Liudolfo di Svevia

aristocratico tedesco

Liudolfo di Svevia (930Pombia, 6 settembre 957) era figlio di Ottone I di Sassonia, detto Ottone il Grande, e di Editha, figlia di Edoardo il Vecchio, re d'Inghilterra.

Liudolfo di Svevia
Duca di Svevia
In carica950 –
954
PredecessoreErmanno I
SuccessoreBurcardo III
Nascita930
Morte6 settembre 957
SepolturaAbbazia di Sant'Albano
Dinastiaottoniana
PadreOttone I
MadreEditha
ConsorteIda
FigliOttone di Svevia
Matilde

Biografia

Liudolfo nel 947 si unì in matrimonio con Ida, figlia del corradinide Ermanno di Svevia, e divenne duca di Svevia dopo la morte del suocero.

La ribellione

Assieme al duca e genero Corrado di Lotaringia e all'arcivescovo di Magonza Federico prese parte, nel corso dell'autunno 952, a una ribellione contro il proprio padre. Egli si trovava in Franconia quando seppe delle «insidie segrete» del figlio, del genero e dell'arcivescovo di Magonza. Il sovrano inviò dei delegati chiedendo la resa del figlio e, sopo il suo rifiuto, radunò un esercito e marciò verso Magonza, conquistando o costringendo alla resa ogni città dalla parte dei ribelli. Dopo aver fatto uno scambio di opstaggi, Ottone chiese al figlio di rilevare i nomi do coloro che lo avevano aiutato nella ribellione e di consegnarli, offrendogli poi il perdono. Liudolfo rifiutò di violare i giuramenti che aveva stretto. Lo zio Enrico di Baviera lo esortò a continuare la ribellione e rientrò a Magonza. La decisione di continuare la lotta fece sì che si unisse a lui Ecberto il Guercio.

Una notte scappò di nascoto da Magonza assieme ai suoi uomini e catturò la cittò di Ratisbona oltre ad altre città attorno, scacciando al zia Giuditta, che partì assieme ai figli. Liudolfo tentò quindi di corrompere Teodorico, futuro margravio della Nordmark, e Wichmann il Giovane, fratello di Ecberto il Guercio, che stavano assediando Magonza. Teodorico rifiutò, invece Wichamann passò dalla parte di Liudolfo e del fratello. Il sovrano marciò verso la Baviera, ma «trovò tutte le porte chiuse»; egli quindi devastò la regione e tornò indietro.

Liudolfo «senza più speranze di opporre resistenza al suo re», decise quindi di allearsi con gli ungari, ma questi decisero autonomamanete di saccheggiare la Franconia. Ottone li scacciò e invase nuovamente la Baviera ribelle. Gli ungari si arresero. mentre Ottone assediò per un mese e mezzo i ribelli a Ratisbona, i quali si arresero per carenza di viveri nel 954. Si riconciliò con il padre con un atto di deditio in cui si presento scalzo davanti al padre durante una battuta di caccia autunnale nei pressi di Weimar,[1] ma venne dallo stesso privato del ducato in maniera definitiva.

Nel 957, durante una campagna militare in Italia, morì inaspettatamente a causa di febbri a Pombia, vicino Novara, il 6 settembre. Il padre seppe della sua morte mentre era impegnato in una campagna contro i redari, e lo «pianse il figlio proprio come Davide aveva pianto Assalonne».[2][3][4] Il suo corpo fu trasportato dal fratellastro Guglielmo (che dal 954 fu arcivescovo di Magonza)[1] oltre le Alpi e fu sepolto nell'abbazia di Sant'Albano a Magonza,[1] stesso luogo in cui venne sepolta Liutgarda pochi anni prima.[1]

Famiglia e figli

Liudolfo sposò Ida ed ebbero due figli:

Bibliografia

Note

  1. ^ a b c d e f Hagen Keller, 2. Una nuova dinastia regia, in Giovanni Isabella (a cura di), Gli Ottoni. Una dinastia imperiale fra Europa e Italia (secc. X e XI), Vignate (MI), Carocci Editore, Dicembre 2018, p. 54-56, ISBN 978-88-430-5714-6.
  2. ^ Tietmaro di Merseburgo, Saggio introduttivo, in Piero Bugiani (a cura di), Chronicon. L'anno mille e l'impero degli Ottoni, collana Bifröst, traduzione di Piero Bugiani, Viterbo, Vocifuoriscena, 2020, p. 44, ISBN 978-88-99959-29-6.
  3. ^ Tietmaro di Merseburgo, Libro II, 12, in Piero Bugiani (a cura di), Chronicon. L'anno mille e l'impero degli Ottoni, collana Bifröst, traduzione di Piero Bugiani, Viterbo, Vocifuoriscena, 2020, p. 143, ISBN 978-88-99959-29-6.
  4. ^ Tietmaro, Libro II, 12, in Cronaca di Tietmaro, collana Fonti tradotte per la storia dell'Alto Medioevo, traduzione di Matteo Taddei, Pisa University Press, p. 54, ISBN 978-8833390857.

Voci correlate

Collegamenti esterni

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