Utente:O--o/sandbox4
TKS | |
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Dati generali | |
Nazione | ![]() |
Tipo di missioni | Trasporto di cosmonauti e rifornimenti |
Equipaggio | tre cosmonauti |
Operatività | |
TKS (in russo Транспортный корабль снабжения?, Transportnyi Korabl’ Snabzheniia, Navetta per trasporto di rifornimenti,[1], codice di designazione 11F72) era un veicolo spaziale sovietico concepito alla fine degli anni sessanta per rifornire la stazione spaziale militare Almaz.
Il veicolo era stato progettato sia per voli con equipaggio, sia per voli automatizzati di rifornimento in configurazione cargo. Durante il programma vennero lanciati solo quattro veicoli di test, tre dei quali si agganciarono alla stazione spaziale Salyut, ma il programma non raggiunse mai l'operatività.[2]

La navetta era costituita da due veicoli spaziali collegati tra loro, che entrambi potevano operare indipendentemente:
- la navicella 11F74 VA (Vozvraschaemyi Apparat, ovvero "veicolo di rientro", identificato erroneamente in occidente come navicella Merkur), destinato ad accogliere i cosmonauti durante il lancio e il rientro della navicella, contenente i sistemi vitali e i motori di manovra per il rientro; e
- il modulo 11F77 FGB ("modulo funzionale di carico", in inglese Functional Cargo Block), contenente i motori per le manovre orbitali dell'intero veicolo, i serbatoi e un grande compartimento pressurizzato destinato ai rifornimenti alla stazione spaziale Almaz.
Il modulo FGB era stato concepito per essere utilizzabile anche da solo come modulo cargo, mentre la navicella VA poteva essere lanciata in configurazione Almaz APOS, connessa al modulo principale Almaz-OPS della stazione spaziale il quale forniva il sistema di manovra orbitale primario.
Progetto
I principali progettisti furono Vladimir Chelomei, per la capsula VA, e Viktor Bugaysky per il modulo FGB.[3] Il veicolo fu concepito per essere lanciato da un razzo Proton e per servire la stazione spaziale Almaz. Lo sviluppo dell'intero programma Almaz fu iniziato nel 1965, ma fu abbandonato prima del primo lancio del TKS, avvenuto nel 1977.
La navicella VA (Vozvrashaemiy Apparat) venne lanciata da sola in quattro missioni di prova, configurata per un equipaggio di due cosmonauti, al fine di verificare il progetto; venne inoltre testato un veicolo completo privo di equipaggio e furono eseguite tre missioni di rifornimento in configurazione cargo.[4]
TKS VA
La navicella TKS VA era un veicolo molto compatto ed efficiente. Nelle missioni tipo, rientrava in atmosfera in due orbite, ma poteva volare autonomanente fino a 31 ore.
La capsula di rientro era pressurizzata per l'equipaggio, disponeva di un proprio sistema di controllo ambientale ed era equipaggiata di un sistema di stabilizzazione, di un motore di freatura per l'uscita dall'orbita, di un sistema di paracadute per il rientro e di retrorazzi per l'atterraggio morbido. Benché estensivamente testata in volo, non venne mai utilizzata in una missione con equipaggio.
Il progetto della navicella era stato derivato da quello del LK-1, il veicolo per la missione circumlunare con equipaggio prevista begli anni sessanta progettata dallo stesso Chelomei, ed era alla base della capsula equipaggio del Lunar Lander LK-700. La sua forma era simile a quella del modulo di comando e servizio Apollo della NASA, ma era circa il 30% più piccolo della sua controparte statunitense.
TKS FGB
Il modulo FGB era accessibile dalla navicella VA attraverso un corto tunnel. Nel modulo si trovava una camera di pilotaggio dotata dei controlli e dei finestrini necessari alla manovra di aggancio con la stazione spaziale Almaz; vi era inoltre il dispositivo di attracco, con il portellone e l'airlock.
Missioni
Voli di prova della navicella VA
Per velocizzare lo sviluppo, vennero effettuati quattro voli di prova con otto navicelle VA prive del modulo FGB:[4]
- Il primo test orbitale delle VA Cosmos 881 e Cosmos 882 avvenne il 15 dicembre 1976, con lancio unico e rientro nello stesso giorno;
- Nel secondo test delle due navicelle VA #009L/P e VA #009P/P il 4 agosto 1977, il lancio fallì quaranta secondi dopo la partenza: la prima navicella venne distrutta dall'esplosione di un booster, la seconda venne salvata dal sistema di aborto Proton SAS e fu recuperata;
- Il terzo test deile VA Cosmos 997 e Cosmos 998 venne effettuato il 30 marzo 1978: le due navicelle partirono insieme e rientrarono separatamente;
- Il quarto test delle VA Cosmos 1100 e Cosmos 1101 venne effettuato il 23 maggio 1979: anche in questo caso, le due navicelle partirono insieme e rientrarono separatamente.
TKS-1 (Cosmos 929)
La missione Cosmos 929 fu la prima di un veicolo TKS completo. Lanciata il 17 luglio 1977[4], era una pura missione di prova, non destinata a raggiungere quindi la stazione spaziale Salyut.[5] La capsula VA rientrò a terra il 16 agosto 1977, mentre il modulo FGB si distrusse rientrando nell'atmosfera il 2 febbraio del 1978.[6]
TKS-2 (Cosmos 1267)
Il 25 aprile 1981, TKS-2 fu lanciata senza equipaggio nella missione Cosmos 1267.[4] Dopo la separazione e il rientro della capsula VA il 24 maggio 1981, mentre il 19 giugno il modulo FGB attraccò alla Salyut 6, dopo 57 giorni di volo autonomo, rimanendovi fino al 29 luglio 1982, quando fu fatto uscire dall'orbita e si distrusse rientrando nell'atmosfera.
TKS-3 (Cosmos 1443)
Il 2 marzo 1983, TKS-3 fu lanciata senza equipaggio nella missione Cosmos 1443.[4] L'intero veicolo, compresa la navetta VA, attraccò sulla Salyut 7 due giorni dopo il lancio. Il 14 agosto venne sganciato dalla stazione spaziale, dopodiché i due componenti si separarono: la navicella VA continuò ad orbitare per altri quattro giorni per dimostrare le proprie capacità di volo autonomo, per poi rientrare il 23 agosto 1983 atterrando a 100 km a sud-est di Arkalsk riportando a terra 350 kg di materiale dalla stazione spaziale, mentre il FGB venne fatto uscire dall'orbita il 19 settembre 1983.
TKS-4 (Cosmos 1686)
TKS-4 was launched unmanned as Kosmos 1686 on 27 September 1985. The landing systems, ECS, seats, and manned controls were removed from the VA spacecraft, and instead other payload was installed: a high-resolution photo apparatus, an infrared telescope and the Ozon spectrometer. The TKS successfully docked with Salyut 7.
The "military" long-duration crew Salyut 7 EO-4, consisting of Viktor Savinykh, Alexander Volkov and the commander Vladimir Vasyutin, had manned Salyut 7 that month to conduct experiments with TKS-4. Commander Vasyutin fell ill soon after arriving at the station. Originally scheduled to have a six-month stay aboard Salyut 7, Vasyutin's illness forced the crew to make an emergency return to Earth on 21 November 1985, preventing the crew from finishing the TKS experiments. The crew of Soyuz T-15 returned to Salyut 7 in May 1986, to conclude some of the experiments and ferry equipment to the then new Mir space station.[4][8]
Salyut 7 was moved to a higher orbit after that mission, while awaiting another "TKS" crew – there were even plans to return using the Buran shuttle. Such flights never materialized before Salyut 7 and Kosmos 1686 deorbited on 7 February 1991, burning up together over Argentina.
Note
- ^ Space Race – SPIES IN SPACE, su airandspace.si.edu, Smithsonian – National Air and Space Museum. URL consultato il 1º September 2012.
- ^ La tecnologia del modulo TKS-FGB (Functional Cargo Block) fu successivamente alla base di altri moduli di stazioni spaziali, tra cui il modulo Zarya della Stazione spaziale internazionale.
- ^ Asif A. Siddiqi, The Almaz Space Station Complex: A History, 1964-1992, part one (PDF), in Journal of the British Interplanetary Society, vol. 54, 11/12 2001, November–December 2001, p. 399.
- ^ a b c d e f g Sven Grahn, The TKS ferry for the Almaz Space Station, su svengrahn.pp.se, Space History Notes.
- ^ Kosmos 929 - NSSDC ID: 1977-066A, su nssdc.gsfc.nasa.gov, NASA NSSDC.
- ^ Largest Objects to Reenter, su reentrynews.com, The Aerospace Corporation (archiviato dall'url originale il 29 September 2008 ).
- ^ TKS, su astronautix.com, Encyclopedia Astronautica. URL consultato il 31 August 2012 (archiviato dall'url originale il 25 August 2012 ).
- ^ D. S. F. Portree, Mir Hardware Heritage (PDF), su ston.jsc.nasa.gov, NASA (archiviato dall'url originale il 3 August 2009 ).