Osvaldo Orsi
Osvaldo Orsi (Rovereto, 26 marzo 1862 - San Michele all'Adige, 25 luglio 1944)[1]di nazionalità italiana, è stato un dottore in scienze agrarie, laureato alla Scuola superiore di agricoltura di Milano, docente e direttore dell’Istituto agrario di San Michele all'Adige e ricercatore della Stazione sperimentale nei primi anni del ‘900[2].
Biografia
Gli studi
Frequentò il Liceo classico di Rovereto completando gli studi con la Maturità nel 1881. Si spostò quindi a Milano alla Scuola superiore d’agricoltura, nella quale si laureò in scienze agrarie nel 1884. Ciò gli diede l'opportunità in seguito di abilitarsi all’insegnamento della viticoltura e della frutticoltura. Nello stesso anno la Dieta tirolese istituì la terza cattedra di storia naturale, geometria e agrimensura all' Istituto agrario di San Michele all'Adige. Nel 1885 Orsi entrò a far parte dell'Istituto come ricercatore alla Stazione sperimentale e ottenne tale cattedra dal 1886. Ad essa affiancò l'incarico di docente agrario ambulante per la parte italiana del Tirolo.
La Ricerca alla Stazione sperimentale e le lezioni ambulanti
A partire dal 1886, ottenuto ufficialmente l'incarico di maestro ambulante, Orsi ebbe modo di divulgare attivamente le conoscenze acquisite e le ricerche portate avanti alla Stazione sperimentale, non solo grazie alle lezioni nei paesi della Provincia, ma anche alle grazie alle numerose collaborazioni con giornali e riviste agrarie quali «L’Almanacco agrario», il «Bollettino d’agricoltura», gli «Studi trentini di scienze naturali», e anche il quotidiano «Trentino». Le sue prime esperienze come ambulante arrivarono solo nel 1894, anno nel quale L'Almanacco registrò ben 27 conferenze nei principali comuni. Le lezioni si tennero, per quell'anno e per i successivi, quasi sempre la domenica o in giorni festivi, e vi si registrava una partecipazione viva e sempre crescente da parte degli agricoltori. Nelle lezioni gli argomenti trattati da Orsi si adattavano alle specifiche esigenze e ai problemi riscontrati di zona in zona: nella valle dell'Adige visitò Mattarello, Lavis e Mezzolombardo, affrontando la coltivazione della vite, in ambito di prevenzione contro la fillossera e parassiti e sulle varietà da coltivare, insegnando poi ai contadini l'importanza della cooperazione nell'istituzione di cantine sociali. Visitava occasionalmente anche vivai di barbatelle per favorire l'introduzione delle buone varietà di vite; in Vallagarina e valle dei Laghi passò per Nomi, Rovereto, Volano, Pilcante, Chizzola, Lizzana, Nogaredo e infine a Arco, Nago e Riva del Garda, dove insegnava le tecniche di coltivazione, moltiplicazione, concimazione e taglio dell'ulivo. A Rovereto in particolare si tennero lezioni sull'utilizzo, innovativo per l'epoca, del solfuro di carbonio nel trattamento del marciume radicale nei gelsi; in val di Cembra arrivò ad Albiano, Civezzano, Verla, quindi in Valsugana con Levico, Caldonazzo, Pergine, Strigno, Tesino, Castello, Borgo, Pieve Tesino e Castel Tesino, zone nelle quali si dimostrava importante l'allevamento del baco da seta (su questo tema in seguito Orsi approfondì particolarmente le ricerche riguardo alla prospaltella berlesei, specie che poteva rivelarsi efficace nella lotta contro la cocciniglia). Istruiva gli abitanti delle aree montane e alpine in materia di pastorizia, di praticoltura e di conservazione dei concimi; si occupava anche delle piante foraggere, consigliando gli agricoltori sulla produzione autonoma del seme; più in generale illustrava il modo più efficace di reperire i principali prodotti agricoli. Importante fu inoltre l'incarico, assegnatogli in occasione del VI Congresso enologico austriaco, di valutatore dei moderni strumenti agricoli quali irroratrici e polverizzatrici, come pure quello di sorvegliante al mercato di piante in occasione della Fiera di San Giuseppe a Trento. Questo per evitare la possibile diffusione della cocciniglia del gelso, o Diaspis pentagona. Va ricordato che soprattutto nella pratica di ambulante, Orsi lasciava ,tra la gente dei comuni trentini che di volta in volta visitava, un'immagine positiva di sé. Se ne ebbe testimonianza viva specialmente tra gli abitanti di San Michele, che lo ricordavano col nome di "Papà Orsi": «Così lo chiamavano i contadini della zona che lui, pur non assistendo alla messa, incontrava la domenica sul sagrato della chiesa a conclusione della funzione religiosa; Orsi era il loro consulente diretto per quel che riguarda l'attività colturale praticata in zona»[3]
I primi anni a San Michele e la passione per la montagna
Nacque dal commerciante Pietro Orsi e Maria Keppel e fu l'ultimo di otto fratelli. La famiglia Orsi divenne conosciuta anche per il noto archeologo Paolo Orsi , fratello maggiore di Osvaldo, famoso in tutta Italia. Dopo essersi trasferito a San Michele all'Adige da Rovereto, Osvaldo Orsi visse in affitto presso una famiglia del posto, che gli offrì due stanze della casa. Si presentava come un uomo elegante, col cappello sempre adornato da un fiore, che portava pantaloni alla zuava, e una tracolla piena di piante o fiori (questi ad indicare la sua passione per la botanica sistematica). Era considerato dai suoi compaesani una persona generosissima, che per la sua comunità di paese fece sempre molto, a cominciare dall'asilo, nel quale non fece mai mancare il latte e le scarpe per i bambini e per il quale pagava l'addetta alle pulizie. Alcuni giovani del tempo ricevevano spesso da lui pure qualche lira per pagare il biglietto del cinema a Mezzocorona. A dimostrazione del suo amore per la montagna, Orsi era solito accompagnare nelle escursioni estive i primi turisti stranieri (perlopiù inglesi) in visita da Mezzolombardo fino a Molveno. («C'era un solo taxi, una Balilla, che svolgeva tale servizio. Quando non era disponibile, ci pensava lui procurando un carro se del caso»). Durante la sua permanenza a San Michele, visto il suo impegno come alpinista e come cultore delle montagne trentine, fu nominato nel 1932 Reggente della Sottosezione CAI-SAT di San Michele a/A divenendone poi Socio fondatore. Si occupò da pioniere della valorizzazione turistica dell’ Altopiano Paganella e di Molveno ed in particolare del Gruppo del Brenta. Fu un forte sostenitore a favore della risistemazione del sentiero della Sega Alta ("cengia' passaggio naturale grazie al quale si traversano pareti altrimenti di difficoltà elevata) e ne finanziò l’opera, tant’è che a lui fu dedicato e ancora oggi collega tra loro i rifugi Tuckett e Pedrotti (2272-2486 m.s.l.m.). Nel 1953 la SAT pose proprio su questo sentiero una targa commemorativa in suo ricordo. Il monumento che lo ricorda in marmo scuro porta, oltre alla sua immagine, il simbolo di quattro fiori di montagna (Stella alpina, Genziana, Rododendro e Negritella) e la scritta «Ai piedi di questi monti da lui tanto amati in attesa qui si fermò». Il monumento è ora sistemato nel cimitero di Mezzolombardo sul lato sud delle arcate.
La vita a San Michele dopo il 1900
Nel 1909, con la direzione Schindler, Orsi divenne vicedirettore dell'Istituto agrario. Durante la guerra fu confinato in Austria superiore nel campo di Katzenau. Nel 1919 dopo l’annessione del Trentino all’Italia il Osvaldo Orsi fu nominato Direttore dell’Istituto di San Michele ed insignito nella commenda della Corona d’Italia. Conservò sempre la sua passione di divulgatore maturata nella precedente attività di insegnante con cattedra ambulante, alternando mansioni di direttore con dei frequenti incontri in periferia sul campo. “Papà Orsi”, come veniva chiamato, lasciò la direzione dell’istituto nel settembre 1928, dopo 43 anni di lavoro. Nel maggio del 1929 “con grande solennità hanno avuto luogo nell’aula magna dell’Istituto agrario di San Michele due significative cerimonie: le onoranze al comm. Osvaldo Orsi che per limiti d’età lasciava la carica di Direttore e la presentazione del suo successore prof. Enrico Avanzi”. E’ ricordato come cittadino promulgatore di iniziative patriottiche e culturali. Fra le sue benemerenze va registrata l’opera di introduzione e di disseminazione della Prospaltella Berlesei negli anni 1910-1911, che salvò la gelsicoltura dall’invasione della Diaspis pentagona. Si occupò della lotta contro i parassiti animali e vegetali della vite e del controllo dei semi di piante foraggere, cereali e forestali. Pubblicò una serie di articoli sulla lotta contro le Tignole dell’uva, contro gli Acari, le Cimici, ecc., inoltre la relazione annuale sull’attività della stazione di controllo dei semi e una traduzione della pubblicazione dell’i.r. stazione di controllo dei semi di Vienna, dott. de Weinzierl: “Sulla composizione e coltivazione dei miscugli di erbe foraggere” . Ricordiamo ancora fra le sue pubblicazioni: Fioritura e rifioritura autunnale di alcune piante alpine in «Studi Trentini di Scienze Naturali» anno XI 1930, fascicolo I.
Note
- ^ Gauro Coppola, Antonio Passerini, Gianfranco Zandonati (a cura di), “Un secolo di vita dell'Accademia degli Agiati (1901-2000)”, Rovereto, Accademia roveretana degli Agiati, 2003, pp. 791-792.
- ^ Fabio Giacomoni, "L'Istituto agrario di S.Michele all'Adige: dall'antico monastero agostiniano al nuovo centro scolastico sperimentale", Istituto agrario di S.Michele all'Adige, 1994, p. 155.
- ^ Roberta Bernardi (a cura di), Storia antica, in "Centro Istruzione e Formazione-Annuario 2011-2012", San Michele all'Adige, Litotipografia Editrice Alcione, 2012, p. 18.
Bibliografia
- Fabio Giacomoni, “L’istituto agrario di San Michele all’Adige”, Trento, Editrice Saturnia s.n.c., 1994, p. 155.
- Mirko Saltori, “Istituto agrario di San Michele all’Adige: note storiche”, Trento, Fondazione Edmund Mach, 2008, pp. 45-47-51-54-58-59.
- Tullio Buffa, “Ricordo di Osvaldo Orsi nel 50° della scomparsa”, SAT, 1994.
- Roberta Bernardi (a cura di), Storia antica, in "Centro Istruzione e Formazione-Annuario 2011-2012", San Michele all'Adige, Litotipografia Editrice Alcione, 2012, p. 18.
- Sezione di Trento del Consiglio provinciale d'agricoltura del Tirolo" (a cura di), "Almanacco agrario", Trento, Stab.tipografico G.B.Monauni Ed., 1894-1905.
- Gauro Coppola, Antonio Passerini, Gianfranco Zandonati (a cura di), “Un secolo di vita dell'Accademia degli Agiati (1901-2000)”, Rovereto, Accademia roveretana degli Agiati, 2003, pp. 791-792.