Biblioteca comunale Chelliana
La Biblioteca comunale Chelliana è la principale biblioteca pubblica della città di Grosseto.
Biblioteca comunale Chelliana | |
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Ubicazione | |
Stato | ![]() |
Regione | Toscana |
Città | Grosseto |
Indirizzo | via Giuseppe Mazzini, 36 |
Caratteristiche | |
Tipo | pubblica |
ISIL | IT-GR0012 |
Apertura | 1° marzo 1860 |
Direttore | Anna Bonelli |
Sito web | |
Storia
Giovanni Chelli e la nascita della biblioteca
L'istituzione di una biblioteca pubblica nella città di Grosseto si deve alla passione culturale e alla intraprendenza politica del canonico Giovanni Chelli, erudito senese, ordinato sacerdote nel 1840 e canonico della cattedrale di San Lorenzo.[1][2][3] Personalità controversa di sacerdote repubblicano e liberale, aveva appoggiato il governo provvisorio di Francesco Domenico Guerrazzi schierandosi contro papa Pio IX, ed era forte sostenitore dell'unità d'Italia, nonché legato da rapporti di amicizia a personalità risorgimentali quali Costantino Nigra e Vincenzo Salvagnoli; questo atteggiamento gli erano costati anni di esilio, sorveglianza e censura.[1][2][3] A Grosseto, il Chelli fu il principale e forse unico promotore culturale della città, avvertendo fin dal principio la necessità dell'istituzione di una biblioteca civica; fino a quel momento, infatti, il solo ente che animasse la vita cittadina era la Confraternita della Misericordia, dedita peraltro ad attività filantropiche.[2] Il 30 dicembre 1858, Giovanni Chelli presentò un'istanza al Capitolo dei canonici della cattedrale: nelle intenzioni del sacerdote, che da tempo stava raccogliendo un nutrito fondo librario e anche alcuni oggetti archeologici – molti dei quali accomunati dai soli criteri di preziosità e rarità – c'era anche quella di partecipare attivamente alla lotta per l'alfabetizzazione.[1] Il Capitolo deliberò che a Giovanni Chelli fosse «accordata la direzione di detta Biblioteca con il titolo di Direttore, e di obbligargli a rimettere il Regolamento dentro un Anno all'approvazione del Rév.mo Capitolo» e a questo scopo gli assegnò tre locali del Palazzo Vescovile, mancante del proprio inquilino in quanto la diocesi era sede vacante.[4]
Chelli si occupò in autonomia di recuperare suppellettili per l'allestimento dei locali e soprattutto cercare donazioni per incrementare il fondo librario. I primi in città che avevano sostenuto l'operato del sacerdote erano stati il vescovo Giovanni Domenico Mensini, morto nel 1858 lasciando nel testamento la propria libreria personale ricca di edizioni di pregio, e il vicario capitolare Domenico Pizzetti, morto nel 1859, che aveva donato un'ampia collazione di testi del XVI, XVII e XVIII secolo.[1][4] A questo primo nucleo di circa 5 000 volumi, si aggiunsero altre donazioni cercate personalmente dal Chelli, raggiungendo infine la cifra di 9 000 volumi.[4] Scriveva il sacerdote nel febbraio 1860: «Per diminuire l'incomodo a quelle gentili persone che da ora in avanti vorranno favorire la Biblioteca di libri si è pensato di destinare due depositi uno in Firenze alla libreria Poggi in faccia al Palazzo non finito e l'altro in Siena alla libreria Pozzi, i quali signori che graziosamente prestano, rilasceranno ricevuta».[4]
La prima biblioteca a Grosseto, non disgiunta dal museo civico archeologico, fu così inaugurata il 1º marzo 1860.[1][5] Durante la sua direzione, con il sacerdote Federigo Riccioli quale bibliotecario, Chelli continuò a scrivere lettere a uomini facoltosi sia locali sia nazionali, allo scopo di incrementare il patrimonio della neonata biblioteca.[5] Tra le più cospicue, si ricordano le donazioni del gonfaloniere del comune di Grosseto Angelo Ferri, di Angelo Fabbrini e di Maurizio Bufalini; all'indomani dell'unità d'Italia, Chelli scrisse lettere anche al ministro Marco Minghetti, al barone Bettino Ricasoli, al ministro Francesco De Sanctis, a re Vittorio Emanuele III e all'imperatore francese Napoleone III.[5][6]
Per meglio comprendere tuttavia il clima di arretratezza economica e sociale in cui il progetto di una pubblica biblioteca si stava inserendo, basti pensare che la città di Grosseto, che era limitata al solo nucleo urbano entro le mura medicee, era disabitata per sei mesi l'anno. Durante i mesi più caldi infatti si verificava il fenomeno dell'estatatura, quando tutti gli uffici pubblici si trasferivano in montagna date le condizioni geografiche e climatiche proibitive che aumentavano il rischio di contrarre la malaria. Il Chelli si ritrovò fin da subito a fronteggiare problemi di carattere economico, anche perché il sostegno ricevuto dal Capitolo della cattedrale era soltanto apparente.[5] La diocesi di Grosseto attendeva la nomina di un nuovo vescovo, in quanto la sede era vacante dal 1858 a causa dei contrasti tra lo Stato italiano e lo Stato Pontificio, e non sentiva necessità di impegnarsi in un progetto che mancava dell'approvazione di un'autorità ecclesiastica superiore. Così scriveva il Chelli in una nota del diario del 3 dicembre 1861: «Il Capitolo non ha sborsato un centesimo per la Biblioteca e il Museo. Il Capitolo non ha fondi per mantenere questo stabilimento. Il Capitolo non può dare alcuna garanzia di ciò che esiste nella Biblioteca. [...] Il pubblico non può essere garantito che dal Governo o al più dal Muncipio».[5] Deciso così a rendere statale la biblioteca, il presbitero scrisse al Ministero della pubblica istruzione nell'agosto del 1862, affinché intervenisse con un decreto, ma la risposta fu negativa; il suggerimento, tuttavia, fu quello di donare spontaneamente l'istituzione al Comune.[7] Dopo alcuni ripensamenti, Chelli si decise a sottoscrivere l'atto di donazione inter vivos nel 1864 e la solenne cerimonia d'inaugurazione fu tenuta il 30 marzo 1865 con l'intitolazione della biblioteca al suo fondatore.[1][7]
I continui trasferimenti e i primi inventari
Il patrimonio librario nel frattempo continuava ad aumentare, soprattutto in seguito ad una sostanziosa donazione dell'ingegnere Alessandro Manetti (1865), e la necessità di dare alla biblioteca una sede stabile iniziò farsi pressante.[1] Nel maggio 1866 è contato un patrimonio di circa 50 000 volumi, ordinato in cinque sezioni (belle lettere, scienze, arti e mestieri, storia, giurisprudenza, teologia) secondo il sistema di classificazione "Brunet".[7] Nel 1867 il papa nominò Anselmo Fauli nuovo vescovo di Grosseto, dopo nove anni di sede vacante, e il Chelli arrivò a esortare il Governo affinché acquistasse il palazzo vescovile temendo la chiusura della biblioteca, timore poi rivelatosi fondato.[7] La Chelliana fu sfrattata dalla residenza diocesana e la nuova sistemazione comportò una provvisoria divisione tra la biblioteca e la sezione archeologica. I libri furono ospitati in due sale di palazzo Ponticelli, mentre i reperti vennero trasferiti nel chiostro della chiesa di San Francesco.[8]
Giovanni Chelli morì nell'ottobre del 1869, non prima però di esprimere un'ultima richiesta: il trasferimento della biblioteca in via Mazzini presso la "barriera" di Porta Nuova.[8] A questa sede verrà destinata nel 1870, nuovamente riunita con il museo civico.[8] Nonostante la difficoltà che si riscontra nella ricostruzione delle sistemazioni successive a questa data, sappiamo con certezza che per la biblioteca ebbe inizio un iter di trasferimenti che mortificò ogni tentativo di migliorare le sorti dell'istituzione e che invece finì per disperdere buona parte del patrimonio fino a quel momento accumulato: sono documentate collocazioni presso il palazzo comunale, il palazzo del Tribunale e il palazzo della Provincia.[7][8] Nonostante la nomina di un nuovo direttore nella figura di Giovanni Battista Ponticelli, e di un bibliotecario conservatore, il professor Agostino Barbini, il quale nel 1873 per primo si dedicò alla compilazione degli inventari e alla riorganizzazione del materiale librario, la biblioteca si trovava ancora in una situazione precaria, anche per la poca attenzione rivoltale dall'amministrazione comunale.[9]
Pochi anni dopo la morte di Barbini, che era rimasto bibliotecario fino al 1902, la biblioteca fu affidata al nuovo direttore Giovanni Pizzetti, avvocato e personalità influente della società grossetana dell'epoca, che era stato sindaco della città negli anni novanta del XIX secolo.[10] Il direttore Pizzetti comprese subito lo stato precario dell'istituzione e mise in evidenza nel febbraio 1908 come la biblioteca fosse «ancora tenuta con sistema che non è razionale, e con metodi talmente antichi, che alle volte riesce quasi impossibile la ricerca di un libro, e il più delle volte difficile».[10] Denunciò all'amministrazione comunale la mancanza di figure professionali addette alla conservazione della biblioteca e, forse per via della sua influenza politica, venne accontentato con la nomina a conservatore il 20 ottobre 1909 del professor Alfredo Segrè, al quale fu affidato il nuovo riordino degli inventari.[10][11] Nel 1910 Segrè inventariò e descrisse trentanove manoscritti per gli Inventari dei manoscritti delle biblioteche d'Italia di Giuseppe Mazzatinti e Albano Sorbelli,[12] e inserì i circa 25 000 volumi della biblioteca[13] nel catalogo a schede organizzato secondo il sistema "Staderini".[11] Tra le donazioni significative di questo periodo, si segnalano i fondi della matematica Adele Capuzzo-Dolcetta[14] (1905) e del patriota Nicola Guerrazzi (1912).[1]
Dagli anni venti alla seconda guerra mondiale: le direzioni Cappelli e Broli
Dalla documentazione pervenuta sappiamo che Alfredo Segrè rimase responsabile dell'organizzazione della Chelliana fino 1920, mentre la direzione, dopo la rimozione di Pizzetti il 27 dicembre 1909, era stata affidata a una commissione presieduta dall'architetto Lorenzo Porciatti, rimasto in carica almeno fino al 1913.[15] Nel 1921 venne nuovamente nominato direttore Giovanni Pizzetti, mentre due anni dopo la biblioteca, comprensiva ancora di museo e una piccola pinacoteca, venne affidata allo storico e canonico Antonio Cappelli, già membro del consiglio direttivo della Chelliana almeno dal 1904.[15] Ed è proprio nel 1923 che l'istutuzione fu destinata alla sede che avrebbe dovuto essere quella definitiva: il palazzo Mensini in via Mazzini, già sede del Regio ginnasio e liceo "Carducci-Ricasoli". Una residenza stabile e l'attenta direzione da parte di Cappelli consentì una crescita esponenziale dell'istituto, soprattutto grazie ad una cospicua serie di acquisti e donazioni. Nel 1934 il professor Angelo Davoli della Scuola bibliografica italiana condusse un'indagine sugli incunaboli posseduti dalla biblioteca, scrivendo infine di una «doviziosa raccoltina di trentadue incunaboli», della presenza di varie centinaia di manoscritti e cinquecentine e di una collezione totale di circa 70 000 volumi.[16]
Cappelli morì il 28 luglio 1939 e venne sostituito nel dicembre di quell'anno da Maria Emilia Broli, cremonese diplomata al corso per le biblioteche popolari e già impiegata alla Biblioteca statale di Lucca, la quale fu la prima direttrice della Chelliana effettivamente competente in materia biblioteconomica.[17] Inizialmente assistita da un giovane Giorgio De Gregori,[17] la Broli lamentava che il suo predecessore «nulla aveva fatto circa quelle misure di previdenza, alle quali il Ministero dell'Educazione Nazionale invitava tutti i direttori delle biblioteche del Regno».[18] La direttrice si occupò anche di procurarsi le schede e i registri regolamentari richiedendoli alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze e dette inizio così al primo vero processo di ordinamento della Chelliana, con la modernizzazione delle procedure ed una corretta archiviazione realizzata mediante inventari, cataloghi e una migliore tenuta dei registri.[17] Inoltre, l'istituzione iniziò per la prima volta ad aprirsi alla comunità, ponendosi come servizio ed aprendo le porte al pubblico, con una sezione dedicata alla storia locale e la creazione di un'emeroteca; fino ad allora la frequentazione della biblioteca era ristretta e si era mantenuta piuttosto costante, come testimoniano i dati: 261 lettori nel 1926, 316 nel 1928, 345 nel 1930.[19] Durante gli anni della seconda guerra mondiale, la Broli organizzò l'evacuazione del materiale di maggiore pregio dell'istituto secondo il Piano di protezione antiaerea (PPA) del Ministero: la sua intuizione fu quella di decentrare le opere più preziose affidandole in custodia a don Omero Mugnaini, parroco antifascista di Istia d'Ombrone, che le conservò all'interno della casa canonica di San Salvatore.[20] Questo permise al materiale più antico di sopravvivere alle vicissitudini della guerra: il 29 novembre 1943, infatti, palazzo Mensini venne fortemente danneggiato da un bombardamento anglo-americano, che ebbe come conseguenza quella di lasciare la biblioteca incustodita ed esposta a continui saccheggi.[17] Parte del materiale sopravvissuto venne trasferito nello scantinato del palazzo della Regia scuola tecnica industriale di piazza De Maria, fuori Porta Vecchia: tale scelta non si rivelò fortunata, in quanto il palazzo fu danneggiato e gli scantinati completamente allagati in seguito all'alluvione che colpì la città il 2 novembre 1944.[20][21][22][23]
Luciano Bianciardi e la biblioteca del dopoguerra
Al termine del secondo conflitto mondiale la Chelliana visse un periodo di incuria e di incertezze; stava procedendo la ricostruzione di Grosseto – palazzo Mensini sarà ricostruito nel 1946[24] – e i libri della biblioteca erano ancora in buona parte conservati nello scantinato del palazzo di piazza De Maria.[23][25] Nel 1945 la direttrice Maria Emilia Broli era stata assegnata alla direzione della biblioteca comunale di Asti,[17] e la Chelliana era gestita provvisoriamente da alcuni volontari di concerto con l'amministrazione comunale, allora presieduta da Lio Lenzi. Tra questi vi era Luciano Bianciardi, il quale «armato di uno spazzolino di penne di struzzo» aveva iniziato insieme ad altri volontari l'opera di liberazione dei libri dal fango, inizialmente senza compenso, finendo poi per essere assunto dalla biblioteca il 24 gennaio 1949.[26] Sebbene nelle intenzioni del Comune vi fosse quella di nominare direttore l'allora consigliere comunale Tullio Mazzoncini, su richiesta della soprintendente Anita Mondolfo si procedette ad un ufficiale richiesta di candidature.[26] Delle tre persone che fecero richiesta, tra cui Renato Pollini che sarà poi sindaco della città, solo Bianciardi era laureato e inoltre aveva già iniziato in via non ufficiale al riordino del materiale.[26] Nell'autunno del 1951 Luciano Bianciardi venne nominato direttore della Chelliana.[26]
Nonostante fosse stata riaperta al pubblico già dall'estate del 1949, l'inaugurazione ufficiale avvenne il 6 luglio 1952, alla presenza delle autorità locali, del direttore generale delle biblioteche Ettore Apolloni e dall'ispettore generale delle biblioteche Carlo Frattarolo.[27] La riorganizzazione della biblioteca dopo la guerra era avvenuta in collaborazione tra Bianciardi e la stessa Mondolfo;[28] al momento dell'inaugurazione possedeva 20 000 volumi.[23] L'intera attività di Bianciardi era portata avanti con il solo aiuto del custode Emilio Gentili.[24] Il suo proposito era quello di unire il profilo storico delle raccolte della biblioteca a un'opera di aggiornamento e incremento del patrimonio, volta ad incontrare il nuovo pubblico e a proporre l'istituzione come utile strumento di sapere contemporaneo.[25] Scriveva Bianciardi che «La biblioteca civica era stata, negli anni fino alla guerra, una tipica piccola biblioteca di provincia. Frequentata da pochi specialisti di erudizione locale, gelosa e chiusa di fronte al gran pubblico [...]. Bisognava invece adoperarsi in ogni modo per fare della biblioteca un centro attivo di diffusione culturale e di educazione alla lettura».[25]
Nel fervore culturale dell'Italia del dopoguerra, la Chelliana aveva sviluppato una forte ripresa organizzativa e intellettuale, con Bianciardi stesso che si era fatto promotore di numerose iniziative in città e in provincia: l'organizzazione di un cineforum; le collaborazioni con Carlo Cassola sull'«Avanti!» circa le condizioni dei minatori nei territori del grossetano – poi finite nel volume di indagine sociologica I minatori della Maremma – e la settimana del libro alla cui inaugurazione nel novembre del 1953 aveva partecipato il ministro Amintore Fanfani.[29][30] Dal febbraio del 1952 Bianciardi iniziò a organizzare in biblioteca una serie di conferenze e incontri, per i quali furono chiamati alla Chelliana intellettuali come Carlo Cassola e Giuseppe Dessì, frequentatori abituali, o come Aldo Capitini, Guido Aristarco, Carlo Salinari e Carlo Montella, tra i vari.[30] Bianciardi stesso tenne almeno quattro conferenze: sull'Antologia di Spoon River, sugli statuti di Montepescali, sul materiale di pregio della Chelliana e su Benedetto Croce.[30] Questo periodo di intensa attività culturale, tra conferenze, intellettuali, burocrati di provincia e funzionari pubblici, sarà al centro della satira dello stesso Bianciardi nel suo primo romanzo Il lavoro culturale (1957).[30][31] Uno dei più noti e significativi contributi di Luciano Bianciardi alla Chelliana fu il progetto di istituzione del bibliobus, biblioteca itinerante con il fine di estendere il servizio anche nei centri rurali del comune di Grosseto.[32] Nonostante gli sia stata più volte attribuita la paternità dell'introduzione del bibliobus in Italia,[33][34] Bianciardi e l'amministrazione comunale avevano tratto spunto da una simile iniziativa che la Biblioteca Estense di Modena, diretta da Emma Coen Pirani, aveva avviato alla fine del 1952.[32] Pochi mesi dopo, il 20 giugno 1953, venne inaugurato ed esposto a Grosseto in piazza Socci il bibliobus della Chelliana, un autofurgone Lancia Ardea, appositamente modificato e trasformato all'interno per contenere scaffalature valide al sostegno di circa un migliaio di volumi di piccolo formato.[32] Inoltre, furono aperte sedi distaccate della biblioteca a Batignano, Istia d'Ombrone, Montepescali, e in un secondo momento a Braccagni e Marina di Grosseto.[32][35] Nelle «gite» per la pianura con il bibliobus, Bianciardi era accompagnato dal collaboratore Aladino Vitali, in quanto non possedeva la patente, ed aveva coniato il motto «questo è il bibliobus Chelliana che viaggia una volta a settimana».[32][33] Come ricordava lo scrittore Carlo Cassola, accompagnatore occasionale, «si partiva alla mattina, giravamo nei paesi con questi libri, ed era un modo per bighellonare da un paese all'altro, conoscere tanta gente. A pranzo si scoprivano le trattorie».[33]
La lunga direzione di Aladino Vitali
Dopo le dimissioni di Luciano Bianciardi, trasferitosi a Milano per partecipare alla nascita della Feltrinelli, a ricoprire l'incarico di direttore fu Vladimiro Lenzi, figlio dell'ex sindaco Lio Lenzi, dall'aprile al dicembre del 1954, quando venne nominato Aladino Vitali (1920-2011), dipendente della Chelliana e già stretto collaboratore di Bianciardi.[36] Nel 1955 l'amministrazione comunale nominò inoltre un direttore per il museo civico nella figura di Aldo Mazzolai, sancendo la divisione definitiva tra biblioteca e museo che fino a quel momento erano ancora congiunti.[37][38]
La Biblioteca comunale Chelliana nel 1955 possedeva 25 579 volumi e 24 266 opuscoli;[39] a partire dal 1956 iniziarono ad essere tenute per la prima volta statistiche giornaliere circa la frequentazione della biblioteca, con dati sulle presenze, su letture, prestiti e iscrizioni.[40] Dalle 3 670 presenze del 1956 si passò alle 10 219 del 1959,[41] anno in cui viene approvato il regolamento della biblioteca.[42] Durante la direzione Vitali, dall'inizio degli anni sessanta fino agli anni ottanta, i frequentatori della biblioteca si attestarono stabilmente intorno alle 15 000 presenze, a fronte di una popolazione cittadina di circa 55 000 abitanti ma in costante crescita.[41] Secondo il giudizio che ne darà Piero Innocenti, «Vitali si sarebbe rivelato nella sua gestione [...] il miglior bibliotecario nella storia della biblioteca grossetana: uomo di cultura [...], tecnico impeccabile, funzionario attento, per nulla spaventato o anche solo intimidito dalla necessaria e defatigante interlocuzione con assessori, sindaci e burocrati statali».[43] I rapporti tra biblioteca e amministrazione comunale erano in effetti poco distesi, come si rileva dalla ricca documentazione e dalle corrispondenze con i vari assessori alla cultura e gli allora sindaci Renato Pollini e Giovanni Battista Finetti; Vitali lamentava noncuranza da parte del Comune e un totale disinteresse alle continue rimostranze effettuate circa la carenza di personale qualificato e l'inadeguatezza degli spazi concessi.[44]
Nel 1966 la Chelliana si ritrovò a fronteggiare un evento che ebbe la conseguenza di tenere emarginata la biblioteca per circa quattro anni dalla vita culturale cittadina: l'alluvione che colpì la città il 4 novembre, la quale provocò ingenti danni al patrimonio librario.[45][46] Come si legge nella testimonianza dell'epoca di Ettore Bianciardi, figlio di Luciano e volontario impegnato alla pulizia dei libri dal fango, come era stato il padre dopo l'alluvione del 1944, «la situazione era molto grave, lo sottolineava la faccia più seria del solito del direttore Aladino Vitali, sempre con il suo camice bianco, ora però macchiato dal fango; mi fecero entrare nelle stanze interne, inaccessibili fino ad allora a me e agli altri; tirammo fuori i libri dei ripiani bassi, erano blocchi di fango. Dovevamo, con la nostra scarsa perizia, aprire a una a una le pagine separandole e poi mettere i libri a cavalcioni su un filo tirato tra le pareti, come panni ad asciugare».[47] Interdetta in un primo momento al pubblico, solo a partire dal 1971 la Chelliana poté nuovamente essere operativa a pieno ritmo.[48]
Un aspetto importante della direzione Vitali fu la realizzazione di un servizio come quello del prestito interbibliotecario, messo in opera da Aladino Vitali per venire incontro agli studenti universitari. La sua direzione, che si è protratta per ben trent'anni, si è caratterizzata per una forte vocazione conservativa, non disgiunta dalla preoccupazione costante di far fronte con pochi mezzi ad esigenze che con il passare degli annisi facevano via via più impellenti: ampliamento delle raccolte, aggiornamento professionale dei bibliotecari, riordino dei libri e risistemazione fisica degli spazi.[43]
Gli anni del decentramento
Nel gennaio del 1990 venne nominato direttore Valerio Fusi, il quale negli anni precedenti era stato membro della commissione di gestione della biblioteca, istituita con la Legge Regionale numero 33 del 1976.[49] Sin dal suo insediamento, apparvero chiare a Fusi quali fossero la situazione di partenza e le condizioni in cui versava l'istituzione.[49] La sua direzione fu mirata a realizzare un servizio strutturato per la comunità di riferimento mediante uno svecchiamento delle raccolte che investiva prima di tutto il settore scientifico, da lui implementato, e all'adeguamento della biblioteca agli standard IFLA del 1988: l'adozione dello scaffale aperto, la riorganizzazione della sezione locale, l'estensione del sistema di classificazione "Dewey" all'intero patrimonio librario e l'informatizzazione di tutta l'attività della biblioteca.[49][43] Il patrimonio antico fu sottoposto a un lavoro di riordino e catalogazione che culminò nell'edizione di due cataloghi, uno sugli incunaboli (1993) e uno sulle cinquecentine (1995).[49][50] Nel 1994 acquisì inoltre l'Archivio delle tradizioni popolari della Maremma grossetana e l'Archivio delle sceneggiature, chiuso nel 1998.[49][51] In questo periodo particolarmente felice per la Chelliana, fu avvertita la necessità di dotare la biblioteca di maggiori spazi; nel 1993 l'intero palazzo Mensini fu destinato a sede della Chelliana, fino a quel momento co-abitato con il liceo classico "Carducci-Ricasoli", che stava per essere trasferito nel nuovo plesso alla "Cittadella dello studente", fuori dalle mura.[43] Fu stabilito il provvisorio trasferimento della biblioteca in uno stabile nell'allora periferia nord della città, presso il villaggio Europa, mentre il palazzo Mensini venne destinato a un'opera di restauro complessivo.[43] Il trasloco della Chelliana nell'ex plesso della scuola media Giuseppe Ungaretti in piazza Cavalieri ebbe inizio nel giugno del 1994 e si concluse nel maggio del 1995.[43]
Dal 2000 la Biblioteca comunale Chelliana è centro di rete del Sistema Bibliotecario Grossetano. Nel 2008 sono stati attivati due punti biblioteca presso l'ospedale Misericordia e presso l'Ufficio relazioni con il pubblico del Comune di Grosseto in corso Carducci.
Nel 2009 era stato dichiarato che la sede della biblioteca sarebbe stata spostata dall'Europa al palazzo della Gioventù Italiana Littoria, vecchio edificio di architettura fascista situato in una zona centrale della città.[52] Tale idea è stata poi scartata e il palazzo del GIL è stato utilizzato per ospitare il corso d'archeologia dell'Università di Siena.[53] Il sindaco Emilio Bonifazi ha in seguito dichiarato l'intenzione di adibire lo storico palazzo Mensini come sede dell'intero polo universitario e di trasferire la biblioteca Chelliana in un edificio costruito ex novo alla Cittadella dello Studente, quartiere nel lato est della città che ospita il polo liceale e diversi istituti superiori.[54] Nel 2013, dopo tre anni di silenzio sull'argomento, tale idea è stata infine definitivamente scartata.[55] Nel dicembre 2014 sono continuati i lavori di restauro e ristrutturazione intrapresi su progetto definitivo di sistemazione redatto dall'architetto Roberto Aureli (completato nel 2008) con il restauro della copertura lignea. Il sindaco Bonifazi nel gennaio 2015 ha manifestato, contrariamente a quanto precedentemente affermato negli anni 2009-2013, la volontà di riportare la biblioteca nella sede storica, abbandonate ormai tutte le altre ipotesi.[56]
Il ritorno a palazzo Mensini
Patrimonio librario
Il nucleo originario della biblioteca Chelliana è costituito dalla raccolta privata del canonico Giovanni Chelli, donata al Comune nel 1864, insieme ad alcune donazioni del vescovo Giovanni Domenico Mensini e di Domenico Pizzetti, vicario capitolare della diocesi di Grosseto. Il patrimonio librario subì gravi perdite in seguito ai bombardamenti della seconda guerra mondiale e le alluvioni del 1944 e del 1966.
Dal punto di vista storico-scientifico sono da ricordare i tre erbari senesi risalenti al 1765, realizzati sotto le indicazioni del responsabile del Giardino dei Semplici a Siena dal 1759 al 1780, Giuseppe Baldassarri, e restaurati negli ultimi anni presso l'Orto botanico dell'Università di Pisa.
Nel 2010 la biblioteca possiede 100 211 volumi, 34 incunaboli, 394 cinquecentine, 1 800 seicentine, 2 000 settecentine, 250 manoscritti e 26 pergamene.
Incunaboli
Indice degli incunaboli posseduti:
- Inc. 1 IMITATIO CHRISTI. Imitatio Christi. [Segue:] JOHANNES GERSON, De meditatione cordis. Venezia, [Johann Leoviller], ed. Francesco de' Madi, 1486.
- Inc. 2 AUGUSTINUS Aurelius, santo. Sermones ad heremitas. Venezia, Paganino de' Paganini, 26 V 1487.
- Inc. 3 JACOBUS de VARAGINE. Sermones quadragesimales; Sermo de passione Christi. Brescia, Angelo e Jacopo britannici, 20 VIII 1483 [1493].
- Inc. 4 BIBLIA. Biblia [in latino: Precede:] GABRIEL BRUNUS, Tabula. Ed. PETRUSANGELUS De Monet Ulmi. Venezia, Girolamo de Paganini, VII id. sept [7 IX] 1492.
- Inc. 5 PHALARIS. Epistholae [in latino], trad Franciscus Griffolinus. [Segue:] FRANCISCUS GRIFFOLINUS, Epistola di Francesco Pellato; Disthicon. Sant'Orso, Giovanni da Reno, 1475.
- Inc. 6 TRATTATO. Trattato de li disamini. [Bologna, Tip. Del Barbatia, 1475].
- Inc. 6bis FALCONIA. Proba. Centones vergiliani. Brescia, Bernardino Misinta, VIII Kal. Apr. [25 III] 1496.
- Inc. 7 GHINUCCIS, Andreuccius de. Oratio ad Innocentium VIII pro Repubblica Senensium. [Roma, Johann Schömberger, dopo 30 X 1484].
- Inc. 8 SENENSIUM Oboedientia publica Alessandro VI praestita. [Roma, Stephan Plannck, dopo 15 X 1492].
- Inc. 9 CAVALCA, Domenico. Specchio di croce. Firenze, [Bartolomeo de' Libri, c. 1494].
- Inc. 10 CLAUDIANUS, Claudius. Carmina malora et publica; Panegyricus dictus Probino et Olybrio consulibus; Carmina minora; De Raptu Proserpinae. [Comprende:] BERNARDINUS SAXOGUIDANUS, Distica Thaddeo Ugoleto. Emendavit Thaddeus Ugoletus. Venezia, Giovanni Tacuino, 6 VI 1495.
- Inc. 11 IMITATIO CHRISTI. Imitatio Christi. Venezia, Peter Löslein, 1483.
- Inc. 12 DICTYS Cretensis. Historia troiana. [Segue:] DARES PHRYGIUS, Historia de excidio Troiae. Ed. Francisco Faragonius. Venezia, Cristoforo de' Pensi, kal. Febr. [1 II]; kal Mart. [1 III] 1499.
- Inc. 13 GREGORIUS Magnus, santo. Dialogi. [Segue:] PAULUS DIACONUS, Vita S. Gregorii. [Tutto in italiano.] Venezia, Andrea Torresani, 20 II 1487.
- Inc. 14 AUGUSTINUS Aurelius, santo. Opuscola. Venezia, Ottaviano Scoto, V kal. Iun. [28 V] 1483.
- Inc. 15 FIORE DI VIRTU'. Venezia, Matteo Codecà e Bernardino di Pino, [11 luglio] 1485.
- Inc. 16 GRATIANUS. Decretum, seu Concordantia discordantium canonum, cum apparatu, Bartholomaei Brixiensis. Venezia, Piero di Piasi, 25 I 1483.
- Inc. 17 ROLEWINCK, Wernerius. Fasciculus temporum. [Procede:] ERHARDUS RATDOLT, Epistola Nicolao Mocenigo. Venezia, Erhardus Ratdolt, V kal. Iun. [28 V 1484].
- Inc. 18 OROSIUS, Paulus. Historiae. Castigavit Aeneas Vulpes. [Segue:] BARTOLOMAEUS PAIELLUS, Carmen. [Vicenza], Herman Liechtenstein [1474-1475].
- Inc. 19 AUGUSTINUS Aurelius, santo. Opuscola. [Precede:] Epistola di Severinus Chalcus. [Segue:] EUSEBIUS CONRADUS, De vita et moribus Sancti Augustini; Vita Sancti Guarini. Parma, Angelo Ugoletti, pr. kal. apr. [31 III] 1491.
- Inc. 20 LACTANTIUS, Lucius Coelius Firmianus. De divinis institutionibus, De ira Dei; De opificio Dei vel de formatione hominis; De Phoenice Carmen; Epitome divinarum intitutionum. [Seguono:] OVIDIUS, De Phoenice; DANTE ALIGHIERI, Della Fenice; VENANTIUS FORTUNATUS, Carmen de Pascha; Disticha. Ed. Johannes Andreae ep. Areliensis. Venezia, Simone Bevilacqua, 4 IV 1497.
- Inc. 21 LEO Magnus, santo.Sermones et Epistolae. Ed. Johannes Andrete ep. Areliensis. Venezia, Andrea de' Socci, V. non. Mart. [3 III] 1485.
- Inc. 22 PLINIU SECUNDUS, Caius. Historia naturalis [in italiano], trad. Cristoforo Landino. Venezia, Bartolomeo Zani, 12 IX 1489.
- Inc. 23 MARTIALIS, Marcus Valerius. Epigrammata, comm. Domitius Calderinus. [Con:] DOMINTIUS CALDERINUS, Epistola Johanni Francisco Gonzagae; Versus; Epistola Laurentiu Medici; Vita Martialis; CAIUS CAECILIUS PLINIUS, Epistola ad Cornelium Priscum; M. LUCIDUS PHOSPHORUS, Epigramma. Venezia, Tommaso de' Blavi e soci, pr. id. iun. [12 VI] 1482.
- Inc. 24 JUSTINUS, Marcus Junianus. Epitome in Trogi Pompei historias. [Segue:] FLORIUS Epitomererum romanorum. Venezia [Milano, Leonhard Pachel], 4 IV 1494.
- Inc. 25 ALIGHIERI, Dante. La Commedia, comm. Cristoforo Landino; Credo, Pater Nostro, Ave Maria di Dante. Ed. Piero da Figino. Venezia, Piero Quarenghi, 11 X 1497.
- Inc. 26 AMBROSIUS, santo. Epistolae; De vocatione; Sermones; Orationes; De sacramentis; De virginibus; De viduis; De cohortatione virginum et dedicatione templi; De institutione virginis; De Helia et ieiunio. [Segue:] GEORGIUS CRIBELLUS, Epigramma. Milano, Leonard Pachel, 18 XII 1490.
- Inc. 27 JUVENALIS, Decimus Junius. Satyrae, comm. Domitius Calderinus, Georgius Merula, Georgius Valla. [Segue:] DOMITIUS CALDERINUS Defensio adversus Brotheum. Venezia, Simone Bevilacqua, [c. 1496].
- Inc. 28 MACROBIUS THEODOSIUS, Ambrosius. In Somniom Scipionis Ciceronis expositio; Saturnalia. Venezia, [Giovanni Rosso], 29 VI 1492.
- Inc. 29 DIODORUS Siculus. Biblioteca [in latino], trad. Poggius Florentinus. Ed. Bartholomaeus Merula. Venezia, Giovanni Tacuino, XII kal. oct. [20 IX] 1496.
- Inc. 30 APPIANUS Alexandrinus. Historia romana [in latino], trad. Petrus Candidus Decembrius. P. I. Scandiano, Pellegrino Pasquali, IV id. ian. [10 I] «MDCCCCLCXV» [1495].
- Inc. 31 APPIANUS Alexandrinus. Historia romana [in latino], trad. Petrus Candidus Decembrius. P. II. Reggio Emilia, Francesco Mazzali, 22 X 1494.
- Inc. 32 BRUNUS Aretinus, Leonardus. Epistolae familiars. Ed. Antonius Moretus e Hyeronimus Squarzaficus. [Venezia, Damiano da Gorgonzola e Piero Quarengi] 15 VI 1495.
- Inc. 33 FULGENTIUS PLANCIADES, Fabius. Mythologiae, comm. Johannes Baptista Pius; Voces Antiquate cum testimonio. [Seguono:] JOHANNES BAPTISTA PIUS, Carmina elegiaca; Vita Fulgentii. Milano, Ulrich Scinzenzeler, 23 IV 1498.
Statistiche
Le tabelle che seguono riproducono le statistiche dei servizi della biblioteca nel corso degli anni dal 1956 al 2011.[57][58] Nel 1999 viene attivato il servizio internet point e vengono quindi inseriti i dati riguardanti gli accessi in rete dell'utenza. Dal 2007 sono omessi i dati relativi alle presenze.
Anni 1956-1998
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Anni 1999-2006
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Anni 2007-2014
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Direttori
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Note
- ^ a b c d e f g h Vitali 1969, p. 210.
- ^ a b c Bonelli, Corso 1994, pp. 130–131.
- ^ a b Michel 1930, p. 670.
- ^ a b c d Bonelli, Corso 1994, p. 132.
- ^ a b c d e Bonelli, Corso 1994, pp. 133–134.
- ^ Bosco, Seravalle 2009, pp. 82, 98, 109–110, 143.
- ^ a b c d e Bonelli, Corso 1994, pp. 135–136.
- ^ a b c d Bonelli 2011, p. 481.
- ^ Bosco, Seravalle 1998, pp. 34, 39–40.
- ^ a b c Bosco, Seravalle 1998, p. 40.
- ^ a b Bonelli 2011, p. 483.
- ^ Segrè 1910, pp. 39-48.
- ^ Nella Statistica delle biblioteche del 1894 il Ministero aveva censito 21 500 volumi. Si noti come il numero del patrimonio librario sia dimezzato rispetto ai 50 000 volumi censiti nel 1866.
- ^ Adele Capuzzo Dolcetta, su scienzaa2voci.unibo.it. URL consultato il 25 giugno 2019.
- ^ a b c d e f g h i j k l m n o Bosco, Seravalle 1998, p. 44.
- ^ Davoli 1934, pp. 31–65.
- ^ a b c d e f Francioni 2016, pp. 39–40.
- ^ Bosco, Seravalle 1998, pp. 41–42.
- ^ Francioni 2016, p. 38.
- ^ a b Francioni 2016, p. 41–43.
- ^ Bottasso 1984, p. 329.
- ^ Bosco, Seravalle 1998, pp. 42–43.
- ^ a b c Bonelli 2008, p. 14.
- ^ a b Francioni 2016, pp. 45–46.
- ^ a b c Luciano Bianciardi, La cultura su quattro ruote, collana L'antimeridiano, vol. 2, p. 210.
- ^ a b c d e f Francioni 2016, p. 36–37.
- ^ Francioni 2016, p. 68.
- ^ Francioni 2016, pp. 47–54.
- ^ Corrias 2011, pp. 59–62.
- ^ a b c d Francioni 2016, pp. 90–99.
- ^ Luciano Bianciardi, Il lavoro culturale, Milano, Feltrinelli, 1957.
- ^ a b c d e Francioni 2016, pp. 71–85.
- ^ a b c Corrias 2011, pp. 43–44.
- ^ Bibliotecari famosi... ma non in quanto bibliotecari, su aib.it, AIB, 3 novembre 2002. URL consultato il 1º giugno 2014.
- ^ Bonelli 2008, p. 15.
- ^ Bonelli 2008, p. 32.
- ^ Francioni 2016, p. 38.
- ^ Kansas City, un paradosso fortunato: intervista con Aldo Mazzolai, in Il gabellino, n. 12, 2005, pp. 4–5.
- ^ Bonelli 2008, pp. 12–13.
- ^ Bonelli, Corso 1998, p. 138.
- ^ a b Bonelli 2008, pp. 29–30.
- ^ Bonelli 2008, pp. 133–143.
- ^ a b c d e f Innocenti 2009, pp. 64–65.
- ^ Bonelli 2008, p. 16, 22–24.
- ^ Bonelli 2008, p. 18.
- ^ Luciano Bianciardi e Pilade Rotella, Grosseto, un'alluvione per la povera gente, Grosseto, Errepi, 1967.
- ^ Ettore Bianciardi, Alla Chelliana i libri come panni ad asciugare, in Grosseto, 4 novembre 1966. 40 anni fa l'alluvione, La Nazione. Cronaca di Grosseto, 4 novembre 2006.
- ^ Bonelli 2008, p. 21.
- ^ a b c d e Bonelli 2008, pp. 37–42.
- ^ Anna Bosco e Luca Seravalle, Incunaboli della Biblioteca Chelliana di Grosseto, Firenze, Titivillus Editore, 1993.; Anna Bosco e Luca Seravalle, Le edizioni del XVI secolo della Biblioteca Chelliana, Grosseto, Biblioteca Chelliana, 1995.
- ^ Archivio delle tradizioni popolari della Maremma grossetana, su siusa.archivi.beniculturali.it. URL consultato il 26 giugno 2019.
- ^ Il sindaco annuncia i progetti. In via Mazzini l'Università. «La biblioteca sarà trasferita nella ex Gil» [collegamento interrotto], su provincia.grosseto.it, La Nazione, 21-10-2009. URL consultato il 12-10-2010.
- ^ Trasferimento di archeologia, ci siamo. [collegamento interrotto], su provincia.grosseto.it, Il Corriere di Maremma, 27-06-2010. URL consultato il 12-10-2010.
- ^ La biblioteca sarà alla Cittadella. Marras e Bonifazi sulla Chelliana: «La decisione sul posto è presa» [collegamento interrotto], su provincia.grosseto.it, Il Tirreno, 21-07-2010. URL consultato il 07-10-2010.
- ^ Biblioteca, il Comune fa marcia indietro, si farà in via Mazzini. L'annuncio del primo cittadino alla festa democratica: i tagli nel bilancio impongono di puntare su poche scelte. Il sindaco: «Progetti e conti che non tornano» [collegamento interrotto], su provincia.grosseto.it, Il Tirreno, 2-09-2013. URL consultato il 03-09-2013.
- ^ La biblioteca Chelliana tornerà in via Mazzini. Il sindaco Bonifazi avanza per la prima volta un'ipotesi che pareva superata. Ultimati i lavori, il 2015 potrebbe essere l'anno del rientro nella storica sede, su provincia.grosseto.it, Il Tirreno, 20 gennaio 2015. URL consultato il 23 gennaio 2015.
- ^ Bonelli 2008, pp. 29–31, 42–44, 53–56, 66.
- ^ Biblioteca Chelliana sito ufficiale: Statistiche 2007/2011.
- ^ Dato sottostimato, il vero numero di presenze sarebbe dovuto ammontare intorno alle 43.780 unità.
- ^ Da giugno 2014 il servizio non è più attivo.
- ^ La biblioteca è retta da una commissione composta da Francesco Ferri, Carlo Ponticelli e Giovanni Battista Ponticelli, con Luca Fantozzi in qualità di vice-bibliotecario.
- ^ Bosco, Seravalle 1998, pp. 70, 80.
- ^ Bibliotecario conservatore responsabile.
- ^ Presidente della commissione direttiva.
- ^ a b Bibliotecario conservatore responsabile.
- ^ Dopo un periodo di incertezza dovuto ai danni causati dalla guerra, il 24 gennaio 1949 viene affidato a Luciano Bianciardi l'incarico di riodinare la biblioteca; sarà nominato direttore nell'autunno 1951.
- ^ Bonelli 2008, p. 32.
- ^ La biblioteca è retta dalla bibliotecaria Anna Bonelli in qualità di dirigente del servizio Cultura e responsabile del procedimento.
- ^ a b Francesca Ferri, La cultura oltre gli scaffali: la Chelliana secondo Anna, Il Tirreno, 29 ottobre 2016. URL consultato il 4 novembre 2016.
Bibliografia
- Luciano Bianciardi, La cultura su quattro ruote, collana L'antimeridiano, vol. 2.
- Anna Bonelli e Letizia Corso, La biblioteca comunale Chelliana: note per una descrizione storica (PDF), in Culture del testo, n. 1, gennaio-aprile 1994.
- Anna Bonelli, La Biblioteca comunale Chelliana: storia di un progetto (1954-2007) (PDF), Manziana, Vecchiarelli Editore, 2008. Cfr. allegati e immagini.
- Anna Bonelli, Lo "stato dell'arte" degli studi sul fondo antico della biblioteca comunale Chelliana di Grosseto, in Cristina Cavallaro (a cura di), Books seem to me to be pestilent things. Studi in onore di Piero Innocenti per i suoi 65 anni, vol. 2, Manziana, Vecchiarelli Editore, 2011.
- Anna Bosco e Luca Seravalle, I manoscritti della biblioteca Chelliana di Grosseto. Catalogo – volume I, Grosseto, Biblioteca Chelliana, 1998.
- Anna Bosco e Luca Seravalle, Il carteggio del canonico Giovanni Chelli. 1844-1865, Pisa, Pacini Editore, 2009.
- Enzo Bottasso, Storia della biblioteca in Italia, Milano, Editrice Bibliografica, 1984, pp. 274–275, 329.
- Pino Corrias, Vita agra di un anarchico, Milano, Feltrinelli, 2011.
- Angelo Davoli, I cimeli della Biblioteca Chelliana di Grosseto, in Maremma. Bollettino della società storica maremmana, 1934.
- Elisabetta Francioni, Luciano Bianciardi bibliotecario a Grosseto (1949-1954), Roma, Associazione italiana biblioteche, 2016.
- Piero Innocenti, "Biblioteche riemerse": specchio del tempo. A proposito di una collana bibliografica e di un progetto di ricerca, in Biblioteche oggi, n. 27/7, settembre 2009.
- Ersilio Michel, Giovanni Chelli, a cura di Michele Rosi, collana Dizionario del Risorgimento nazionale, vol. 2, Milano, Vallardi, 1930.
- Alfredo Segrè, Grosseto. Biblioteca Chelliana, in Inventari dei manoscritti delle biblioteche d'Italia, vol. 16, Forlì, Bordandini, 1910.
- Aladino Vitali, Il canonico Giovanni Chelli e l'origine risorgimentale della Biblioteca Chelliana di Grosseto, in Almanacco dei bibliotecari italiani, Roma, Palombi, 1969.
Voci correlate
Collegamenti esterni
- Sito ufficiale, su bibliotechedimaremma.it.
- Sito ufficiale, su chelliana.it.
- Sito ufficiale, su bibliotechedimaremma.it.
- Sito ufficiale, su bibliotechedimaremma.it.
- Biblioteca comunale Chelliana, su Anagrafe delle biblioteche italiane, Istituto centrale per il catalogo unico.
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