Utente:Aracuano/Sandbox
Propriamente intereducazione significa educazione all'altro, non necessariamente in riferimento a persona di altro sesso. L'altro può essere, quindi, qualsiasi persona incontrata: un compagno di scuola, un amico e, nell'ambito scout, uno squadrigliere o un Capo.
Se si intende questo concetto in senso così lato, si può dire che lo Scoutismo fa già costantemente intereducazione, in quanto educa i ragazzi e le ragazze a crescere e maturare prevalentemente nel rapporto con gli altri. In questo tipo di educazione, però, gioca un ruolo particolare il rapporto uomo-donna, l'incontro dell'altro quando è diverso per sesso e, quindi, sensibilità, carattere e modo di essere. Ecco, quindi che il termine intereducazione acquista spesso un senso più ristretto: non più solo educazione all'altro, ma educazione all'altro sesso.
La parola intereducazione, anche se intesa con questo significato, non può comunque essere confusa con il termine coeducazione: non è una educazione fatta insieme, ma un educare all'altro, partendo dalle specificità proprie di ciascun individuo, inteso pienamente nella sua femminilità o mascolinità.
Nell'Associazione Italiana Guide e Scouts d'Europa questo principio si realizza in Unità distinte per età e per sesso. Per qualificare il senso che si vuole dare all'azione educativa in opposizione alla semplice "coeducazione", l'Associazione ha provvisoriamente utilizzato il termine "educazione parallela", ma anche questa espressione sembra inadeguata e si crede che debba essere sostituita. Essa, infatti, è valida nella misura in cui sottolinea le finalità comuni e le analoghe metodologiche intercorrenti tra i due distinti settori di una medesima branca, tuttavia suggerisce un rapporto statico di distinzione-opposizione che è fuori delle intenzioni e non rispecchia neppure la realtà di fatto della prassi dell'Associazione.
Il parallelismo educativo è dettato dalla volontà di rispetto degli elementi tipici che devono essere salvaguardati per realizzare le linee di fondo delle due personalità maschile e femminile, ma non può essere fine a sé stesso. Esso è proprio della fase iniziale della formazione e deve connaturalmente sfociare nel momento dell'incontro e della collaborazione, la cui tipica funzione è lo scambio, a tutti i livelli e in tutti i campi, delle rispettive ricchezze proprie dei ragazzi e delle ragazze, per la mutua integrazione psicologica, culturale e spirituale.
Sembra che il termine "inter-educazione" esprima in modo sufficientemente efficace e chiaro il rapporto di interazione che costituisce l'aspetto vivente dello scambio. Si insiste sul termine "vivente", perché inquadra molto bene le caratteristiche della intereducazione che la FSE vuole praticare, e cioè, l'apertura, intesa come trasmissione di vita autentica, e la gradualità, intesa come rispetto delle leggi di sviluppo e crescita della persona.Ceneda [modifica]
Ceneda viene detto Zeneda in dialetto trevigiano. Il toponimo veneto su cui riflettiamo è Zeneda, ovvero ZEN E DA, ‘immagine della Festa’ in sumero. Combina con cityzen, cittadino, che etima da KI TI ZEN, ‘festa vita Terra’, dalla festa di fondazione di una città / residenza umana.
A questo punto vi invitiamo a far festa allegramente con le ‘monade’ di Piccoli.
(1) Così, primo vere, al principio della primavera, in Catone. U ER, sumero, si traduce con ‘cammino ER del Cielo U’. Il Cielo è in AN, sumero per cielo, che si chiude in NUS, immagine della morte: annus. Il giro (GIR U) del Cielo, lo zodiaco, passava dalla morte dell’anno, conservata col nome del dio della morte, MAR TI U, all’apertura dell’anno nuovo in aperilis quando fioriva lo zafferano selvatico e si faceva, nell’impero ittita, la E ZEN AN.TAH-SUM, la festa del serpente Alto Cielo. (2) Sei importanti studiosi hanno già garantito il loro intervento. (3) apertura della speranza. (4) da aperire della farfalla APATURA IRISH, N. 62 dell’Indice. Il meeting potrebbe essere il 26 di ottobre. (5) Marzo 2007. (6) Istruiti da sant’Agostino sul concetto di tempo: esiste solo il presente, mentre passato e futuro sono solo categorie mentali che estendono il presente in modo fittizio. (7) Dario De Bastiani, Godega Sant’Urbano 2007. (8) Carme < KAR ME, forza del ME. (9) In dialetto. (10) le virgolette come captatio benevolentiae nei confronti degli scettici davanti a questa identificazione. (11) Benché ripetutamente tentati. (12) Il valore dei palindromi sta nella costruzione simmetrica che rende esplicita all’occhio la possibilità della lettura circolare della scrittura. (13) Secondo LCSS, Lettura Circolare della Scrittura Sumera, di cui TE MEN > MEN TE è la conferma più clamorosa. (14) A conferma che la comune origine lontana sumera ricompone nell’unico letto i rami solo temporaneamente separati. (15) Che a noi richiama principalmente l’idea dell’uvetta. (16) Fossili linguistici. (17) Ad Indice col n. 105. Micol Perfigli, autrice di Indigitamenta, Pisa, ETS 2004, sarà con noi al convegno. (18) E-mail. (19) Poeta < UP TE A Cielo- connessione- seme. (20) E quindi non ideologizzato ad un risultato. (21) Così il verso 21 del carme 39: “ se un ride da mona, nisun de lu pi mona. “
(22) Per la LCSS. (23) Indice n. 107. (24) L’espressione è del ‘padovano’ Tito Livio.
(25) Massimo PITTAU, Origine e parentela dei Sardi e degli Etruschi, 1995 Carlo Delfino ed., Sassari, pp. 51-52.
ZENEDA 2007
Il meeting possibile nel prossimo ottobre 2007 (che diventerà Atti solo se la Regione Veneto sarà favorevole) è “Antares, alle origini perdute della cultura occidentale”. Il favore della Regione darebbe un passaggio solare a questa rubrica iniziata il 2 dicembre 2001. Dal nostro articolo di aprile –Antares 2007- passiamo qui ad un titolo che è la sintesi del nome archeologico del luogo e dell’anno del convegno: –Zeneda 2007-.
Che cosa significa Zeneda oggi? Nulla, ma indica, in dialetto, il quartiere che è la ‘metà’ sud di Vittorio Veneto (Treviso). In sumero, ZEN E DA significa ‘vicino DA alla casa E della Festa (ZEN), EZEN’. L’ipotesi è che la festa di Capodanno (1), quella che ‘dava vita a tutto l’anno’, si svolgesse sul monte de Antares, odierno monte Altare e Zeneda è vicina, a sud del colle. Dal nulla al significato festoso. In questa sillaba sumera originaria radica l’illuminazione ZEN buddista: la festa divina è ‘illuminazione’. Illuminazione di Luna, ZU [ZU EN/EN ZU è la massima divinità sumera], e di Sole IT (ZEN IT). La globalizzazione in corso ci porta a ricomporre sillabe che parevano aliene tra di loro: come l’Araba Fenice, dalla zenere (cenere) risorge il cammino (ER E) originato dalla zena (cena) della festa originaria. Zeneda zòrla (scostumata, che zùrla, che delira) rivivrebbe nel nome zenedese. BU ZUR, il dio delle miniere profonde ( > buzzurro) che svela e mantiene i segreti, ci rilancia quel ZUR di zùrla. E ‘saper qualcosa’ è ZU perché EN ZU è divinità della saggezza, GAL ZU, onnisciente [GAL INA va letta GAL ANI ed era la ‘grandezza del Cielo’; ora è ‘piazza della gallina’ in una Vittorio dalle origini perdute]. Citizen, il cittadino inglese, rinvia col suo nome alla festa ZEN di fondazione della vita TI sulla terra KI scelta per risiedere. Una festa in cui la gioia di vita toccava lo zenit, con scene di follìa (ZE è follìa in sumero). EN ZE, letto ZEN, è l’ente folle.
L’accordo da raggiungere su questo punto tra i convenuti (che Zeneda e ZEN E DA sono lo stesso nome etnico) darebbe finalmente un significato al nome del luogo del convegno e una ottima ragione per far festa insieme al riconoscimento del filo: origine < origo < U GIR U. Quale l’ostacolo più importante da valutare assieme? : la festa scritta nel sumerogramma EZEN si leggeva ZEN E. Così come origo < U GIR U [lo zo-diaco origine della vita, zoe, in greco], e il nome latino nomen in sumero si scriveva MEN NU, e numen, il dio che appare tra gli uomini, ne è il ribaltamento esatto. Mente è inoltre ribaltamento di TE MEN il luogo dove il dio entra. La lettura LCSS che proponiamo fa sì che TE MEN sia mente. E TI MU, casa della vita del nome, riprende vita in etimo.
“Zeneda” origina dal VI sec. a.C. [ne sono prova i resti archeologici degli scavi del 1989 conservati a Padova dalla Soprintendenza Archeologica], era il nome della cittadina del VI sec. d.C. che divenne Vittorio nel 1866 (2) per la sua unione con Serravalle, la ‘metà’ nord della Città e che sta oltre il monte Altare rispetto a Ceneda.
Sogno, più precisamente, il convegno a Serravalle [dove sono nato, cioè nel punto dove convergono i colli di sant’Augusta e di sant Antonio, (Monte Baldo è il nome della cima più alta di questa costiera collinare (3)), a ridosso nord del castrum dei Da Camino].
Da Serravallese, abitante in Centro, riconosco che Zeneda fu il nome fissato dai Veneti Primi alla loro residenza locale.
Venanzio Fortunato (535-603), il massimo poeta latino del VI secolo, morto vescovo di Poitiers, fu il primo a lasciarci latinizzato il nome di Zeneda [finora si è considerato Zeneda degenerazione di Ceneta; come vedremo, è da pensare l’inverso: il nome Ceneta è in letteratura grazie a Fortunato per mettere ‘in lingua’ ciò che era in bocca al popolo]:
“per Cenetam gradiens et amicos Duplavenenses qua natale solum est mihi sanguine, sede parentum, prolis origo patrum, frater, soror, ordo nepotum, quos colo corde fide, breviter puto redde salutem.” “Passando per Ceneda e per il territorio dei miei amici duplavenensi, dove è la mia terra natale per sangue e per dimora dei miei genitori, dove ha le radici la mia famiglia, dove stanno mio fratello, mia sorella, la schiera dei miei nipoti, che onoro con cuore sincero, porgi loro, ti prego, un breve saluto” Tr. di Aldo Toffoli (4).
Questo è il lascito di Fortunato: immagina che la sua opera ripercorra a ritroso il suo viaggio fatto verso la Francia (5), in ringraziamento a san Martino [santo vissuto 315-397, vescovo di Tours] per avergli sanato la vista, e torni a casa. Paolo Diacono, storico longobardo, diede ai Valdobbiadenesi del diciasettesimo secolo lo spunto duplabilis (Denique hic de quo loquimur Fortunatus natus quidem in loco qui Duplabilis dicitur fuit; qui locus haud longe a Cenitense castro vel Tarvisiana distat civitate.) per sentirsi i ‘duplavenenses’ –facendo riferimento al fiume Piave (du Plavis) basandosi su una conoscenza solo letteraria di Venanzio -anzichè Cenedesi residenti al nord, che vengono dai due Piavi: il Piaveson di Sopra e il Piaveson di Sotto, affluenti dei due laghi di Revine, come sostiene l’amico Pianca, direttore del Museo del Cenedese. L’osservazione attenta e precisa di un residente negli anfiteatri naturali, che vedremo subito, aiuta a correggere un errore secolare che dispatriava il santo. Così, con questa lettura di duplavenenses, finisce una trafugazione letteraria di un letterato. Non vi pare un non senso invitare a dare in Ceneta il saluto a gente che abita ad un giorno di cammino? L’iniziativa di canonizzare Venanzio Fortunato come santo fu dei Valdobbiadenesi che lo fecero diventare loro avo, nonostante le proteste dei Cenedesi di allora (da documenti del Seminario Vescovile). Due convegni hanno convenuto per Valdobbiadene, ma hanno sbagliato (6).
Il tempo lavora normalmente contro la memoria, disarticola gli elementi dell’ecosistema ed altera il riconoscimento dei luoghi nel vuoto letterario. Noi, occupandoci delle origini, non possiamo tacere il fatto che proprio tra i due laghi di Revine e di Lago fu rinvenuto un villaggio palafitticolo. Una presenza umana del neolitico (4.500-2.500 a.C.) che può aver lasciato segni più importanti degli attuali, nel confronto con la prossimità, ai tempi dei duplavenenses.
I due anfiteatri naturali delle dorsali Visentin-sant Antonio-monte Altare e Pizzòc-Santa Augusta-Costa di Fregona dovevano venir immaginati dai primi abitatori come immense chele di uno scorpione. Questo è il senso del nome Antares dato al colle segnato dalla Croce.
AN TAR IS è –Cielo unito/separato con la Terra-: la collocazione della stella Antares nell’asterismo dello Scorpione celeste è esattamente nella congiunzione della chela sinistra con il soma. Così è in Terra per il Colle Antares, posto nel punto di congiunzione della chela ovest rispetto all’anfiteatro morenico, visto come un immenso prosoma con telson, il pungiglione, giù nel piano in Oderzo!
Nel contesto odierno, urbanizzato e inquinato dall’illuminazione artificiale, l’immagine va ricercata con pazienza, dopo essere saliti sul monte Altare. Che il monte Altare fu Antares lo prova il documento processuale Bertucio Nigro che l’Archivio Storico della Biblioteca Civica Vittoriose conserva.
Antares è la stella di Capodanno dei Sumeri: la ragione specifica per convenire e discutere è perché mai sia a Vittorio Veneto. Per l’indoeuropeismo è un apax, una stranezza. Per chi consideri l’indoeuropeismo un’immensa costruzione ideologica, Antares è al posto giusto e illumina la vera origine. La fortuna è stata benigna con chi scrive, offrendogli all’analisi una ‘stranezza’ di dimensioni millenarie. Antares è l’archetipo della vita, una creatura maschio-femmina creduta nata dall’unione del Cielo e della Terra. Abbiamo scritto in aprile: “Il Veneto discute il riconoscimento della lingua veneta”. Antares e la sua festa, Zeneda, mostrano una longevità di ZEN E DA coeva alla parola ‘vita’. Vita mostra una radice etrusco-hurrita U IT A, ‘Sole IT tra Cielo U e Terra A, simmetrica ad A IT A, ‘Sole tra Terra e Terra’, dio e mondo dei morti etrusco.
L’archeologia del linguaggio ci offre ciò che la storia delle lingue non ha potuto darci [e qui mi riferisco al mio maestro, Giovanni Semerano, riconoscente. Mi sento, verso di lui, come l’alpino che è salito senza zaino –portato doppio da Semerano, che siede stanco a cento passi dalla cima-: fresco, gli prendo i pesi e corro in meta. A lui si battano le mani!].

IL Monte Tezio si trova in Umbria, pochi chilometri a nord di Perugia, nel territorio comunale di Perugia e di Umbertide. Alto 961 metri forma una piccola catena montuosa insieme al Monte Corona e al Monte Acuto.
Geografia
Il Tezio è la cima più alta del comune di Perugia. Il suo profilo caratterizzato dalle due vette, rispettivamente Tezio e Tezino, è abbastanza diverso da quello dei monti che lo circondano, di solito più bassi e dalle forme più arrotondate. Pur non essendo collegato direttamente all'Appennino il Tezio presenta in alcuni paesaggi tipicamente appenninici, con pareti di roccia che ospitano da tempo una palestra del club Alpino Italiano.
Flora
I boschi della zona sono prevalentemente composti da lecci, cerri, roverelle e qualche castagno. Anche se nella parte bassa del Parco sono presenti molti pini. Il sottobosco è ricco di arbusti, oltre al corbezzolo si trovano anche ginepro, rosa canina....
Fauna
Il monte e tutta l'area circostante è ricca di piccoli animali come volpi, tassi, istrici e mustelidi vari. Non è raro poi imbattersi in animali più grandi come cinghiali e caprioli.
Frequenti sono anche gli uccelli, specialmente nelle parti più alte e meno frequentate è spesso possibile avvistare rapaci come la poiana.
Il parco
Attività umane
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| Lettera | Parola | Codice | Lettera | Parola | Codice |
|---|---|---|---|---|---|
| A | ASTRO | · — | B | BONAPARTE | — · · · |
| C | CONTATORE | — · — · | D | DOCILE | — · · |
| E | EH | · | F | FUMATORE | · · — · |
| G | GONDOLA | — — · | H | HERBARIUM | · · · · |
| I | IRA | · · | J | JABLONOVO | · — — — |
| K | KOHINOOR | — · — | L | LIMONATA | · — · · |
| M | MOTO | — — | N | NOIA | — · |
| O | OPORTO | — — — | P | PIANOFORTE | · — — · |
| Q | QUOQUORIQUO | — — · — | R | RUMORE | · — · |
| S | SIRENA | · · · | T | TOH | — |
| U | URANO | · · — | V | VALERIANO | · · · — |
| W | WAGON POST | · — — | X | XROCADERO | — · · — |
| Y | YOCHIMOTO | — · — — | Z | ZOROASTRI | — — · · |