Scontro del Golobar
Lo Scontro del Golobar è stato uno scontro a fuoco avvenuto a Malga Golobar, a sud-est di Plezzo (attuale Slovenia), il 26 aprile 1943 durante la seconda guerra mondiale, quando i soldati italiani attaccarono i partigiani della neocostituita 3ª brigata di liberazione nazionale "Ivan Gradnik".
Scontro del Golobar parte Seconda guerra mondiale | |||
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Data | 26 aprile 1943 | ||
Luogo | Piana di Golobar (Plezzo, Slovenia) | ||
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Comandanti | |||
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Al termine del breve scontro, si contarono oltre trenta morti, quasi tutti jugoslavi.[1] I loro corpi furono trasportati nel villaggio di Cal Coritenza e caricati su camion (nel luogo in cui oggi si trova il monumento che ricorda le vittime), trasportati a Plezzo, dove furono infine seppelliti in una fossa comune nel cimitero locale.[2]
Inquadramento storico
L'eccidio ebbe luogo nell'alta valle dell'Isonzo, a ridosso della Valcanale, territorio quest'ultimo annesso al Regno d'Italia solo dopo la fine della prima guerra mondiale a seguito del trattato di Saint Germain del 1919, presso l’Alpe Golobar, nel comune di Plezzo e fu il primo e quello con il maggior numero di vittime di un trittico di stragi particolarmente efferate che, insieme all'eccidio di Bretto ed all'eccidio di Malga Bala, ebbero luogo in pochi mesi ad opera di responsabili diversi in quel comune.
Le vicende belliche della seconda guerra mondiale avevano acuito, tra gli appartenenti ai tre gruppi linguistici locali (italiano-friulano, sloveno e tedesco), tensioni derivanti dalle politiche di italianizzazione forzata e di discriminazione degli allogeni, tensioni per ulteriormente accresciute dall'applicazione in Valcanale dalla politica delle opzioni che allontanò dalla valle la maggior parte dei residenti di lingua non italiana [1], [2] e [3].
In zona erano numerosi gli obiettivi strategici per la Resistenza, essendo presenti sia una importante arteria di collegamento tra Gorizia e l'Austria che passava attraverso il passo del Predil e successivamente Tarvisio, sia, parallelamente ad essa, un importante collegamento telegrafico e telefonico, che le miniere di Cave del Predil.
Va inoltre ricordato che tale zona era contigua alla cosiddetta Kobariska Republika, un territorio che, per poco meno di due mesi a partire dal 10 settembre 1943, era stato sottratto dai partigiani alla dominazione nazifascista. In questo contesto, la notte tra l'8 ed il 9 settembre 1943, a seguito dell'armistizio di Cassibile si verificò a Tarvisio uno dei primi e più importanti episodi di resistenza all'invasione tedesca, attuato dal XVII Guardie alla Frontiera, che fronteggiò invano per ore con pochi uomini male armati le forze preponderanti delle SS, sino ad essere sopraffatto, riportando 29 caduti e dovendo affrontare la deportazione e la detenzione in campo di concentramento [5].[chiarire il nesso introduttivo di un evento posteriore al soggetto della voce]
Ricostruzione dei fatti
All'inizio dell’aprile 1943 il comando della Resistenza Jugoslava aveva deciso di riorganizzare le forze partigiane operanti in zona in una nuova brigata, da intitolarsi in memoria di Ivan Gradnick e la cui costituzione era stata sancita formalmente il 10 aprile e che doveva costituirsi e raggrupparsi il 26 dello stesso mese presso l'Alpe Golobar, situata poco a est di Plezzo.
In tale occasione, il Regio Esercito Italiano (secondo fonti italiane elementi del del Battaglione Alpini di Vicenza Bis -costituito il 1º aprile 1942 per operare nell'Alta Valle dell'Isonzo, all'interno del 9º Reggimento Alpini- al comando del Maggiore Attilio Cilento, dettagliati nelle fonti jugoslave come 150 militari delle CCpp. 408, 409, 647, 649 e 655), probabilmente a conoscenza della cosa per mezzo di qualche delazione (il luogo dell'incontro fu spostato solo il giorno prima rispetto alla designazione iniziale della piana di Predolina), sfruttò l'occasione per circondare i convenuti, giovandosi anche dell'inesperienza militare degli stessi e di un contesto territoriale che ben si prestava all'imboscata, dato che le sentinelle, posizionare solo in prossimità dell'accampamento confidando nel fatto che l'Esercito Italiano non avrebbe operato il lunedì di Pasqua, avrebbero potuto accorgersi di eventuali attacchi nemici solo in maniera molto limitata e tardivamente.
Le fonti jugoslave indicano come invece i soldati italiani, visti dai partigiani durante il loro avvicinamento ma non riconosciuti come nemici, poterono circondare i 130 partigiani convenuti ed aprire il fuoco tra le 10 e le 11 da quota superiore, utilizzando per l'imboscata anche mitragliatrici e mortai, contro un bersagli descritti come intenti a recuperare le forze se non proprio a dormire nei pressi della malga dopo le fatiche delle marce di avvicinamento (secondo fonti italiane sarebbero stati invece impegnati in una sorta di festa popolare, con canti, balli e suoni).
Sempre secondo le fonti jugoslave, in assenza di piani difensivi e di preparazione militare al punto spesso di non cercare riparo ai colpi o cercare di contrattaccare le mitragliatrici italiane cantando ed urlando slogan, i partigiani accusarono più di metà delle vittime totali nel giro di pochi minuti: la battaglia era sostanzialmente terminata attorno alle 12, lasciando spazio a spari isolati sino a sera, quando le CCpp. 409, 647 e parte della 655 rientrarono a Plezzo lasciando le CCpp. 408 e 649 a presidiare il campo.
Tale rientro senza prigionieri, unitamente all'assenza di indicazione degli stessi nei pur dettaglati documenti italiani successivi porterà le fonti yugoslave ad ipotizzare che feriti e prigionieri siano stati giustiziati sul posto dagli italiani.
A seconda delle fonti il numero delle vittime della battaglia oscilla tra i 39 ed i 43 partigiani morti e numerosi feriti tra le file dei partigiani ed un ufficiale (il tenente Enrico Bonfiglioni secondo le fonti jugosalve) e tre alpini morti ed un ufficiale e sei soldati feriti tra le file italiane.
Il bilancio documentato dell'azione è poi completato da un bottino in armi ed esplosivi, ma, come detto non da prigionieri.
I cadaveri di almeno 29 dei caduti jugoslavi (gli altri, probabilmente morti durante i rastrellamenti e la fuga successive alla battaglia, non furono ritrovati immediatamente) furono utilizzati a scopo propagandistico dal Regio Esercito Italiano per ammonire la popolazione locale: legati come tronchi e trascinati a valle sino al villaggio di Cal Coritenza, furono poi ammassati nei cassoni di alcuni camion e portati a Bovec tra canti e suoni di fisarmonica per essere esposti in piazza prima che ne fosse concessa la sepoltura.
Tra i caduti gli storici Jugoslavi ricorderanno il commissario politico Močnik Cveto-florjan e Vera Palcic, che si uccise insieme alla sorella Francka per non cadere in mano agli italiani.
L'avvenimento, descritto da storici italiani quali A. Russo e A. Buvoli utilizzando temini come massacro, scempio e strage, è stato considerato da fonti italiane uno dei motivi della successiva strage di Malga Bala ed è a tutt'oggi oggetto di una commemorazione annuale.
Elenco dei caduti
Questo è l'elenco delle vittime:
Bajt Venceslav | Komac Stanko | Palčič Francka |
Benedičič Jakob | Kanalec Andrej | Pogačnik Jože |
Cvek Bogomir | Kenda Ivan | Perdih Andrej |
Čopi Viljem | Leban Ivan | Rot Franc |
Čujec Ivan | Leban Marija | Rutar Mihael |
Černuta Anton-mitja | Ličen Žitko-batjuska | Rutar Stanko-živko |
Doljak Ludvik | Mlekuž Anton | Skocir Anton |
Gašperčič Jože | Mlekuž Marija | Strle Alojz |
Gabršček Albin – Soboda | Močnik Cveto-florjan | Rakuš Ček Janko |
Jan Anton | Pirjevec Anton | Uršič Janko |
Koren Ignac | Belin Marko | |
Kuk Andrej | Palčič Vera |
Note
- ^ La travagliata strada verso la libertà (Mučeniška Pot k Svobodi), su muceniskapot.nuovaalabarda.org.
- ^ (SL) POLAGANJE VENCA PADLIM PARTIZANOM NA PLANINI GOLOBAR, su Comune di Plezzo, 3 maggio 2016.
Bibliografia
- La Valcanale nella seconda guerra mondiale, Mario Gariup
- Antonio Russo, Come foglie al vento, Ribis, 1983
- Antonio Russo, Planina Bala, Centro Culturale d'Informazione Sociale "Voce della Montagna" - Aviani & Aviani Editori, Pontebba-Udine
- Stanko Petelin, Gradnikova Brigada, ppgg. 30-42
- J.Peterska, R. Ursic, Cas Clovecnosti, ppgg. 260-266
- A. Russo, Alle porte dell'inferno, ppgg. 97 e 129-130
Voci correlate
Collegamenti esterni
- Le opzioni in Valcanale/Kanaltal nel 1939, Lara Magri
- Dall'aquila bicipite alla croce uncinata, Mauro Scroccaro
- Chiesa e Fascismo nella Slavia Friulana, Faustino Nazzi
- Gradnikova brigada, Stanko Petelin
- Čas človečnosti, J. Peterka, R. Uršič
- L'alba della Resistenza: quei 300 eroi della Guardie di frontiera a Tarvisio, ana.it
- Cinegiornale Luce 23 agosto 1940