compagnia dei coetanei. Era solito rinchiudersi in una stanza della fattoria per leggere, improvvisare spettacoli con il suo teatro giocattolo, disegnare e dipingere (la pittura fu sin dalla tenera età l'altra grande passione di Ibsen). Con il suo atteggiamento, si esponeva alle prese in giro degli altri bambini, che lanciavano palle di neve e pietre contro la sua stanza, finché Ibsen usciva a cacciarli in malo modo.[4] Molti anni più tardi Thalie Kathrine Ording, coetanea del drammaturgo e sua vicina di casa a Venstøp, ritrarrà il ragazzino Henrik come «sgradevole» e «veramente odioso. Malevolo e crudele. Era anche solito picchiarci. Quando crebbe divenne di aspetto molto gradevole, ma non piaceva a nessuno per la sua cattiveria. Nessuno voleva stare con lui, che se ne stava sempre per conto proprio».[5]

 
La tenuta di Venstøp

Ibsen frequentò una scuola elementare della sua città natale, percorrendo quotidianamente a piedi i chilometri che la separavano dalla fattoria di Venstøp. Maturò un precoce interesse per la medicina, ma al termine delle elementari, anziché iscriversi (forse per mancanza di disponibilità economica) all'istituto che avrebbe assecondato questo proposito avviandolo verso studi universitari, seguì per un paio d'anni una scuola privata, retta da due giovani teologi, John Hansen e W.F. Stockfleth. Lì studiò il latino e il tedesco, dimostrando particolare interesse per la storia antica e gli studi biblici.[6]

Nel 1843 la famiglia fece ritorno a Skien, ma già nel dicembre, in seguito al dichiarato fallimento dell'attività del padre, che era nel frattempo diventato un commerciante in legname, Ibsen dovette abbandonare gli studi e, per sostenere la famiglia, recarsi a Grimstad, dove lavorò fino al 1850 come assistente nella farmacia di Jens Arup Reimann. Questi viveva con la famiglia nello stesso edificio della farmacia, dove anche Ibsen fu alloggiato. Henrik dovette condividere la stanza con i tre figli più grandi dei Reimann maturando, nella continua, forzata convivenza con altre persone, un bisogno di solitudine e di spazi che lo caratterizzerà poi sempre fortemente.[7]

Come rivela una lettera del 20 maggio 1844 all'amico Poul Lieungh, Ibsen si trovava bene presso i Reimann: «sono molto contento e non mi sono mai pentito di essere venuto qui, perché Reimann è molto buono con me, e fa tutto il possibile per stimolare il mio interesse nel lavoro in farmacia, che all'inizio non era granché piacevole».[8] La situazione sarebbe però presto mutata, perché Reimann ebbe problemi economici e si diede all'alcol.

Come era avvenuto a Skien, anche a Grimstad il futuro drammaturgo fuggì il più possibile la compagnia dei coetanei, incorrendo nelle loro prese in giro e nei loro sospetti. Quando aveva finito di lavorare, si ritirava in solitudine fino a notte fonda per leggere, dipingere, abbozzare le sue prime poesie e prepararsi all'esame d'ammissione per la facoltà di medicina.[9] Dotato di acuto spirito di osservazione, cominciò presto a studiare con occhio critico gli avventori della farmacia, da cui trasse materia per attaccare, nei componimenti dell'epoca, l'ipocrisia e i rapporti sociali.[10]

Fu un ragazzo dalla precoce virilità, con una folta barba già in età adolescenziale. Nel 1846 Ibsen, appena diciottenne, ebbe una relazione con una delle donne di servizio della farmacia, la ventottenne Else Sophie Birkedalen, che il 9 ottobre diede alla luce il figlio Hans Jacob.[11]

Da una lettera spedita a una sua cugina, sappiamo che egli non si trovava più bene presso i Reimann, dove viveva. Nel 1847, anno della pubblicazione del poemetto Rassegnazione, un farmacista benestante, Lars Nielsen, rilevò l'attività dei Reimann. Dalla nuova situazione Ibsen provò un senso liberatorio, sentendosi sollevato dall'atmosfera difficile venutasi a creare in casa Reimann. Strinse amicizia con Christian Daae e altri giovani, con cui discuteva di argomenti sociali, filosofici e letterari, manifestando le sue doti di affascinante oratore e la sua indole di appassionato agitatore.

Le prime opere

Nel 1848 si applicò agli studi liceali e sognò di dedicarsi alla carriera politica. Tra l'inverno del 1848 e il successivo, Ibsen scrisse il suo primo dramma, Catilina.

Trasferitosi a Oslo, studiò medicina e lavorò come assistente teatrale e scrittore. Nel 1851 diventò direttore del Norske Theater di Bergen, dove aveva lavorato come maestro di scena. Studia scenografia a Copenaghen e a Dresda, e nel 1857 è nominato direttore del Kristiania Norske Theater. Nello stesso anno si fidanza con Suzannah Daae Thoresen, figliastra della scrittrice Anna Magdalene Kragh, e la sposa dopo pochi mesi. In quegli anni compone i drammi Fru Inger til Østråt (Donna Inger di Østråt, 1855), Gildet på Solhaug (Una festa a Solhaug, 1856), Olaf Liljekrans e Hærmændene paa Helgeland ("I guerrieri di Helgeland", 1857).

A una fase posteriore della sua intensa produzione letteraria risalgono opere come Terje Vigen (1862), Kjærlighedens Komedie ("La commedia dell'amore", 1862) e il dramma storico Kongs-emnerne ("I pretendenti al trono", 1863).

Il viaggio in Europa e la fase romantica

 
Ibsen a Dresda nel 1870

Nel 1864 Ibsen pubblicò il dramma I pretendenti al trono, che aveva scritto in sei settimane. Nello stesso anno, intanto, scoppiò la guerra dello Schleswig-Holstein, in merito alla quale Ibsen era a favore dell'intervento scandinavo. Indignato della neutralità del suo Paese, il 2 aprile partì per l'Italia con la sua famiglia, dopo la chiusura del teatro di Bergen. In Italia visitò Roma dove scrisse un dramma, Brand (1866). L'anno seguente, dopo un viaggio tra Ischia e Sorrento compose il Peer Gynt (1867), dramma in versi di genere fantastico e di difficile messa in scena, reso famoso anche dalle musiche che Edvard Grieg scrisse appositamente per la sua prima rappresentazione (Kristiania, 24 febbraio 1876).

La fase romantica ibseniana si conclude con la commedia brillante De unges Forbund (La lega dei giovani, 1869) e con il dramma Kejser og Galilaer (Cesare e il Galileo, 1873). Dal 1868 al 1874 risiedette a Dresda, poi tornò di nuovo a Roma.

La fase del teatro sociale

La fase più squisitamente sociale del teatro ibseniana ha inizio con Samfundets støtter ("I pilastri della società", 1877), seguito da Et dukkehjem ("Casa di bambola", 1879), scritto ad Amalfi e imperniato su una figura femminile (Nora) che si ribella al marito ma soprattutto alle ipocrite leggi della società in cui vive. Seguono altri capolavori, come Gengangere ("Gli spettri", 1881), En folkefiende ("Un nemico del popolo", 1882), Vildanden ("L'anitra selvatica", 1884), Rosmersholm ("La casa dei Rosmer", 1886), Fruen fra havet ("La donna del mare", 1888) e Hedda Gabler (1890).

Nel 1891 Ibsen lasciò definitivamente Roma. A questo periodo risalgono i drammi Bygmester Solness ("Il costruttore Solness", 1892) e Lille Eyolf ("Il piccolo Eyolf", 1894). Dopo il ritorno a Kristiania, Ibsen scrisse i suoi ultimi lavori, John Gabriel Borkmann (1896) e Når vi døde vågner ("Quando noi morti ci risvegliamo", 1899).

Nel 1900 Ibsen venne colpito da paralisi. Morì sei anni dopo a Kristiania, il 23 maggio 1906.

Opere

 
Henrik Ibsen ritratto nel 1895 da Eilif Peterssen.

Riferimenti nelle scienze e nell'arte

 
Norwegian Air Shuttle Henrik Ibsen

A Ibsen è stato intitolato il cratere Ibsen, sulla superficie di Mercurio.

A Ibsen ha dedicato uno studio lo psicologo e filosofo Ludwig Binswanger, Henrik Ibsen. La realizzazione di sé nell'arte, Quodlibet, Macerata, 2008.

Il quadro di George Grosz Le Colonne della Società è un evidente riferimento all'omonima opera di Henrik Ibsen.

Onorificenze

Note

  1. ^ R. Ferguson, Ibsen, London 1996, p. 4.
  2. ^ R. Ferguson, cit., pp. 3-4.
  3. ^ R. Ferguson, cit., pp. 4-6.
  4. ^ R. Ferguson, cit., p. 7.
  5. ^ Norden, 16 ottobre 1920.
  6. ^ N. Rhodes, Ibsen and the Greeks, Lewisburg-London 1995, pp. 23-24; R. Ferguson, cit., p. 10.
  7. ^ R. Ferguson, cit., p. 13.
  8. ^ Hundreårsutgave [edizione completa delle opere ibseniane], Oslo, Gyldendal, vol. XVI, 1940, p. 23.
  9. ^ R. Ferguson, cit., p. 14.
  10. ^ R. Carusi, La vita, in Henrik Ibsen, Verona 1977, pp. 16-18.
  11. ^ R. Ferguson, cit., p. 15.
  12. ^ Radiocorriere TV, 1965, n. 9, n. 37

Bibliografia

  • Roberto Carusi (testi di), Henrik Ibsen, Verona, Arnoldo Mondadori, 1977 [1a ed. 1968]
  • (EN) Robert Ferguson, Henrik Ibsen. A New Biography, London, Richard Cohen Books, 1996.
  • (EN) Halvdan Koht, The Life of Ibsen tradotto da Ruth Lima McMahon e Hanna Astrup Larsen. W. W. Norton & Company, Inc., New York, 1931.
  • (EN) Frank Laurence Lucas, The Drama of Ibsen and Strindberg, London, Cassell, 1962.
  • (EN) Michael Meyer, Ibsen, Stroud, History Press Ltd., 2004.
  • (EN) Toril Moi, Henrik Ibsen and the Birth of Modernism. Art, Theater, Philosophy, Oxford e New York, Oxford UP, 2006 ISBN 978-0-19-920259-1.
  • (EN) Norman Rhodes, Ibsen and the Greeks. The Classical Greek Dimension in Selected Works of Henrik Ibsen as Mediated by German and Scandinavian Culture, Lewisburg-London, Bucknell University Press-Associated University Press, 1995.

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