Arazzi della battaglia di Pavia

serie di arazzi di fattura fiamminga

Gli arazzi della battaglia di Pavia sono una serie di sette arazzi di fattura fiamminga conservati nel Museo di Capodimonte a Napoli.

Arazzi della battaglia di Pavia
Particolare con la cattura di Francesco I
AutoriBernard van Orley (esecutore dei cartoni) e William Dermoyen (arazziere)
Data1528-1531 (o 1533)
Tecnicatessitura a basso liccio di lana, seta, filo d'oro e d'argento
Dimensioni(misura di massima di ogni pezzo della serie) 400×800 cm
UbicazioneMuseo di Capodimonte, Napoli

La battaglia di Pavia

  Lo stesso argomento in dettaglio: Battaglia di Pavia (1525).

La battaglia combattuta a Pavia il 24 febbraio 1525 fu l'evento culminante di uno dei molteplici conflitti che, a partire dalla fine del quindicesimo secolo, videro contrapposte Spagna e Francia e che ebbero come principale scenario di lotta la penisola italiana - e per questo chiamati Guerre d'Italia -, dove le due potenze si disputavano il Ducato di Milano e il Regno di Napoli.

A Pavia ebbe luogo lo scontro decisivo della quarta guerra d'Italia franco-ispanica, combattimento che si concluse con una schiacciante vittoria delle armi iberiche di Carlo V d'Asburgo, re di Spagna e sacro romano imperatore. La disfatta francese fu resa ancor più cocente dalla cattura in battaglia dello stesso re di Francia Francesco I di Valois. La sconfitta e la prigionia del re - recluso in Spagna per un anno - portarono alla firma della pace di Madrid del 1526 con la quale la corte di Parigi rinunciava ad ogni pretesa su Napoli e su Milano (trattato che in verità pochi anni dopo Francesco di Valois ignorò riaprendo le ostilità contro gli spagnoli).

La vittoria di Pavia fu uno straordinario successo militare e politico per Carlo V e la Casa d'Asburgo e lo si volle propagandisticamente consacrare anche con la realizzazione di molte opere d'arte dedicate a questa gloriosa impresa. La serie di arazzi di Capodimonte è una delle più significative testimonianze figurative di questo fenomeno celebrativo giunte sino a noi.

Storia

 
Uno dei modelletti di Bernard van Orley custoditi al Louvre in cui è raffigurato l'episodio della cattura di Francesco I

Una serie di arazzi dedicati alla battaglia di Pavia fu donata nel 1531 a Carlo V - o secondo altra ipotesi a sua sorella Maria d'Ungheria - dagli Stati Generali dei Paesi Bassi (possedimento di Carlo in quanto erede dei duchi di Borgogna e dove Maria governava come reggente) quale omaggio celebrativo per la grande vittoria asburgica conseguita in Italia.

Non è del tutto certo che i panni oggi nel museo napoletano si possano identificare con quelli oggetto di questo dono in quanto un documento vergato a Venezia nel 1533 testimonia che la serie sulla battaglia fu tessuta anche in una seconda tiratura (come del resto era piuttosto usuale nella produzione arazziera). È comunque opinione diffusa a livello storico-artistico che, per l'alta qualità che li contraddistingue, gli arazzi napoletani possano essere proprio l'editio princeps della serie che è ragionevole pensare sia stata quella oggetto dell'omaggio dinastico alla Casa d'Asburgo[1].

Prima di confluire nella raccolte di Capodimonte gli arazzi furono di proprietà della nobile famiglia napoletana dei d'Avalos: la serie della battaglia di Pavia è infatti registrata nel loro palazzo cittadino nell'Ottocento e sembra che in precedenza si trovasse nel palazzo d'Avalos di Vasto, in Abruzzo, antico feudo della famiglia.

Non è molto chiaro come la casata nobiliare sia giunta in possesso degli arazzi. Un'ipotesi è che i preziosi panni siano stati donati ai d'Avalos dalla corte di Spagna come segno di riconoscenza verso questa stirpe di valorosi condottieri, fedelissimi di Carlo V, che anche a Pavia, dove combatterono sia Ferrante d'Avalos che Alfonso d'Avalos, aveva dimostrato la sua prodezza nelle armi[2].

Questa ipotesi tuttavia non è suffragata da documenti e quindi non è possibile escludere che quella appartenuta ai d'Avalos sia proprio la seconda tiratura di cui, come detto, è attestata l'esistenza, seconda serie che i d'Avalos possono aver comprato o essi stessi commissionato.

Sia come sia nel 1862 l'ultimo dei d'Avalos donò gli arazzi al museo napoletano. Quando i panni entrarono nelle raccolte museali nulla si sapeva circa la loro spettanza e in alcune guide ottocentesche sulle opere d'arte custodite nei palazzi nobiliari partenopei si diceva fantasiosamente che gli arazzi d'Avalos erano stati tessuti sulla base di disegni di Tiziano o del Tintoretto.

L'individuazione, a fine Ottocento, di una serie di disegni custoditi al Louvre, chiaramente connessi agli arazzi sulla battaglia di Pavia, attribuiti al pittore fiammingo Bernard van Orley ha consentito di riconoscere l'autore del progetto grafico degli arazzi. Questi disegni infatti sono ritenuti i modelletti preliminari utilizzati per la stesura dei veri e propri cartoni in scala 1 a 1 (tutti perduti), seguiti dagli arazzieri per la tessitura dei panni.

Sulla base di un monogramma osservabile su alcuni pezzi della serie si è tentato di individuare anche la manifattura in cui i panni furono tessuti: si tratterebbe di quella di William Dermoyen sita a Bruxelles. La presenza del monogramma consente inoltre di individuare con più precisione un termine post quem per la fabbricazione degli arazzi (oltre a quello ovvio della data della battaglia di Pavia). L'obbligo di siglare gli arazzi venne infatti introdotto nelle Fiandre nel 1528. Gli arazzi sulla battaglia di Pavia sono quindi stati tessuti con ogni probabilità a Bruxelles tra il 1528 e il 1531 (o al massimo entro il 1533 se gli arazzi d'Avalos dovessero coincidere con la documentata seconda serie sulla battaglia).    

Gli arazzi

L'esatto ordine della serie è dubbio anche in considerazione del fatto che alcuni degli eventi raffigurati si sono verosimilmente svolti simultaneamente. Vi sono quindi più ipotesi ricostruttive. Quella qui seguita è la sequenza proposta in uno studio di Luigi Casali, esperto di storia militare, pubblicato nel 1993[3].

Una breve sintesi dei fatti salienti della battaglia di Pavia facilita la comprensione degli episodi messi in scena nei singoli panni di Capodimonte. Pavia era nella mani degli ispanico-imperiali e vi era acquartierata una guarnigione al comando di Antonio de Leyva. La città era da mesi sotto l'assedio francese guidato personalmente da Francesco I. In soccorso degli assediati venne inviato un forte contingente asburgico a capo del quale vi era il viceré di Napoli Carlo di Lannoy. Dopo vari giorni di stallo successivi all'arrivo dei rinforzi imperiali lo scontro ebbe finalmente luogo e fu rapidissimo. Dopo un primo attacco spagnolo i francesi si lanciarono in un massiccio contrattacco di cavalleria che fu tuttavia facilmente contenuto dal nemico e finì per risolversi in una vera e propria catastrofe per i transalpini: la loro cavalleria fu massacrata e il re di Francia che ne era alla testa fu fatto prigioniero.

Assestato questo colpo micidiale gli ispano-imperiali si davano all'assalto del campo francese. Una simultanea sortita degli assediati dalla città completava la disfatta transalpina. Nel volgere di un paio d'ore l'armata di Francesco di Valois veniva totalmente sbaragliata con un enorme numero di perdite. Tra queste vi furono anche molti esponenti della più alta nobiltà francese che avevano seguito il loro re nella disastrosa impresa italiana.

1. Avanzata dell'esercito imperiale e contrattacco della cavalleria francese guidata da Francesco I

 
1

2. Sconfitta della cavalleria francese, le fanterie imperiali si impadroniscono dell'artiglieria nemica

 
2

3. Resa e cattura del re Francesco I

 
3

4. Invasione dell'accampamento francese e fuga di donne e civili

 
4

5. Fuga dei francesi e diserzione dei picchieri svizzeri dell'esercito francese

 
5

6. Fuga dell'esercito francese e ritirata del duca d'Alençon oltre il Ticino

 
6

7. Sortita degli assediati e rotta degli svizzeri che annegano nel Ticino

 
7

Note

  1. ^ Il primo a mettere gli arazzi donati dagli Stati Generali dei Paesi Bassi nel 1531 in relazione con la serie napoletana fu lo storico belga Alphonse Wauters nello studio Les Tapisseries Bruxelloises, pubblicato nel 1878.
  2. ^ Non v'è però alcuna traccia documentale che attesti la presenza degli arazzi sulla battaglia di Pavia nelle collezioni reali spagnole, mentre essi nel Cinquecento sono attestati prima a Bruxelles e poi a Binche, nella residenza della reggente Maria d'Ungheria, di qui l'ipotesi che essi siano stati donati a quest'ultima piuttosto che a suo fratello Carlo V.
  3. ^ Studio contenuto nel volume di Luigi Casali, Cristina Fraccaro e Vittorio Prina, Gli Arazzi della battaglia di Pavia nel Museo di Capodimonte a Napoli, Milano, 1993.