Tambora
Il Tambora o Tomboro[1] è uno stratovulcano dell'isola di Sumbawa, situata nell'arcipelago indonesiano della Sonda. Il vulcano è conosciuto per la devastante eruzione del 1815, una delle poche VEI-7 a memoria storica. Deve la sua origine alla subduzione della Placca Australiana al di sotto della Placca della Sonda. Prima dell'eruzione del 1815, la montagna vulcanica era di dimensioni davvero poderose, innalzandosi tra i 4000 e i 4300 m s.l.m. e rendendosi all'epoca uno dei rilievi più alti dell'intero arcipelago indonesiano, superando il Kerinci, che con 3.805 m s.l.m. è attualmente il vulcano più alto dell'Indonesia.
| Tambora | |
|---|---|
| Stato | |
| Regione | Piccole Isole della Sonda |
| Altezza | 2 850 m s.l.m. |
| Prominenza | 2 722 m |
| Ultima eruzione | 2011 |
| Codice VNUM | 264040 |
| Coordinate | 8°15′S 118°00′E |
| Mappa di localizzazione | |
Oggi la montagna non supera i 2.850 m s.l.m. Un terzo dell'altezza originaria è andato perduto a causa dell'evento eruttivo del 1815, e al suo posto esiste un'enorme caldera di 6-7 km di diametro. In quell'occasione vennero udite esplosioni terrificanti fino a 2.000 km di distanza dal vulcano; percepite scosse telluriche dovute a onde d'urto o al collasso della sommità; la cenere vulcanica ricoprì Borneo, Molucche, Giava, Sulawesi; tsunami alti fino a 4 m vennero generati dal contatto tra flussi piroclastici, che discendevano da ogni lato del monte, e l'acqua del mare che circonda la penisola di Sanggar; terribili tempeste d'aria, probabilmente dovute all'ascesa di aria riscaldata attorno alla montagna e conseguente vuoto ricoperto repentinamente da aria fredda, sradicarono ogni cosa nella penisola di Sanggar[2].
L'eruzione provocò la distruzione dei Regni di Tambora, Pekat e Sanggar, che attorniavano il vulcano, a causa di tsunami e flussi piroclastici con vittime dirette fino a 10.000. Nell'intera Sumbawa si osservava una riduzione della popolazione della metà per fame e malattie; compresi i morti a Lombok e Bali, l'Indonesia perdeva fino a 117.000 esseri umani. Il totale delle vittime in tutto il pianeta a causa degli sconvolgimenti climatici che seguirono, compreso l'anno senza estate, supera le 200.000 unità[3].
Degli scavi archeologici nel 2004 hanno fatto rinvenire una casa totalmente bruciata con due cadaveri carbonizzati a testimoniare l'esistenza di regni perduti, tanto che si parla di "Pompei d'oriente"[4].
Il vulcano
Il Tambora è il secondo vulcano al mondo per indice di esplosività VEI, stimata a 7;[5] per tale motivo viene considerato uno dei vulcani più pericolosi sulla terra[6]. Si trova nella zona di subduzione creata dal movimento della placca australiana verso una parte della zolla euroasiatica, in una zona nella quale si sono formati nel corso di millenni tre tra i più esplosivi e devastanti vulcani conosciuti: il Toba, il Tambora, il Krakatoa e il complesso vulcanico Samalas-Rinjani, che nel 1257 ha prodotto un'eruzione di entità paragonabile a quella del Tambora medesimo[7][8]. Tutti questi vulcani fanno parte della Cintura del Fuoco, ovvero la zona geologicamente più attiva della Terra, con la massima concentrazione di terremoti e vulcani.
Geologia e geomorfologia
Il Tambora è ubicato nella pensisola di Sanggar, nella parte settentrionale di Sumbawa, appartenente al gruppo delle Piccole Isole della Sonda. Il vulcano è parte dell'Arco della Sonda, una catena vulcanica che attraversa l'arcipelago indonesiano, il suddetto arco a sua volta è parte della Cintura del Fuoco del Pacifico[9]. Si trova a 340 km a Nord della Fossa di Giava e a 180-190 km sopra la propria zona di subduzione di origine. L'isola di Sumbawa è fiancheggiata a Nord e Sud da crosta oceanica[10] Il Tambora è generato dalla subsidenza della Placca Australiana sotto la Placca della Sonda. Il tasso di subsidenza è pari a 7,8 cm per anno[11].
Secondo alcune ricerche, il Tambora si sarebbe formato tra i 57.000 e i 43.000 anni fa[12][13]. L'esistenza di tanti crateri, che si innalzano fino a 150 m dal fondale della baia di Saleh, ha fatto supporre che un tempo la superficie della baia era al di sopra del livello del mare. Lo sprofondamento sarebbe accaduto in conseguenza del prosciugamento di una camera magmatica preesistente dovuto all'ascesa progressiva del vulcano Tambora. Anche l'isola di Moyo ad Ovest di Sumbawa sarebbe stata coinvolta dall'evento nella sua formazione, circa 25.000 anni fa[14].
Una ricerca ulteriore avanza stime ben più elevate sull'età geologica della montagna, fino a 190.000 anni fa[15]. Secondo quest'ultima ricerca, il Tambora apparterrebbe ad un grande complesso vulcanico che comprende il Tambora stesso e due edifici ancestrali, il Labumbum, a Sud-Est del Tambora, attivo tra 690.000 e 410.000 anni fa con eruzioni di natura prevalentemente effusiva (andesite), e il Kawinda Toi, a Nord-Est, sul corpo dell'attuale edificio vulcanico, attivo tra i 410.000 e 190.000 anni fa, con eruzioni a prevalenza basaltica. Il Tambora si sarebbe formato inizialmente come vulcano a scudo tra i 190.000 e 86.000 anni fa con eruzioni ad alto contenuto di silice, di natura effusiva. In seguito, il vulcano avrebbe alternato eruzioni effusive ed esplosive tra il cratere centrale e le decine di coni di scorie lungo i fianchi del vulcano, databili a partire da 80.000 anni fa. Alcuni di essi hanno dei nomi: Molo e Tahe, tra i 400 e gli 850 m.s.l.m., sono i più imponenti coni di scorie, ubicati ad Est e separati da 3 km circa di distanza. Essi produssero eruzioni freato-magmatiche, ovvero esplosioni di vapore dovute all'interazione tra magma e le acque sotterranee. La morfologia del vulcano sarebbe così mutata assumendo la forma di uno stratovulcano o vulcano a cono, come testimoniano i fianchi del vulcano, ben più ripidi a partire da circa 1800 m fino all'altezza stimata della montagna precedente all'evento del 1815, tra i 4.000 e i 4.300 m.
Il Tambora ha prodotto rocce di trachibasalto e trachiandesite ricche in potassio. I prodotti emessi contengono fenocristalli di apatite, biotite, pirosseno, leucite, magnetite, olivina, plagioclasio; l'esatta composizione dei tipi di fenocristalli varia a seconda delle rocce[16]. I prodotti vulcanici del Tambora sono molto ricchi di rubidio, stronzio, anidride fosforica, in quantità maggiori di quelle del Rinjani, e sono leggermente più ricchi anche di zircone rispetto a quelli del vulcano di Lombok[17].
Prima dell'eruzione del 1815, il Tambora avrebbe avuto la morfologia di uno stratovulcano, con un cono dall'altezza torreggiante sulla penisola di Sanngar stimata tra i 4.000 e i 4.300 m e un singolo cratere centrale[18]. Il suo diametro è pari a 60 km[19]. Il suo volume supera i 1.000 km³ [20]. L'eruzione ha provocato il collasso della sommità lasciando una gigantesca caldera tra i 6-7 km di diametro, 1.300-1.400 m circa di profondità e l'altezza massima di 2.850 m s.l.m.
Storia eruttiva
Con il metodo del radiocarbonio sono state confermate 3 eruzioni del Tambora durante l'Olocene, sebbene la loro entità è sconosciuta. Esse sono datate a 3910 ± 200 anni a.C., 3050 a.C. e 740 ± 150 anni d.C. Erano tutte eruzione esplosive dal cratere centrale, ma la terza, a differenza delle prime due, non ha prodotto flussi piroclastici.
Dai depositi di materiale rinvenuti lungo i bordi della caldera sono state inoltre constatate due formazioni piroclastiche, le formazioni Black Sands e Brown Tuff, l'ultima delle quali è stata prodotta ad intermittenza tra 5.900 e 1.200 anni fa secondo la tecnica del radiocarbonio ed è l'evento precedente l'eruzione del 1815. I due depositi sovrastano strati di lava effusiva che, a loro volta, riempiono una precedente caldera formatasi 43.000 anni fa circa in conseguenza di un grande evento esplosivo-ignimbritico[21][22][23].
Nel 1812 il Tambora divenne fortemente attivo, con emissioni di cenere dalla sommità, esplosioni e scosse telluriche, segnali precursori dell'eruzione parossistica del 1815. L'eruzione del 1815 è una delle poche eruzioni VEI-7 degli ultimi 2.000 anni. Iniziò ad Aprile e, con esplosioni sempre più ad intermittenza, terminò in Luglio.
Segue un'eruzione VEI-2 nel 1819; successivamente un nuovo evento, anch'esso catalogato come VEI-2, datato tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo, produce il cono di scoria dentro la caldera chiamato Doro Afi Toi, e un'eruzione nel ventesimo secolo, anch'essa entro i confini della caldera[24].
Il Tambora è ancora attivo, come hanno testimoniato piccoli eventi tellurici ed emissioni di vapore nel 2011[25]. Sembra che a quest'ultimo evento è dovuta la formazione di un duomo di lava interno alla caldera, il Doro Api Bou[26].
L'eruzione del 1815
| Eruzione del 1815 | |
|---|---|
| Vulcano | Tambora |
| Stato | Indonesia |
| Quota/e | Tra 4000 e 4300 m s.l.m. |
| Durata | 90 giorni |
| Prima fase eruttiva | 11 aprile 1815 |
| Metri cubi | 150 miliardi |
| VEI | 7 (ultra-pliniana) |
La più famosa eruzione del Tambora fu quella che ebbe luogo nell'aprile 1815.
Il tutto iniziò intorno al tramonto dell'11 aprile, con una serie di potenti boati, simili a tuoni o cannonate, che misero sull'avviso le truppe britanniche che da non molto tempo si erano stanziate nella regione dopo averne scacciato gli olandesi. Questa prima serie di esplosioni cessò tuttavia rapidamente; un nuovo fenomeno parossistico, questa volta molto più intenso, cominciò il giorno 19, con esplosioni più intense (tali da far tremare le abitazioni)[27] e abbondanti emissioni di cenere che oscurarono il cielo dell'intera regione per giorni e provocarono pesanti accumuli in tutti i villaggi circostanti. Le navi incontrarono anche dopo 4 anni dall'eruzione la cenere in mare nella forma di isolotti di pomice galleggianti.
Tre mesi di simili convulsioni provocarono nel Tambora una diminuzione di quota di 1.300 metri; da più dei 4.100 metri originari, la montagna era passata agli attuali 2.850. Secondo Thomas Stamford Raffles, all'epoca luogotenente governatore di Giava, l'area in cui si osservarono gli effetti immediati dell'eruzione (tremori, rumori, ecc...) si allargava per circa 1.600 km intorno all'isola di Sumbawa.[28]
L'eruzione del 1815 è stata, a detta dei vulcanologi, una delle più potenti, almeno dalla fine dell'ultima Era glaciale; l'emissione di ceneri fu, quantitativamente, circa 100 volte superiore a quella dell'eruzione, pur rilevante, del monte Sant'Elena del 1980, e fu maggiore anche di quella della formidabile eruzione del Krakatoa del 1883.[29] Complessivamente, vennero proiettati in aria circa 150 miliardi di metri cubi di roccia, cenere e altri materiali.[30] L'eruzione, o meglio l'esplosione, creò enormi disastri, con una stima di 60.000 morti dovuti sia direttamente all'esplosione che alle pesanti carestie che seguirono il disastro.[30]
L'eruzione del Tambora non fu l'unica, in quel periodo: nel 1812 esplose con violenza il vulcano Soufrière, nei Caraibi, mentre l'anno prima fu il vulcano Mayon, nelle Filippine, ad entrare in attività. Tutte queste eruzioni riversarono enormi quantitativi di cenere e polvere nell'atmosfera, producendo un denso "velo" di polvere vulcanica nella stratosfera. Questo velo schermò una discreta parte dei raggi solari negli anni successivi, provocando uno dei periodi dal clima più freddo della (già di per sé fredda) piccola era glaciale.
Il pianeta conobbe un'epoca di estati mancate ed inverni freddissimi, che ebbero come conseguenza scarsissimi raccolti e un impoverimento importante di vaste aree del pianeta. Il 1816, l'anno successivo all'eruzione, fu poi ricordato come l'anno senza estate.
Note
- ^ (EN) Tambora, su volcano.si.edu.
- ^ (EN) Tambora Erupts in 1815 and Changes World History, su scientificamerican.com.
- ^ (EN) Impact of the 1815 Tambora Eruption to global climate change, in IOP Conference Series Earth and Environmental Science, giugno 2017.
- ^ (EN) 'Pompeii of the East' discovered, su news.bbc.co.uk, 28 febbraio 2006.
- ^ Global Volcanism Program | Volcanoes of the World | Large Holocene Eruptions
- ^ 10 vulcani più pericolosi del mondo travel365.it
- ^ https://www.researchgate.net/publication/257250072_Source_of_the_great_AD_1257_mystery_eruption_unveiled_Samalas_volcano_Rinjani_Volcanic_Complex_Indonesia
- ^ https://www.researchgate.net/publication/280739917_Dynamics_of_the_major_plinian_eruption_of_Samalas_in_1257_AD_Lombok_Indonesia
- ^ https://www.researchgate.net/publication/223441162_The_petrology_of_Tambora_volcano_Indonesia_A_model_for_the_1815_eruption
- ^ https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/0009254180901060
- ^ https://link.springer.com/article/10.1007/BF01073515
- ^ https://kundoc.com/pdf-sedimentological-events-in-saleh-bay-off-mount-tambora-.html
- ^ https://www.researchgate.net/publication/236858075_Processes_and_Timescales_of_Magma_Genesis_and_Differentiation_Leading_to_the_Great_Tambora_Eruption_in_1815
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- ^ https://www.researchgate.net/publication/317702476_Impact_of_the_1815_Tambora_Eruption_to_global_climate_change
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- ^ https://eprints.utas.edu.au/17675/1/Foden_Thesis.pdf
- ^ https://web.archive.org/web/20071024202358/http://www.vsi.esdm.go.id/volcanoes/tambora/geology.html
- ^ https://www.researchgate.net/publication/223441162_The_petrology_of_Tambora_volcano_Indonesia_A_model_for_the_1815_eruption.
- ^ https://pubs.geoscienceworld.org/gsa/geology/article-abstract/12/11/659/188320/volcanological-study-of-the-great-tambora-eruption?redirectedFrom=fulltext
- ^ https://www.researchgate.net/publication/236858075_Processes_and_Timescales_of_Magma_Genesis_and_Differentiation_Leading_to_the_Great_Tambora_Eruption_in_1815
- ^ http://volcano.si.edu/volcano.cfm?vn=264040&vtab=Photos
- ^ https://web.archive.org/web/20071024202358/http://www.vsi.esdm.go.id/volcanoes/tambora/geology.html
- ^ https://volcano.si.edu/volcano.cfm?vn=264040&vtab=Eruptions
- ^ http://volcano.si.edu/showreport.cfm?doi=10.5479/si.GVP.BGVN201108-264040
- ^ http://volcanedo.de/index_en.html
- ^ Brian Fagan. La rivoluzione del clima, pag. 189.
- ^ Brian Fagan. La rivoluzione del clima, pag. 190.
- ^ Brian Fagan. La rivoluzione del clima, pag. 191.
- ^ a b Il Tambora sul sito del Global Volcanism Program
Bibliografia
- Brian Fagan, La rivoluzione del clima - Come le variazioni climatiche hanno influenzato la storia. Sperling & Kupfer, Milano, 2001. ISBN 8820031833.
- Guido Caroselli, Il tempo per tutti. Ugo Mursia editore, Milano, 1995. ISBN 884251926X.
- Paolo Corazzon, I più grandi eventi meteorologici della storia. Collana meteo. Edizioni Alpha Test, Milano, 2002. ISBN 8848303390.
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