Biagio Pace
Biagio Pace (Comiso, 13 novembre 1889 – Comiso, 28 settembre 1955) è stato un archeologo e politico italiano.
Biagio Pace | |
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Deputato del Regno d'Italia | |
Legislatura | XXVII, XXVIII, XXIX |
Consigliere nazionale del Regno d'Italia | |
Legislatura | XXX |
Gruppo parlamentare | Corporazione della previdenza e del credito |
Dati generali | |
Partito politico | Partito Nazionale Fascista |
Titolo di studio | laurea |
Università | Università degli Studi di Palermo e Scuola Archeologica Italiana di Atene |
Professione | archeologo |
Biografia
Figlio del barone Salvatore Pace e di donna Carolina Perrotta, si laureò in lettere nel 1912 all'Università di Palermo, subito dopo partì per la Grecia dove frequentò per due anni la Scuola archeologica italiana di Atene[1]. Vicino ai nazionalisti allo scoppio della prima guerra mondiale partì volontario prestando servizio come ufficiale di complemento sul Carso[1].
Nel 1917 ottenne la cattedra di Archeologia all'Università di Palermo, dove insegnò fino al 1924. Dal 1927 Pace fu ordinario di Archeologia e di Storia dell'arte classica all'Università di Pisa e dal 1931 al 1935 fu preside della Facoltà di lettere all'Università di Napoli. Dal 1933 fu presidente del Consiglio superiore delle Antichità e delle Belle Arti[2], fino al 1936 Aderì nel 1921 al Partito Nazionale Fascista e nel 1924 entrò nella Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale[1]. Nel 1924 fu eletto deputato alla Camera in Sicilia nel listone fascista. Fu rieletto nel 1929 e nel 1934, e dal 1939 al 1943 fu consigliere nazionale della Camera dei Fasci e delle Corporazioni[3].
Nel 1927 fu uno dei fautori del riconoscimento della nuova provincia di Ragusa. Fu presidente, dal 1929 al 1944, dell'Istituto nazionale del dramma antico. Nel 1935 partì volontario per la guerra d'Etiopia come seniore della MVSN nella 2ª Divisione CC.NN. "28 ottobre" e combatté durante la Battaglia di Passo Uarieu. Raccontò la sua esperienza nel libro "Tembien, note di un legionario della "28 Ottobre" in Africa Orientale".
Rientrato in Italia nel 1936, ottenne la nuova cattedra di topografia antica presso l'Università La Sapienza di Roma[1]. Fu presidente della Commissione legislativa Educazione nazionale dal 1939 al 1943 e presidente dell'Inda.
Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, rimase a Roma, e non aderì alla Repubblica Sociale Italiana[4]. Epurato e sospeso nell'agosto 1944 dal servizio, nel 1949 fu reintegrato nella cattedra universitaria.
Il 26 dicembre del 1946, presiedette a Roma la riunione di fondazione del Movimento Sociale Italiano e nel 1947 fu eletto nella Giunta esecutiva nazionale del partito. Morì a Comiso nel 1955.
Attività archeologica
Allievo di Paolo Orsi, prese parte a campagne di scavo in Asia Minore[5]. Poi nel 1930 diresse una missione nel Tibesti libico (Sahara) portando alla luce la civiltà dei Garamanti[6]. La campagna di scavi fu svolta mentre in diverse zone della Libia infuriavano ancora gli scontri per la Riconquista della Libia[6].
A lui si devono i ritrovamenti in Sicilia di Camarina, Mozia e della Villa del Casale di Piazza Armerina, oltre a numerosi studi sulla Sicilia bizantina. Nel 1943 gli fu assegnato dall'Accademia d'Italia il "Premio Mussolini" per le scienze morali e storiche[7].
Opere principali
- Ai confini del bolscevismo. Note di viaggio nel Caucaso, Palermo, 1923
- Studi siciliani, Palermo, 1926
- Camarina. Topografia, storia, archeologia, Catania, 1927
- Dalla pianura di Adalia alla valle del Meandro, Milano, Alpes, 1927.
- Arte e civiltà della Sicilia antica, Milano, Dante Aligheri, 1935.
- Tembien. Note di un Legionario della ”28 ottobre“, Napoli, Ricciardi, 1936.
- L'Impero e la collaborazione internazionale in Africa, Roma, Istituto Nazionale di Cultura Fascista, 1938.
- Introduzione allo studio dell'archeologia, Milano, Mondadori, 1947.
- I mosaici di Piazza Armerina, Roma, Casini, 1955
Onorificenze
Ordine al Merito civile di Savoia
Cavaliere del Sovrano Militare Ordine di Malta
Note
- ^ a b c d Colloredo in Tembien, p. 03
- ^ Archivio storico pugliese
- ^ Storia Camera
- ^ Pace era ancora a Roma nel marzo 1944, quando la città fu liberata dagli Alleati: cfr. il carteggio di Tina Withaker in Raleigh Trevelyan, Principi sotto il vulcano. Storia e leggenda di una dinastia di gattopardi anglosiciliani dai Borboni a Mussolini, Rizzoli, Milano 1977, pp. 388-389.
- ^ emilio | Villa Romana del Casale
- ^ a b Colloredo in Tembien, p. 04
- ^ Copia archiviata (PDF), su archivi.beniculturali.it. URL consultato il 20 gennaio 2013 (archiviato dall'url originale il 7 settembre 2012).
Bibliografia
- P. Giammellaro, Biagio Pace e la Sicilia antica, in "Studi Storici" 53 (2012), pp. 391–420 �[1]
- F. Vistoli, s.v. “Pace Biagio”, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 80, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 2014, pp. 71–73.[2]
- Biagio Pace, Tembien, ristampa anastatica, Associazione ITALIA, 2009, Nota biografica di Pierluigi Romeo di Colloredo, pp 03–08
Controllo di autorità | VIAF (EN) 74996898 · ISNI (EN) 0000 0000 8155 5198 · SBN BVEV011330 · BAV 495/76489 · LCCN (EN) n86836472 · GND (DE) 131865846 · BNF (FR) cb10249989k (data) · J9U (EN, HE) 987007272890005171 |
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