Utente:Michele859/Sandbox12
Storia
Nel 1950, l'ufficiale Oscar Martay dell'Alta commissione statunitense in Germania propose all'amministrazione americana di finanziare una rassegna di film a Berlino, un progetto che sarebbe servito da "vetrina del mondo libero" per una città che dopo la fine della seconda guerra mondiale stava cercando di rivitalizzare il suo ruolo di metropoli d'arte europea.[1] In autunno venne istituito un comitato organizzatore nel quale furono coinvolti membri del Senato di Berlino e dell'industria cinematografica tedesca e come direttore fu nominato lo storico del cinema Alfred Bauer.[1]
Gli anni cinquanta
[[File:Berlin Titania-Palast 009918.jpg|upright=1.1|thumb|right|Il Titania Palast, prima sede del festival. La prima Berlinale fu inaugurata il 6 giugno 1951 e si rivelò un grande successo anche a livello internazionale.[1] La calorosa partecipazione e il desiderio di glamour dei berlinesi furono una costante negli anni 50,[2] grazie anche alle molte celebrità che non fecero mancare la loro presenza, da Romy Schneider a Gary Cooper, Billy Wilder, Walt Disney, Errol Flynn, Rita Hayworth e Sophia Loren.
Nel 1956 la FIAPF assegnò al festival lo "status A", che consentì l'assegnazione di premi da parte di una giuria internazionale al pari di Cannes e Venezia.[3] L'anno dopo la rassegna trovò anche la sua "casa del cinema", il rinnovato Zoo Palast nel quartiere di Charlottenburg che prese il posto del Titania Palast e rimase la ___location principale per quarant'anni.[4]
I film non sempre si rivelarono all'altezza delle aspettative, soprattutto quelli tedeschi che spesso furono giudicati inferiori alla concorrenza tecnicamente e intellettualmente.[5] Tra le produzioni internazionali, particolarmente apprezzate da pubblico e critica furono Le vacanze di Monsieur Hulot di Jacques Tati (1953),[5] Mio zio Giacinto di Ladislao Vajda (1956)[6] e Storia di un amore puro di Tadashi Imai (1958).[7]
Nel 1959, la giuria presieduta da Robert Aldrich assegnò l'Orso d'oro al film I cugini di Claude Chabrol, che dopo il premio per la miglior regia vinto pochi mesi prima a Cannes da François Truffaut per I quattrocento colpi rappresentò la consacrazione della Nouvelle Vague francese, i cui esponenti sarebbero stati ospiti regolari di Berlino con i loro film negli anni successivi.[8]
Con l'accresciuto interesse internazionale, la credibilità della Berlinale si trovò sotto una crescente pressione. La politica di rigettare categoricamente film provenienti dagli stati del blocco sovietico venne giudicata in contraddizione con l'internazionalità che il festival stava cercando e molti commentatori chiesero di assumere una visione più cosmopolita.[4]
Gli anni sessanta
La prima metà degli anni sessanta rappresentò secondo molti il periodo più basso della Berlinale dal suo inizio.[9][10] La selezione dei film e le decisioni delle giurie, che in questi anni premiarono film quali Lazarillo de Tormes di César Ardavin (1960) e L'estate arida di Metin Erksan (1964), provocarono malcontento nel pubblico e tra i giornalisti.[11][12]
Le ondate di contestazione socio-politica che nel 1968 attraversarono quasi tutti i Paesi del mondo non esentarono il cinema da un clima di rivoluzione. Studenti e lavoratori avevano trovato già a Cannes un palcoscenico per l'agitazione e nessuno credeva che Berlino sarebbe rimasta immune.[13] Il critico Enno Patalas, che già in passato aveva suggerito di rendere il festival un «luogo di confronto, non solo di complimenti reciproci», suggerì di aprire le porte alla protesta.[13] Il 23 giugno 1968, gli studenti dell'Accademia del cinema e della televisione incontrarono alcuni giovani registi, tra cui Alexandre Kluge e Edgar Reitz, per raggiungere una base comune per l'azione. La discussione prese però una piega inattesa e gli studenti accusarono la scena cinematografica tedesca di non essere davvero impegnata, definendo i presenti "disertori della struttura".[14]
Allo stesso tempo cominciarono ad emergere segnali che un cambiamento stava avvenendo nei contenuti. Dopo la Nouvelle Vague stavano emergendo il Free Cinema britannico e il Cinéma Nôvo brasiliano e divenne sempre più chiaro che il festival doveva affrancarsi dalle considerazioni tattiche dell'industria cinematografica.[9]
L'edizione del 1964 rappresentò un primo passo verso il rinnovamento con la "Settimana della critica", contro-manifestazione che alcuni anni dopo avrebbe dato origine al Forum internazionale del giovane cinema, e nel 1965 la struttura organizzativa venne profondamente riformata.[12] Il programma fu completato da una sezione dedicata a film considerati controversi (Informationsschau) e una con quelli selezionati da delegati e produttori dei Paesi partecipanti (Repräsentationsschau).[15] I critici ebbero una maggiore presenza nella giuria e nella commissione di selezione, finora composta soprattutto da rappresentanti delle autorità o portavoce di gruppi di interesse.[16]
Nel 1967 la Berlinale fu trasferita all'ente privato Berliner Festspiele GmbH, il che significò una sorta di "denazionalizzazione" e l'auspicio di superare i problemi diplomatici che in passato avevano ostacolato la partecipazione dei Paesi socialisti.[17] In realtà, la scelta di continuare ad escludere la Repubblica Democratica Tedesca portò i commentatori a vedere la ristrutturazione come una mossa puramente tattica.[17] Unione Sovietica, Ungheria, Bulgaria, Romania e Polonia rifiutarono di partecipare, al contrario della Cecoslovacchia e della "non allineata" Jugoslavia, che aveva comunque già presenziato in passato.[18]
Il festival dette prova dopo anni di stare al passo con i tempi e di essere parte dello sviluppo sociale. I film della nuova generazione di registi, tra cui Jean-Luc Godard, Carlos Saura e Roman Polański, generarono un nuovo amore per il dibattito, le tematiche diventarono più serie e il pubblico iniziò ad affollare i cinema interrogando registi e sceneggiatori.[19]
Gli anni settanta
L'edizione del 1970 fu segnata dallo scandalo destato da O.k. di Michael Verhoeven, accusato di antiamericanismo dalla giuria che decise perciò di annullarlo.[20] Dopo le proteste di giornalisti e addetti ai lavori, che accusarono i giurati di seguire la strada della censura, questi abbandonarono il festival che terminò anzitempo senza l'assegnazione dei premi.[21]
Il Forum internazionale del giovane cinema (Internationale Forum des jungen Films) fu inaugurato ufficialmente il 27 giugno 1971, in parte come reazione alle turbolenze che avevano portato alla chiusura anticipata dell'edizione precedente del festival.[22] Fondato due anni prima dal critico Ulrich Gregor e dalla moglie Erika e organizzato con la società Freunden der Deutschen Kinemathek, il Forum divenne parte integrante della Berlinale con lo scopo, secondo le parole di Gregor, di mostrare «la molteplicità e complessità dei nuovi stili cinematografici tra cinema d'avanguardia, film narrativo e documentario». Con gli anni ha assunto un ruolo sempre più importante ed è stato un trampolino di lancio per registi come Aki Kaurismäki, Ken Loach, Chantal Akerman, Derek Jarman, Raúl Ruiz, Ousmane Sembène, Wong Kar-wai, Margarethe von Trotta e Peter Greenaway.[22]
Il festival cercò di rinnovarsi inaugurando nel 1971 il Forum internazionale del giovane cinema, con un programma che in questi anni si concentrò su film e documentari socialmente e politicamente impegnati, opere sperimentali o provenienti dai Paesi in via di sviluppo, oltre che sui registi del Nuovo cinema tedesco.[23][24] Molti osservatori elogiarono il modo in cui il concorso e il Forum si avvicinarono durante il decennio, influenzando reciprocamente i rispettivi programmi e avviando una sempre più stretta collaborazione.[25][26]
Altre importanti novità segnarono il resto degli anni settanta, come la prima proiezione di un film sovietico, S toboy i bez tebya del regista Rodion Nahapetov, che nel 1974 fece da apripista alla successiva partecipazione di quasi tutti gli stati socialisti.[25] L'edizione del 1976 fu l'ultima sotto la direzione di Alfred Bauer che dopo 26 anni passò il testimone a Wolf Donner.[27][28] Nel 1978 ci fu lo spostamento del festival dal consueto periodo estivo a quello invernale e venne creato il Kinderfilmfest, che aprì le porte al cinema per ragazzi e che ottenne da subito un grande successo.[29]
Nel 1979 un altro scandalo rischiò di ripetere la crisi di inizio decennio. I delegati sovietici considerarono Il cacciatore di Michael Cimino un "insulto" al popolo vietnamita e i Paesi socialisti ritirarono i propri film.[30] Il comitato di selezione e Wolf Donner respinsero qualsiasi interferenza nella pianificazione del programma ma le polemiche non impedirono al festival di svolgersi fino alla fine, nonostante l'abbandono di due giurati.[31]
Gli anni ottanta
- 1980
Al suo primo anno da direttore della Berlinale, Moritz de Hadeln si trovò ad affrontare l'eredità lasciata dall'edizione precedente, ovvero il boicottaggio dei Paesi socialisti come protesta per la presenza del film Il cacciatore di Michael Cimino, considerato un "insulto" al popolo vietnamita. Era quindi necessario versare acqua sul fuoco e cercare la via migliore per far tornare i Paesi del blocco orientale al festival, un compito reso ancora più difficile dalla situazione geopolitica visto che gli stati occidentali stavano prendendo in considerazione il boicottaggio delle Olimpiadi di Mosca in risposta all'invasione sovietica dell'Afghanistan.
L'unico film italiano in concorso, Chiedo asilo di Marco Ferreri, fu molto apprezzato da pubblico e critica, oltre che dallo stesso direttore del festival, e si aggiudicò il Gran Premio della Giuria con questa motivazione: «Nel suo stile inventivo, Marco Ferreri ci pone a confronto con il mondo dei fanciulli e le nostre difficoltà di comunicare con loro, insieme alle nostre speranze e al nostro avvenire».
Alla fine de Hadeln ci riuscì anche grazie all'aiuto di Horst Pehnert, giornalista e viceministro della cultura della Germania Est che negli anni successivi avrebbe continuato a fare da mediatore tra interessi artistici e diplomatici. Alcuni eventi confermarono però la tensione del momento, a partire dalla richiesta da parte dell'Unione Sovietica di escludere dalla retrospettiva dedicata a Billy Wilder i film Uno, due, tre! e Ninotchka, co-sceneggiato da Wilder e ritenuto una pericolosa commedia ideologica.
Gli altri riguardarono i film Die wunderbaren Jahre del dissidente della DDR Reiner Kunze e Marigolds in August, scritto e interpretato dal drammaturgo sudafricano Athol Fugard. Il primo fu escluso per motivi di qualità, scatenando le proteste di parte della stampa e dei Junge Liberale, organizzazione politicamente vicina all'FDP che parlò di "auto-censura" e distribuì opuscoli in cui affermava "Ci vergogniamo di questa vigliaccheria". Il secondo portò di nuovo alla minaccia di boicottaggio da parte dell'URSS, che fece riferimento a una risoluzione delle Nazioni Unite che si opponeva alla cooperazione con il Sudafrica. Il management del festival sottolineò che il film era contro la segregazione razziale e che il dramma di Fugard era stato mostrato senza alcuna obiezione nei Paesi socialisti. Fu organizzata una proiezione speciale per la delegazione sovietica che fortunatamente tornò sui suoi passi, alla condizione che fosse inserito nel programma e nella documentazione del festival senza l'indicazione del Paese di origine. Alla fine Marigolds in August si aggiudicò il premio INTERFILM e Athol Fugard quello per il 30º anniversario della Berlinale.
La nuova direzione implementò diverse funzionalità nella struttura del festival, tra cui un maggior numero di registi, critici e produttori nel comitato consultivo e il miglioramento dei requisiti di selezione dei film destinati al Kinderfilmfest (in cui fu particolarmente apprezzato Jag Är Maria dello svedese Karsten Wedel). All'attore e attivista LGBT Manfred Salzgeber fu affidato lo sviluppo dell'Info-Schau (che cinque anni dopo avrebbe dato origine alla sezione Panorama) nel quale fu proiettato tra gli altri Ratataplan dell'esordiente Maurizio Nichetti. Proseguì inoltre la cooperazione tra la competizione e il Forum internazionale del giovane cinema, che il consiglio di amministrazione riconobbe come partner alla pari, e la "tensione produttiva" tra le due sezioni diventò un marchio di qualità del festival. Nella sua relazione di chiusura, il direttore del Forum Ulrich Gregor scrisse che era stato positivo per registi e produttori che la Berlinale avesse messo a disposizione «due modalità completamente diverse di presentazione in termini di condizioni di proiezione e aspettative del pubblico».
Tra i film in concorso che riscossero maggior successo ci furono quelli provenienti dall'Europa dell'Est, come Direttore d'orchestra di Andrzej Wajda (per il quale Andrzej Seweryn ricevette l'Orso d'argento per il miglior attore), Mosca non crede alle lacrime di Vladimir Men'šov e Solo Sunny di Konrad Wolf e Wolfgang Kohlhaase che ottenne tre riconoscimenti. La scelta della giuria ritenuta più coraggiosa e anticonvenzionale fu comunque l'assegnazione dell'Orso d'oro a Palermo o Wolfsburg di Werner Schroeter, elogiato da pubblico e addetti ai lavori che mostrarono invece qualche perplessità riguardo l'altro vincitore, Heartland del regita statunitense Richard Pearce.
Altro oggetto di dibattito fu la presenza di due film mostrati fuori concorso: Cruising di William Friedkin dette origine ad una polemica sullo sfruttamento superficiale e sensazionalista della comunità gay, mentre la co-produzione italo-americana Caligola di Tinto Brass fu liquidata come uno spettacolo di pura pornografia.
Gli anni novanta
Gli anni duemila
Gli anni duemiladieci
Note
- ^ a b c 1st Berlin International Film Festival - June 6 - 17, 1951, su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 4 maggio 2017.
- ^ Jacobsen (2000), p. 53
- ^ 6th Berlin International Film Festival - June 22 - July 3, 1956, su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 18 agosto 2017.
- ^ a b Jacobsen (2000), p. 73
- ^ a b 3rd Berlin International Film Festival - June 18 - 28, 1953, su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 31 maggio 2017.
- ^ Jacobsen (2000), p. 69
- ^ Jacobsen (2000), p. 82
- ^ 9th Berlin International Film Festival - June 26 - July 7, 1959, su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 30 settembre 2017.
- ^ a b 10th Berlin International Film Festival - June 24 - July 5, 1960, su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 26 ottobre 2017.
- ^ 12th Berlin International Film Festival - June 22 - July 3, 1962, su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 16 dicembre 2017.
- ^ Jacobsen (2000), p. 96
- ^ a b 14th Berlin International Film Festival - June 26 - July 7, 1964, su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 13 gennaio 2018.
- ^ a b Jacobsen (2000), p. 143
- ^ Jacobsen (2000), p. 155
- ^ 15th Berlin International Film Festival - June 25 - July 6, 1965, su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 31 gennaio 2018.
- ^ Jacobsen (2000), p. 134
- ^ a b 17th Berlin International Film Festival - June 23 - July 4, 1967, su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 17 marzo 2018.
- ^ Jacobsen (2000), p. 148
- ^ Jacobsen (2000), p. 142
- ^ Jacobsen (2000), p. 166
- ^ Jacobsen (2000), p. 169-170
- ^ a b Forum & Forum Expanded - Historical Background, su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 26 ottobre 2017.
- ^ Jacobsen (2000), p. 187
- ^ Jacobsen (2000), p. 196
- ^ a b 24th Berlin International Film Festival - June 21 - July 2, 1974, su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 26 ottobre 2017.
- ^ 27th Berlin International Film Festival - June 24 - July 5, 1977, su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 26 ottobre 2017.
- ^ 26th Berlin International Film Festival - June 25 - July 6, 1976, su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 13 ottobre 2018.
- ^ Jacobsen (2000), p. 232-233
- ^ 28th Berlin International Film Festival - February 22 - March 5, 1978, su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 24 febbraio 2019.
- ^ 29th Berlin International Film Festival - February 20 - March 3, 1979, su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 28 febbraio 2019.
- ^ Jacobsen (2000), p. 268