Rosa Bianca
La Rosa Bianca (in lingua tedesca: Weiße Rose) è stato un gruppo di studenti cristiani che si oppose in modo non violento al regime della Germania nazista. Il movimento fu attivo dal giugno 1942 al febbraio 1943, quando i principali componenti del gruppo vennero arrestati, processati e condannati a morte mediante decapitazione.

Storia
Operativo a Monaco di Baviera, il gruppo pubblicò sei opuscoli, che chiamavano i tedeschi a ingaggiare la resistenza passiva contro il regime nazista. Un settimo opuscolo, che potrebbe essere stato preparato, non venne mai distribuito perché il gruppo cadde nelle mani della Gestapo. Il gruppo era composto da cinque studenti: i fratelli Hans e Sophie Scholl, Christoph Probst, Alexander Schmorell e Willi Graf, tutti poco più che ventenni. Ad essi si unì un professore, Kurt Huber, che stese gli ultimi due opuscoli.
Sebbene i membri della Rosa Bianca fossero tutti studenti all'Università Ludwig Maximilian di Monaco, avevano anche partecipato alla guerra sul fronte francese e su quello russo, dove furono testimoni delle atrocità commesse contro gli ebrei e sentirono che il rovesciamento delle sorti che la Wehrmacht soffrì a Stalingrado avrebbe alla fine portato alla sconfitta della Germania. Essi rigettavano la violenza della Germania nazista di Adolf Hitler e credevano in un'Europa federale che aderisse ai principi cristiani di tolleranza e giustizia. Citando estensivamente la Bibbia, Sant'Agostino, Rilke, Laozi, Aristotele e Novalis, così come Goethe e Schiller, si appellarono all'intellighenzia tedesca, credendo che si sarebbe intrinsecamente opposta al Nazismo. La loro ideologia si era formata seguendo le tesi del Quickborn (Sorgente di vita), un movimento cattolico guidato dal sacerdote d'origine italiana Romano Guardini[1] ed era stata influenzata, oltre che dal parroco di Söflingen (un quartiere di Ulm in cui era presente una forte resistenza cattolica al nazismo) Franz Weiss, anche da Carl Muth e Theodor Haecker, due intellettuali cattolici anti-nazisti, il cui pensiero influenzerà molto le scelte di resistenza pacifica del gruppo.[2] Questa, secondo i loro piani, doveva attuarsi attraverso la distribuzione di volantini in luoghi pubblici, il cui contenuto avrebbe dovuto risvegliare la coscienza del popolo tedesco.
In un primo momento, gli opuscoli vennero spediti in massa verso differenti città della Baviera e dell'Austria, poiché i membri ritenevano che la Germania meridionale fosse più ricettiva nei confronti del loro messaggio antimilitarista. In seguito a un lungo periodo di inattività, dopo il luglio 1942, la Rosa Bianca prese una posizione più vigorosa contro Hitler nel febbraio 1943, distribuendo gli ultimi due opuscoli e dipingendo slogan anti-hitleriani sui muri di Monaco, e addirittura sui cancelli dell'università. Lo spostamento delle loro posizioni risulta ovvio dalla lettura dell'intestazione dei loro nuovi opuscoli, sui quali si leggeva "Il movimento di resistenza in Germania".
Il sesto opuscolo venne distribuito nell'università il 18 febbraio 1943, in coincidenza con la fine delle lezioni. Quasi tutti i volantini vennero distribuiti in luoghi frequentati, Sophie Scholl prese la coraggiosa decisione di salire in cima alle scale dell'atrio e lanciare da lì gli ultimi volantini sugli studenti sottostanti. Venne individuata da un bidello nazista che la bloccò e la consegnò assieme al fratello alla polizia di regime. Gli altri membri attivi vennero subito fermati e il gruppo, assieme a tutti quelli a loro associati, venne sottoposto a interrogatorio da parte della Gestapo. Gli Scholl si assunsero immediatamente la piena responsabilità degli scritti sperando, invano, di proteggere i rimanenti membri del circolo; i funzionari della Gestapo che li interrogarono rimasero stupiti per il coraggio e la determinazione dei due giovani (la Gestapo torturò Sophie Scholl per quattro giorni, dal 18 al 21 febbraio 1943[3]).
I fratelli Scholl e Probst furono i primi ad affrontare il processo, il 22 febbraio 1943 presso il Volksgerichtshof («tribunale del Popolo»), un tribunale politico speciale presieduto da Roland Freisler. Nel corso di un breve dibattimento, durato cinque ore, furono reputati colpevoli e ghigliottinati il giorno stesso. Le guardie del carcere e lo stesso boia dissero che mai avevano visto morire tanto coraggiosamente dei giovani, in particolare la ragazza. Qualche giornale di Monaco portò in breve la notizia. Le motivazioni della sentenza furono le seguenti:
Dalla testimonianza dei secondini del carcere di Monaco:
Gli altri membri chiave del gruppo, processati il 19 aprile 1943, furono anch'essi trovati colpevoli e decapitati nei mesi successivi. Amici e colleghi della Rosa Bianca, che aiutarono nella preparazione e distribuzione degli opuscoli e raccolsero fondi per la vedova e il giovane figlio di Probst (Probst aveva tre figli, di cui uno appena nato), vennero condannati al carcere con una pena oscillante tra i sei mesi e i dieci anni. Nel complesso a Monaco e Amburgo furono condannati a morte quindici appartenenti al gruppo e trentotto alla carcerazione. Questi ultimi alla fine della guerra furono liberati dalle truppe americane. Durante il nazismo il Volksgerichtshof da solo condannò a morte cinquemilatrecento persone.[3]
Se dobbiamo dar retta al libro di David Irving, La guerra di Hitler, Hitler così commentò la repressione della Rosa Bianca:
Pensiero
La scelta del nome Rosa Bianca fu il frutto consapevole e programmatico di un pensiero elitario, per non dire reazionario, certamente non democratico. Davanti alla Gestapo, Sophie sostenne che Hans si era ispirato al simbolo dei nobili perseguitati dalla Rivoluzione francese. È stata riconosciuta sul pensiero di Hans Scholl, ideologo principale, anche l'influenza dello scrittore reazionario cattolico francese del tardo XIX secolo Léon Bloy[7] e dei suoi saggi controrivoluzionari La cavaliera della morte, incentrato su Maria Antonietta, e Il sangue del povero. Ciò basta per attribuire una linea di pensiero aristocratica e antipopolare ai primi quattro volantini, pur dovendo ammettere che gli ultimi due (non a caso con una nuova intestazione, diversa dalla Rosa Bianca) indicano una prospettiva democratica e federalista.
Schmorell, addirittura, puntualizzò nell'interrogatorio della Gestapo di essere non solo un nemico del bolscevismo (che lo considerava responsabile del traviamento del sano, religioso popolo russo) ma anche un sostenitore dello zarismo come unico sistema politico adatto al popolo russo. Nei verbali Gestapo, Schmorell confermò convinto la sua scelta esistenziale, morale e anche politica per la sua madre patria Russia, anche se non per quella dei soviet, bensì per una Russia di nuovo zarista, in cui il popolo torni ad affidarsi al suo sovrano come a un padre, a un assistente sociale. In questo senso, si professò nostalgico di uno Stato patriarcale, non tirannico come il Reich hitleriano, ma neppure democratico: "Abbiamo visto dove ci hanno portato le democrazie...". Dalla crisi di Weimar era venuto fuori Hitler, e la debolezza aveva aperto la strada al nazismo.
La parola "democrazia" ricorre solo una volta nei volantini. Nel primo, con una prudentissima astensione: "Non vogliamo qui formulare giudizi sulle possibili, diverse forme di Stato, la democrazia, la monarchia costituzionale, la monarchia assoluta e così via". Resta implicito l'obiettivo democratico in tutti gli altri testi, che condannano lo Stato autoritario e auspicano il ritorno a uno Stato di diritto.[8]
Influenza culturale e politica
Con la caduta del regime nazista, la Rosa Bianca divenne una rappresentazione della forma più pura di opposizione alla tirannia, senza interesse per il potere personale o l'autocelebrazione. La loro vicenda divenne così popolare che il compositore Carl Orff (che era rimasto in Germania durante la guerra) sostenne, per fugare da sé i sospetti di collusione con il regime nazista di fronte agli alleati che lo interrogavano, di essere stato uno dei fondatori della Rosa Bianca e venne rilasciato. Benché fosse personalmente in contatto con Huber, non ci sono prove che Orff fosse stato in alcun modo coinvolto nel movimento e probabilmente fece quella dichiarazione per sfuggire alla carcerazione.
La piazza dove è ubicato l'atrio principale dell'Università Ludwig-Maximilian di Monaco è stata battezzata Geschwister-Scholl-Platz (piazza fratelli Scholl) in onore di Hans e Sophie Scholl. Traudl Junge, una delle ultime segretarie di Hitler, portò fino alla morte il peso del rimorso per non essersi mai resa conto del genocidio messo in atto dalla Germania nazista. Si autodefinì sprovveduta e infantile, soprattutto dopo aver scoperto da questa targa commemorativa che Sophie Scholl era stata una sua coetanea, uccisa proprio quando lei aveva iniziato a lavorare per il dittatore.
La fondazione Weiße Rose è stata costituita nel 1986 a Monaco di Baviera da componenti e superstiti del gruppo e da parenti e amici dei membri giustiziati, con lo scopo di promuovere la conoscenza storica e culturale del movimento di resistenza antinazista.
Nel 2005 è stato prodotto in Germania un film che narra gli accadimenti finali della vicenda dei partecipanti all'organizzazione clandestina, intitolato La Rosa Bianca - Sophie Scholl. Sophie Scholl viene inoltre menzionata nel finale di La caduta - Gli ultimi giorni di Hitler in un'intervista di repertorio da Traudl Junge, nativa di Monaco proprio come lei.
Alla Rosa Bianca è anche intitolato l'istituto di istruzione superiore di Cavalese e Predazzo in Trentino-Alto Adige e la Scuola Media Statale di Saluzzo, in provincia di Cuneo. Il nome è stato inoltre utilizzato da alcuni movimenti culturali e politici.
Dall'unione delle sezioni linguistiche pubbliche della città di Trento è nato un Liceo Linguistico[9] che è stato intitolato a Sophie Scholl.
I fatti de La Rosa Bianca sono soggetto dell'opera cameristica Die Weiße Rose di Udo Zimmermann, che racconta gli ultimi istanti di vita di Hans e Sophie Scholl prima di essere decapitati.
Note
- ^ Aa.vv., Romano Guardini e i movimenti moderni, RACCOLTA CIVILE (2), 2011, p.2
- ^ Hans and Sophie Scholl, German Resisters of the White Rose, Toby Axelrod, Library Bound Book, 2001, ISBN 978-0-8239-3316-7
- ^ a b Testimonianza di un sopravvissuto del gruppo, su nostreradici.it.
- ^ Estratto dalla sentenza a carico di Hans Scholl, Sophie Scholl e Christoph Probst, su olokaustos.org. URL consultato il 25 novembre 2007.
- ^ Dalla rivista Missioni Consolata
- ^ La guerra di Hitler, traduzione di M. Spataro, Roma, Edizioni Settimo Sigillo, 2001.
- ^ Lettres de Hans et Sophie Scholl
- ^ La Rosa Bianca non vi darà pace, pp. 50, 55, 194-195.
- ^ Liceo Linguistico Trento
Bibliografia
- Inge Scholl, La Rosa Bianca, traduzione di Marcella Ravà, Valentina Gallegati, ITACA, 2007 [1993], ISBN 978-88-526-0113-2.
- Romano Guardini, La Rosa Bianca, traduzione di Michele Nicoletti, 2ª ed., Morcelliana, 2005 [1994], ISBN 978-88-372-1530-9.
- Paolo Ghezzi, La Rosa Bianca non vi darà pace, Abbecedario della giovane resistenza
- Paolo Ghezzi, La Rosa Bianca, un gruppo di resistenza al nazismo in nome della libertà, Edizioni Paoline, 1993, ISBN 978-88-215-2662-6.
Filmografia
- La rosa bianca, regia di Alberto Negrin (1971), sceneggiato televisivo RAI in due puntate [1]
- Die Weiße Rose, regia di Michael Verhoeven (1982)
- La Rosa Bianca - Sophie Scholl (Sophie Scholl – Die letzten Tage), di Marc Rothemund (2005)
Voci correlate
Altri progetti
- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Rosa Bianca
Collegamenti esterni
- Testo degli opuscoli distribuiti dalla Rosa Bianca: (i), (ii), (iii), (iv), (v), (vi).
- L'importanza della "Rosa Bianca" per il futuro dell'Europa. Conversazione tenuta a Belluno il 5/02/1996, di Franz Josef Mueller (sopravvissuto del gruppo)
Controllo di autorità | VIAF (EN) 131008281 · LCCN (EN) n83010975 · GND (DE) 4065234-8 · BNE (ES) XX4442327 (data) · BNF (FR) cb119716037 (data) · J9U (EN, HE) 987007587645305171 |
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