Tufo (Arquata del Tronto)

frazione di Arquata del Tronto
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Tufo, chiamato anche Tufo d'Arquata, è una frazione del comune di Arquata del Tronto in provincia di Ascoli Piceno, nella regione Marche, ed appartiene all'ente territoriale della Comunità montana del Tronto.

Tufo
frazione
Tufo – Veduta
Tufo – Veduta
Tufo, ingresso del paese prima del terremoto del 2016
Localizzazione
StatoItalia (bandiera) Italia
Regione Marche
Provincia Ascoli Piceno
Comune Arquata del Tronto
Territorio
Coordinate42°44′09.6″N 13°15′26.6″E
Altitudine721 m s.l.m.
Abitanti15[1] (2001)
Altre informazioni
Cod. postale63096
Fuso orarioUTC+1
Nome abitantitufaroli
PatronoSan Rocco
Giorno festivo16 agosto
Cartografia
Mappa di localizzazione: Italia
Tufo
Tufo

Il paese è noto per essere identificato con la mansio Ad Martis della Tabula Peutingeriana e conosciuto come l'unico centro della Diocesi di Ascoli Piceno in cui è stato celebrato un processo per stregoneria di cui sono rimaste sconosciute la sentenza e la sorte riservata all'accusata. Gli storici ed i religiosi escludono che sia stato pronunciato un giudizio di condanna di morte sul rogo.

La mansio di Ad Martis, evidenziata da una cornice rettangolare bianca, corrispondente alla frazione di Tufo.

Geografia fisica

Il borgo è stato costruito su di un altura a 721 m slm, sulla sinistra orografica del corso fiume Tronto. È circondato da fitti boschi di faggio e conifere alternati da aree pascolive destinate alla pastorizia.
Il paese dista circa 36 km da Ascoli Piceno, [2] 66,5 km dall'Adriatico, [3] e 22 km da Norcia. [4]

Territorio

Il suo territorio si estende nell'Alta Valle del Tronto, all'interno dell' area naturale protetta del Parco nazionale dei Monti Sibillini. Il centro urbano si trova tra i paesi di Pescara del Tronto e Capodacqua, lungo la Strada Provinciale 129 che lo collega anche ad Arquata, Borgo e Trisungo. [5]

La fauna che popola il suo circondario è costituita, come per il resto del comune di Arquata, da varie specie di animali selvatici tra i quali, in maggior numero, i cinghiali. Si conta anche la presenza del picchio, del falco pellegrino, della lepre, del gatto selvatico, del tasso, dello scoiattolo, del riccio, dell'istrice, del capriolo, della volpe e della donnola.

Origini del nome

Il toponimo è riconducibile al significato attribuito localmente al termine tufo con cui è indicata pietra arenaria che si trova nella zona e diffusamente impiegata come materiale da costruzione. Si tratta di una roccia simile a quella sedimentaria di origine vulcanica. [6] Giulio Amadio ne riconduce la derivazione etimologica al lemma latino tofus o tophus, parola che definisce la pietra porosa e friabile. [7]

Storia

Le fonti documentali collocano il territorio del paese tra le proprietà della Dinastia Flavia, originaria della Sabina, nel I secolo d.C., quando sia questa località e sia tutta l'area dell'Alta Valle del Tronto appartenevano alla famiglia imperiale di Vespasiano. [8]

Le origini del paese: dalla mansio Ad Martis a Tufo

Gli storici identificano l'odierno paese di Tufo con la mansio Ad Martis della Via Salaria citata nella Tavola Peutingeriana. Tra questi si ricordano l'abate Giuseppe Colucci che aveva collocato la stazione di posta tra Arquata ed Accumoli, [9] poi Giuseppe Castelli che, nel 1886, nella sua pubblicazione La via consolare Salaria Roma Reate Asculum Adriaticum, con carta itineraria del Piceno, confermava la stessa posizione di corrispondenza del borgo [10] e Nicolò Persichetti che, nell' analisi del percorso della consolare di epoca romana, scrive che il villaggio è nato da una mansio della Salaria nel territorio del Piceno. L'indagine di quest'ultimo studioso ha esplorato ed analizzato i tre itinerari romani giunti alla nostra conoscenza:

  • l'Itinerario Antonino, in cui sono elencate le stazioni di posta e le relative distanze tra l'una e l'altra;
  • l'Itinerarium gaditanum, inciso sui Bicchieri di Vicarello, concepito come un indice di luoghi in cui conveniva transitare tra le città di Cadice e Roma, dove si giunge a percorrendo la via Flaminia;
  • la Tavola Peutingeriana, una carta descrittiva delle strade romane. [11]
    Persichetti rileva le diseguaglianze che differenziano i percorsi delle tavole pubblicate da Theodor Mommsen, nel Corpus Inscriptionum Latinarum, [12] che mettono a confronto l'Itinerario antonino con la Tavola Peutingeriana. La mansio di Ad Martis è elencata solo nella carta consegnata a Konrad Peutinger, collocata tra Falacrine e Surpicano, la statio nei pressi di Arquata. [13]
    Quindi ripercorre con accuratezza anche il ragionamento di Filippo Cluverio, geografo storico, che aveva ricostruito il tragitto della Via Flaminia ed era giunto alla conclusione che Ad Martis fosse stata una mansio appartenuta solo a quella strada. Lo storico aquilano lo smentisce perché dimostra che vi sono due stazioni di posta chiamate Ad Martis, una sulla Salaria, tra Interocrio ed Asculum Picenum, ed un'altra sulla Flaminia, tra Narnia e Mevania, entrambe segnate al XVI miglio. Ne computa le distanze, calcolandole in miglia romane, seguendo il tracciato di allora della Salaria e conclude che dal risultato dovevano esistere due luoghi diversi, entrambi chiamati «Ad Martis o vicus Martis», uno situato in Umbria e l'altro nella Regio V Picenum, territorio dove c'era stata anche la presenza dei Sabini che avevano un importante culto per il dio Marte. Prende in considerazione anche il conteggio delle distanze tra Antrodoco ed Ascoli ottenuto dalle misurazioni della Salaria, espresse in chilometri, effettuate dallo Stato Maggiore dell'Esercito Italiano e dallo Stato Maggiore dell'Esercito Austriaco, li converte in miglia romane, e da questo complesso calcolo deduce che la: «Tabula diceva il vero quando tra Interocrium ed Asculum segnava miglia 58 di distanza» [14] Persichetti afferma che la strada proveniente dalla statio di Vico Badies si dirigeva verso la posta più antica, antecedente all'esistenza di Ad Martis, che si trovava in località «Campi di Sotto». A causa dei danneggiamenti arrecati alla sede viaria dalle piene del Tronto la posizione della carreggiata di fondovalle era stata spostata più a monte. Sulla sponda opposta della vallata, nella località denominata mansio Ad Martis [15] nacque Tufo, costruito su un'altura che ne garantiva la naturale difendibilità. Da Tufo, passando per i centri di Capodacqua, Forca Canapine ed il Passo di San Pellegrino si raggiungeva la città di Norcia. [16]

Cronologia storica essenziale

  • 1185 - Sul finire del XII secolo, con il nome latino di «Tufum», il paese è elencato, insieme a «Speluncam», «Trisuncum» ed altri borghi dell'Ascolano, [17] nell'atto che il vescovo Rinaldo I di Ascoli aveva inviato a «Federico Enobarbo», più noto come Federico Barbarossa, per supplicare la protezione dell'imperatore su se stesso e sui beni della sua Chiesa. Niccolò Marcucci scrive che Barbarossa «con ogni prontezza lo favorì del sottoscritto Privilegio, conservato nell'Archivio della Cattedrale. Il documento mostra un sigillo, che pende, una scattola d'oro, e un pezzo rotondo di cera rossa con l'effigie da una parte dell'Imperatore, e con le lettere majuscole attorno FRIDERICUS DEI GRATIA ROMANORUM IMPERATOR AUGUSTUS; e dall'altra parte vi sta scolpita Roma con queste parole ROMA CAPUT MUNDI REGIT ORBIS FRENA ROTUNDI.» [18]
  • 1255 - In questo anno, il paese di Tufo compare tra i possedimenti di Arquata nell'atto redatto il 7 agosto con cui la città di Norcia ha ceduto al Governo di Ascoli la Rocca insieme ai paesi di Accumoli, Sommati, Capodacqua, [19] Roccasalli e Terre Summatine. [20]
  • 1595 - Nella relazione della visita pastorale del cardinale Girolamo Bernerio, avvenuta in questo anno, è stata rilevata ed annoverata l'esistenza della Confraternita del Corpus Domini a Capodacqua e a Tufo. [21]
  • 1816 - Il 14 aprile è iniziato il distacco della frana caduta dalla Cinta Malevara, causata da lunghe precipitazioni piovose cui si aggiungeva lo scioglimento delle nevi. Il geografo Roberto Almagià l'ha descritta come materiale marnoso che, con un movimento lento, in 3 giorni è arrivata a seppellire parte del centro urbano. Dalle scritture dell'epoca si apprende che i segni del distacco sono stati monitorati dagli abitanti per alcuni giorni che hanno trascorso a svuotare le case prima di abbandonarle all'inevitabile destino di essere travolte e distrutte. Gli stessi si erano accampati lontano dalle abitazioni minacciate dal cedimento franoso. Il parroco, don Domenico De Gregori, aveva provveduto a rimuovere le campane, le statue ed altri beni trasportabili dalla chiesa. La maggior parte degli edifici della frazione insisteva proprio nella zona che è stata ricoperta dallo smottamento del terreno, fra il ponte sul Fosso di Capodacqua ed il ponte dell'Annunziata. Le dimore e la chiesa sono state travolte tra il 15 ed il 16 aprile, parti di altri fabbricati non direttamente coinvolti dal dissesto sono caduti nei giorni che seguenti. Il 24 aprile il marchese aquilano di Pietra Catalla, inviato a Tufo dall'Intendente dell'Aquila, giurisdizione sotto cui ricadeva il paese, dopo aver osservato le condizioni del centro abitato lo ha dichiarato inabitabile. [22]
  • 1823 - La «Villa di Tufo» è menzionata nel testo dell'Istorica descrizione del Regno di Napoli, con le parole: «Casale alle sponde d'un fiume, d'aria umida, Diocesi di Ascoli Pontificio, 4 miglia, e mezzo da Accumoli distante, e 30 dall'Aquila. È del Real patrimonio Mediceo. Produce grani, legumi, frutti, vini, castagne, ghiande, ed erbaggi. Fa di pop. 110.» [23]
  • 1852 - Nel Dizionario corografico universale dell'Italia Tufo è descritto come: «Villaggio di Accumuli in provincia di Abruzzo ulteriore II. Presentemente è stato ceduto alla Stato Pontificale, nella nuova rettificazione della frontiera.» [25] In questo anno è stato stipulato il trattato con cui avveniva la cessione dei paesi di Tufo e Capodacqua da parte del Regno di Napoli allo Stato Pontificio. Mediante questo atto i due borghi che erano appartenuti fino ad allora ad Accumoli entrano nella territorialità del Comune di Arquata nella Delegazione apostolica di Ascoli. [26]

Il processo alla strega di Tufo nel 1573

Nell'anno 1573, il vescovo uticense Giovanni Battista Maremonti si è recato in visita apostolica nel territorio della Chiesa ascolana a compimento dell'incarico ricevuto dal papa Gregorio XIII. In questo viaggio è stato accompagnato dal vescovo di Chiusi Salvatore Pacini. La visita del prelato era iniziata dalle zone della montagna arquatana e questi, dopo essersi recato anche in altri centri, il 13 settembre 1573 era giunto nella Villa di Tufo dove aveva appreso che vi fosse una donna, di nome Magdalena, figlia di Giovanni Clemente, che alcuni compaesani ritenevano fosse una strega. [27] Il religioso, non avendo a disposizione il tempo necessario per raccogliere le testimonianze dei fatti per instruire il processo ed inquisirla, ha affidato il compito di svolgere l'indagine al vicario foraneo di Arquata Felice Blasi. [28] Le informazioni dello svolgimento del giudizio sono tratte dalle relazioni delle visite pastorali conservate presso l'Archivio storico vescovile di Ascoli Piceno. [29]
Il procedimento a carico della sospettata e presunta strega Magadalena è stato presieduto dal notaio Fabrizio Lucio, che ha compilato gli atti ed ha assistito a tutti gli interrogatori. [28]

Dai documenti risulta che Magdalena ha avuto vari accusatori, quali: Crucianus Cairoli de Villa de Tufo, Arguila moglie di Berardino Chiapino, Moscatelli Domenico de Villa Capitis Acquae e Francesco Calandrea.
L'unico teste a favore della malcapitata è stato Berardo Petrangeli di Tufo che, nell'esposizione delle sue affermazioni, ha aperto uno squarcio sulla situazione di disagio sociale e di solitudine in cui viveva la donna.

Dagli atti è possibile leggere le trascrizioni delle dichiarazioni accusatorie rese dei testimoni.
Arguila aveva deposto e riferito che: «giacendo canto al fuoco a dormire 'na sera su le tre o quattro hore di notte, svegliandosi aveva inteso un certo rumore per casa e, nettandosi gli occhi, vedde quando una donna gli era venutagli innanzi e rizzandosi per voler pigliarla pensando certamente che fosse strega, gli fuggi dinanzi et uscì di sotto all'uscio et si fece vento.» [28] [30] È ipotizzabile che la vicenda sia terminata con l'assoluzione o col prosciogliemento della donna. [28]

Crucianus Cairoli confermava quanto detto da Arguila e, nella sua deposizione, si legge che aggiungeva ciò che aveva sentito dire: «che esso testimonia c'ha inteso dire pubblicamente quasi dalla maggior parte del popolo di Tufo che Magdalena di Giovanni Clemente del Tufo è strega et che più volte è andata a stregoneria et ha inteso dire a Arguila moglie di Berardino Chiapino ch'una notte gl'entrò in casa et aveva una creatura piccola et che volendola essa pigliare se n'uscì sotto l'uscio et non la potte tenere.» (…) «ch'ha inteso dire dalla maggior parte del popolo predetto che una volta donna Magdalena andò di notte a una cotta di carbone che faceva Berardo nella selva et con un mazzo gli voleva guastare detta cotta et in questo Berardo la pigliò per le trecce et essa donna Magdalena gli promise un paio di calce» [28] [31]

Domenico Moscatelli di Capodacqua affermava: «una tra l'altre andò a casa di Monte di Villa Nova ch'ora abita lì in Capo d'Acqua et aveva una creatura, et che gli levò quella creatura dal letto et che la madre accorgendosi subito cominciò a stridere et che questo la lasciò et deppoi ne fu sparsa la fama, et fu detto per cosa certa che era stata essa donna Magdalena et tanto si diceva di tutto il popolo di detta Villa et questo disse esser la verità.» [28]

La deposizione di Francesco Calandrea asseriva che: «…s’è detto ch'è entrata in molte case questo anno la strega ma non s'è conosciuto chi sia ma sicuramente è Magdalena essendo che nella nostra Villa non si presuma che ci sia altra strega di lei» [28] [30]

Berardo Petrangeli è stato il solo teste che non ha riportato ulteriori accuse a carico della donna e si è limitato a dire, con lucida pietà, che la conosceva bene e che i compaesani la consideravano una strega perché era: «una mala femina (…) perché va vagabonda e non se ferma mai» [28] [30]

Di questo processo si conoscono solo le deposizioni raccolte, non si hanno notizie se sia arrivato a sentenza e dell'eventuale dispositivo enunciato nel provvedimento, delle motivazioni del contenuto decisionale di risposta alle accuse mosse contro Magdalena o di eventuali provvedimenti adottati nei confronti della donna. Sembra si possa concludere che non sia stato considerato un caso di stregoneria perché il cardinale Girolamo Bernerio, allora vescovo di Ascoli, nel sinodo diocesano del 1595, ha escluso l'esistenza di fatti di stregoneria in territorio ascolano. [30] È ipotizzabile che la vicenda si sia conclusa con l'assoluzione o il proscioglimento della donna. [28]

Terremoto del Centro Italia del 2016 e del 2017

Il centro abitato è stato colpito dai terremoti avvenuti negli anni 2016 e 2017 che ne hanno causato la quasi completa distruzione. Non si sono registrate vittime per i crolli degli edifici. Alla fine del mese di marzo del 2018 l'Esercito italiano del Comando Genio e dei Reggimenti Guastatori ha provveduto alla rimozione delle macerie del centro urbano. [32]

Monumenti e luoghi d'interesse

Chiesa della Santissima Maria Annunziata

La costruzione della chiesa della Santissima Maria Annunziata è ascrivibile al XVII secolo. [33] L'edificio consacrato è stato elevato nella parte terminale del piccolo borgo. Il suo aspetto è connotato da caratteristiche architettoniche di essenziale semplicità. La facciata principale, coronata a spiovente, è aperta dall'ingresso e da un oculo. L'aula liturgica ha la copertura a capriate. Il tessuto murario, realizzato con conci di pietra locale, reca i segni di vari rimaneggiamenti di opere conservative ed innalzamento della fabbrica avvenuti nel corso del tempo. Il campanile a vela accoglie 2 campane. Al suo interno sono conservati una tela dipinta alla maniera di Guido Reni con la rappresentazione dell'Annunciazione, un crocifisso del XVI secolo [34] ed un piccolo tabernacolo in legno che mostra tre lati ornati da figure. Il manufatto potrebbe appartenere ad una produzione della cultura umbra risalente alla prima metà del XVI secolo. [35]
La chiesa è sede dell'eretta Confraternita intitolata alla Mater Dolorosa. Nelle occasioni ufficiali il laici, appartenenti alla congregazione, vestono una tunica bianca coperta da una mantellina azzurra.

Con il decreto emanato dal del Ministero dell'Interno, in data 11 giugno 1986, e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 21 giugno dello stesso anno, sono state dichiarate estinte alcune parrocchie con la conseguente perdita di personalità giuridica. Tra queste è rientrata anche la Santissima Annunziata di Tufo che è stata assorbita dalla parrocchia di Santa Croce di Pescara del Tronto.[36]

Relazione della Parrocchia della Santissima Annunziata di Tufo pel Parroco Nicola Smargiassi nella Prima Sacra Visita Pastorale del Monsignor Belgrado nel Luglio del 1856

È possibile aggiungere ulteriori informazioni e riferimenti, legati alla storia di questa parrocchia dalla lettura della Relazione redatta nell'anno 1856 dal parroco Nicola Smargiassi e conservata presso l'Archivio storico diocesano di Ascoli Piceno, tra le carte del fascicolo n. 6, della Congregazione N. 4 di Arquata del Tronto.

Dalla lettura del documento si apprende che il compilatore scrive che l'erezione di questa parrocchia è «così ignota» che non è stato possibile «rinvenire come si fosse cambiato il titolo di essa. Dopodichè prima veniva denominata Parrocchia di S. Giovanni Battista e quindi dopo demolita forse l'altra diruta Chiesa, si disse Parrocchia di Maria SS.ma Annunziata.» Scrive inoltre che dal «liminare di essa Chiesa», ossia dalla soglia della chiesa «si scorge il millesimo 1705 quando forse essa fu eretta o restaurata.» [37]

Infrastrutture e trasporti

Strade

Il centro urbano è raggiungibile dalla Strada Provinciale 129 che lo collega alle frazioni di Pecara del Tronto, di Vezzano ed al capoluogo.[38]

Ferrovie

La frazione di Tufo non è servita da alcuna linea ferroviaria; la stazione più vicina è quella di Ascoli Piceno, che dista circa 36 km, posta sulla linea secondaria Ascoli-Mare.

Note

  1. ^ Dati Censimento ISTAT 2001, su dawinci.istat.it. URL consultato il 19 maggio 2019.
  2. ^ Percorso Tufo-Ascoli Piceno, pari a 36,2 km, su google.it. URL consultato il 19 maggio 2019.
  3. ^ Percorso Tufo-Porto d'Ascoli, pari a 22,1 km, su google.it. URL consultato il 19 maggio 2019.
  4. ^ Percorso Tufo-Norcia, pari a 22,1 km, su google.it. URL consultato il 19 maggio 2019.
  5. ^ Tracciato della Strada Provinciale 129 Trisungo d'Arquata - Tufo su openstreetmap.org URL consultato il 19 maggio 2019.
  6. ^ N. Galiè G. Vecchioni, Arquata del Tronto - il Comune dei due Parchi Nazionali, op. cit., pp. 19-20.
  7. ^ G. Amadio, Toponomastica marchigiana, Vol. I, op. cit., p. 72.
  8. ^ N. Galiè G. Vecchioni, Arquata del Tronto - il Comune dei due Parchi Nazionali, op. cit., p. 41.
  9. ^ G. Colucci, Delle antichità picene, Tomo XIIII, op. cit., pp. 246-247.
  10. ^ N. Persichetti, Viaggio archeologico sulla via Salaria nel circondario di Cittaducale: con appendice sulle antichità dei dintorni e tavola topografica, op. cit., p. 98, nota 1, pag. 99, nota 2.
  11. ^ N. Persichetti, Viaggio archeologico sulla via Salaria nel circondario di Cittaducale: con appendice sulle antichità dei dintorni e tavola topografica, op. cit., pp. 21-24.
  12. ^ N. Persichetti, Viaggio archeologico sulla via Salaria nel circondario di Cittaducale: con appendice sulle antichità dei dintorni e tavola topografica, op. cit., pag. 25, nota. 1, «Corpus Inscriptionum Latinarum, Berolini, 1883, p. 204 e 479»
  13. ^ N. Persichetti, Viaggio archeologico sulla via Salaria nel circondario di Cittaducale: con appendice sulle antichità dei dintorni e tavola topografica, op. cit., pag. 25.
  14. ^ N. Persichetti, Viaggio archeologico sulla via Salaria nel circondario di Cittaducale: con appendice sulle antichità dei dintorni e tavola topografica, op. cit., pp. 96-97.
  15. ^ N. Persichetti, Viaggio archeologico sulla via Salaria nel circondario di Cittaducale: con appendice sulle antichità dei dintorni e tavola topografica, op. cit., pag. 102
  16. ^ N. Galiè e G. Vecchioni Arquata del Tronto - il Comune dei due Parchi Nazionali, op. cit., pag. 104
  17. ^ N. Marcucci, Memorie Ascolane, op. cit., pag. 155.
  18. ^ N. Marcucci, Memorie Ascolane, op. cit., pag. 154.
  19. ^ N. Galiè G. Vecchioni, Arquata del Tronto - il Comune dei due Parchi Nazionali, op. cit., p. 52.
  20. ^ AA. VV., Conoscere l'Archivio di Norcia, Norcia e Arquata del Tronto, Vol. II, op. cit., pag. 10.
  21. ^ G. Fabiani, Ascoli nel Cinquecento, Vol. I, op. cit., pag. 402.
  22. ^ G. Lalli, Ottocento arquatano - Storie, fatti e misfatti, op. cit., pp. 79-80.
  23. ^ Istorica descrizione del Regno di Napoli, op. cit., pag. 341.
  24. ^ R. Cordella, La frontiera aperta dell'Appennino: uomini e strade nel crocevia dei Sibillini, op. cit., pag. 41.
  25. ^ Dizionario corografico universale dell'Italia sistematicamente suddiviso secondo l'attuale ripartizione politica d'ogni singolo stato italiano compilato da parecchi dotti italiani, vol. IV, prima parte, Reame di Napoli, Milano, Stabilimento di Civelli Giuseppe e Comp., 1852, pag. 1003.
  26. ^ G. Lalli, Ottocento arquatano - Storie, fatti e misfatti, op. cit., pag. 172.
  27. ^ G. Fabiani, Ascoli nel Cinquecento, Vol. I, op, cit., pag. 92.
  28. ^ a b c d e f g h i N. Galiè G. Vecchioni, Arquata del Tronto - il Comune dei due Parchi Nazionali, op. cit., p. 60.
  29. ^ A. Bucciarelli, Dossier arquatano, op. cit., pag. 60
  30. ^ a b c d A. Bucciarelli, Dossier arquatano, op. cit., pag. 62.
  31. ^ A. Bucciarelli, Dossier arquatano, op. cit., pp. 61-62.
  32. ^ Liberata dalle macerie la frazione di Tufo di Arquata, su esercito.difesa.it. URL consultato il 19 maggio 2019.
  33. ^ Parrocchia di Pescara del Tronto, Villaggio SAE - Chiesa di Santa Croce, su diocesiascoli.it. URL consultato il 19 maggio 2019.
  34. ^ Arquata del Tronto Tufo – Chiesa della Santissima Maria Annunziata (XVII°sec.), su sibilliniweb.it. URL consultato il 19 maggio 2019.
  35. ^ R. Cordella, La frontiera aperta dell'Appennino: uomini e strade nel crocevia dei Sibillini, op. cit., pag. 115.
  36. ^ Decreto in data 11 giugno 1986 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 21 giugno 1986, su gazzettaufficiale.it. URL consultato il 19 maggio 2019.
  37. ^ Archivio diocesano di Ascoli Piceno, Congregazione N. 4 di Arquata del Tronto, fascicolo n. 6.
  38. ^ | Tracciato della SP129 su openstreetmap.org URL consultato il 20 maggio 2019.

Bibliografia

  • Giuseppe Colucci, Delle antichità picene, Tomo XIIII, Fermo, Dai Torchi dell'Autore, 1792.
  • Istorica descrizione del Regno di Napoli: ultimamente diviso in quindici provinzie colla nuova mutazione di esse nelle stato presente., Napoli, Dai torchi di Raffaele Miranda, 1823.
  • AA. VV., Dizionario corografico universale dell'Italia sistematicamente suddiviso secondo l'attuale ripartizione politica d'ogni singolo stato italiano, Vol. IV, Parte prima, Milano, Reame di Napoli, Stabilimento di Civelli Giuseppe e Comp., 1852.
  • Niccolò Persichetti, Viaggio archeologico sulla via Salaria nel circondario di Cittaducale: con appendice sulle antichità dei dintorni e tavola topografica, Roma, Tipografia della Reale Accademia dei Lincei, 1893. URL consultato il maggio 2019 (archiviato dall'originale).
  • Giuseppe Fabiani, Ascoli nel Quattrocento, Vol. II, Ascoli Piceno, Società Tipolitografica Editrice, 1950.
  • Giulio Amadio, Toponomastica marchigiana, Vol. I, Montalto delle Marche, Montalto Marche Editrice - Stabilimento Tipografico "Sisto V", 1951.
  • Giuseppe Fabiani, Ascoli nel Cinquecento – Vol. I, Ascoli Piceno, Società Tipolitografica Editrice, 1970.
  • Adalberto Bucciarelli, Dossier Arquatano, Ascoli Piceno, Grafiche D'Auria, 1982.
  • AA. VV. Assessorato agli Affari Generali, Conoscere l'Archivio di Norcia, Vol. II, Norcia e Arquata del Tronto, Norcia, Comune di Norcia, 1997.
  • Romano Cordella, La frontiera aperta dell'Appennino: uomini e strade nel crocevia dei Sibillini, Ponte San Giovanni (Perugia), Quattroemme, 1998.
  • Narciso Galiè Gabriele Vecchioni, Arquata del Tronto - il Comune dei due Parchi Nazionali, Folignano (AP), Società Editrice Ricerche s. a. s., 2006.
  • Niccolò Marcucci, Memorie Ascolane, con le postille e commentari di Francesco Antonio Marcucci; a cura del prof. Franco Zenobi, Ascoli Piceno, Palumbi, 2015.
  • Gabriele Lalli, Ottocento arquatano - Storie, fatti e misfatti, Colonnella (Teramo), Associazione Arquata potest, 2018, ISBN 978-88-6497-101-8.

Voci correlate

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