Storia di Siracusa in età spagnola (1500 - 1565)

storia di Siracusa (1500-1565)

Storia di Siracusa durante l'età spagnola

Periodo storico trattato: medioevo - epoca moderna


Contesto storico (XIII - XVI secolo)

L'unificazione spagnola

  Lo stesso argomento in dettaglio: Unificazione della Spagna e Impero spagnolo.

Il ruolo di Siracusa nel regno siciliano

  Lo stesso argomento in dettaglio: Regno di Sicilia.

La Camera Reginale

L'egemonia spagnola sulla città (XVI - XVIII secolo)

Il testamento del re Cattolico Don Ferdinando e l'ultima regina di Siracusa (1516)

La Camera Reginale di Siracusa passò nelle mani di Isabella di Castiglia, detta la regina Cattolica, l'8 maggio del 1470, la quale la ricevette in dote dal suocero Giovanni II d'Aragona - com'era usanza che ciò si facesse con le regine della monarchia spagnola, grazie al legame che gli Aragonesi avevano instaurato secoli prima con la corona di Sicilia e quindi con la Camera di controllo siracusana. Quando poi il re Giovanni morì (nel 1479), Isabella poté continuare a governare su Siracusa grazie al volere del re suo marito, Ferdinando II d'Aragona detto il Cattolico (riconosciuto re di Sicilia il 10 giugno 1468), il quale intestò la Camera nuovamente a Isabella.

La regina castigliana si distinse per un governo autorevole (che non ebbe timore di contraddire persino il volere del suocero Giovanni) e per la benevolenza verso i Siracusani, suoi sudditi (nella reggenza castigliana si segnalano due Catalani che ebbero un ruolo importante all'interno del territorio in questione: Joan Sabastida, o Çabastida, presidente della Camera, e sua moglie Caterina Llull, una delle poche donne del regno ad emergere, in quel secolo, nel contesto finanziario).[1]

 
Il re Ferdinando il Cattolico e la sua seconda moglie, Germana de Foix (dipinto di José Ribelles, Museo di belle arti di Valencia, XVIII secolo)

Ma quando, nel 1504, Isabella morì prematuramente, la Camera tornò proprietà del marito, il quale, l'anno seguente, decise di nominare lo spagnolo Joan de Cárdenas «portiere delle porte di Siracusa» (carica civica), e alla fine di quello stesso anno la fece governare dal vicerè di Sicilia: Guglielmo Raimondo VI Moncada. Tuttavia, Ferdinando si risposò a breve: nel 1505 la sua seconda moglie divenne Germana de Foix, figlia dell'infante di Navara Giovanni di Foix-Étampes e nipote del re Luigi XII di Francia, alla quale assegnò, il 1 aprile del 1506, la «Cámara de la reina de la Ciudad de Zaragoza»[2] (detta anche «Camera de Sicilia»[3]).

Germana nominò governatore della Camera Pere Sánchez de Calatayud (ai Siciliani noto come Almerich Centelles), il quale divenne nel 1513 anche presidente del Regno di Sicilia, ovvero vicerè.[4]

Ma l'unione di Germana con Ferdinando non poté durare a lungo, poiché il re Cattolico (colui che insieme a Isabella legò il proprio nome alla scoperta dell'America, in quanto finanziatore della spedizione di Cristoforo Colombo) nell'anno 1516 morì. Egli lasciò scritto nel suo testamento precise disposizioni riguardo al futuro e uso della Camera Reginale di Siracusa:

(avvertenza: il re nel documento parla di sé stesso in prima persona plurale. Inoltre si trascrive di seguito solamente l'introduzione del testamento e le parti più importanti che riguardano il volere di Ferdinando su Siracusa; ergo, non è il testo riportato nella sua integrità.)

(spagnolo)
«En el nombre de nuestro Señor Jesu-Christo, verdadero Dios y verdadero hombre, el qual por la salud y redepcion de la natura humana [...] en el qual en la Santisima Trinidad Padre, Hijo y Espiritu Santo, un solo Dios verdadero que vive y reina para siempre jamas firmemente creemos. Sea todos manifestos que Nos Don Fernando por la gracia de Dios Rey de Aragon, de Navarra, de las dos Sicilias, de Jerusalen, de Valencia, de Mallorca, de Cerdena, de Corcega, Conde de Barcelona, Duque de Athenas é de Neopatria, Conde de Ruysellon, de Cerdena, Marques de Oristan é de Gociano. Considerando en nuestro pensamiento con bueno é Catolico animo, que la natura humana es corruptible é supuesta a la muerte corporal [...] Y anque nuestro Senor Dios por su grande gracia é misericordia, é no por nuestros merescimientos haya ordenado que Nos hayamos nacido de sangre y espiritu Real, y nos haya hecho e constituido en su tierra Rey e Señor de tantos pueblos, reynos é Senorios [...] Item, queremos, disponemos é ordenamos, y mandamos, que [...] por quanto por Nos ha sido consignado é dado: a la Serenisima Reyna Doña Germana nuestra muy cara é amada muger, y para los gastos de su persona é casa, las cosas é cantidades infrascritas: primeramente la Cibdad de Zaragoza de Sicilia con su tierras é jurisdicion, derechos, rentas, é pertinencias, que un año con otro se ha hallado valer diez mil florines de oro. Y mas, las villas de Tarrega y Sabadele, é Villagrasa en el nuestro Principado de Cataluna; de las quales creemos no recibe renta alguna por tener muchos cargos. [...] Y queremos, ordenamos y mandamos, que la dicha Cibdad de Zaragoza de Sicilia [...], la dicha Serenesima Reyna Doña Germana nuestra muy cara y amada muger, posea y tenga, reciba, haya é goze dello durante su viudedad [...] pues no se haya de poner en el regimiento y gobierno de las dichas Cibdades, é Villas, personas estrangeras en manera alguna. E en caso que la dicha Serenisima Reyna deliberase casar, queremos y es nuestra voluntad la dicha Cibdad y Villas tornen a nuestros herederos y subcesores [...]»
(italiano)
«Nel nome di nostro Signore Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, il quale per la salute e la redenzione della natura umana [...] nel quale nella Santissima Trinità Padre, Figlio e Spirito Santo, un solo vero Dio, che vive e regna per sempre, fermamente crediamo. Sia reso noto a tutti che Noi, Don Ferdinando, per la grazia di Dio, Re d'Aragona, di Navarra, delle due Sicilie, di Gerusalemme, di Valenzia, di Mallorca, di Sardegna, di Corsica, Conte di Barcellona, Duca di Atene e di Neopratia, Conte di Ruysellon, di Cerdena, Marchese di Oristano e di Gociano. Considerando nel nostro pensiero, con buono e Cattolico animo, che la natura umana è corruttibile e sottoposta alla morte corporale [...] E anche nostro Signore Dio per sua grande grazia e misericordia, e non per nostri meriti, ha ordinato che Noi siamo nati di sangue e spirito reale, e ci ha fatto e costituito nella sua terra Re e Signori di tanti popoli, regni e Signorie [...] Item, vogliamo, disponiamo e ordiniamo, e comandiamo, che [...] per quanto a Noi ci è stato consegnato e dato: alla Serenissima Regina Doña Germana, nostra carissima e amata donna, e per le spese della sua persona e casa, le cose e quantità sottoscritte: primariamente la Città di Siracusa [Zaragoza de Sicilia], con le sue terre e giurisdizione, diritti, rendite, e pertinenze, che in un anno ha mostrato di valere dieci mila fiorini d'oro. Inoltre, i Villaggi di Tarrega, Sabadele, e Villagrasa, nel nostro Principato di Catalogna; dai quali, crediamo, non possa ricevere rendita alcuna per via dei molti oneri a loro carico [...] E vogliamo, ordiniamo e comandiamo che la Città di Siracusa [...], la suddetta Serenissima Regina Doña Germana, nostra carissima e amata donna, possegga e custodisca, riceva, faccia e goda di ciò durante la sua vedovanza [...] ma non si devono inserire persone straniere nella reggenza e nel governo delle sopracitate Città e Villaggi, in alcun modo. E nel caso in cui la suddetta Serenissima Regina renda noto di volersi sposare, vogliamo ed è nostra volontà che la suddetta Città e Villaggi tornino [in possesso] dei nostri eredi e successori [...]»

Germana, Carlo V e la grande carestia del 1524


La guerra contro l'impero ottomano

«Convenuta l'universale armata nel seno di Siracusa, si provò, come si narra, più volte a uscire dal porto, e sempre invano, respingendola indietro in tempi burrascosi e contrarii, per modo che una delle galee del Doria si perse anime e corpi; e fu danno doloroso, ma lo auspicio peggio; finalmente come piacque a Dio le galee, passato Capo Passero, di voga stanca arrivarono a Malta; con verun profitto però, che fu mestieri rimandarle indietro parte per rimorchiare le navi, che andando a vela co' venti contrari non potevano fare cammino, e parte per rifornirsi di biscotto a Siracusa.»


 
Fortificazioni spagnole a Siracusa, viste dal lungo mare di Ortigia e dalla linea dei frangiflutti a difesa dell'erosione della bassa costa


La città e la nascita dell'ordine dei cavalieri di Malta (1529)

(latino)
«Afflictis Tu Spes Unica Rebus»
(italiano)
«Nella mia sventura, Tu [Maria, madre di Dio] sei la mia unica speranza»


Carlo V separa Siracusa dalla terraferma (1552)


La spia ottomana all'interno di Siracusa (1562)


La città durante l'assedio turco di Malta (1565)


La vita della città-fortezza


La guerra franco-spagnola

La rivolta di Messina e i tentativi di conquista da parte dei francesi

I francesi provano a conquistare Siracusa, volendola sottrarre alla Spagna (anno 1674):

«Restava intanto non poco disgustato il Duca di Vivona per vedersi dalla contrarietà dei venti guastati i suoi disegni, che erano di giungere all'improvviso sopra Siracusa, prima, che li Spagnoli lo penetrassero e potessero mandarci rinforzo di gente, come poi seguì, avendo marciato a quella volta la maggior parte dell'Esercito Spagnolo, parendo, che il cielo, non secondasse la resoluzione de Francesi»

I francesi avevano la propria base nella piazzaforte di Augusta.


Il terremoto e lo tsunami del 1693


La guerra di successione spagnola (1700)

Il trattato di Utrecht



La Spagna contro la Quadruplice Alleanza (1718)

Savoia: il vicerè Maffei e il ruolo di piazzaforte piemontese


Le acque controllate dagli inglesi e l'arrivo delle truppe d'Austria

Il 16 agosto 1718 il capitano di vascello G. Walton scrive all'ammiraglio Byng un importante e corto messaggio che diviene celebre nella storia marinara dell'Inghilterra; ed egli lo fa firmandosi «al largo di Siracusa» (off Syracuse):

(inglese)
«Sir - We have taken and destroyed all the Spanish vessel which were upon the coast; the number as per margin. "I am, &c., G. Walton. Conterburry off Syracuse, August 16th 1718.»
(italiano)
«Signore [Byng] - Abbiamo preso e distrutto tutte le navi Spagnole che erano sulla costa; il numero come da margine. Io sono, &c., G. Walton. Conterburry al largo di Siracusa, 16 Agosto 1718.»

G. Walton ha appena dato a Byng la notizia dell'annientamento delle ultime navi spagnole sopravvissute alla battaglia dell'11 agosto, svolatasi tra Siracusa e Capo Passero. La Spagna non sarà più in grado, dopo di ciò, di mandare altre navi da guerra in soccorso alle sue truppe da terra, poichè gli inglesi, da quel momento in avanti, controlleranno meticolosamente tutte le acque siciliane.

(segue la risposta di Byng che gira il messaggio di Walton a Lord Stair e al segretario Creggs)


Il compromesso tra Spagna e Inghilterra

La nascita del Regno borbonico napoletano (1735)


Siracusa: i pirati e gli schiavi

(spagnolo)
«En Europa, ante la simple mención del nombre de Barbarroja, los hombres proferían juramentos, y las mujeres se santiguaban.»
(italiano)
«In Europa, di fronte alla semplice menzione del nome di Barbarossa, gli uomini proferivano giuramenti, e le donne si facevano il segno della croce

Premesso che la città ebbe da rapportarsi con la pirateria fin dalle epoche storiche più antiche del Mediterraneo, fu proprio sotto l'egemonia spagnola che i suoi contatti con il mondo dei corsari si intensificarono.

Siracusa, per via della sua posizione, costiera e strategica, ha attirato in essa un gran numero di personalità che praticavano alacremente il mestiere del pirata e, più in generale, del corsaro. Uno degli episodi di pirtateria più efferrati e noti nella storia della città si verificò già sotto i Normanni, con il coinvolgimento della penisola iberica:

 
La classica bandiera dei pirati: la Jolly Roger, che, secondo alcuni storici, deriverebbe proprio o da Ruggero II di Sicilia o da Roger de Flor

Nel 1127 Ruggero II di Sicilia si recò in Africa con 40 navi per compiere scorrerie contro i domini dei musulmani (è questo l'anno della conquista dell'isola di Malta da parte del Normanno[5]); essi allora, per vendicarsi, armarono a loro volta 80 navi e le spedirono nei siti siciliani di Patti (nel messinese) e Siracusa. Narrano le fonti cristiane, come Guglielmo I arcivescovo di Tiro, che il capitano dei pirati era un musulmano di Spagna, ovvero un almorávide, di nome Gaitus Maymonus, il quale assalì con la sua squadra i siracusani in data 17 luglio 1127. Niente fu risparmiato: dopo aver distrutto le case, appiccato gli incendi, i pirati catturarono uomini e donne e li portarono con sé.[6] Aggiunge lo storico Ottavio Gaetani, in Vitae Sanctorum Siculorum, che i pirati - che egli specifica essere «pirati di Spagna»[7] - in quell'occasione a Siracusa non lasciarono intatte altro che le mura, depredando tutto il resto.[8]

L'offensiva piratesca giunta da al-Andalus ai danni dei siracusani, causò due reazioni nel regno di Sicilia: a breve termine l'alleanza di Ruggero con il conte Raimondo Berengario III di Barcellona, quindi l'impegno siciliano nella Reconquista della Spagna cristiana,[9] e a lungo termine la partecipazione dei siciliani alle crociate in atto; essi si unirono alla seconda di tali spedizioni, che risultò essere la più imponente.[10]

Ma Siracusa fu anche aiutata dai pirati; in base alle esigenze politiche del momento: quando il papato, supportato dagli Angiò, e i primi re aragonesi si contendevano la Sicilia, Siracusa subì un nuovo assedio, e nel 1298 la città rischiava il cedimento a causa della fame imposta dal blocco dei belligeranti, allora venne in suo soccorso Roger de Flor, famoso per essere il pirata capitano degli Almogàver (temibili soldati saraceni al servizio della Corona d'Aragona). Roger de Flor assaltò una delle navi francesi poste al servizio del principe Carlo di Valois, piena di viveri, e da Catania la dirittò nel porto di Siracusa, sfamando così la popolazione assediata e permettendo alla città di rimanere in mani aragonesi. Il pirata de Flor rimase un anno a Siracusa, organizzando da qui navi e spedizioni piratesche per i suoi equipaggi.


Gli Spagnoli e la cucina siracusana

Pomodori e cioccolato

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Il nome spagnolo di Siracusa: Çaragoça de Sicilia in una delle pagine del libro edito nel 1553 e scritto da Florián de Ocampo, cronista dell'imperatore Carlo V d'Asburgo.[N 1]

Appunti:


Il nome di Siracusa con gli spagnoli: Çaragoça de Sicilia (Zaragosa); "de Sicilia" per distinguerla da Zaragoza della Spagna (Saragozza).

Per la ricerca di altri doc. in lingua: varianti del nome sotto influenza spagnola: Caragoça (con la C iniziale e non la Ç); Saragosa; Zaragoza (con la Z finale invece della S); Saragossa (più raro e edito quasi esclusivamente in doc. italiani).

Nel cinquecento si conosceva, e quindi era già in uso, il nome dialettale odierno della città: Sarausa (con ogni probabilità modellato dai locali proprio sulla fonetica adoperata dagli Spagnoli, dai quali si sentivano chiamare sempre come gli abitanti della città aragonese: caragocanos e zaragozanos; dall'originale nome di Zaragoza: ovvero Caesar Augusta, poi Caesaraugusta, quindi Saraqusta; da lì in poi le due città hanno mescolato la propria etimologia, influenzandosi a vicenda).


Citazione sul culmine del potere spagnolo:

(spagnolo)
«La ambición de los españoles, que les ha hecho acumular tantas tierras y mares, les hace pensar que nada les es inaccesible.»
(italiano)
«L'ambizione degli spagnoli, che li ha fatto accumulare tante terre e mari, li fa pensare che nulla sia per loro inaccessibile»


nota: ricordarsi di approfondire la vicenda sui "siculos españoles" (o Españoles Siculos) dell'epoca greca (vicenda che probabilmente ha a che vedere con il mito cinquecentesco del Siculo originario di Spagna)


Appunto importante:

Gli Spagnoli a Siracusa per riconquistare i territori perduti nel 1713 (per fare ciò disubbidiscono al trattato di Utrecht). Tempo dell'azione: agosto 1718. Tempo della cronaca: 1725 (molto vicino alla data della battaglia):

(spagnolo)
«Para repararse los Ingleses de los danos padecidos, se entretuvieron quatro dias cinquenta millas á la Mar; despues entraron furiosos con los Navios rendidos en Siracusa, los dias 16 y 17 de Agosto. Esta es la derrota de la Armada Española, voluntariamente padecida en el Golfo de Araich, Canal de Malta, donde sufrió un combate sin linea, ni disposicion Militar, atacando los Ingleses a las Naves Españolas á su arbitrio, porque estaban divididas. No fue Batalla, sino un desarreglado combate, que redunda en mayor desdoro de la conducta de los Españoles, anque mostraron imponderabre valor, mas que los Ingleses, que nunca quiesieron abordar; por mas que lo procuaron los Españoles.»
(italiano)
«Gli Inglesi, per riprendersi dai danni subiti, stettero quattro giorni in mare, distanti cinquanta miglia[dalla costa]; dopo, furiosi, entrarono a Siracusa con a seguito le navi (spagnole), ormai arrese, nei giorni 16 e 17 di agosto. Questa è la sconfitta dell'Armada Española, volontariamente flagellata nel Golfo di Araich,[N 2] [nel] Canale di Malta, dove soffrì un combattimento senza linea, né assetto militare. Gl Inglesi poterono attaccare le navi spagnole a loro piacimento, poiché esse erano divise. Non fu una battaglia, bensì un combattimento disordinato, che fa risaltare in maggior maniera la criticabile condotta degli Spagnoli, anche se questi dimostrarono un indubbio valore, più degli Inglesi, i quali mai vollero abbordare; nonostante le occasioni offerte dagli Spagnoli.»

(aggiungere in seguito i nomi delle navi spagnole che rimasero al porto siracusano sotto il controllo inglese)

Altra testimonianza sull'arrivo di Bing e Antonio de Gastaneta (rispettivamente ammiraglio della flotta inglese e comandante dell'armata spagnola) al porto aretuseo:

(spagnolo)
«[...] y el vencedor tan pronto como pudo reparar su averías, fué á obstentar en el puerto de Siracusa las preses, vergonzoso fruto de su perfidia.»
(italiano)
«[...] e il vincitore, appena riuscì a riparare i propri danni [alle navi], andò ad ostentare nel porto di Siracusa le [navi spagnole] prese, frutto vergognoso della sua perfidia.»

Nota: generale, ufficiali e marinai dell'Aramata Spagnola vengono fatti prigionieri dagli Inglesi e trasferiti ad Augusta.

Conseguenza (capitolo finale):

A seguito di questa battaglia, si forma la Quadruplice alleanza: Inghilterra, Francia, Austria e Paesi Bassi dichiarano guerra alla Spagna. Questa, per rimprendersi la Sicilia, deve rimanere in armi dall'Europa all'America, fino alle Indie Orientali: cede nel 1720, con la firma del trattato dell'Aia, nel quale dichiara di rinunicare definitivamente all'isola:

«Quanto alla Spagna, il mondo (scrive il buon Muratori[11]) vide nuovo spattacolo: le principali Potenze collegate contro di lei, ed ella sola far fronte a tutte. Il Trattato erasi notificato al re Cattolico di Madrid colla dichiarazione che, se non fosse per accettarlo, le Potenze segnatarie ve lo avrebbero astretto: ciò che, in fondo, si chiedeva alla Spagna era la rinuncia alla Sardegna e alla Sicilia, l'una non più posseduta al momento della pace di Utrecht, l'altra dovuta già abbandonare.»

Nota: nel mese di luglio 1718 (prima della sconfitta spagnola), a Siracusa viene fucilato, previo processo militare, il capitano piemontese Carlo Marelli (arrivò in città su una nave degli Inglesi), colpevole di essersi arreso, con la sua guarnigione, il 12 luglio nella Sicilia occidentale, consegnandosi agli Spagnoli.

Nota2: 1720: Quando dalle navi inglesi, ormeggiate nel porto aretuseo, arriva la notizia che la Spagna ha rinunciato alla Sicilia, che passa così di fatto agli Alemanni (Tedeschi-Austriaci), si sparge il malumore a Siracusa (piazzaforte piemontese e austriaca, ma che continua a rimanere filo-spagnola).

Ultima azione degli Spagnoli a Siracusa:

1734-1735:

Dopo decenni di apparente calma (dopo il 1720 il re spagnolo non ha tentato altri approcci in Sicilia), la Spagna ritorna a far parlare di sé attaccando nuovamente gli Austriaci nelle città siciliane. Siracusa è teatro di battaglia tra Spagnoli e Alemmani per ben due volte: il 15 ottobre 1734 (con vittoria spagnola) e poi assedio del maggio 1735: gli Austriaci evacuano la popolazione della città con le navi (abitanti esiliati presso la penisola della Maddalena e nei paesi vicini). Le cannonate con gli Spagnoli danneggiano l'assetto urbano. Gli Austriaci si arrendono il 1 giugno 1735. Gli Spagnoli scortano i Siracusani all'interno della loro città, che passa ai Borbone.

(ma dopo tale azione l'influenza spagnola diminuisce, fino quasi a sparire del tutto, lasciando spazio al potere territoriale degli Italiani continentali: inizio del governo napoletano sulla Sicilia).


Altri appunti:

A fine voce ricordarsi di approfondire il seguente tema: relazioni dirette tra le due culture prima dell'egemonia spagnola:


Fine appunti

Note

Note esplicative
  1. ^ Nella pagina in questione è trattata la vicenda e il ruolo dello spagnolo Merico (colui che aprì le porte di Siracusa ai Romani) e, più in generale, il ruolo degli antichi Iberici (nel libro chiamati già Spagnoli) all'interno della polis di Siracusa (epoca greca).
  2. ^ In diverse cronache spagnole del tempo, non compare il nome di Capo Passero e delle acque siracusane e maltesi, ma compare invece il nome del golfo di Araich, specificando che esso si trovasse nel Canale di Malta.
Riferimenti
  1. ^ Jaime Vicens Vives, Fernando el Católico, Príncipe de Aragón, Rey de Sicilia, Consejo Superior de Investigaciones Científicas, 1952.
  2. ^ Francisca Hernández-León de Sánchez, Doña María de Castilla, esposa de Alfonso V el Magnánimo, 1959, p. 71.
  3. ^ Prudencio de Sandoval, Historia de la vida y hechos del Emperador Carlos V, p. 50, 1634.
  4. ^ Carmelo Trasselli, Da Ferdinando il Cattolico a Carlo V: l'esperienza siciliana, 1475-1525, 1982, p. 422.
  5. ^ Cfr. la contemporaneità dei due eventi in Jean-Marie Martin, La vita quotidiana nell'Italia Meridionale ai tempi dei Normanni, 2018, cap. Crociate e spedizioni.
  6. ^ Guglielmo I arcivescovo di Tiro, lib. XIII, cap. 22 (in Caruso, p. 1001).
  7. ^ Vd. il passo del Gaetani in Michele Amari: Storia dei Musulmani di Sicilia, 1872, vol. 3, pp. 378-379.
  8. ^ Ottavio Gaetani, Vitae Sanctorum Siculorum, I, p. 60, XV sec.
  9. ^ Giosuè Musca, Università di Bari. Centro di studi normanno-svevi, Il mezzogiorno normanno-svevo e le crociate: atti delle quattordicesime giornate normanno-sveve, Bari, 17-20 ottobre 2000, 2002, p. 133.
  10. ^ L'interesse di Ruggero, e il suo invito con le navi per questa crociata, è descritto in: Joseph-François Michaud, Histoire des croisades. Trad. da Francesco Ambrosoli, Milano, 1831, vol. sec. p. 155.
  11. ^ Annali d'Italia: anno 1719, tom. XXVI, p. 339 (pubb. a Venezia, 1804).