Pedagogia speciale

pedagogia indirizzata ad allievi con bisogni educativi speciali

La pedagogia speciale è un ramo della pedagogia che si occupa di tutti gli aspetti della disabilità, affrontando quelli che si chiamano i bisogni educativi speciali, alfine di permettere lo sviluppo della personalità del soggetto interessato. Per permettere questo, essa distingue nel soggetto le componenti legate al deficit facendo ricerca sulle condizioni utili a ridurre lo svantaggio, così che anche la persona disabile possa prendere parte attiva alla costruzione del proprio progetto di vita.

Origini

Il suo avvento fu in Francia tra la fine del 1700 e l'inizio del 1800 grazie a Jean Marc Gaspard Itard (24 aprile 1775 – 5 luglio 1838) medico e pedagogista francese presso l'istituto per sordomuti di Parigi , e al suo allievo Édouard Séguin (Clamecy, 20 gennaio 1812– 28 ottobre 1880). Possiamo dire che l'episodio più importante per la nascita della Pedagogia speciale in Francia sia il ritrovamento di un bambino, Victor, nelle foreste dell'Aveyron (in Francia), dove Itard si batte in particolare contro lo psichiatra Philippe Pinel(Jonquières, 20 aprile 1745 – Parigi, 25 ottobre 1826), portando avanti la convinzione dell'educabilità di Victor nonostante i suoi deficit a livello cognitivo-linguistico, motorio e socio-affettivo,dimostrando la necessità di affiancare la cura educativa alle cure mediche ed è in quest'ottica che si inseriscono altri autori e intellettuali del tempo, quali Johann Heinrich Pestalozzi (Zurigo, 12 gennaio 1746 – Brugg, 17 febbraio 1827), pedagogista e filosofo, Friedrich Fröbel (Oberweißbach, 21 aprile 1782 – Marienthal, 21 giugno 1852), anch'egli pedagogista, i quali iniziarono a teorizzare su di una educazione che si apra anche ai problemi relativi alla pedagogia speciale. La pedagogia speciale si diffuse anche in Italia, tra la fine del 1800 e l'inizio del 1900. Genitori di questa disciplina sono Sante De Sanctis (Parrano, 7 febbraio 1862 – Roma, 20 febbraio 1935) psichiatra e neuropsichiatra e Maria Montessori pedagogista, artefice del movimento delle Scuole Nuove e dell 'attivismo (Chiaravalle, 31 agosto 1870 – Noordwijk, 6 maggio 1952). Grazie alla Montessori si inizia a comprendere l'importanza dell'ambiente educativo e di materiale educativo strutturato, che aiutano i bambini ad esprimere liberamente le proprie inclinazioni e i propri interessi. Importante è stato anche il ruolo di Giuseppe Ferruccio Montesano (1868-1961) che ha affermato la necessità della formazione degli insegnanti, i quali devono avere conoscenze, competenze, metodi e strumenti speciali; nel 1900 fonda a Roma la prima scuola ortofrenica. Nel 1964, in Italia, per la prima volta la pedagogia speciale viene introdotta nei corsi di laurea universitari e la cattedra viene affidata a Roberto Zavalloni (1920 – 2008), psicologo e pedagogista. Tra i maggiori esponenti contemporanei in Italia ricordiamo Andrea Canevaro (Genova, 19 settembre 1939) pedagogista ed editore italiano, nonché professore di Pedagogia speciale presso la scuola di psicologia e scienze della formazione dell'Università di Bologna.


Diffusione della pedagogia speciale in ambito scolastico

All'inizio degli anni 70 l'Italia fece entrare per prima nelle scuole comuni alunni con problemi fisici, psichici anche gravi,avviando il processo di inserimento attraverso l'accoglienza e la socializzazione., poiché già nella sua carta costituente del 1948 (art. 34 – 37- 38) era contemplato un forte impegno al sociale per poter far si che tutti i suoi cittadini fossero uguali, non solo davanti alla legge ma anche come soggetti con stessi diritti e stessi doveri, andando oltre le differenze di ceto, di religione o di pensiero. Secondo l'art. 34 infatti, l'uguaglianza deve partire dai più piccoli[1], per cui Si incominciò ad abolire le scuole speciali e delle classi differenziali, concludendosi percorso con la Legge 517 del 1977 che prevedeva la piena integrazione degli alunni nella scuola di tutti[2].

Legge n 517/1977

Con la Legge n. 517/1977[3] si vanno a chiarire molte cose, ovvero si da' principale importanza all'apprendimento dell'alunno,per cui è necessario far sì che gli interventi didattici ed educativi coinvolgano l'intera classe. Le classi differenziali cominciano ad essere abolite e si comincia a fare formazione dei docenti con competenze specifiche (istituzione di corsi biennali di specializzazione post laurea). Nei documenti ministeriali successivi si andrà a delineare meglio l'identità di questa nuova figura di insegnante specializzato che non è l'insegnante personale del ragazzo con handicap, ma è un docente di sostegno della classe incaricato di favorire e realizzare il processo di integrazione (C. M. 199 del 1979). Il concetto di disabilità cambia: il focus non è solamente sul deficit o sulla menomazione o sulla presunta sindrome bensì è il risultato di numerose variabili. Permane in questa fase ancora una visione assistenzialistica. Negli anni Ottanta si assiste ad un cambiamento: si passa dal concetto di integrazione al concetto di inclusione.

Legge n. 104/1992

La legge n 104/1992 è una legge quadro organica. Con questa legge, ci si prefigge l' obiettivo della "promozione della massima autonomia individuale", estesa per tutto il ciclo scolastico, università compresa, pertanto lo scopo è l' "integrazione" piuttosto che l'"inclusione", insieme ai "diritti dei disabili". Viene data poi importanza alla programmazione coordinata dei servizi scolastici con quelli socio assistenziali, culturali, ricreativi e sportivi, in modo tale che ci possa essere un'integrazione completa della persona con disabilità in tutte le realtà educative e sociali, alfine di partecipare al meglio nella propria vita.Con essa, vi fu l'istituzione di appositi documenti che permettono l'accompagnamento dell'alunno nel suo percorso educativo tramite compilazione da parte delle figure educative. Esse sono: la Certificazione, la Diagnosi Funzionale, il Profilo Dinamico Funzionale, il Piano Educativo Didattico[4]. Ogni processo di insegnamento prevede delle modificazioni nelle capacità del soggetto, che si avvicinano progressivamente a dei livelli qualitativi e quantitativi desiderati, definiti “obbiettivi". Per gli alunni disabili questo avviene nel PDF (profilo Dinamico Funzionale), una componente fondamentale del PEI (piano educativo individualizzato) stabilito dalla suddetta legge. Il PEI delinea i bisogni, le azioni e le strategie legate ad obiettivi di carattere educativo e permette di delineare una linea guida di lavoro comune a tutti coloro che se ne occupano ed è frutto di un processo di confronto tra le diverse figure professionali e i servizi territoriali che se ne occupano. E' quindi fonte di informazioni utili ai fini del raggiungimento degli obiettivi prestabiliti, sulla metodologia e sugli strumenti di lavoro per tutte le figure convolte. PASSAGGI PER LA STESURA DEL PEI 1- valutazione: la valutazione deve essere multidimesionale e multiprofessionale ovvero bisogna creare una visione olistica e integrata tra le diverse prospettive. 2-definizione e struttura: gli obiettivi vengono definiti in considerazione dell'equilibrio tra la valutazione dell'equipe multidimensionale e i desideri/bisogni della persona disabile;gli obiettivi devono essere raggiungibili,misurabili e con una temporalità dichiarata.per ogni obiettivo bisogna definire le strategie,le attività,gli strumenti da utilizzare e la misurazione dei progressi. 3-condivisione:devee essere redatto con un linguaggio semplice e comprensibile a tutti coloro che se ne occupano che,successivamente,lo sottoscrivono. 4-verifica: deve essere verificato ogni sei mesi per essere adeguato o riformulato a seconda dei bisogni/esigenze della persona. [5].La spinta maggiore per avviare un cambiamento nel concetto di educazione , a livello internazionale e poi a caduta su quello Italiano, si è visto dopo la Conferenza Mondiale di Salamanca (UNESCO,1994) in cui si è trattato in maniera approfondita del concetto di educazione inclusiva e di bisogno educativo speciale al fine di rafforzare le basi per la costruzione di una società più inclusiva delle differenze individuali. Negli anni seguenti la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone Disabili (2006) e le Linee Guida politiche sull'educazione inclusiva (UNESCO, 2009) hanno rafforzato il lavoro su questi temi.

Legge n 170/2010

Con l'introduzione della Legge 8 ottobre 2010 n.170 [6] in Italia viene data una nuova definizione dei Disturbi Specifici di Apprendimento identificati come: dislessia, disortografia, disgrafia, discalculia. Secondo l'introduzione delle "Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico", essi comportano una limitazione delle azioni quotidiane del soggetto, senza comportare necessariamente deficit sensoriali, deficit cognitivo o patologie neurologico.Le indicazioni date da questa legge e i successivi decreti ministeriali hanno stimolato una riflessione pedagogica sull'importanza di far approfondire la varietà degli stili di apprendimento e cognitivi ad ogni persona o alunno, potenziando la tutela del diritto allo studio dei ragazzi con diagnosi di disturbi specifici dell'apprendimento.Inoltre hanno aperto le strade al potenziamento della formazione dei docenti e dei dirigenti scolastici per favorire i processi di apprendimento fin dalla scuola dell'infanzia e l'individuazione degli strumenti d'intervento per gli alunni con bisogni educativi speciali (BES - D.M. 21/12/2012)[7]. Si tratta di alunni che non rientrano nelle certificazioni descritte prima, ma che presentano difficoltà di apprendimento dovute a condizioni di svantaggio familiare e socio-ambientale. La teoria delle intelligenze multiple (Gardner H,2005), in cui si evidenzia che l'intelligenza è composta da differenti modalità cognitive, e la promozione dell'educazione inclusiva definita dall'UNESCO nel documento "Policy Guidelines on Inclusion in Education" (2009) hanno re-indirizzato le azioni didattiche - educative verso un sistema che cerca di accogliere le differenze dando risalto e valore alle specificità di ognuno.Secondo questa teoria,il concetto di ambiente si trasforma e si modifica a vari livelli per accogliere e includere in un ottica in cui non sono gli alunni/persone da includere nei vari contesti, bensì sono i contesti, soprattutto quelli scolastico/educativi ad essere inclusivi e accessibili per tutti.

Pedagogia speciale nella scuola contemporanea

Solitamente nell'ambito della disabilità il rischio maggiore, per l'educatore (insegnante, familiare, operatore, ecc.) riguarda l'eccessiva preoccupazione di possedere tecniche atte a fronteggiare le manifestazioni, talvolta imprevedibili o ritenute pericolose della persona disabile e/o la martellante ossessione di padroneggiare metodologie e abilità idonee a favorire, nel disabile, una qualche forma di apprendimento che annulli o perlomeno allontani, il fantasma della propria inadeguatezza educativa. Il limite, infatti, è quello di fermarsi a dei tecnicismi separati, espedienti operativi isolati o specialisti riduttivi, rischiando così di snaturare la pedagogia speciale: scopo di questa disciplina è , invece, quello di far sì che ogni educatore sia realmente motivato a realizzare un buon lavoro educativo (per far questo è necessario che ci sia un feedback positivo nei confronti dell'attività svolta e della sua persona ) con il suo stesso sguardo pedagogico che, nell'incontro con l'altro, vi riconosca innanzitutto una persona e poi il deficit. Secondo questa prospettiva, è necessario sostenere il comportamento pratico degli educatori anche attraverso la riflessione, lo studio, la ricerca teorica, l'aumento della consapevolezza degli atteggiamenti, l'incremento della responsabilità delle scelte e delle decisioni, il potenziamento dell'osservazione e dell'analisi delle azioni; la pedagogia speciale, infatti individua e offre risposte speciali a bisogni specifici ai contesti ampi e non in contesti separati. Questo timore educativo misto ad una certa ossessione evidenzia il rischio attualissimo e mai scomparso, di come, si attui, troppo spesso, una relazione che dovrebbe qualificarsi come educativa: priva di reciprocità e di protagonismo per il disabile, considerato aprioristicamente incapace di contribuire al suo percorso educativo, succube di un progetto imposto da altri che meglio di lui sanno già quello che è giusto per il suo bene. Lo studioso Andrea Canevaro sostiene quindi la necessità di un modello di ricerca privilegiato, basato sulla ricerca - azione per riaffermare il coinvolgimento del ricercatore nella progettualità dell'educando al fine di permettere un cambiamento[8]. Per molto tempo l'insegnante di sostegno assolveva ai vari atti legislativi emanati compilando il piano educativo personalizzato talvolta condividendolo con le famiglie e gli specialisti ma dal 2002 in poi è stato toccato dal nuovo approccio ICF del 2001 (Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute) al quale fece seguito nel 2007 l'ICF – CY (Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute per Bambini e Adolescenti). Nelle classificazioni internazionali dell'OMS, le condizioni di salute come le malattie, i disturbi e le lesioni vengono classificate principalmente nell'ICD10, che fornisce un modello di riferimento eziologico. Il funzionamento e la disabilità associati alle condizioni di salute vengono invece classificati nell'ICF. Queste due classificazioni sono complementari e dovrebbero essere utilizzate congiuntamente . L'ICF – CY può aiutare i clinici, gli insegnanti, i ricercatori, gli amministratori, i responsabili delle politiche e i genitori a documentare le caratteristiche importanti per la promozione della crescita, della salute e dello sviluppo dei bambini e adolescenti. Tale classificazione offre un modello concettuale di riferimento e un linguaggio e una terminologia comuni per registrare i problemi che emergono nella prima infanzia e nell'adolescenza, che riguardano le funzioni e le strutture corporee, le limitazioni dell'attività e le restrizioni alla partecipazione, nonché i fattori ambientali rilevanti per i bambini e gli adolescenti. In tale prospettiva risulta più funzionale la stesura del Progetto di Vita all'interno del Piano Educativo Individualizzato, solo in quest'ottica l'individuo con disabilità diventa protagonista del proprio percorso educativo.

Note

Bibliografia

Voci correlate

Altri progetti

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Collegamenti esterni

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