Automa musicale
Gli automi musicali (o strumenti musicali meccanici o automatici) sono strumenti musicali azionati da un dispositivo meccanico piuttosto che da un interprete umano. Si distinguono dai supporti di registrazione perché producono musica e non si limitano a riprodurla. La musica è tuttavia predeterminata in base a un programma ripetibile:[1] restano perciò esclusi dalla definizione di automa anche i meccanismi che producono melodie ogni volta diverse e imprevedibili.[2] Alcuni automi, una volta azionati, procedono senza più intervento umano; altri richiedono invece l'azione di una manovella, di un pedale o del fiato per mantenere in moto il meccanismo.[1]

Storia
Antichità
Gli strumenti musicali meccanici, o i loro prototipi, sono noti fin dall'antichità tanto in Oriente quanto in Occidente.[3]
Presso l'imperatore cinese Qín Shǐ Huángdì (III secolo a.C.) pare aver funzionato un'orchestrina di vari strumenti, composta da dodici statuine bronzee di suonatori azionate da un meccanismo a corda e a fiato.[4] Contemporaneamente, a Ctesibio d'Alessandria è attribuita da Vitruvio l'invenzione di orologi ad acqua in grado di dare impulso a trombe e altri strumenti; un epigramma di Edilo gli riconduce l'ideazione del rhytón, raffigurazione del dio Bes danzante che suonava una tromba d'oro azionata da un sistema idraulico.[5] Anche ad Apollonio di Perga (III secolo a.C.) è attribuita la creazione di automi musicali ad acqua, in forma di uccelli canori o di figure umane che suonano il flauto, così come a Erone d'Alessandria (I secolo a.C.).[2][3]
Resta dubbio tuttavia se gli automi dell'antichità avessero davvero la capacità di suonare un tema predefinito, o non fossero invece governati dalla casualità, come avviene nell'arpa eolia.[2]
Medioevo
La prima testimonianza scritta di uno strumento musicale sicuramente automatico emerge nella scienza islamica dell'alto medioevo, quando i Banū Mūsā inventano a Bagdad un flauto azionato da un cilindro rotante composto da dischi ravvicinati con pioli che, tramite la messa in funzione di piccole leve, aprono e chiudono i fori dello strumento (IX secolo).[2]
Età moderna
La storia degli automi musicali interseca da sempre quella degli orologi e degli organi,[6] che nell'Europa bassomedievale e della prima età moderna rappresentano infatti le uniche due forme di strumento musicale meccanico, almeno fino all'avvento della spinetta automatica rinascimentale.[2] Diffusi sono ad esempio i carillon di campane automatici e talvolta spettacolari associati agli orologi comuni o astronomici di chiese ed edifici pubblici civili.
È soprattutto nella fiorente Augusta del XVI secolo, dove con il sostegno di ricchi mecenati prosperano arti e mestieri, che l'industria degli automi musicali sviluppa e apre la strada all'età dell'oro di tali congegni, il XVIII secolo.[2] L'euforia dei maestri rinascimentali produce così il cilindro fonotattico, elemento base della maggior parte degli automi applicato per la prima volta nel 1502.[7]
Nella transizione alla tarda età moderna cambia la funzione degli strumenti musicali meccanici, fino a quel momento accessori alla moda che soltanto nobili e benestanti possono permettersi e che i regnanti si scambiano in dono (si ricorda l'omaggio di Elisabetta I Tudor a Mehmet III nel 1599: un orologio con vari strumenti e uccellini cantori).[8] A questo punto gli automi acquistano invece un'autentica funzione di intrattenimento musicale.[9]
Età contemporanea
Numerosi compositori, tra l'età moderna e contemporanea, scrivono per gli strumenti meccanici, spesso attratti dalla possibilità di creare musica ineseguibile dall'interprete umano: con l'uso di note irraggiungibili dalle mani già impegnate, di accordi con note superiori in numero alle dita, di ritornelli potenzialmente illimitati. Tra i nomi più noti si annoverano Händel, C. Ph. E. Bach, Haydn, Mozart, Beethoven (che compongono per orologio musicale o organo meccanico), Luigi Cherubini (per organo a rullo), Camille Saint-Saëns (per organo a canne automatico), Malipiero, Stravinskij, Casella, Hindemith (per pianola).[10]
L'audacia degli inventori, dal canto suo, si spinge al punto che nel 1792 il tedesco Johann Nepomuk Mälzel arriva a concepire il primo automa in grado di simulare un'intera orchestra, il panharmonicon, da cui deriveranno negli anni 1840 l'orchestrion e l'organo da fiera. Del 1796 è l'invenzione del carillon o scatola musicale, destinato a diventare popolarissimo. Nel XIX secolo l'organetto di Barberia si impone dando vita al fenomeno dei musicisti ambulanti.[11]
Forma estetica
La fantasia dei costruttori di automi musicali si è sbizzarrita in forme estetiche variegatissime, e ciò ha hanno contribuito al loro successo come accessori alla moda: dalle anfore artistiche, ai candelieri, ai divani.[9]
Struttura e meccanismi
Negli automi lo strumento vero e proprio è collegato a un supporto per la traccia da un'interfaccia meccanica e il tutto è attivato da una fonte d'energia.[9][12]
Strumento
Amplissima è la varietà degli strumenti che sono stati automatizzati nel corso del tempo. Se essi includono soprattutto gli organi e altri strumenti a tastiera, non sono esclusi però neppure gli archi e altri liuti, senza dimenticare gli strumenti a fiato.[9]
Supporto per la traccia
I supporti per la traccia sono spesso costituiti da un cilindro chiodato, ligneo o a volte metallico (nei carillon di campane, negli orologi e nelle scatole musicali). Il cilindro è costellato di chiodi posizionati in modo tale da produrre la sequenza delle note durante la rotazione,[12] e di forma diversa a seconda del valore della nota da suonare.[10] I chiodi attivano volta a volta lo specifico meccanismo che riproduce il suono nello strumento: martelletti, valvole, lamine. Secondo i casi, un cilindro può contenere uno o più brani: in genere, sono i cilindri incisi a spirale a permettere l'esecuzione di un unico brano di durata maggiore.[12]
Un secondo tipo di supporto è la scheda perforata (o negli organetti il disco perforato) di metallo o di carta.[10] I fori hanno lunghezza e posizione diversa secondo il valore e l'altezza della nota da suonare.[13]
In alternativa al cilindro, gli strumenti a lamine pizzicate sfruttano a volte il disco perforato a punzoni, che comunica con una ruota dentata attivata dai punzoni al passaggio dei fori: la ruota stessa sollecita le lamine che producono il suono.[13]
Alcuni automi si servono poi di un rullo di carta perforata che scorre sopra una barra, a sua volta traforata (tracker bar), i cui fori agiscono sia sull'altezza del suono sia, in alcuni strumenti, sulla dinamica. Il movimento è trasmesso al meccanismo riproduttore del suono per via pneumatica, con aspirazione dell'aria indotta dal transito del rullo sui fori della barra.[13]
Fonte d'energia
La fonte d'energia può consistere in un meccanismo a manovella o a pedale azionati dall'uomo. Nei pianoforti hanno in genere la possibilità di rinunciare al meccanismo automatico e di essere suonati come comuni pianoforti. Altri automi possiedono un motore a molla che, se lo strumento in funzione, produce l'esecuzione del brano fintanto che la molla possiede carica. Il meccanismo che attiva lo strumento può essere attivato da un oggetto: ciò consente l'esecuzione a pagamento con l'inserimento di una monetina. Lo stesso è possibile negli automi che sfruttano l'energia prodotta da un contrappeso. Ulteriori fonti d'energia sono l'elettricità e il fiato.[14]
Dispositivi accessori
Non è esclusa negli automi la presenza di dispositivi accessori attivati all'occorrenza dalla mano umana per variare la dinamica, portare in risalto la melodia, accelerare o rallentare l'esecuzione e perfino produrre un effetto mandolino tramite la percussione continua delle corde.[15]
Fortuna
A far tempo dal loro secolo d'oro, gli automi musicali si sono diffusi anzitutto nei locali alla moda, in aggiunta ai carillon e agli organi a rullo che già suonavano nelle chiese. Si calcola che nel 1834 la musica meccanica dei musicisti di strada rappresentasse oltre la metà della musica ascoltabile in città; verso la fine del secolo, l'85% di tutta la musica era prodotto, nello stesso contesto, da organi e pianoforti meccanici, mentre la disponibilità dei carillon raggiungeva le dimore private. Ancora nel primo dopoguerra le pianole costituivano ben il 70% di tutti i pianoforti fabbricati negli Stati Uniti, e sotto la Depressione ne erano ancora una parte importante.[9]
Il XX secolo però, nonostante un rinato interesse negli anni 1960, ha visto lo spegnimento della moda degli automi, almeno nella forma tradizionale. Loro eredi sono gli strumenti elettronici che riproducono informazioni digitali, privi restando tuttavia del valore anche estetico dei manufatti di un tempo.[10] Gli antichi automi conservano un notevole interesse musicologico, permettendo la ricostruzione della resa degli abbellimenti e la misurazione delle stesse indicazioni di tempo prive, all'epoca, di riferimenti al metronomo.[9]
Note
- ^ a b (EN) Arthur W. J. G. Ord-Hume, Mechanical instrument, in Stanley Sadie (a cura di), The New Grove Dictionary of Music and Musicians, vol. 16, New York, Oxford University Press, 2001, p. 208.
- ^ a b c d e f Continuum Encyclopedia, p. 323.
- ^ a b (EN) Michael Biggs e Henrik Karlsson (a cura di), The Routledge Companion to Research in the Arts, New York, Routledge, 2011, ISBN 9781136897924. URL consultato il 21 aprile 2019.
- ^ Dalmoro-Debiaggi-Lagnier, p. 242.
- ^ Dessì, pp. 26-27.
- ^ Dessì, passim.
- ^ {{cita|Dalmoro-Debiaggi-Lagnier|p. 242}.}
- ^ Dalmoro-Debiaggi-Lagnier, p. 243.
- ^ a b c d e f Continuum Encyclopedia, p. 324.
- ^ a b c d Continuum Encyclopedia, p. 325.
- ^ Dalmoro-Debiaggi-Lagnier, pp. 243-244.
- ^ a b c Ghirardini, p. 246.
- ^ a b c Ghirardini, p. 247.
- ^ Ghirardini, p. 248.
- ^ Ghirardini, p. 249.
Bibliografia
- (EN) John Shepherd, David Horn, Dave Laing, Paul Oliver e Peter Wicke (a cura di), Continuum Encyclopedia of Popular Music of the World, vol. 2, New York, Continuum, 2003, ISBN 9781847144720. URL consultato il 21 aprile 2019.
- Paola Dessì, Organi, orologi e automi musicali: oggetti sonori per il potere, in Acta Musicologica, vol. 82, n. 1, Basilea, Bärenreiter, 2010, JSTOR 23075186.
Voci correlate
Collegamenti esterni
- Cristina Ghirardini, Per la definizione di una scheda SM, in Philomusica on-line, vol. 8, n. 3, Pavia, Università degli Studi di Pavia, 2009. URL consultato il 23 aprile 2019.
- Paolo Dalmoro, Umberto Debiaggi e Emanuela Lagnier, Innocenzo Manzetti e la musica. Nuovi studi sull'automa musicista (PDF), in Bollettino, n. 8, Regione autonoma Valle d'Aosta, 2011. URL consultato il 23 aprile 2019.
- Associazione Musica Meccanica Italiana, in AMMI. URL consultato il 23 aprile 2019.