Abilità comunicative

È la capacità dell’individuo di comunicare in modo efficace

Comunicazione efficace

Con comunicazione efficace si intende la capacità di conseguire gli obbiettivi che hanno spinto all’atto comunicativo stesso scegliendo i mezzi e i modi opportuni. La comunicazione può influenzare ed essere influenzata dalla:

  • Sfera cognitiva: può trasmettere informazioni che possono modificare le conoscenze del ricevente.
  • Sfera emotivo affettiva: può stimolare sensazioni, emozioni, sentimenti, stati d’animo attraverso la mediazione linguistica o empaticamente tramite il linguaggio non verbale.
  • Sfera comportamentale: può stimolare o inibire l’agire creando o modificando le abitudini comportamentali

La comunicazione può essere analizzata dal punto di vista funzionale e pragmatico. Riguardo alla prospettiva funzionale, nel 1963 Roman Jakobson affermava che la comunicazione linguistica può avere sei funzioni:    

  1. Regolativa: la comunicazione può essere utilizzata per modulare il comportamento altrui.
  2. Interattiva: quando è volta a creare una relazione tra gli individui.
  3. Personale: se è usata per esprimere se stessi.
  4. Euristica: la lingua è usata per esplorare l’ambiente.
  5.  Immaginativa: uso del linguaggio volto alla finzione o immaginazione.
  1. Informativa: capacità del linguaggio di trasmettere informazioni o nozioni.[1]

Dal punto di vista pragmatico gli studiosi della scuola di Palo Alto sostengano che la comunicazione è un comportamento ed è impossibile non comunicare. È il contesto che attribuisce il significato alla comunicazione, che si svolge su due piani:

  • Il piano del contenuto riguarda le informazioni su fatti, esperienze, opinioni…
  • Il piano della relazione è relativo all’identità sociale e personale, sulle aspettative e sulla valutazione del rapporto degli interlocutori.

La comunicazione non è solo un passaggio di comunicazioni, ma è anche un incontro o scontro tra valori, personalità e visoni del mondo. Ciò avviene all’interno di determinate coordinate spazio-temporali, situazionali e socio-culturali. L’efficacia comunicativa può essere riassunta in alcuni suoi punti fondamentali sia per l’emittente, che per il ricevente.

L’emittente dovrebbe:

  • Formulare il messaggio in modo chiaro
  • Catturare e mantenere l’attenzione
  • Stimolazione alla motivazione, alla ricezione e alla decodificazione del messaggio
  • Utilizzare codici e contesti noti, comprensibili e appropriati al contesto
  • Adattare i contenuti alla struttura mentale del ricevente
  • Favorire la memorizzazione dei contenuti

Il ricevente dovrebbe:

  • Essere disponibile a ricevere il messaggio
  • Essere capace di decodificare il messaggio
  • Praticare l’ascolto attivo: manifestare interesse, richiedere informazioni, esprimere intesa
  • Inviare dei feedback[2]

Secondo Coupland gli insuccessi comunicativi vengono causati dalla comunicazione distorta (misscomunication). Essa è caratterizzata dalla:

  • Incomprensione (misunderstanding): quando l’ascoltatore commette degli errori di comprensione del messaggio formulato dall’emittente
  • Rappresentazione erronea (misrepresentation): quando l’emittente produce in maniera poco chiara l’enunciato

La comunicazione inefficace viene distinta da Holmes (1989) in comunicazione problematica referenziale e affettiva. La comunicazione problematica referenziale si ha quando vi sono errori nella presentazione o nella comprensione del messaggio. La problematica affettiva si verifica quando si ha una rottura nella relazione tra gli interlocutori.

In generale ci sono vari ostacoli che creano la comunicazione inefficace:

  • Messaggi composti: messaggi che contenendo troppe informazioni rendono difficile la loro codificazione da parte del ricevente
  • Messaggi simultanei: messaggi che possono creare condizioni di sovraccarico e interferire sulla loro comprensione da parte del ricevente
  • Meccanismi di distorsione: causati per disattenzione o per mancanza di vocabolario comune
  • Messaggi astratti: usi di parole che possono essere interpretate in modo diverso perché non hanno alcun riscontro diretto con la realtà.
  • Messaggi gergali: linguaggio convenzionale utilizzato da un determinato gruppo per escludere gli “estranei”
  • Messaggi monotoni: messaggi che portano alla disattenzione del ricevente[3]

le barriere della comunicazione

Thomas Gordon ritiene che vi siano delle barriere nella comunicazione e ne identifica dodici:

  1. Dare ordini, comandare o dirigere (“Bisogna che tu…”; “Tu devi…”):Rende l’ascoltatore passivo, poiché gli viene comunicato di adeguarsi a ciò che viene imposto.
  2. Minacciare, mettere in guardia (“E’ meglio per te…altrimenti…” ; “Se non farai così…”): Produce nel ricevente timore e ostilità, che possono sfociare nella sottomissione o in un atto opposto rispetto a quanto gli è stato detto
  3. Moralizzare o fare prediche (“Tu dovresti…”; “Sarebbe opportuno…”): Il ricevente tende a giustificarsi per preservare il comportamento su cui era stato rimproverato
  4. Dare consigli (“Perché tu non…”; “Quello che farei io al posto tuo è…”): Consigli, soluzioni e suggerimenti sono spesso interpretati come ostentazione di superiorità e mancanza di fiducia
  5. Persuadere con la logica (“Ecco perché tu sbagli…”; “In realtà le cose stanno così…”;”Si, però…”): Redarguire, ammonire, fare argomentazioni logiche possono causare il sentirsi giudicati incapaci o irragionevoli, anche se le osservazioni sono legittime
  6. Biasimare e giudicare (“Tu sei un indolente…”; “Tu non pensi come una persona matura…”): Critiche e disapprovazioni possono influire negativamente sull’autostima o produrre la sensazione di essere indesiderato
  7. Definire, stereotipare, etichettare (“Scansafatiche!”; “Piagnone!”; “Sei proprio un furbacchione…”): Essere classificato in una categoria può generare una reazione di rabbia e di risentimento. Si può incorrere all’effetto della profezia che si auto-avvera
  8. Interpretare, analizzare, diagnosticare (“Tu in realtà non vuoi dire questo…”):È un tipo di analisi dilettantistica da evitare, perché comporta disagio se l’interpretazione è giusta, o rabbia, se l’interpretazione è sbagliata come accade il più delle volte
  9. Apprezzare, concordare, dare valutazioni positive (“Finora stai andando bene, se continui così avrai senz’altro un bel voto”; “Hai proprio ragione, questo lavoro è terribile”): Può essere interpretato come un tentativo di manipolazione se il giudizio positivo non è pianamente fondato o non corrisponde all’immagine che la persona ha di sé
  10. Consolare o rassicurare (“Vedrai ti andrà meglio…”; “Non ti preoccupare…”; “Non avere paura…”; “Su fatti coraggio…”): Tutte le forme di assicurazione implicano che la persona in difficoltà stia esagerando, che non veda le cose come sono in realtà, che non possa superare il problema da solo. Il ricevente, quindi si sente incompreso.
  11. Investigare, indagare, mettere in dubbio, sottoporre a interrogatorio (“Sei sicuro di averlo fatto da solo?”; “Ma cosa hai fatto?”; “Perché…?”; “Chi?”): Se il sospetto è fondato l’interrogatorio non approda a niente, se è infondato si ha sfiducia verso l’emittente del messaggio e il ricevente è portato a chiudersi completamente nei sui confronti
  12. Minimizzare o ironizzare (“E’ normale che tu stia così”): Messaggi del genere comunicano all’interlocutore che di lui e dei suoi problemi all’emittente non importa nulla. Rispondere a una domanda seria con una battuta è un gesto di rifiuto. Eludere, ridicolizzare, distrarre, fare dello spirito, o cambiare argomento, spesso non sono interventi opportuni

Le barriere comunicative sopracitate sono interventi spesso messi in atto in buona fede e non sono da intendere come totalmente negativi di per sé, nel senso che si deve sempre attenzione al contesto. Gli esperti nella comunicazione sconsigliano tali atti poiché rendono il ricevente passivo in una condizione di inferiorità. [4]

Le competenze comunicative

Nell’abilità comunicativa è importante sia saper inviare, che saper ricevere, quindi saper comprendere i messaggi. Di seguito alcune capacità comunicative:

  • Ascoltare in modo attivo, ponendo domande, interessandosi al problema esposto, lasciando spazio all’emittente di esprimersi. È importante saper ascoltare anche i silenzi.
  • Osservare la comunicazione non verbale che accompagna il parlato. Questa può rafforzare ciò detto o contraddirlo.
  • Accettare il punto di vista dell’altro che potrebbe non corrispondere con il proprio. Si deve partire dal presupposto che l’altro ha ragione e chiedere lui di aiutarci a capire la situazione come la vede lui.
  • Non giudicare il messaggio espresso
  • Conoscere sé stessi per evitare errori comunicativi.[5]

Le abilità comunicative nei bambini

Le abilità comunicative si sviluppano nel tempo e migliorano via via che il bambino cresce. L’adulto, che possiede piene abilità comunicative, deve prestare attenzione alle competenze del ricevente. Quando il ricevente è un bambino bisogna tenere in considerazione le diverse capacità possedute in base all’età. Al di sotto dei 6/7 anni non possiamo attribuire ai bambini una competenza comunicativa completa perché non sono in grado di dominare il linguaggio, e non sono bravi a fare inferenze basandosi sul comportamento e sulle parole di terzi. Quando gli adulti e i bambini parlano tra loro il segnale linguistico inviato e quello compreso risulta diverso, soprattutto prima dei 7 anni. È solo tra i 4 e i 6 anni che i bambini iniziano a sviluppare la teoria della mente: la capacità di comprendere le rappresentazioni mentali altrui e quindi andare oltre le proprie. Grazie a questa acquisizione iniziano ad avere una prima riguardo alla differenza tra apparenza e realtà, e iniziano a capire che un comportamento non corrisponde necessariamente a quello che l’altra persona pensa o sente. Inoltre, il bambino inizia a comprendere che due persone possono avere due punti di vista diversi su uno stesso evento. L’attribuzione di un significato realistico ai segnali non verbali ed emotivi avviene dopo i 6/7 anni. È necessario eliminare il pregiudizio dell’adulto-morfismo e riconoscere le effettive carenze di competenza dei bambini. L’emittente che ha sviluppate delle buone abilità comunicative è in grado di modulare il messaggio che vuole trasmettere asseconda delle competenze comunicative e interpretative del suo possibile ricevente, soprattutto se si tratta di un bambino in età prescolare.[6]

 Deficit delle abilità comunicative

L’abilità comunicativa è compromessa nei disturbi del neuro-sviluppo per una vulnerabilità genetica alla base che interagisce poi con l’ambiente in cui il bambino nasce e cresce. Tra i disturbi del neuro-sviluppo, cioè congeniti, con difficoltà nelle abilità comunicative ci sono: disturbo dello spettro autistico[7], distubo da deficit di attenzione e iperattiviità( ADHD )[8], Disturbo specifico del linguaggio[9], ritardo mentale. In questi casi le abilità comunicative fanno fatica ad emergere e c’è bisogno dell’intervento di esperti (psicologi, neurologi, logopedisti) per aiutare la famiglia e il bambino ad adattarsi all’atipicità di cui è portatore. Deficit nelle abilità comunicative possono sopraggiungere anche in seguito a lesioni selettive nelle aree deputate alla produzione o alla comprensione del linguaggio in età adulta. A seguito di incidenti infatti può verificarsi la perdita di abilità comunicative conseguenti a danni cerebrali nelle aree del linguaggio. Diventa necessaria una riabilitazione attuata da specialisti per ridurre il danno sopravvenuto. Compromissione delle abilità comunicative si hanno anche a seguito di uso di sostanze come l’alcool. L’abuso di alcool comporta una difficoltà nell’articolare le parole. L’uso di droghe compromette la comprensione: fondamentale per le abilità comunicative. Se un soggetto è dipendente dall’uso di determinate sostanze le abilità comunicative possono essere compromesse anche quando l’individuo non è sotto l’effetto della sostanza stessa. Anche in patologie neurologiche conseguono compromissinoe delle abilità comunicative. Ciò è tipico della categoria dei disturbi dell’eloquio:        

  • Afonia e disfonia: l’afonia è la perdita di capacità di vocalizzare. La disfonia denota una difficoltà accompagnata da raucedine ma senza la perdita completa della capacità di vocalizzare. Si verifica con la paralisi del nono nervo cranico o con disturbi alle corde vocali
  • Disartria: disturbi dell’articolazione causati dalle lesioni del tronco cerebrale
  • Balbuzie e inceppamento: non sono solo proprie dell’infanzia
  • Logoclonia: ripetizione spastica di sillabe che si verifica nel Parkinson
  • Ecolalia: ripetizione di parole o frasi pronunciate in presenza del soggetto stesso di cui però egli non comprende il significato.
  • Eloquio intellegibile: il discorso può risultare incomprensibile a causa della disfasia, del pragmatismo, o dell’incoerenza della sintassi.[10]

Bibliografia

  • Matteucci, Ivana,Comunicare la salute e promuovere il benessere,Teorie e modelli per l’intervento nella scuola,Milano,FrancoAngeli,2014,ISBN 978-88-204-7264-1 pp.61-79
  • Vicari,Stefano, e Maria Cristina Caselli(a cura di),Neuropsicologia dell'età evolutiva.Bologna,Il Mulino,2017, ISBN 978-88-15-27204-1 pp.59-85 pp.257-305
  • Sims, Andrew, e Femi Oyebode(a cura di),Introduzione alla psicopatologia descrittiva,Milano,Raffaello Cortina,2009, ISBN 978-88-6030-269-4 pp.223-225
  • Axia,Vanna (a cura di), Elementi di psico-oncologia pediatrica,Roma,Carocci Faber,2004,ISBN 978-88-7466-097-1, pp.279-285
  1. ^ Matteucci,Ivana,Comunicare la salute e promuovere il benessere pp.71
  2. ^ Matteucci,Ivana,Comunicare la salute e promuovere il benessere,pp.72-73
  3. ^ Matteucci,Ivana,Comunicare la salute e promuovere il benessere pp.74-75
  4. ^ Matteucci,Ivana,Comunicare la salute e promuovere il benessere pp.76-79
  5. ^ Matteucci,Ivana,Comunicare la salute e promuovere il benessere,pp.79-81
  6. ^ Axia,Vanna, Elementi di psico-oncologia pediatrica,pp.280-285
  7. ^ Vicari,Stefano, e Maria Cristina Caselli(a cura di),Neuropsicologia dell'età evolutiva. pp.289-290
  8. ^ Vicari,Stefano, e Maria Cristina Caselli(a cura di),Neuropsicologia dell'età evolutiva.Bologna,pp.269
  9. ^ Vicari,Stefano, e Maria Cristina Caselli(a cura di),Neuropsicologia dell'età evolutiva,pp.78-79
  10. ^ Sims, Andrew, e Femi Oyebode(a cura di),Introduzione alla psicopatologia descrittiva,pp.223-225