Dialetti italiani meridionali estremi
I dialetti italiani meridionali estremi[1][2][3] sono un insieme di dialetti parlati in Calabria, Sicilia, Salento e nel Cilento meridionale con caratteristiche fonetiche e sintattiche comuni tali da poterle includere in un'unica lingua (definita siciliano dall'Atlas of the World's Languages in Danger dell'UNESCO, codice ISO 639-3 scn). In passato ebbe esperienze letterarie di prestigio alla corte di Federico II di Svevia nel Regno di Sicilia. Come è ovvio e fuori discussione in ambito accademico e storico, tali parlate derivano dal latino e non dal toscano. Pertanto segue che il nome "italiano" è un riferimento puramente geografico, usato da studiosi come Giovan Battista Pellegrini che raggruppò i dialetti del Centro-Sud in: mediani, meridionali (o alto-meridionali, o meridionali-intermedi) e meridionali estremi[4]. Il termine dialetto viene usato in questo articolo nel senso italiano, e non nel senso inglese, dove spesso il termine dialetto indica una variante di una lingua "maggiore", eventualmente al plurale per indicare le varietà locali[5].
Italiano meridionale estremo dialetti italiani meridionali estremi | |
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Parlato in | ![]() |
Regioni | ![]() ![]() ![]() ![]() |
Parlanti | |
Totale | n.d. |
Altre informazioni | |
Scrittura | alfabeto latino |
Tipo | regionale |
Tassonomia | |
Filogenesi | Indoeuropee Italiche Romanze Italo-occidentali Italo-dalmate Italo-romanze Italiano meridionale estremo |
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Territorio e storia
Il territorio dove si trovano i dialetti meridionali estremi ricalca grosso modo il territorio bizantino nell'Italia del IX secolo. In tale territorio la lingua parlata era il greco, che ancora sopravvive in alcune zone della Calabria e della Puglia ed è conosciuto come griko, grecanico, greco d'Italia e altre denominazioni (cfr. minoranza linguistica greca d'Italia)[6].
Ad un certo punto vi fu una fase di separazione temporanea del destino della Sicilia, che fu conquistata dagli Arabi a partire dal 17 giugno dell'827 fino a formare l'Emirato di Sicilia. L'arrivo dell'arabo cancellò o indebolì parecchio eventuali rimanenze del latino già messo alla prova da Bisanzio, mentre il greco riuscì meglio a resistere. Tanto che quattro secoli dopo Federico II di Svevia, pubblicando le Costituzioni di Melfi dovette tradurle anche in greco per raggiungere una maggiore fetta della popolazione[7]. Più di due secoli dopo, nel 1060, il normanno Ruggero I d'Altavilla iniziò l'impresa di riconquista dell'isola, che fu completata nel 1091. I fratelli Ruggero e Roberto d'Altavilla conquistarono ed iniziarono la rilatinizzazione anche delle zone di Puglia e Calabria di lingua greca. La rilatinizzazione dei Normanni aveva carattere sia politico che religioso, poiché indicava il passaggio dalla chiesa greco-ortodossa alla chiesa di Roma, ma soprattutto dall'islamismo al cristianesimo (come del resto era stato il contrario la diffusione dell'arabo). A dispetto del nome, il latino diffuso non fu il latino classico, ma il latino ecclesiastico dell'epoca, già piuttosto evoluto in direzione delle lingue romanze moderne. Delle tre regioni Calabria, Salento e Sicilia in cui si parlano i dialetti meridionali estremi, la maggiore unità linguistica si ha in Sicilia, come fa notare lo stesso Gerhard Rohlfs. Questa (relativa) unità deriverebbe da diversi fattori, sia geografici (non è percorsa da monti che rendono più difficili le comunicazioni come la Calabria), sia da fattori culturali, poiché il passaggio dall'arabo al romanzo è molto più brusco e meno graduale di quello dal greco al latino, interrompendo più efficacemente l'influenza dell'arabo sulla parlata romanza. Il percorso dal greco al latino invece non ha cancellato del tutto delle isole linguistiche greche, che tuttora si sforzano a mantenere e tramandare la loro lingua.
Dopo la successione degli Svevi al posto dei Normanni, in Sicilia si ha l'apice letterario della lingua, la quale dopo il periodo di diffusione e "rodaggio" normanno-svevo, viene usata come lingua letteraria alla corte di Federico II di Svevia, quando nelle altre corti d'Italia a tale scopo si usava ancora un latino compreso solo dai dotti. L'esempio siciliano funse da stimolo ed esercitò grande influenza sulle varie scuole di "volgare" letterario. Non per ultima fu la scuola toscana a subire il fascino e l'influenza della poesia siciliana; e dalla scuola toscana si svilupperà, come è noto, la lingua italiana moderna.
Classificazione
Tradizionalmente sono ascritti al gruppo[1] i dialetti del Salento (l'intera provincia di Lecce, parte di quella di Brindisi e di Taranto a sud della soglia messapica), della Sicilia intera e della Calabria meridionale (a sud della Sila).
Sono geograficamente ripartiti in tre gruppi:
- Siciliano, che occupa il territorio dell'intera isola (nonché Reggio Calabria[8][9]) ed ha un carattere abbastanza unitario; comprende al suo interno le isole linguistiche arbëreshë, gallo-italica e greca.
- Salentino, a sud della linea Ostuni-Ceglie-Taranto; comprende al suo interno l'area linguistica ellenofona della Grecìa salentina e il centro di lingua arbëreshë San Marzano di San Giuseppe.
- Calabrese centro-meridionale, a sud della linea molto approssimativa Amantea-Cirò, fino al Capo dell'Armi; comprende al suo interno le aree linguistiche greca e arbëreshë di Calabria. È suddiviso nei sottogruppi calabrese centrale e calabrese meridionale (quest'ultimo praticamente una varietà continentale di siciliano[10]). Negli studi di inizio secolo si ascriveva al gruppo l'intera area a sud del Pollino per l'influsso a Morano e Roggiano Gravina di caratteristiche linguistiche che caratterizzano la lingua.[senza fonte]
Sebbene al di fuori di Puglia, Calabria e Sicilia va citato ed incluso il cilentano meridionale, un'isola linguistica nel salernitano.
All'interno di questo complesso sistema si inseriscono le già citate isole alloglotte greche in Bovesia ed in Salento, quelle derivate da immigrazioni dovute spesso a persecuzioni, come quella albanese (arbëreshë) in Calabria e Sicilia, quella gallo-italica in Sicilia e l'occitano di Guardia Piemontese in Calabria.
Caratteristiche comuni
Le principali caratteristiche che accomunano i dialetti meridionali estremi differenziandoli dal resto dei dialetti dell'area meridionale sono:
- il sistema vocalico tonico di cinque elementi, probabilmente dovuto al prolungato contatto nell'alto medioevo tra varietà romanze e greco bizantino. Tuttavia tale caratteristica non compare in molti dialetti della Calabria centro-settentrionale[11];
- la presenza di tre vocali finali ben percepibili nella maggior parte dei dialetti di quest'area: -i, -u, -a; nel Cosentino[11] e nel Salento centro-meridionale, tuttavia, si conserva anche la -e finale;
- la pronuncia cacuminale o retroflessa di -DD- derivante da -LL-. Tale fenomeno si riscontra anche in parte della Campania e della Basilicata;
- il mantenimento delle consonanti occlusive sorde dopo le nasali: (egli) "mangia" sarà dunque pronunciato mancia e non mangia. Tale fenomeno è però assente nel Cosentino[11];
- l'assenza di infiniti tronchi diffusi dall'alto Mezzogiorno fino alla Toscana (pertanto si ha cantare o cantari e non cantà). Anche sotto questo aspetto il dialetto cosentino fa eccezione;
- l'uso del preterito con desinenze simili al passato remoto italiano e la non distinzione tra passato prossimo e passato remoto; tuttavia tale fenomeno manca nella Calabria centro-settentrionale (a nord della linea Lamezia Terme-Sersale-Crotone)[11];
Tra gli studiosi più importanti di questa ed altre lingue italiane si ricorda il tedesco Gerhard Rohlfs.
Stato della lingua oggi
Fino a pochissimi anni fa c'è stata una forte azione di contrasto dei dialetti in tutta Italia, poiché il loro uso contrastava con l'idea di unità nazionale. Alle varie lingue/dialetti d'Italia diverse dall'italiano è quindi stato affibbiato un connotato negativo di arretratezza culturale. Sebbene oggi l'opinione sui dialetti sia cambiata, restano ancora alcuni retaggi di quel periodo.
I vari dialetti dell'italiano meridionale estremo sono ancora parlati quotidianamente, anche se il loro uso è limitato ai contesti poco formali ed è perlopiù orale. A scuola non viene parlato tra alunni ed insegnanti, ma solo, eventualmente, tra alunni ed alunni e più raramente tra insegnati ed insegnanti, soprattutto nei centri più piccoli. Esistono esempi di usi letterari con tanto di concorsi (principalmente poesia), rappresentazioni teatrali ed in alcuni casi anche film (va citato Edoardo Winspeare coi suoi film in salentino). Quasi assenti altri generi come i romanzi, anche se è da citare l'abbondante uso della lingua siciliana in opere di fama internazionale di Andrea Camilleri, almeno nella versione italiana.
Note
- ^ a b Secondo la classificazione di Giovan Battista Pellegrini che indica similmente i dialetti mediani e meridionali - Versione della Carta dei dialetti consultabile in rete Archiviato il 26 agosto 2007 in Internet Archive.
- ^ Avolio, 2012, 54.
- ^ Introduzione ai dialetti italiani meridionali estremi (Alessandro De Angelis) (PDF), su unistrada.it. URL consultato il 17 gennaio 2013.
- ^ Ugo Vignuzzi, Aree linguistiche, in Enciclopedia dell'italiano, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2010. URL consultato il 10 marzo 2016.
- ^ Dal Battaglia: Dialètto, sm. Parlata propria di un ambiente geografico e culturale ristretto (come la regione, la provincia, la città o anche il paese): contrapposta ad un sistema linguistico affine per origine e sviluppo, ma anche, per diverse ragioni politiche, letterarie, geografiche, ecc.), si è imposto come lingua letteraria e ufficiale.
- ^ Interessante quanto difficile la discussione sull'origine del grecanico, che potrebbe essere un'eredità della Magna Grecia, come sostenuto da Gerhard Rohlfs o essere stato reimportato oltre che rinnovato dalla conquista bizantina.
- ^ Storia della Sicilia dal punto di vista linguistico, IRSAP Agrigentum
- ^ Varvaro A., «Sizilien», in «Italienisch, Korsisch, Sardisch», Max Niemeyer Verlag, Tubinga, 1988.«Rispetto ad altre situazioni romanze, quella sic. è caratterizzata dalla facilità di identificare la delimitazione del dialetto con i limiti dell'isola (e delle isole minori). Questa convenzione attribuisce dunque un significato assai rilevante allo stretto di Messina, elevato a sede di un confine linguistico che a dire il vero non trova alcun riscontro nella realtà, in quanto i caratteri delle parlate delle due sponde sono del tutto analoghi, come lascia prevedere, a non dire altro, la frequenza dei contatti tra le due rive (fino ad epoca moderna assai più agevoli di quelli con molte località del montuoso e difficile territorio alle spalle di Messina). Il fatto è che tutte le isoglosse che distinguono il siciliano dai dialetti meridionali si distribuiscono a varia altezza lungo la Calabria»
- ^ Giacomo Devoto, Gabriella Giacomelli, I dialetti delle regioni d'Italia, Firenze, Sansoni, 1972, p. 143.«Favoriti dalla conformazione geografica dell'isola, i dialetti siciliani sono abbastanza unitari, anche se le differenze che li distinguono non sono del tutto insignificanti. Tuttavia una propaggine siciliana esce dalla Sicilia per estendersi attraverso lo stretto di Messina nella Calabria meridionale, più o meno in connessione con la provincia di Reggio»
- ^ Gerhard Rohlfs, Studi su lingua e dialetti d'Italia, Sansoni, Firenze, 1972.«Quello che distingue la Calabria meridionale dalla situazione linguistica in Sicilia è unicamente una altissima percentuale di grecismi, di fronte ai moltissimi arabismi della Sicilia. Per il resto si può dire che la Calabria meridionale linguisticamente [...] non è altro che un avamposto della Sicilia, un balcone della Sicilia»
- ^ a b c d Giovanni Alessio, I dialetti della Calabria, 1963/1964, pp. 27-34.
Bibliografia
- Francesco Avolio, Lingue e dialetti d'Italia, 2ª ed., Roma, Carocci editore, 2012, ISBN 978-88-430-5203-5.
- Giuseppe Antonio Martino - Ettore Alvaro, Dizionario dei dialetti della Calabria meridionale, Qualecultura, Vibo Valentia 2010. ISBN 978-88-95270-21-0.
Di importanza notevole le opere del tedesco Gerhard Rohlfs, per qualità e quantità:
- Gerhard Rohlfs, Nuovo Dizionario Dialettale della Calabria. Longo, Ravenna, 1977 ISBN 88-8063-076-8 (sesta ristampa, 2001)
- Gerhard Rohlfs, Dizionario dialettale delle tre Calabrie. Milano-Halle, 1932-1939.
- Gerhard Rohlfs, Vocabolario supplementare dei dialetti delle Tre Calabrie (che comprende il dialetto greco-calabro di Bova) con repertorio toponomastico. Verl. d. Bayer. Akad. d. Wiss., München, 2 volumi, 1966-1967
- Gerhard Rohlfs, Vocabolario dei dialetti salentini (Terra d'Otranto). Verl. d. Bayer. Akad. d. Wiss., München, 2 volumi (1956-1957) e 1 suppl. (1961)
- Gerhard Rohlfs, Supplemento ai vocabolari siciliani. Verlag der Bayer, München, Akad. d. Wiss., 1977
- Gerhard Rohlfs, Historische Sprachschichten im modernen Sizilien. Verlag der Bayer, München, Akad. d. Wiss., 1975
- Gerhard Rohlfs, Studi linguistici sulla Lucania e sul Cilento. Congedo Editore, Galatina, 1988 (traduzione a cura di Elda Morlicchio, Atti e memorie N. 3, Università degli Studi della Basilicata).
- Gerhard Rohlfs, Mundarten und Griechentum des Cilento, in Zeitschrift für Romanische Philologie, 57, 1937, pp. 421– 461 (una traduzione in italiano è in Gerhard Rohlfs, Studi linguistici sulla Lucania e sul Cilento. Galatina, Congedo Editore, 1988)
Voci correlate
Collegamenti esterni
- Carta dei dialetti di Giovan Battista Pellegrini, su italica.rai.it.
- Aree linguistiche (Enciclopedia dell'italiano, Treccani), su treccani.it.
- I dialetti galloitalici di Sicilia, su itispiazza.it. URL consultato il 30 luglio 2008 (archiviato dall'url originale il 12 dicembre 2008).