Storia della calligrafia occidentale

calligrafia nella cultura occidentale

Storia della Calligrafia Occidentale

Prime testimonianze

I primi esemplari di calligrafia occidentale risalgono al XIV secolo a.C. circa, pervenuti fino a noi intagliati su pietra, incisi nel bronzo oppure dipinti. Si tratta esclusivamente di esemplari di scrittura alfabetica greca, inizialmente conosciuta come Lineare B e poi evolutasi, nel corso del XIII secolo, in Lineare A. Quest'ultima è definita monolineare poiché le linee che compongono ogni lettera hanno pari spessore. L'alfabeto ha continuato ad evolversi fino al IX secolo a.C. quando si affermarono due principali sistemi di scrittura: l'alfabeto ionico orientale e la sua variante occidentale. Fu quest'ultima ad approdare, pochi secoli dopo, in Italia[1].

A partire dalla metà del I secolo a.C. la scrittura monolineare, utilizzata fino ad allora, venne sostituita da uno stile di scrittura che utilizzava linee modulate, composte di parti sottili e spesse. Queste venivano realizzate mediante una diversa inclinazione del pennello. Le testimonianze circa l'uso della scrittura da parte dei Romani sono state trovate anche nei frammenti d'iscrizioni lapidarie tra cui i celebri epitaffi riportati all'interno del Sepolcro degli Scipioni[2], e nei testi letterari. I manufatti più significativi sono stati rinvenuti nelle città di Pompei ed Ercolano: ci sono iscrizioni formali incise su pietre tombali e di importanti monumenti, iscrizioni notarili relative al possesso di beni e proprietà terriere e annunci pubblici temporanei. La maggior parte delle iscrizioni venivano prima dipinte, mediante l'utilizzo di un pennello a forma quadrata e poi incise. Il carattere che solitamente veniva utilizzato era la capitale quadrata romana. Poco tempo dopo Emilio Celere, scriptores pompeiano, introdusse un nuovo stile di scrittura le cui lettere risultavano essere più strette e compatte. Questo nuovo stile prende il nome di capitalis e successivamente rinominata, da alcuni storici della scrittura, Capitali Rustiche[3]. Due stili di scrittura molto diversi tra loro e adoperati in contesti diversi: le capitali rustiche , ad esempio, venivano impiegate nella scrittura quotidiana mentre le Capitali quadrate romane venivano impiegate in contesti per lo più formali. Le incisioni riportate sui muri e sulle tavolette cerate a Pompei, mostrano come la grafia adoperata fosse meno formale rispetto a quella impiegata sui libri e monumenti pubblici[4]. Si tratta di uno stile di scrittura più ordinato e veloce, usato soprattutto in ambito quotidiano. Quest'ultimo prende il nome di antica corsiva romana e a differenza degli altri stili preesistenti presentava pochi raccordi fra le lettere. Una tavoletta di argilla, ritrovata ad Alessandria, testimonia come questo tipo di scrittura si avvicinasse a quella calligrafica: al fine di intensificare il tratto delle lettere, veniva applicata una maggior pressione sullo stilo mentre, per alleggerirlo si usava una pressione minore.

L'evoluzione della calligrafia: dal I secolo a.C. fino al XVIII

Impero Romano

Tra il I e il II secolo d.C. aumentarono le legature fra le lettere, generando così nuovi stili di scrittura. L'estinguersi delle grafie formali portò inevitabilmente all'affermazione di grafie rapide e al contempo eleganti. I nuovi stili di scrittura venivano impiegati prevalentemente in letteratura e contabilità.

Nella seconda metà del II secolo d.C. la corsiva romana aveva sviluppato un tratto più economico, sobrio e ordinato. Di conseguenza venne adottato un nuovo strumento: la penna tronca, in grado di mettere in risalto il contrasto tra i tratti spessi e quelli fini. L'inizio di questa tendenza ebbe inizio in Africa[5] ed ha preso il nome di scrittura onciale che sviluppò varianti in tutto l'Impero. Una volta diffusa, la corsiva romana continuò ad evolversi, dando vita ad un nuovo stile che prese il nome di nuova corsiva romana i cui caratteri ricordano quelli del nostro attuale alfabeto corsivo minuscolo. Inizialmente, questa veniva utilizzata in ambito legale e librario, poi, venne adattata ad un uso più formale tramite l'utilizzo di un pennino quadrato. Questo veniva tenuto perpendicolare alla riga di scrittura cosicché i tratti verticali risultassero più spessi rispetto a quelli orizzontali. La particolarità di questo nuovo stile di scrittura consisteva nella presenza di lettere ascendenti e discendenti e un numero esiguo di raccordi tra lettere. Le lettere di questo nuovo stile presero il nome di semionciali, nonostante non ci fosse alcuna relazione di struttura o evolutiva con quelle onciali. La scrittura onciale e la nuova corsiva romana continuarono ad essere utilizzate nelle province, anche dopo la caduta dell'Impero, dando forma a varianti regionali denominate scrittura visigotica in Spagna, scrittura merovingica in Francia, scrittura semionciale insulare nelle isole Britanniche e scrittura beneventana in Italia meridionale[6].

Medioevo

Dopo che Pipino il Breve aveva usurpato il trono ai Merovingi, dinastia che aveva fino ad allora governato il territorio francese, il figlio Carlo Magno chiese aiuto alla Chiesa, per migliorare la vita dei propri sudditi. Nel 780 d.C. fu intrapreso un tentativo di collezione libraria inaugurato da un manoscritto[7] contenente la raccolta di letture dei quattro evangelisti, compilato dallo scriba Gadeslaco. Il testo principale era scritto in onciali dorate mentre la dedica ,riportata sul retro del libro, era vergata in scrittura minuscola associata, in un secondo tempo, al nome della dinastia carolingia: la minuscola carolina. I caratteri derivavano dalla scrittura semionciale latina ma si distingue da quest'ultima per un leggero ispessimento delle aste in alto ed un tratto più energico. Questo nuovo stile di scrittura fu diffuso attraverso la vendita di copie della Bibbia, modellata secondo questo stile da Alcuino[8], in principio educatore presso la corte di Carlo Magno e poi nominato abate del monastero di San Martino di Tours. Nell'853, i vichinghi giunsero a Tours e fecero razzia di tutto ciò che si trovava all'interno del monastero. I progressi compiuti in arte, nei territori sotto il dominio di Carlo Magno, subirono un arresto. Intorno all'870 a Sud dell'Inghilterra, il regno di Wessex riuscì a sconfiggere i danesi e successivamente a restaurare i monasteri distrutti. Così facendo i monaci tornarono ad occupare i monasteri nel tentativo di recuperare e reintrodurre le antiche tradizioni scribali. Tramite i libri scritti in minuscola carolina, i monasteri si adattarono a questo stile apportando qualche modifica: le dimensioni dei caratteri crebbero e aumentarono gli spazi di penna fra le lettere. Inoltre le grazie di piede accennarono un leggero arrotondamento. Nel secondo decennio dell'XI secolo, la scrittura divenne più compressa: la lettera circolare divenne ovale e cambiò l'inclinazione della penna lungo gli archi delle lettere m e n. Al posto della penna tronca, gli scribi adottarono una penna dalla punta piatta e ne cambiarono l'inclinazione per poter tracciare le grazie. L'adozione di questo nuovo stile portò ai piedi a forma di diamante delle lettere gotiche[9].

A partire dall'XI secolo, in Europa occidentale, la scrittura iniziò ad essere impiegata anche in ambito amministrativo e legale, ne è un esempio il Domesday, e ad essere insegnata nelle scuole di grammatica e musica[10]. Circa un secolo dopo, Anselmo di Laon introdusse un nuovo genere di manuale: si trattava di libro il cui testo principale era circondato da commenti. Questo prende il nome di libro glossato. Nei secoli a venire anche la Bibbia disponeva del proprio commentario. Nei libri glossati le lettere risultavano compresse, gli archi delle lettere minuscole cominciarono ad acquisire una forma ogivale fino a diventare, verso la fine del XII, sempre più spigolosa. Le grafie specifiche per le glosse erano tre e conosciute come la cancelleresca, bastarda, corsiva. Invece, quelle specifiche per la scrittura libraria erano quattro: la precisse con aste a punta di diamante e piedi piatti; la textura quadrata le cui lettere presentavano estremità a diamante; la semiquadrata con i piedi a diamante e le aste leggermente arcuate; la rotunda tipica dei manoscritti provenienti dall'Italia e dalla Spagna.

Nell'XI secolo papa Gregorio VII mise in atto una riforma ecclesiastica che oltre a portare innumerevoli cambiamenti all'interno della Chiesa, favorì l'istituzione delle prime Università europee. Questo rese possibile l'istruzione della popolazione laica e portò i produttori e venditori di libri a cambiare genere e da semplici librari divennero impresari. Nello stesso periodo furono diffusi i libri miniati e messi in commercio, qualche secolo dopo, in Francia. Commercio che si interruppe in seguito alla guerra civile del 1420 e la successiva invasione inglese. Questo comportò la fine dell'epoca dei miniaturisti francesi ma non ne fermò la produzione, ancora sotto il controllo dei monasteri, nel resto dell'Europa occidentale. Verso la fine del XIII secolo anche i mercanti furono istruiti per poter tener di conto delle transazioni finanziarie e trascriverle negli appositi registri. Il frequente impiego della scrittura durante il medioevo contribuì allo sviluppo e alla nascita di stili diversi.

Rinascimento: premesse e innovazioni

Verso la metà del XIV secolo, un'epidemia di peste colpì e devastò l'intera Europa. Francesco Petrarca e Giovanni Boccaccio assistettero alla calamità ed entrambi scrissero qualcosa al riguardo: il primo una lettera al fratello, monaco certosino al tempo residente a Montrieux; il secondo una raccolta di cento novelle a noi nota come Decameron. Pochi anni dopo l'inizio dell'epidemia, Giovanni Boccaccio e Petrarca diventarono amici e negli anni in cui si trasferì a Firenze, Giovanni infuse gli ideali del poeta ad una nuova generazione di eruditi. La trasformazione intellettuale condotta da Petrarca consistette in un distacco dallo scolasticismo in favore dell'arte, dell'immaginazione e della poesia[11]. Quando il poeta iniziò ad avere problemi alla vista, iniziò a prediligere una scrittura lineare e facile da leggere come la minuscola carolina, tipica dei manoscritti provenienti dall'Italia settentrionale, risalenti al XII secolo. La sua scelta influenzò la nuova generazione di umanisti fiorentini ed in particolare Poggio Bracciolini e Niccolò Niccoli il primo dei quali, commissionato da Coluccio Salutati letterato umanista e cancelleriere presso il comune di Firenze, sviluppò un nuovo stile di scrittura denominato littera antiqua. Questa scrittura differiva da quella gotica per il tratto tondeggiante, tipico della minuscola carolina, e dalle dimensioni ridotte. Si tratta di una scrittura minuta e utilizzata nel Medioevo. Quella di Bracciolini misurava circa due millimetri, e le grazie di piede tornarono ad essere più curve. Inoltre furono apportate delle modifiche circa l'impaginazione del testo: poiché nel medioevo i testi venivano disposti in colonne e di conseguenza gli scribi erano obbligati o ad abbreviare o a dividere sillabicamente delle parole, gli umanisti decisero di sostituire la doppia colonna con un unico blocco di testo ampliando lo spazio di interlinea. Questo agevolò la lettura dei testi che risultavano essere più ariosi e leggeri. Niccolò Niccoli riuscì a sviluppare un nuovo stile di scrittura solo a sessant'anni. Questa univa alcune caratteristiche della littera antiqua con quelle della scrittura adoperata in ambito mercantile: il risultato fu una scrittura veloce e fluida. Nonostante permasero tratti tipici dello stile gotico come ad esempio la testa a diamante della e, riuscì a renderla innovativa utilizzando i nessi diagonali della scrittura corsiva gotica per congiungere le lettere caroline, le quali una volta tracciate risultavano inclinate e compresse. Questo tipo di scrittura ebbe un seguito notevole e diede origine alla grafia Italica. Le lettere, a differenza di quelle della littera antiqua, oltre ad essere inclinate erano delineate da un tratto più sottile con aste lunghe in alto e discendenti in basso sotto la riga di scrittura.

Nel corso del XV secolo, con il diffondersi della cultura umanistica, la richiesta di libri aumentò e di conseguenza nacque l'esigenza di produrre i libri in maniera più veloce ed efficiente[12]. In Germania i libri di piccole dimensioni venivano stampati tramite un metodo conosciuto come xilografia. Questo metodo non era efficace a causa della fragilità dei materiali che venivano impiegati. Verso la metà del secolo, il tipografo tedesco Johannes Gutenberg, inventò la stampa a caratteri mobili. Questo portò alla fine del manoscritto e allo sviluppo di un nuovo sistema di produzione libraria. Ciononostante sia le epistole sia i documenti venivano scritti manualmente che in tal caso era un mezzo impossibile da sostituire. Iniziarono così a diffondersi le grafie individuali e ad essere redatti i primi trattati di calligrafia di coloro i quali insegnavano agli amanuensi a scrivere. Fino ad allora, l'unico manuale che insegnava la scrittura, era l' Istitutio oratoria di Quintiliano[13] poi la redazione di nuovi manuali fornì indicazioni specifiche riguardo la forma corretta delle lettere minuscole. Nel manoscritto di Felice Feliciano[14] pubblicato nel 1463, viene illustrata la costruzione geometrica delle lettere maiuscole: secondo il calligrafo le lettere dovevano essere tracciate all'interno di cerchi e quadrati. Nel 1509 Luca Pacioli pubblicò il suo De divina proportione, che non solo ebbe successo ma inaugurò l'uscita di innumerevoli manuali tecnici, che trattavano sia la costruzione delle lettere maiuscole che minuscole. Questi manuali erano rivolti sia agli scienziati sia ai giovani istruiti; il primo manuale rivolto ad un pubblico più esteso fu l'Operina di Ludovico degli Arrighi nel 1524, seguito poi da La vera arte delo excellente scrivere di Giovanni Antonio Tagliente[15]. Il primo di questi divise l'alfabeto in due parti: la prima conteneva tutte quelle lettere il cui tratto iniziale era dato da una breve linea orizzontale; la seconda conteneva le lettere introdotte da un tratto obliquo. Lo stile di Arrighi era sobrio, semplice e chiaro mentre quello di Tagliente era più esuberante che spesso rendeva la lettura impossibile. Entrambi i trattati fornirono un modello di scrittura manuale sia per uso privato, sia per quello cancelleresco che si diffuse in tutta la penisola. Seguirono altri calligrafi come Giovanni Battista Palatino e Giovanni Francesco Cresci i quali modificarono e adattarono le grafie correnti alle esigenze del tempo. Cresci in particolare, elaborò una scrittura rapida e pratica, dai caratteri arrotondati e inclinati. Questa prese il nome di Bastarda italiana[16] e fu adottata dalle cancellerie e segreterie amministrative. Fu così che, con l'espandersi della cultura umanistica nel resto dell'Europa, la tradizione grafica italiana della scrittura si diffuse e contribuì alla nascita di nuovi stili.

Tra il Seicento e il Settecento

Nel XVII secolo è considerato dagli studiosi come un secolo di transizione della scrittura: circa a metà del secolo l'interesse, fino ad allora presente, nei confronti della bella grafia svanì lasciando spazio ad una grafia imperfetta. Scienziati, filosofi e studiosi abbandonarono la penna in favore della matita: le mani degli scrittori modernisti si contrassero e di conseguenza la scrittura si irrigidì. Questo portò ad una maggior fluidità nel tratto e all'abbandono delle rigature.

Nel 1693, in Francia, durante il regno di Luigi XIV l'Accademia delle scienze di Parigi fu incaricata di studiare la forma dei caratteri impiegati nella stampa così da trarne spunto per crearne di nuovi. I membri dell'Accademia proposero un nuovo parametro per la costruzione delle lettere «basato su una griglia composta di,[...]8 quadrati per lato, ognuno ulteriormente divisibile in 6 quadrati»[17]. Così facendo diedero vita ad un nuovo carattere noto come romain du roi, un'evoluzione più elegante della scrittura lapidaria romana. L'introduzione di questo nuovo carattere modificò l'asse delle lettere curve che da inclinate divennero verticali ed accentuò il contrasto tra i tratti discendenti e ascendenti.

La prima rivoluzione industriale

Con l'avvento della prima rivoluzione industriale in molti furono costretti ad allontanarsi dalle proprie famiglie per cercare lavoro in città. Queste persone per poter comunicare con le proprie famiglie ricorsero all'utilizzo delle epistole; interessò ogni livello sociale a partire dalla classe media fino a quella più bassa. Questa pratica mise in luce il problema dell'alfabetizzazione al tempo in calo. Nello stesso periodo mutò il metodo di insegnamento della scrittura: John Jenkins, nel suo manuale di scrittura intitolato “The Art of writing”, riduce i movimenti impiegati nella scrittura a sei: questi rimandano all'azione operaia nelle fabbriche, che consisteva nel smontare e rimontare pezzi. Questo produsse una scrittura più meccanica, rigida e più impersonale. Nei nuovi manuali di scrittura, redatti nel primo decennio del XIX secolo, furono introdotte nuove regole di postura ed impugnatura del pennino; inoltre gli studenti in un primo momento dovevano memorizzare le proporzioni e le dimensioni delle lettere e solo dopo potevano procedere alla vergatura. La calligrafia ottocentesca differiva da quella del secolo precedente per la rapidità con cui le lettere venivano tracciate da cui conseguì l'aumento delle legature tra le lettere. La pressione impiegata sul pennino diminuì tanto da produrre una scrittura quasi monolineare. Due decenni prima la conclusione del XVIII secolo, Firmin Didot elaborò un nuovo carattere ispirandosi al roman du roi, pulito e ordinato composto di ascendenti e discendenti allungate e il contrasto tra tratti spessi e sottili divenne sempre meno evidente. Questo nuovo carattere venne definito “moderno” e fu ben presto utilizzato in campo editoriale.

I manifesti pubblicitari

Durante la Rivoluzione industriale, la pubblicità divenne uno strumento indispensabile per far sì che le persone comprassero e consumassero beni. Nel 1765, in Gran Bretagna, fu ideato un carattere pubblicitario, alto circa 5 centimetri e poco dopo ne fu ideato un secondo dal tratto più pesante, denominato “fat face”[18], che «portava lo spessore delle aste ad un terzo dell'altezza della lettera»[18]. Lo spazio interno alle lettere era notevolmente ridotto e ciò costrinse i grafici a semplificarne i tratti. Verso la fine del secolo fu proposto un carattere privo di grazie ispirato ai caratteri adoperati nella Roma repubblicana.

Un nuovo approccio

Nella seconda metà del XIX secolo, in America la calligrafia divenne una vera e propria disciplina fisica. Nelle lezioni di calligrafia gli allievi erano chiamati a scrivere in contemporanea seguendo precise istruzioni a ritmo di metronomo[19]. In Gran Bretagna, il lavoro di ufficio favorì il cambiamento della scrittura: per motivi di tempistica gli uffici preferirono adottare forme più semplici di corsivo che non richiedessero frequenti cambi di pressione. Fu allora che il litografo Vere Foster, illustrò una grafia priva di contrasti, lineare e semplice che fu adottata prevalentemente in ambito amministrativo. Nel XIX secolo furono avviati corsi di scrittura rivolti sia agli enti delle scuole d'affari sia al pubblico; l'insegnamento volto all'uniformità della scrittura e la nascita del movimento romantico fece emergere nell'individuo l'esigenza di elaborare una «grafia autentica»[20], più personale e che esprimesse le qualità nascoste insite in ogni essere umano.

Note

  1. ^ Ewan Clayton, Il filo d'oro. La storia della scrittura, Bologna, Bollati Boringhieri, 2014, p. 18.
  2. ^ Ewan Clayton, Il filo d'oro. La storia della scrittura, Bologna, Bollati Boringhieri, 2014, p. 24.
  3. ^ Ewan Clayton, Il filo d'oro. La storia della scrittura, Bologna, Bollati Boringhieri, 2014, p. 30.
  4. ^ Ewan Clayton, Il filo d'oro. La storia della scrittura, Bologna, Bollati Boringhieri, 2014, p. 37.
  5. ^ Ewan Clayton, Il filo d'oro. La storia della scrittura, Bologna, Bollati Boringhieri, 2014, p. 44.
  6. ^ Ewan Clayton, Il filo d'oro. La storia della scrittura, Bologna, Bollati Boringhieri, 2014, p. 46.
  7. ^ Conservato nella Bibliothèque Nationale de France, Paris, MS Lat 1203
  8. ^ Ewan Clayton, Il filo d'oro. La storia della scrittura, Bologna, Bollati Boringhieri, 2014, p. 67.
  9. ^ Ewan Clayton, Il filo d'oro. La storia della scrittura, Bologna, Bollati Boringhieri, 2014, p. 70.
  10. ^ Ewan Clayton, Il filo d'oro. La storia della scrittura, 2014, p. 82.
  11. ^ Ewan Clayton, Il filo d'oro. La storia della scrittura, Bologna, Bollati Boringhieri, 2014, p. 102-103.
  12. ^ Barbara Calazolari e Alessandro Salice, Corsivo in calligrafia. Dagli stili classici ai nostri giorni., Giunti Editore S.p.a, 2018, p. 15.
  13. ^ Ewan Clayton, Il filo d'oro. La storia della scrittura, Bologna, Bollati Boringhieri, 2014, p. 137.
  14. ^ Ewan Clayton, Il filo d'oro. La storia della scrittura, Bologna, Bollati Boringhieri, 2014, p. 138.
  15. ^ Barbara Calazolari e Alessandro Salice, Corsivo in calligrafia. Dagli stili classici ai nostri giorni., Giunti Editore S.p.a, 2018, p. 17.
  16. ^ Barbara Calzolari e Alessandro Salice, Corsivo in calligrafia. Dagli stili classici ai nostri giorni., Giunti Editore S.p.a, 2018, p. 18.
  17. ^ Ewan Clayton, Il filo d'oro. La storia della scrittura, Bologna, Bollati Boringhieri, 2014, p. 200.
  18. ^ a b Ewan Clayton, Il filo d'oro. La storia della scrittura, Bologna, Bollati Boringhieri, 2014, p. 233. Errore nelle note: Tag <ref> non valido; il nome "nota" è stato definito più volte con contenuti diversi
  19. ^ Ewan Clayton, Il filo d'oro. La storia della scrittura, Bologna, Bollati Boringhieri, 2014, p. 255.
  20. ^ Ewan Clayton, Il filo d'oro. La storia della scrittura, Bologna, Bollati Boringhieri, 2014, p. 262.

Bibliografia

  • Ewan Clayton, Il Filo d'Oro. Storia della scrittura, Torino, Bollati Boringhieri, 2014, ISBN 978-88-339-2538-7.
  • Barbara Calzolari e Alessandro Salice, Corsivo in Calligrafia. Dagli stili classici ai nostri giorni, Firenze, Giunti Editore S.p.a, 2018.