La Honda Super Cub o Honda Cub è una motocicletta monocilindrica 4 tempi Honda, con cilindrate da 49 a 124 cm³.

Honda Super Cub
Una Honda Super Cub nella Honda Collection Hall, in Giappone
CostruttoreGiappone (bandiera) Honda
TipoMotoleggera
Produzionedal 1958

Costantemente in produzione[1] dal 1958, con più di 60 milioni di esemplari nel 2008[2][3], 87 milioni nel 2014, e 100 milioni nel 2017[4], la Super Cub è il veicolo a motore più prodotto nella storia[5].

Le versioni comprendono C100, C50, C70, C90, C100EX e C70 Passport, oltre alla serie Honda Trail.

La campagna pubblicitaria USA della Super Cub, You meet the nicest people on a Honda ("Trovi la più bella gente su una Honda"), ebbe un duraturo influsso sull'immagine Honda e sull'atteggiamento americano verso il motociclismo, divenendo una pietra miliare del marketing[6][7].

Sviluppo

L'idea di un nuovo motociclo 50 cm³ fu concepita nel 1956, quando i fondatori della Honda Motor Co., Soichiro Honda e Takeo Fujisawa, visitarono la Germania constatando la diffusione colà raggiunta da ciclomotori e motoleggere[8]. Soichiro Honda era essenzialmente il capo della società sul piano tecnico e produttivo, sempre attento ai successi in pista, mentre il suo socio Fujisawa era l'uomo della finanza e degli affari, che dirigeva le vendite e formulava strategie volte a dominare i mercati sbaragliando i concorrenti di Honda Motor[9]. Fujisawa stava pensando da molto tempo ad una strategia di espansione di lungo termine, e — a differenza di quel che praticavano altre imprese nipponiche — non si accontentava di intensificare semplicemente la produzione cavalcando il recente boom economico del Sol Levante. Al centro dei suoi piani stava una piccola motocicletta dalle grandi prestazioni[8]. Nell'Europa del dopoguerra, la "scala di crescita" per le soluzioni di mobilità individuale vedeva tipicamente consumatori che passavano dalla bicicletta al bicimotore, poi compravano uno scooter, poi ancora una bubble car come la Isetta, una piccola auto e così via. Fujisawa notò che per la "persona media" la motocicletta[10] non rientrava in questo schema, e vide quindi un'opportunità per cambiare la situazione[11]. Soichiro Honda all'epoca si era stancato di sentire l'idea di nuova moto di Fujisawa; Honda era venuto in Europa per vincere il Tourist Trophy, e il resto gli interessava poco[8].

 
Moderno Super Cub

Fujisawa visitò i saloni di esposizione di Kreidler e Lambretta, più altri, per ispirarsi nel concepire il tipo di motocicletta che aveva in mente sentenziando che questi progetti "non avevano futuro" e non avrebbero avuto successo commerciale[8][12]. Il suo concetto era una "due ruote" per l'uomo qualunque, una che sarebbe piaciuta tanto nei Paesi progrediti quanto in quelli in via di sviluppo, in città e in campagna. La nuova motocicletta doveva essere tecnologicamente semplice per sopravvivere in posti non raggiunti da conoscenze tecniche progredite, sprovvisti di attrezzature sofisticate e di una valida rete di distribuzione dei ricambi. Si doveva ovviare alle lamentele del consumatore normale quanto a rumorosità, affidabilità scarsa, specie nell'impianto elettrico, e difficoltà generale d'uso. Dato che Honda era una grande società che si stava ulteriormente ingrandendo, aveva bisogno di un prodotto desiderabile dalle masse che potesse essere fabbricato su scala enorme[11]. Il progetto doveva essere messo a punto accuratamente prima di iniziare la produzione, perché la grande tiratura avrebbe reso troppo costosi eventuali ripensamenti successivi all'avvio. La tipologia "scooter" avrebbe quasi fatto al caso suo, ma era troppo complessa per la manutenzione nei Paesi in via di sviluppo, e le piccole ruote si sarebbero trovate a mal partito su strade in cattive condizioni, o inesistenti del tutto[11][13]. Un'altra esigenza di Fujisawa era che il mezzo si potesse guidare con una mano, mentre con l'altra si teneva un vassoio di pasta soba; diceva a Honda: "Se puoi progettare una piccola moto, diciamo 50 cm³ con un guscio per tenere nascosti motore, giunti e cavi, la posso vendere. Non so quanti negozi di pasta soba ci siano in Giappone, ma puoi scommettere che ognuno di quei negozi ne vorrà una per le consegne"[12][13][14].

Una volta interessato, al ritorno in Giappone Soichiro Honda iniziò a sviluppare il Super Cub. L'anno seguente Honda mostrò a Fujisawa un simulacro che in definitiva corrispondeva a quello che aveva in mente; Fujisawa dichiarò che contava di vendere 30 000 pezzi al mese, ossia metà dell'intero mercato mensile delle due ruote in Giappone. Il suo obiettivo era esportare moto in una scala mai vista nel disordine economico del Giappone nel dopoguerra, quando le inceppate attività commerciali della maggior parte delle imprese erano surrogate da società di distribuzione straniere. Honda avrebbe dovuto costituire una sua controllata all'estero per fornire quanto necessitava in fatto di servizio e parti di ricambio in un grande Paese quale gli Stati Uniti. A tal fine nel 1959 fu fondata la American Honda Motor Company[8]. Nel 1961 fu creata una rete vendita in Germania, poi in Belgio e nel Regno Unito nel 1962, e ancora in Francia nel 1964[9].

La Honda Juno fu il primo scooter ad usare una carrozzeria di resina poliestere, o plastica rinforzata con fibra di vetro (FRP), e sebbene la produzione della Juno si fosse fermata nel 1954 per le difficoltà finanziarie e di manodopera che la Honda Motor pativa all'epoca, Fujisawa continuò a favorire la ricerca sulle tecniche di fusione della resina poliestere; questo lavoro portò i suoi frutti con la Super Cub[8]. La carenatura della nuova moto sarebbe stata in polietilene, la plastica più diffusa, risparmiando peso rispetto alla FRP, ma il fornitore della Honda non aveva mai fatto uno stampo da fusione così grande, perciò la Honda stessa dovette fornire gli stampi[13]. La Super Cub fu la prima moto che avesse mai usato una carenatura di plastica[15]. Lo storico del motociclismo Clement Salvadori scrisse che il parafango anteriore e i ripari per le gambe in plastica erano "forse il più grande contributo del Cub; la plastica funzionava bene quanto il metallo ad un costo notevolmente inferiore"[16]. La tecnologia sviluppata al Tourist Trophy ebbe a sua volta un ruolo decisivo per la genesi della nuova moto "peso piuma", spremendo ben 3,4 kW (4,5 HP) da un motore Honda a quattro tempi da 50 cm³, laddove il primo motore che la società costruiva dieci anni prima — una "quasi esatta copia" del 50 cm³ due tempi residuato bellico Tohatsu, che la Honda commercializzava come motore ausiliario per bicicletta — erogava appena 0,37-0,75 kW (0,5-1 HP)[8][9]. Il primo 4 tempi Honda, lo E-type del 1951, con i suoi 3,7 kW (5 HP) a stento superava la potenza del Super Cub, ma con una cilindrata quasi tripla (146 cm³)[9].

Per fare la nuova moto, la Honda costruì un nuovo stabilimento da 10 miliardi di ¥ a Suzuka, in grado di produrre 30 000, e in due turni fino a 50 000, Super Cub al mese[8][17]. La fabbrica si ispirava alla linea di produzione della Volkswagen Maggiolino (un altro mostro sacro dell'industria[18]) di Wolfsburg in Germania[17]. Fino a quel momento, i modelli di maggior successo della Honda avevano venduto non più di 2000-3000 pezzi al mese, e gli osservatori pensavano che il costo dell'impianto rappresentasse una scommessa temeraria[8]. Edward Turner della BSA, per esempio, andò in Giappone per vedere lo stato dell'industria giapponese nel settembre 1960, e concluse che gli investimenti come quello di Suzuka erano "estremamente pericolosi" perché il mercato motociclistico USA era già saturo[17]. Una volta terminato nel 1960, la fabbrica Suzuka era la più grande del mondo, un modello per le future strutture Honda votate alla produzione di massa[8]. Le economie di scala conseguite a Suzuka abbatterono del 18% i costi unitari di fabbricazione del Super Cub, nel momento in cui l'impianto poté lavorare a regime[17], ma nel breve termine vi fu un'apparente sovrapproduzione, con i magazzini che traboccavano di veicoli, poiché il nuovo impianto divenne pienamente operativo prima che la rete distributiva commerciale fosse in grado di svolgere il suo compito[8].

Design

 
Un Super Cub di fine anni 2000

La Super Cub è stata paragonata alla Ford Model T, alla Volkswagen Maggiolino e alla Jeep come icona dell'industria dei trasporti nel XX secolo[8][19][20]. La C100 usava un telaio monoscocca in acciaio stampato, con il motore orizzontale posto sotto il trave centrale, una configurazione che oggi si chiama motocicletta "varcabile" (step through) o "tubone". Sotto certi profili, il tipo di motocicletta in cui ricade la Super Cub è difficile da classificare, situandosi tra uno scooter e una motocicletta[21], e talora è stata chiamata ciclomotore[22], "step-thru"[23] o scooterette[9][24][25].

 
Cruscotto del CA100 del 1966
 
Cruscotto del Cub 110 del 2009

La carenatura in plastica correva da sotto il manubrio a sotto le pedane, proteggendo le gambe del pilota da vento e detriti stradali, oltre a nascondere il motore alla vista. Questo design era come il rivestimento completo di uno scooter, ma a differenza di uno scooter il motore e il cambio non erano fissati all'asse posteriore. Questa impostazione aveva diversi vantaggi. Allontanava il motore dalla sella, staccando il movimento del forcellone posteriore dal propulsore per ridurre la massa non sospesa. Rendeva anche più diretto il flusso raffreddante dell'aria, e permetteva di montare ruote più grandi.[9] Ponendo il motore al centro del telaio, invece che accostarlo alla ruota posteriore, migliorava sensibilmente il bilanciamento anteriore-posteriore.[11] Il serbatoio del carburante era alloggiato sotto la sella incernierata, che si poteva sollevare per accedere al bocchettone di rifornimento. I cerchioni da 17 pollici, confrontati alle tipiche ruote da 10 pollici di uno scooter, erano più stabili, specie sulle strade accidentate, e psicologicamente facevano sì che la motocicletta sembrasse più rassicurante, dato che ricordava più una bicicletta che uno scooter su due ruotine.[9]

 
Il motore "valvole in testa" dei Super Cub più vecchi.

Il motore, monocilindrico quattro tempi a valvole in testa (OHV) raffreddato ad aria, aveva misure di alesaggio e corsa di 40x25 mm, cilindrata 49 cc, e sviluppava 3,4 kW (4,5 HP) a 9 500 rpm, per una velocità massima di 69 km/h, in condizioni favorevoli[22]. Il basso rapporto di compressione comportava che il motore accettasse la benzina "normale" (con "pochi ottani"), più economica (e al tempo più diffusa), oltre a richiedere uno sforzo alla pedivella di avviamento così basso da far apparire un'inutile frivolezza il peso ed il costo aggiuntivi dell'avviamento elettrico[26]. È pur vero che alcune delle tante versioni della Super Cub offrivano l'alternativa kick start/avviamento elettrico, però nella maggior parte dei casi il veicolo si vendeva benissimo nella configurazione più elementare. Perfino le più recenti versioni 2011 per il mercato giapponese (JDM) di Super Cub 50 e Super Cub 110, dotate di tecnologie e comodità moderne quali motore ad iniezione e indicatore del carburante, non offrivano, neppure come optional, l'avviamento elettrico[27][28].

Il cambio sequenziale a tre marce era comandato manualmente (pedale sinistro), ma senza frizione, o meglio senza la necessità della classica leva sulla manopola sinistra, usando invece una frizione centrifuga insieme ad una frizione a dischi asservita al pedale del cambio per innestare/disinnestare quest'ultimo rispetto al motore. Benché non intuitiva, una volta che il conducente vi si abituava, la trasmissione semiautomatica "eliminava la paura dal motociclismo" nei novelli centauri[26]. A differenza di molti scooter a cambio continuo, la frizione centrifuga permetteva l'avviamento a spinta della Super Cub, un vantaggio considerevole in caso di necessità[11].

Le prime Super Cub usavano un magnete di accensione da 6 volt montato su un volano con una batteria per garantire la necessaria energia alle luci, mentre le più recenti furono aggiornate con sistemi Capacitive Discharge Ignition (CDI). Il sistema di lubrificazione non usava una pompa dell'olio né un filtro dell'olio, ma un primitivo sistema alimentato a spruzzo sia per il basamento sia per il cambio, con un filtro a griglia non sostituibile per raccogliere le scorie dell'olio motore. I freni erano a tamburo su tutte le ruote. E su entrambe le ruote i cerchi erano a raggi da 2.25" × 17" con mozzi a piena larghezza[9].

La Honda raccomandava controlli giornalieri di luci, clacson, pressione gomme, freni, livelli carburante e olio, e un controllo settimanale al livello degli elettroliti della batteria. Il primo tagliando di manutenzione sul motore nuovo si faceva a 320 km, e prevedeva la registrazione di valvole e ruttori, e il cambio dell'olio; si consigliava di non superare i 48 km/h nei primi 800 km di percorrenza. Ogni 1 600 km andava pulita la candela, regolata la tensione della catena, e ogni 3 200 km toccavano: cambio olio, controllo ruttori, e registrazione valvole. A 8 000 km c'erano rilevanti operazioni di manutenzione: rimozione e pulizia di carburatore, catena di trasmissione, silenziatore, e cuscinetti a sfera delle ruote[29]. Alle basse temperature, il conducente azionava uno starter manuale per favorire l'avviamento[29]. Per i parametri del tempo, era una moto semplice, con minime esigenze di manutenzione, e si guadagnò la reputazione di grande affidabilità[16][26].

You meet the nicest people on a Honda

Nel giugno 1963 la Honda lanciò sugli organi di informazione USA[30] la campagna pubblicitaria (che sarebbe durata 12 anni) You meet the nicest people on a Honda ("Trovi la più bella gente su una Honda"), curata da Grey Advertising[31]. Grey aveva comprato l'idea da uno studente universitario dell'UCLA che aveva inventato il concetto per un'esercitazione didattica[32]. L'evento segnò l'inizio del declino per le case motociclistiche nazionali e britanniche nel mercato USA, e la contemporanea ascesa di Honda ed altre imprese giapponesi[33][34][35]. Nel dicembre 1965 Edward Turner disse che la vendita di motoleggere giapponesi andava bene per la BSA, perché attraeva nuovi utenti destinati a "diventare grandi" su macchine più importanti: non immaginava che sarebbe bastato un lustro per vedere le blasonate moto britanniche minacciate da modelli nati dal nulla, ma tecnicamente sofisticati quali la Honda CB750, e la Kawasaki Z1[36][17]. Come case study imprenditoriale e di marketing, questa campagna è tuttora ricordata dopo oltre mezzo secolo, e in un manuale di management strategico si legge: "La Honda e la Supercub, probabilmente il caso meglio conosciuto e più discusso nella strategia di business"[37][38]. Ad essa è attribuito il merito di aver "inventato il concetto di lifestyle marketing"[19].

Elementi specifici del progetto Super Cub erano parte integrante della campagna, come la catena segregata che impediva al lubrificante di schizzare sugli abiti del conducente, e lo scudo per le gambe che analogamente bloccava i detti ti stradali e nascondeva il motore, e la comodità della trasmissione semiautomatica. Il fatto di presentare la Super Cub come un elettrodomestico di largo consumo[21] e non richiedente doti meccaniche e il trasformarsi in "un motociclista", o peggio, "un biker[39]", differenziava l'offerta Honda, poiché, "la dedizione necessaria a mantenere le motociclette di quell'era ne limitava il possesso ad una frangia sociale relativamente piccola, spesso identificata con giovanotti conosciuti per i giubbotti di pelle nera e per le maniere aggressive"[40].

Note

  1. ^ THE ALL-NEW 2019 SUPER CUB (powersports.honda.com), consultato il 6 aprile 2019.
  2. ^ (EN) Cumulative Global Production of Cub Series Motorcycles Reaches 60 Million Units, 21 maggio 2008. URL consultato il 2 aprile 2019 (archiviato dall'url originale il 3 marzo 2016).
  3. ^ (EN) Honda Sells Its 60 Millionth – Yes, Millionth – Super Cub, 23 maggio 2008. URL consultato il 2 aprile 2019.
  4. ^ (EN) Super Cub Anniversary, su global.honda. URL consultato il 2 aprile 2019.
  5. ^ La bicicletta cinese Flying Pigeon, con un ordine di 500 milioni in servizio al 2007, è il veicolo (prescindendo dal sistema di propulsione) più prodotto di sempre ((EN) Dan Koeppel, Flight of the Pigeon, in Bicycling, vol. 48, n. 1, Rodale, Inc., Gennaio–Febbraio 2007, pp. 60–66, ISSN 0006-2073 (WC · ACNP). URL consultato il 28 gennaio 2012.).
  6. ^ (EN) Jeremy Packer, Motorcycle Madness; The Insane, Profane, and Newly Tame, in Mobility without mayhem: safety, cars, and citizenship, Duke University Press, 2008, pp. 123–124, ISBN 978-0-8223-3963-2. URL consultato il 2 aprile 2019.
  7. ^ (EN) Motorcycle Advertising Part One; Wildly successful ad campaign of the Sixties, 11 giugno 2007. URL consultato il 2 aprile 2019.
  8. ^ a b c d e f g h i j k l Tetsuo Sakiya, Honda Motor: the men, the management, the machines, a cura di Timothy Porter, Kodansha, 1982, ISBN 978-0-87011-522-6.
  9. ^ a b c d e f g h Roland Brown, Honda: the complete story, Crowood, 1991, pp. 17–18, ISBN 1-85223-544-6.
  10. ^ Pur tenendo conto di tutte le eccezioni del caso, in linea generale si può dire che uno scooter si distingue da una motocicletta propriamente detta per il fatto che il primo ha ruote di diametro inferiore rispetto alla seconda.
  11. ^ a b c d e Roy Bacon, Honda: The Early Classic Motorcycles : All the Singles, Twins and Fours, Including Production Racers and Gold Wing-1947 to 1977, Niton Publishing, 1996, pp. 164–191, ISBN 1-85579-028-9.
  12. ^ a b Masaaki Satō, The Honda myth: the genius and his wake, Vertical, 2006, ISBN 978-1-932234-26-8.
  13. ^ a b c (EN) 50 Years of Super Cub, su world.honda.com, 2008. URL consultato il 2 aprile 2019 (archiviato dall'url originale il 30 dicembre 2011).
  14. ^ (EN) Robert L. Shook, Honda: an American success story, Prentice Hall, 1988, pp. 17–18, ISBN 978-0-13-394628-4.
  15. ^ (EN) Aaron Frank, Honda Motorcycles, MotorBooks International, 2003, pp. 42, ISBN 978-0-7603-1077-9. URL consultato il 28 gennaio 2012.
  16. ^ a b (EN) Clement Salvadori e Guggenheim Museum Staff, Honda C100 Super Cub, in Thomas Krens e Matthew Drutt (a cura di), The Art of the Motorcycle, Harry N. Abrams, 1998, p. 283, ISBN 0-8109-6912-2.
  17. ^ a b c d e Jeffrey W. Alexander, Japan's Motorcycle Wars: An Industry History, UBC Press, 2008, pp. 197–211, ISBN 978-0-8248-3328-2.
  18. ^ This Just In: Model T Gets Award - New York Times
  19. ^ a b Aaron Frank, Honda Motorcycles, MotorBooks International, 2003, p. 42, ISBN 978-0-7603-1077-9. URL consultato il 28 gennaio 2012.
  20. ^ Brooke. Lindsay, Go, little Honda, in Automotive Industries, vol. 178., n. 7, luglio 1998, p. 13.
  21. ^ a b Aaron Frank, Icon: Honda's Super Cub; Sixty Million Riders Can't Be Wrong, in Motorcyclist, maggio 2009. URL consultato il 1º febbraio 2012.
  22. ^ a b Si noti che, malgrado la cilindrata da "cinquantino", la Super Cub di cui parliamo eccede numerosi vincoli normativi per poter circolare in Italia sotto il regime dei ciclomotori, perciò, in ipotesi, in territorio italiano andava immatricolata come motociclo.
  23. ^ Con l'espressione step through, che abbiamo provato a rendere con l'aggettivo "varcabile", in inglese ci si riferisce al classico telaio della bicicletta da donna, che — per esigenze legate all'uso sociale di indossare la gonna — permette all'utente di salire in sella senza essere obbligato a scavalcarla sopra la ruota posteriore, come in genere si fa con la bicicletta "da uomo" (classico telaio detto "a diamante").
  24. ^ Nick March, The superbike that was just too good, in The National, Feb 6, 2010. URL consultato il 1º febbraio 2012.
  25. ^ Partha Bose, Alexander the Great's art of strategy: the timeless leadership lessons of history's greatest empire builder, Penguin Books, 2004, ISBN 978-1-59240-053-9. URL consultato il 1º febbraio 2012.
  26. ^ a b c Ian Falloon, The Honda Story, Haynes, 2005.
  27. ^ Cumulative Global Production of Cub Series Motorcycles Reaches 60 Million Units (press release), Honda, May 2008. URL consultato il October 31, 2010.
  28. ^ Honda, Super Cub 110 specifications (press release). URL consultato il January 30, 2012.
  29. ^ a b Honda C100 and C102 Owners Manual, Honda.
  30. ^ You meet the nicest people on a Honda (advertisement), pp. 22–23. URL consultato il January 29, 2012.
  31. ^ Associated Press, A look at Honda in the US over the last 50 years, June 10, 2009. URL consultato il January 30, 2012.
  32. ^ Fifty Years of Honda in America, July 2009. URL consultato il January 30, 2012.
  33. ^ Leigh Montville, Evel Knievel, Random House, 2011. URL consultato il January 28, 2012.
  34. ^ Paul Garson, The Harley-Davidson Reader, MotorBooks/MBI Publishing Company, 2006, pp. 129–134. URL consultato il January 28, 2012.
  35. ^ The Complete Idiot's Guide to Motorcycles, Penguin Books, 2011. URL consultato il January 28, 2012.
  36. ^ Martin Newland, Retro rocket, May 5, 2004. URL consultato il November 6, 2013.
  37. ^ Fred Rau, Motorcycle Advertising Part One; Wildly successful ad campaign of the Sixties, June 11, 2007. URL consultato il February 2, 2012.
  38. ^ Anthony Henry, Understanding Strategic Management, Oxford University Press, 2008. URL consultato il February 14, 2012.
  39. ^ Il termine, di per sé non spregiativo, qui è usato nell'accezione di "appartenente ad una gang" (Dictionary by Merriam-Webster, ad vocem).
  40. ^ John Pearley Huffman, For Honda in America, 50 Years of Going Its Own Direction, July 9, 2009. URL consultato il January 28, 2012.

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