Museo archeologico nazionale di Napoli

museo statale italiano a Napoli

Il Museo Archeologico Nazionale di Napoli (MANN) è ritenuto uno dei più importanti al mondo sia per la qualità che per la quantità delle opere che espone, principalmente quelle di epoca greco-romana.

Ingresso del Museo Archeologico Nazionale

L'edificio che attualmente ospita il museo, la cui costruzione fu iniziata nel 1586, rappresenta anche una rilevante testimonianza architettonica: infatti è uno dei maggiori palazzi monumentali di Napoli.

Il Museo è costituito da tre-quattro nuclei principali: la Collezione Farnese (costituita da reperti provenienti da Roma e dintorni); le collezioni pompeiane (reperti provenienti da Pompei, Ercolano, Stabiae ed altri siti antichi dell'area vesuviana, facenti parte soprattutto delle collezioni borboniche); altri reperti facenti parte di collezioni minori acquisite o donate al museo (p.es. la collezione Borgia, la Santangelo, la Stevens, ecc.); infine reperti provenienti da scavi effettuati nell'area di competenza della Soprintendenza ai Beni Archeologici di Napoli e Caserta (sezione Preistorica, Cumana, Pithecusae, Neapolis, ecc.) di cui il Museo fa parte.

Dopo i maggiori lavori di restauro e di ristrutturazione dell'edificio - che si sono protratti per alcuni decenni e sono oramai in via di completamento - si prosegue nel programma e nella realizzazione di una riorganizzazione globale delle collezioni secondo criteri espositivi nuovi. A causa di questi lavori, alcune raccolte rimangono escluse dalla visita; esse sono attualmente: gli Affreschi, la Statuaria Farnese, la Magna Grecia, l'Epigrafica.


INFORMAZIONI ESSENZIALI (dati aggiornati a settembre 2007)

  • Il Museo è aperto tutti i giorni dalle ore 9.00 alle 19.30. Giorno di chiusura: martedì.
  • Il prezzo del biglietto è di Eu. 6,50 (che viene aumentato a Eu. 9,00 quando vi sono ospitate importanti mostre: il costo del biglietto non è divisibile). Per i cittadini della Comunità Europea: l'ingresso è gratuito per i minori di 18 anni e gli anziani oltre i 65 anni (indispensabile mostrare un documento di identità); pagano metà tariffa i giovani la cui età sia compresa fra i 18 e i 25 anni non compiuti. Per tutti gli altri cittadini, il costo del biglietto è quello pieno. Il Museo fa parte del circuito "artecard" (biglietto cumulativo per i siti ed i musei della regione Campania). Per il pagamento non vengono accettate carte di credito.
  • Per le scolaresche che intendessero visitare il Museo dal 1° febbraio al 30 maggio, l'ingresso al museo è subordinato ad una prenotazione obbligatoria.
  • Attualmente il Museo ospita la mostra "Ambre. Trasparenze dall'antico"[1] (26 marzo - prorogata fino al 8 ottobre 2007).
  • Ogni anno, da ottobre a maggio, hanno luogo gli "Incontri di Archeologia" [2], un ciclo di conferenze tenute da specialisti (sulle varie collezioni del Museo o sui siti o temi inerenti le località archeologiche delle province di Napoli e Caserta), destinate a docenti e ad un pubblico adulto di persone appassionate e/o colte. La partecipazione alle conferenze - che si tengono per la maggior parte in una sala del Museo - è gratuita ma necessita di una prenotazione da formalizzare presso il Servizio Educativo del MANN che ne cura l'organizzazione ed il calendario. [Quest'anno l'inizio degli "Incontri di Archeologia" slitterà probabilmente a dicembre].
  • Nel Museo è permesso fare foto ma senza flash e riprese per uso personale. Riprese professionali e foto con cavalletto necessitano di un'autorizzazione specifica che va richiesta per iscritto.
  • All'interno del Museo vi è un guardaroba, una libreria, un telefono pubblico; inoltre una piccola buvette (provvisoria) nel cortile orientale. Non vi sono nè uno sportello postale, nè uno sportello bancario.
  • Il Museo non dispone di parcheggi per auto. I bus possono parcheggiare per strada lungo il terrapieno, fin tanto che c'è posto.
  • È facile raggiungere il Museo con i mezzi pubblici: Metropolitana linea 1 (fermata Museo); Metropolitana linea 2 (fermata Piazza Cavour). Bus: da Piazza Garibaldi: 201, M4, M5; dal Porto Beverello (piazza Municipio): 201, C57, R1, R4; dai Ponti Rossi - Capodimonte: C63.
  • NOVITÀ ! Dal 17 settembre 2007, in occasione del X Congresso Internazionale dell' AIPMA (Association Internationale pour la Peinture Murale Antique), sono state riaperte tre sale delle pitture pompeiane, quelle relative a paesaggi e a ritratti.


Storia dell'edificio e dell'istituzione

La Cavallerizza

La costruzione dell'edificio fu iniziata nel 1586 come caserma di cavalleria; questa era situata subito al di fuori della cinta muraria di Napoli (che correva dove oggi si trovano i porticati antistanti la Galleria Principe di Napoli). La Cavallerizza era molto più piccola dell'attuale palazzo museale ed il suo ingresso principale si apriva sul lato occidentale, sull'attuale via S. Teresa, dove tuttora è visibile - seppure murato - caratterizzato da due tozze colonne in basalto a rocchi distanziati sovrapposti. I lavori tuttavia proseguirono a rilento anche per la mancanza di acqua.

L'Università (i "Regi Studi")

Nel 1612 il vicerè don Pedro Fernandez de Castro conte di Lemos decise di trasferire nell'edificio incompiuto l'Università di Napoli ("Palazzo dei Regi Studi"), già a S. Domenico Maggiore. I lavori di ristrutturazione furono affidati a Giulio Cesare Fontana e prevedevano nella pianta: un ampio atrio centrale che si apriva a sud (l'attuale ingresso principale), chiuso sul fondo da una grande aula absidata destinata alle solenni adunanze (la "Sala dei Concorsi") illuminata da alcuni finestroni, e al di sopra dell'atrio un ampio salone per la biblioteca; ai lati, simmetricamente, due cortili quadrangolari circondati da porticati sui quali si aprivano le diverse aule. L'aspetto esterno prevedeva: l'ingresso principale fiancheggiato da due colonne in marmo e due finestroni, stemmi al di sotto dei balconi, finestroni per la biblioteca, ed in cima un frontone; la facciata delle ali laterali - distinte dal solo piano terra - veniva caratterizzata da grandi finestre con timpani decorati agli apici da vasi e medaglioni contenenti dei busti, alternate a nicchie contenenti delle statue (come attestano diverse antiche stampe ed un famoso quadro di Codazzi).

Benché non fosse ancora completo, l'edificio fu inaugurato nel 1615; ma già l'anno dopo i lavori vennero interrotti per la partenza del Fontana da Napoli. Tra il 1670 e il 1688, a seguito di cedimenti e soprattutto dei gravi terremoti che colpirono la città, vennero chiuse le arcate dei porticati che davano sui cortili per sostenere maggiormente il corpo centrale, e murate anche le finestre dell'aula absidata. Con l'avvento dei Borboni, re Carlo incaricò già nel 1735 Giovanni Antonio Medrano a riparare i danni subiti dal palazzo; al Medrano si deve infatti la geniale soluzione della copertura del "Gran Salone" al primo piano, col sistema del doppio tetto: uno interno di travi e tiranti lignei al quale è sospesa la volta successivamente affrescata, ed un secondo ordine di capriate più alto che copre il tutto e costituisce il tetto vero e proprio. Nel 1742 l'architetto Ferdinando Sanfelice cominciava a costruire l'ala orientale del palazzo, ma i lavori vennero interrotti 17 anni dopo per la partenza del re Carlo per il trono di Spagna.

Il museo ("Real Museo Borbonico")

Succeduto sul trono di Napoli il figlio Ferdinando IV, dopo aver espulso nel 1767 i Gesuiti dal Regno di Napoli, nel 1777 spostava definitivamente l'Università dei Regi Studi nel loro ex convento "del Salvatore", e decideva quindi di trasferire nel liberato palazzo sia il "Museo Hercolanese" dalla Reggia di Portici, che il "Museo Farnesiano" dalla Reggia di Capodimonte, oltre alla Biblioteca, ed alle Scuole di Belle Arti. I lavori di ristrutturazione vennero affidati a Ferdinando Fuga: costui ridusse l'atrio di ingresso da tre ad una sola navata, quella centrale, murando tutte le arcate, e lo stesso venne fatto a tutto il porticato occidentale, mentre l'aula absidata "dei Concorsi" fu abolita ed in essa realizzato l'attuale scalone monumentale, seppure in piperno.

Il progetto prevedeva una netta separazione tra i vari nuclei, con al pianterreno il Museo Hercolanese intorno al cortile occidentale, la Quadreria farnesiana invece intorno al cortile orientale, mentre gli ambienti sul piano ammezzato venivano destinati da un lato al bibliotecario ed al restauro, dall'altro alle Accademie ed allo "studio del nudo", e naturalmente il "Gran Salone" al primo piano alla biblioteca. Crescenti critiche all'operato del Fuga (oscurità del corridoio di accesso, cattiva esposizione dell'Accademia, costi eccessivi, ecc.) fecero sì che nel 1780 la prosecuzione dei lavori fosse affidata a Pompeo Schiantarelli, che non tardò a ripristinare il vecchio atrio a tre navate riaprendo le sue arcate, a realizzare davanti al museo il terrapieno con i relativi scaloni in basalto e poi - progettando di soprelevare l'edificio - ad abbattere i tetti a spiovente sopra le ali laterali per sostituirli con delle terrazze. Lo Schiantarelli è una figura importante per i numerosi progetti di ampliamento realizzati per il Museo, progetti purtroppo tutti abortiti per le più diverse ragioni.

Mentre Pietro Bardellino nel 1781 realizzava ancora l'affresco sulla volta del "Gran Salone", i lavori venivano di lì a poco interrotti per la morte del Fuga, la mancanza di fondi, ed infine il terremoto nelle Calabrie (1783) che stornò le rimanenti risorse. Tra il 1786 ed il 1788 Ferdinando IV riesce - nonostante le vive proteste e l'opposizione del papa - a trasferire da Roma a Napoli le ricche e importanti collezioni farnesiane, ereditate da sua nonna Elisabetta Farnese (la "Quadreria" era già stata trasferita da Parma fra il 1735 e il 1739). Ciò richiese un progetto di ampliamento del Museo. Il primo progetto dello Schiantarelli prevedeva di ampliare il Museo verso nord, acquistando il giardino del convento di Santa Teresa, e realizzando un'ampia galleria ad emiciclo; questo progetto fu cambiato in uno simile dove l'ampio emiciclo veniva sostituito con un altrettanto ampio corpo rettangolare con un unico cortile centrale, ovvero con due cortili simmetrici, in sostanza prevedendo un raddoppiamento del Museo verso nord. Tuttavia i costi eccessivi di questi progetti obbligarono lo Schiantarelli a ridimensionare il tutto in un terzo progetto. I lavori vennero ripresi nel 1790, ma l'anno dopo l'astronomo Giuseppe Casella propose di inserire nell'edificio un osservatorio astronomico, che obbligò a rielaborare nuovamente l'ultimo progetto: esso prevedeva la realizzazione di un'alta torre nell'angolo nord-est dell'edificio (dove oggi è esposto il Plastico di Pompei). Benché il re Ferdinando IV lo avesse approvato, i lavori iniziati vennero ben presto abbandonati poiché la zona non si prestava ad un osservatorio, essendo troppo infossata (difatti l'Osservatorio Astronomico fu poi costruito nel 1819 sulla collina di Capodimonte). L'unico "strumento" che si riuscì a realizzare fu l'imponente meridiana sul pavimento del "Gran Salone" (che oggi viene appunto chiamato "Salone della Meridiana").

Mentre proseguivano i lavori per completare l'edificio, il re diede finalmente il nulla osta per l'acquisto del giardino dei Padri Teresiani; ma questi, ottenendo che gliene venisse lasciata una parte, obbligarono di fatto lo Schiantarelli a modificare per la quinta volta il progetto. Nel 1793, con il completamento del primo piano, raggiungendo oramai le due ali laterali la base del frontone del Gran Salone (cui facevano anche da contrafforte, rivelandosi in ciò provvidenziali per la sua tenuta e stabilità durante il terremoto del 1805), si impose di ridefinire organicamente l'aspetto esterno del Museo: così vennero tolte tutte le decorazioni barocche del Fontana (i pinnacoli, i vasi, i tondi con i busti, e persino le nicchie con le statue), aggiungendosi soltanto delle doppie lesene agli angoli dell'edificio: così, con la perdita dei suoi elementi barocchi, il Museo acquisiva in pieno il suo aspetto attuale: quello di un palazzo in stile classico. Tra il 1793 ed il 1798, mentre si rivelava inconcludente ogni tentativo di realizzare i progetti di allargamento del Museo, le soprelevazioni appena realizzate causavano i primi dissesti statici: lo Schiantarelli cercò di correre ai ripari ma le sue soluzioni furono criticate anche di più; ridotto in miseria, egli semplicemente scomparve.

Nel 1799 la realizzazione di un nuovo progetto di ampliamento del Museo fu affidata all'architetto Francesco Maresca: il progetto - il più grandioso di tutti - prevedeva l'occupazione di tutta la proprietà dei Padri Teresiani, la distruzione di due chiostri e persino l'intaccamento della chiesa. Pur essendo stato approvato dal Consiglio dei Ministri nel 1802, per la strenua opposizione dei conventuali esso non fu mai realizzato e neppure cominciato. Piccoli lavori a nord del Museo portarono tuttavia nel 1810 alla scoperta di una delle importanti necropoli della greca Neapolis: la necropoli di Santa Teresa. Dopo la parentesi murattiana, ritornando il re Ferdinando IV sul trono di Napoli (ora come "Ferdinando I Re delle Due Sicilie"), il 22 febbraio 1816 egli decretava ufficialmente l'istituzione del "Real Museo Borbonico". Nel 1852, con l'abbattimento dei granai di Napoli (le cd. "Fosse del Grano"), via Toledo veniva prolungata fino al Museo, aprendosi così l'attuale via Pessina. Con il successivo abbattimento delle mura cinquecentesche della città e della Porta di Costantinopoli, il Museo entrava a pieno titolo a far parte del tessuto urbano della città.

Il Museo Nazionale

Dopo l'Unità d'Italia - con la quale il Museo diventava proprietà dello Stato ed assumeva il nome di "Museo Nazionale" - nel 1866 l'architetto Giovanni Riegler proponeva al Comune uno splendido progetto che prevedeva un parco pubblico tra l'attuale Piazza Dante ed il Museo, quest'ultimo facente da quinta scenografica in fondo al parco; il bel progetto purtroppo non venne realizzato per interessi speculativi edilizi che, in fretta e furia destinarono quei suoli alla costruzione di nuove abitazioni (quelle che tuttora sussistono nell'area) prima che il progetto di Riegler potesse essere approvato. Allo scempio fu cercato di riparare realizzando fra il 1870 ed il 1883 un nuovo "raccordo" (rimasto sempre fittizio) fra il Museo e la città: la Galleria Principe di Napoli.

Per i continui incrementi di libri, raccolte archeologiche ed opere d'arte, patendo tutti i settori ospitati nel Museo di insufficiente spazio, tra il 1862 e il 1864 si giunse alla determinazione di sloggiare le Accademie,[3] trovando loro altre sedi in città. Nel 1888 il conte Eduardo Lucchesi Palli donava allo Stato la sua ricchissima e preziosa biblioteca drammatica ed archivio musicale, a condizione che essa non lasciasse Napoli e che non fosse smembrata; aggregata alla Biblioteca Nazionale (che allora occupava le attuali sale degli Affreschi e del Tempio di Iside), nel 1892 il ministro Boselli ordinava che le venissero destinate tre sale nell'attuale Museo (individuate nelle Sale 81-82-83). Il conte, a sue spese, curò non solo il trasferimento dei volumi, ma anche l'allestimento delle sale (donando gli scaffali "in stile Rinascimento") ed infine il loro decoro, facendo affrescare le volte da Paolo Vetri (in un cartiglio tuttora visibile vengono ricordati i principali accordi per la tenuta di questa biblioteca). Ma per la cronica mancanza di spazio, nel 1925 la Biblioteca Nazionale veniva anche essa trasferita - per decreto ministeriale - nel Palazzo Reale, tra le più vive (ed inconcludenti) proteste degli eredi Lucchesi Palli. Nel 1920, dopo 333 anni, venne terminata la costruzione dell'edificio museale, completando gli ultimi ambienti del secondo piano nella parte rimasta incompleta, quella orientale (oggi occupata dal Medagliere).

Nel 1929 si realizza finalmente un ingrandimento del Museo, il cd. "Braccio Nuovo"; invero, ben misera cosa se si considerano i grandiosi progetti di Schiantarelli e Maresca: difatti esso è consistito in una modesta galleria costruita a ridosso del muro di contenimento del giardino dei Padri Teresiani (nella quale verranno esposte iscrizioni ed epigrafi), soprelevata poi nel 1932 di un piano (destinato ad accogliere la nuovissima "Sezione di Tecnologia e di Meccanica Antica").

Già in cattivo stato, l'edificio del Museo (e le sue collezioni) viene gravemente danneggiato dal terremoto del 23 luglio 1930, occasione che viene colta per rimetterlo a nuovo, tanto da riuscire a superare pressoché indenne gli urti degli 89 bombardamenti in zona fra il 1942 e il 1943, sicuramente anche grazie ad uno speciale segno dipinto sui suoi tetti che lo facevano individuare quale obiettivo da non colpire.

Nel dopoguerra il ripristino del Museo fu lungo e impegnativo, richiedendo non solo la risistemazione di tutti gli oggetti nelle sale (essendo quelli mobili tutti impacchettati ed incassati, mentre quelli inamovibili sepolti sotto montagne di sacchetti di sabbia), ma anche per il faticoso recupero delle opere più pregiate e preziose, portate in tempo a Roma in Vaticano, e parzialmente depredate dai Tedeschi che - sulla via per Berlino - le nascosero in una salina ad Alt Aussee presso Salisburgo; così la riapertura del Museo fu possibile solo nei primi anni '50. Nonostante l'accurato riallestimento, già nel 1957 fu deciso di trasferire anche la Pinacoteca, stavolta nel Palazzo Reale di Capodimonte, liberando così tutte le sale del primo piano disposte intorno al cortile occidentale: da questo momento il Museo diventa esclusivamente archeologico.

Il Museo Archeologico Nazionale

(in elaborazione)


Le sezioni e collezioni del Museo

Storia degli allestimenti

L'epoca Borbonica e l' Ottocento

Non conosciamo più di tanto i criteri espositivi adottati dai Borboni, perché se è pur vero che essi hanno curato la stesura dei primi inventari (Michele Arditi, Francesco Maria Avellino, il Principe di San Giorgio Spinelli), tuttavia mancano guide del Museo, le prime delle quali compaiono solo nell' '800 e non sempre sono chiare nell'indicare la collocazione dei pezzi. Probabilmente i criteri espositivi erano improntati principalmente su motivi estetici, o affastellando nelle sale la maggior parte degli oggetti disponibili per impressionare il visitatore, alla maniera delle "Wunderkammer" dei primi collezionisti. Sicuramente sarebbe importante ed utile chiarire maggiormente i criteri espositivi di epoca borbonica attingendo ai documenti originali o a testi dell'epoca disponibili.

 
Sala dei Grandi Bronzi.
Stereofotografia (databile fra il 1857 e il 1914) di Giorgio Sommer

Il Novecento

Una svolta sicura l'abbiamo agli inizi del XX secolo. Paolo Orsi, direttore del Museo dal 1900 al 1901, propone un nuovo riordinamento delle collezioni del Museo in dieci grandi raccolte ordinate per classi (o tipi) di materiali. Ettore Pais, suo successore lo realizza, esponendosi ad aspre critiche per il suo eccessivo modernismo e per i criteri adottati, giudicati rivoluzionari: ciò non impedì che sotto la sua direzione tutto venisse rimosso e risistemato nel giro di due anni. Pais allestì il patrimonio museale non solo suddividendolo per tipi di materiali, ma anche tenendo conto degli stili, degli elementi cronologici e/o topografici. Questo criterio espositivo, considerato assolutamente innovativo e rivoluzionario agli inizi del '900, ha perdurato per circa 80 anni, e seppure oggi non sia più considerato valido in quanto non consono ai nuovi criteri e concetti espositivi, tuttavia condiziona ancora pesantemente i tentativi di riallestimento del Museo.

Oggi

Pur riconoscendo una certa validità agli allestimenti del passato - testimoni del gusto, delle conoscenze, della metodologia di un'epoca - tuttavia oggi si privilegiano soprattutto il contesto e la provenienza originari degli oggetti esposti. In tal senso sono stati indirizzati gli sforzi intrapresi fin dagli anni settanta - e che proseguono tuttora, seppure fra difficoltà di ogni genere - di riallestimento globale del Museo.
Il nuovo indirizzo museografico è stato inaugurato con l'allestimento della sezione dedicata a tutti i ritrovamenti fatti nella Villa dei Papiri di Ercolano (apr. 1973). Sono seguite nel tempo altre sezioni, istituite ex novo, o completamente riallestite: la Collezione Egizia (dic. 1989), le Sculture Farnese dalle Terme di Caracalla (giu. 1991), il Tempio di Iside di Pompei (dic. 1992), le Gemme Farnese (giu. 1994), la Collezione Epigrafica (mar. 1995), la Sezione Preistorica (dic. 1995), la Sezione della Magna Grecia (lug. 1996), Pithecusae e la casa greca di Punta Chiarito (dic. 1997), i Vetri (mar. 1998), il Gabinetto Segreto (apr. 2000), i Mosaici (mag. 2000), Napoli Antica (dic. 2000), la Collezione Numismatica (giu. 2001), il Vasellame Bronzeo (mar. 2003). Sono tuttora in allestimento (ed in via di completamento): la Collezione degli Affreschi, e le Sculture della Collezione Farnese.

In futuro

Il riordino globale del Museo non prevede soltanto un riallestimento delle singole collezioni, ma anche una dislocazione più organica di esse all'interno dell'edificio. A grandi linee è previsto:

  • al pianoterra, nelle gallerie e sale intorno al cortile orientale: la Collezione Farnese (realizzato parzialmente);
  • al pianoterra, nelle gallerie e sale intorno al cortile occidentale: la statuaria proveniente da Pompei ed Ercolano, e quella proveniente dai siti archeologici dei Campi Flegrei (da realizzare completamente);
  • al primo piano, nelle gallerie e sale intorno al cortile orientale: le Collezioni Pompeiane;
  • al primo piano, nelle gallerie e sale intorno al cortile occidentale, nel percorso "esterno": Settore Topografico con un percorso cronologico che vede la sequenza di: Preistoria, Età Eneolitica, Età del Bronzo, Età del Ferro, i Greci nel napoletano: Cuma, Pithecusae, Neapolis, Villa dei Papiri (realizzato al 80 %);
  • al primo piano, nelle gallerie e sale intorno al cortile occidentale, nel percorso "interno": Etruschi ed Italici in Campania, Magna Grecia (da realizzare completamente).
  • Restano invariate le collezioni esposte nel seminterrato (Egizi ed Epigrafica) e quelle nei piani ammezzati (Mosaici, Gabinetto Segreto, Numismatica).

Le collezioni e gli allestimenti

Le collezioni attuali e di recente apertura

Secondo i criteri sopra esposti, le sezioni attualmente allestite (o previste a breve tempo) sono le seguenti: [4]

  • Collezione Farnese : le Sculture Farnese (in allestimento), le Sculture Farnese dalle Terme di Caracalla, la Galleria degli Imperatori, le Gemme farnesiane;
  • Collezioni Pompeiane : i Mosaici, il Gabinetto Segreto, gli Affreschi (in allestimento), il Tempio di Iside, Argenti, Avori e Ceramiche Invetriate, Vasellame Bronzeo, Vetri, Plastico di Pompei, Villa dei Papiri;
  • Settore Topografico : Preistoria, Cuma, Pithecusae, Napoli Antica;
  • Altre Collezioni : Egizi, Epigrafica (chiusa), Numismatica, Magna Grecia (chiusa).

I vecchi allestimenti e le collezioni abolite

 
Collezione dei Vasi Dipinti.
Vetrina del vecchio allestimento
Foto (1857-1914) di Giorgio Sommer
  • Galleria dei Tirannicidi o Marmi Arcaici : smantellata. I pezzi farnesiani sono confluiti nelle relative sezioni aperte al pubblico o di prossima apertura; tutti gli altri pezzi sono in deposito. Alcuni pezzi d'eccezione (p.es. Tirannicidi, Palestrita) sono temporaneamente esposti in altre sale o gallerie e possono essere spostati senza preavviso secondo le esigenze di spazio e di movimentazione del Museo.
  • Galleria dei Grandi Maestri : come sopra. Pezzi d'eccezione (p.es. Doriforo, Diomede, Orfeo ed Euridice, Nereidi, Athena Albani, Psiche, Venere di Capua): come sopra.
  • Galleria dei Marmi Colorati : come sopra. Pezzi d'eccezione (p.es. Artemide Efesia): come sopra.
  • Galleria dei Carracci : smantellata. Seppure riproponesse l'allestimento di alcune sculture farnesiane per come esse erano esposte in Palazzo Farnese nella galleria che prende il nome dagli artisti che l'hanno affrescata, la sezione è stata smantellata qualche anno fa per far confluire le relative statue nella nuova sezione delle Sculture Farnese (in allestimento).
 
Collezione dei Ritratti Greci.
Omero
Foto di Giacomo Brogi (1822-1881)
  • Galleria dei Ritratti Greci o Busti Greci : in deposito.
  • Collezione dei Grandi Bronzi : smantellata. La maggior parte delle statue sono confluite nella sezione dedicata alla Villa dei Papiri; tutte le altre statue bronzee da Pompei sono in deposito.
  • Collezione dei Piccoli Bronzi : smantellata. Alcuni bronzetti sono confluiti nella Villa dei Papiri; per il vasellame bronzeo da Pompei, è stata recentemente allestita una sala apposita; una piccolissima scelta di "piccoli bronzi" è attualmente esposta (solo temporaneamente!) nella sala degli Argenti, in attesa che le argenterie ritornino da un'esposizione all'estero; altre poche cose si possono trovare ai Mosaici-Fauno, e Numismatica. Tutti gli altri bronzetti sono in deposito.
  • Collezione delle Armi Antiche : smantellata. Le armi rinvenute nelle tombe cumane sono esposte nella sala dedicata a Cuma nella sezione Preistorica; le armi greche sono confluite nella sezione della Magna Grecia; le armi gladiatorie sono in deposito.
  • Collezione dei Preziosi o degli Ori : smantellata. Le argenterie costituiscono oggi la Collezione degli Argenti; i gioielli in oro sono suddivisi fra Magna Grecia, Numismatica, e Mosaici-Fauno; la Tazza Farnese è confluita nella Collezione delle Gemme. Altri pezzi sono in deposito.
 
Collezione dei Commestibili
Forma di pane
Da Ercolano
  • Collezione dei Commestibili : in deposito. Di recente (feb. 2005) erano state allestite splendidamente 4 sale denominate "Cibi e Sapori dell'area vesuviana": smantellate dopo un paio di anni con la motivazione che "si trattava di un'esposizione temporanea" !!!
  • Nature Morte : smantellata. Era una sezione costituita soprattutto da affreschi, in origine sistemata affianco ai Commestibili. Oggetto di una recente mostra itinerante ("Xenia Pompeiana"), al suo rientro nel 2001 fu collocata in una sala situata fra i Vetri ed il Plastico di Pompei, e purtroppo di nuovo smantellata progressivamente negli anni successivi.
  • Collezione dei Vasi Dipinti : smantellata. I vasi provenienti da città magnogreche sono confluite nella sezione della Magna Grecia. Altri rinvenuti nelle necropoli di Neapolis sono nella sezione di Napoli Antica. Tutti gli altri sono in deposito.
  • Collezione Cumana : in deposito.
  • Collezione delle Terrecotte : smantellata. Le terrecotte architettoniche provenienti da templi situati in città magnogreche sono confluite nella sezione della Magna Grecia. Poche altre sono esposte a Mosaici-Fauno e al Tempio di Iside. Tutte le altre sono in deposito.
  • Collezione delle Terrecotte Votive : smantellata. Le terrecotte e le statuette votive provenienti da santuari magnogreci sono confluite nella Collezione della Magna Grecia; altre rinvenute a Napoli sono nella sezione di Napoli Antica. Tutte le altre sono in deposito.
  • Collezione Tecnologica : smantellata. Alcune bilance e pesi sono nella Collezione Numismatica. Tutti gli altri pezzi sono in deposito.

La collezione Farnese

  • Occupa al piano terra tutte le sale e gallerie (1-29) disposte intorno al cortile orientale (sul lato destro dell'atrio di ingresso). Al centro del cortile vi è inoltre uno splendido labrum in porfido rosso facente anche parte della Collezione Farnese.

Le Sculture dalle Terme di Caracalla

  • Nelle Sale 11-16 vi sono le sculture di grandi dimensioni rinvenute nelle Terme di Caracalla a Roma, oltre ad alcune altre molto note, espostevi temporaneamente (Venere Callipige; Artemide Efesia).

Tra le numerose collezioni che ospita il Museo, di grande interesse vi è quella della statuaria, posta al pianterreno. Molto interessanti e spettacolari le statue della collezione Farnese, ritrovate alle Terme di Caracalla di Roma. In particolare la statua dell'Ercole Farnese, straordinario pezzo di marmo che ispirò anche Michelangelo, e l'imponente Toro Farnese chiamato in epoca borbonica montagna di marmo, un gruppo statuario enorme, il più grande giunto dall'antichità, che rappresenta il supplizio di Dirce.
(voce da sviluppare ulteriormente)

Le altre Sculture farnesiane

  • Nelle Sale 1-8 (non ancora accessibili al pubblico in quanto in corso di allestimento; di prossima apertura) vi sono soprattutto statue a soggetto mitologico.

(voce da sviluppare)

La Galleria degli Imperatori

  • Nella galleria Sala 29 vi è la collezione dei ritratti di imperatori romani.

(voce da sviluppare)

Le Gemme

  • È raccolta nelle due piccole Sale 9-10 situate al piano terra, alle spalle della colossale statua chiamata Ercole Farnese.

Detta anche "Collezione Glittica", .... (voce da sviluppare)


Le collezioni Pompeiane

Mosaici

  • Si trova sul piano ammezzato, salendo lo scalone sul lato sinistro (Sale 57-61, 63-64).

Altra sezione molto importante - vero e proprio unicum nel suo genere - è quella della raccolta dei mosaici, provenienti soprattutto dagli scavi archeologici di Pompei. Di eccezionale interesse il grande mosaico raffigurante la Battaglia di Isso di Alessandro Magno contro Dario.
(voce da sviluppare ulteriormente)

Gabinetto Segreto

  • Si trova al piano ammezzato, salendo lo scalone sul lato sinistro, alla fine della sezione dei Mosaici (Sale 62 e 65).

Storia

 
Rilievo marmoreo
con scena di accoppiamento.
Da una caupona pompeiana

"Gabinetto Segreto" (G.S.) è il nome che i re Borboni hanno dato alle sale riservate (alle quali "avessero unicamente ingresso le persone di matura età e di conosciuta morale") in cui vennero raccolti i vari reperti a soggetto erotico o sessuale che man mano venivano alla luce negli scavi di Pompei ed Ercolano o erano acquisiti in altro modo; nel corso dei secoli la collezione è stata chiamata anche "Gabinetto degli oggetti riservati" o "osceni" o "pornografici". Dopo i moti rivoluzionari del 1848 il G.S. divenne simbolo delle libertà civili e di espressione, quindi vieppiù censurato in quanto considerato politicamente pericoloso. Venne addirittura proposta la distruzione dei reperti (in quanto "monumenti infami della gentilesca licenza" e "lascivissimi") al fine di salvaguardare la buona reputazione della Casa Reale; ma l'allora direttore del Real Museo Borbonico riuscì ad ottenere che la collezione venisse chiusa ai visitatori e resa difficile la sua visita: difatti il portone di accesso venne fornito di ben tre serrature con altrettante chiavi diverse, in possesso rispettivamente del Direttore del Museo, del "Controloro", e del Real Maggiordomo Maggiore. Il culmine della censura la si ebbe nel 1851 quando, dopo che vi furono rinchiuse anche tutte le Veneri semplicemente perché nude, la collezione fu definitivamente sigillata ed infine anche murata affinché "...se ne disperdesse per quanto era possibile la funesta memoria". Quando nel settembre 1860 Garibaldi arrivò a Napoli, egli diede subito l'ordine di rendere accessibile il G.S. "giornalmente al pubblico". Delle tre chiavi, non trovandosi quella in dotazione alla Casa Reale, Garibaldi non esitò - tra lo sconcerto generale - ad ordinare di "scassinare le porte" (il documento originale che verbalizza l'avvenimento è esposto in una vetrinetta all'ingresso della collezione). Nel corso dei decenni successivi, alla libertà ridata da Garibaldi subentrò progressivamente la censura del Regno d'Italia, che vide il suo culmine durante il ventennio fascista, quando per visitare il G.S. occorreva il permesso del Ministro dell'Educazione Nazionale a Roma. La censura ha perdurato nel dopoguerra fino al 1967, allentandosi solo dopo il 1971 quando dal Ministero furono impartite le nuove regole per regolamentare le richieste di visita e l'accesso alla sezione. Completamente riallestita pochi anni or sono con criteri del tutto nuovi, la collezione è stata definitivamente aperta al pubblico nell'aprile del 2000 grazie all'intraprendenza ed al coraggio del soprintendente archeologo Stefano De Caro.

 
Pan insegna
al pastorello Dafni
a suonare il flauto di pan.
Dalla Collezione Farnese

Modalità di accesso

Essendo le sale piuttosto piccole e ristrette, per accedervi è necessario fornirsi di una prenotazione (gratuita) da formalizzare, esclusivamente nel giorno di visita, all'ingresso del Museo presso il banco informazioni. Sebbene non sussista più alcun tipo di censura, tuttavia i minori di 14 anni possono visitare la sezione unicamente se accompagnati da persona adulta (genitore, congiunto, insegnante, ecc.) che così, implicitamente, si assume ogni responsabilità al riguardo.

Il nuovo allestimento

Nel nuovo allestimento si è curato di raggruppare e collocare i diversi oggetti secondo la loro provenienza e per contesti originari.
Il G.S. è costituito da un'antisala [A], e - varcato il cancello di ingresso - da un piccolo vestibolo [V], e quattro sale interne in sequenza, disposte a ferro di cavallo. Mentre gli oggetti esposti nell' [A] e nel [V] provengono da luoghi e regioni diverse, le quattro salette interne invece ripropongono i diversi àmbiti "pompeiani": [1] la casa pompeiana; [2] il giardino pompeiano; [3] il lupanare (= bordello); [4] la strada pompeiana.

Gli oggetti esposti

Il G.S. illustra ampiamente i diversi aspetti della "sessualità" antica: da quello religioso a quello culturale, dal caricaturale al commerciale, da quello magico a quello funerario, fino a quello riconducibile all'amore ed al piacere di coppia.

 
Ex-voto anatomici in terracotta.
Da un santuario sannitico a Cales
Aspetto religioso

L'aspetto religioso lo si ritrova in: [A] Splendido sarcofago romano con scena di baccanale in rilievo: vi figura al centro Dioniso ebbro, sostenuto da due satirelli, attorniato da menadi danzanti o dormienti mentre altri satirelli e satirische sono intenti in giochi erotici e sullo sfondo si riconosce un recinto con santuario (collez. Farnese). Nel [V]: Coppa attica a figure rosse attribuita al ceramografo Epiktetos (VI a.C.) con baccante in procinto di accoppiarsi con un asino nel corso di un baccanale; Ex-voto anatomici in terracotta (peni, seni, uteri; di metà IV - II a.C.) rinvenuti in un santuario sannitico a Cales. In [2]: Statua del dio Priapo, in forma di pilastro in alabastro giallo, priva di testa (I d.C.): è il dio della fertilità vegetale e il dio tutelare dei confini dei campi. In [3], Statuette in bronzo del dio Priapo con il grembo ricolmo di frutti o intento ad eseguire una libagione sul proprio fallo simbolo di fertilità; Statuetta indiana in avorio rappresentante la dea indù della fecondità Lakshmi, dalla sensuale e procace fisicità, rinvenuta a Pompei.

Aspetto culturale
 
Satiro e baccante.
Da Pompei

L'aspetto culturale lo si rileva soprattutto nei decori ed arredi (affreschi, statue, rilievi) a soggetto erotico - destinati a impreziosire gli interni delle case o i giardini delle ville - i cui protagonisti sono divinità ed eroi. [A]: Statua in marmo rappresentante Pan (dio della fecondità animale ed anche umana) intento ad insegnare al pastorello Dafni a suonare il flauto di pan (collez. Farnese). Nel [V], Piccola statuetta in bronzo di Satiro barbuto semidisteso, con grande fallo. In [1]: Affreschi: Accoppiamento di Leda con Zeus sotto forma di cigno; Apollo insidia la ninfa Dafne che per sfuggirgli comincia a trasformarsi in albero di alloro; Diverse scene galanti che vedono giovani satiri intrattenersi amorevolmente o eroticamente con baccanti o ninfe; Ermafrodito che si svela, similmente a Venere Genitrice; Ermafrodito ignudo che si oppone agli assalti erotici di un satiro, ingaggiando una concitata zuffa erotica; Abbraccio erotico fra il ciclope Polifemo e la ninfa Galatea; Le tre Grazie. In [2]: Sostegno di tavolino in marmo, a forma di erma dionisiaca o satiresca; Splendido altorilievo in marmo bianco con Apollo e tre ninfe (ovvero Alcibiade con tre etere) che si intrattengono sopra un letto (collez. Farnese); Bel bassorilievo marmoreo con Ninfa che si difende dagli attacchi erotici di un Satiro, afferrandolo per la barba (da Ercolano; I d.C.); Grande affresco con trionfo di Venere distesa in una conchiglia che galleggia sul mare, assistita dal figlio, il piccolo Eros; Deliziosa statuetta in marmo di Venere in bikini (sovradipinture in oro originarie!) intenta a slacciarsi un sandalo per potersi immergere in acqua. In [3], Splendida coppa in argento facente parte del ricco servizio trovato nella Casa del Menandro: mostra in rilievo Marte e Venere che si intrattengono eroticamente su di un letto, mentre Eros con le ali spiegate è dappresso e li osserva (I a.C.).

Aspetto caricaturale

L'aspetto caricaturale lo si riconosce: nell' [A], Grande mosaico in tessere bianche e nere, rinvenuto a Roma al Celio: mostra pigmei intenti ad accoppiarsi su barchette sul Nilo (il mosaico copriva il pavimento di una sala triclinare, per cui i letti dei commensali erano sistemati ciascuno davanti ad una barca, mentre l'ingresso alla sala si trovava in corrispondenza dell'ippopotamo). Nel [V], "Cratere" a figure rosse (vaso destinato alla mescita del vino durante i banchetti), con scene fliaciche con soldati caricaturali dal ventre rigonfio e lungo fallo pendente (da Saticula - Sant'Agata dei Goti; 350 a.C.). In [1], negli affreschi che mostrano: Il dio Pan che, scoperta una donna addormentata, desiderando giacere con lei, scopre invece trattarsi di un Ermafrodito e tenta quindi di fuggire (è infecondo!), mentre quello lo trattiene per un braccio; Fuga da Troia di Enea che porta il vecchio padre Anchise sulle spalle e tiene per mano il figlioletto Ascanio, rappresentati in forme canine con grandi falli flosci. In [2]: Pigmei intenti ad accoppiarsi per terra o su barche, in ambientazioni nilotiche, talora osservati da commensali, talora da ippopotami e coccodrilli, mentre un'ammucchiata a tre su di una barca rischia di finire in acqua per il pauroso oscillamento dovuto all'impeto passionale, e altrove un pigmeo viene divorato da un ippopotamo tra l'indifferenza erotica dei vicini; Gruppo scultoreo in marmo con il dio Pan che si accoppia faccia a faccia con una capra che tiene fermamente riversa sul dorso: rinvenuto ad Ercolano nella Villa dei Papiri è in assoluto il pezzo più censurato e nascosto in epoca borbonica (I a.C. - I d.C.). In [3] si possono ammirare oggetti vari e strani destinati alle tavole ed ai banchetti con lo scopo di allietare gli ospiti o far ridere i commensali: Brocche in terracotta a forma di nani deformi e caricaturali con grande pene prominente; Tazze in ceramica a forma di viso satiresco con lingua fallica mobile che emergeva dondolando una volta che essa veniva riempita con qualche bevanda; i cd. "Placentarii", statuette in bronzo che rappresentano disgustosi venditori ambulanti o servi inscheletriti con un gran pene flaccido pendente, che recano vassoi d'argento sui quali venivano offerti dei dolci (I d.C.); Piccole statuette in bronzo di personaggi resi in modo caricaturale (pigmei danzanti, un poeta o oratore seminudo, un guerriero-gallo) destinati semplicemente a decorare la tavola; Lucerna in ceramica con personaggio barbuto, seduto, con un enorme fallo, intento a leggere un rotolo di papiro: è stato riconosciuto da studiosi di ebraismo come la caricatura di un rabbino. In [4], un affresco trovato in un vicolo di Pompei: mostra un asino che penetra un leone e viene dichiarato vincitore dalla Vittoria alata che gli porge la corona e la palma della vittoria; oltre l'aspetto caricaturale, in questo affresco vi è celato probabilmente un messaggio allegorico, interpretabile: o nel senso che la pazienza (impersonata dall'asino) è superiore alla forza bruta (il leone), oppure in senso politico, che l'uomo ignorante della strada (l'asino) può metterlo a quel servizio al potente di turno.

Aspetto commerciale
 
Scena erotica.
Da un lupanare pompeiano

L'aspetto commerciale è ravvisabile soprattutto negli affreschi provenienti da "lupanari" (dal latino lupa = prostituta). Nei bordelli romani [3] si ritrovano affreschi pornografici di qualità artistica modesta (si tratta di una pittura popolare), che ritraggono scene di accoppiamenti - esclusivamente eterosessuali - nelle diverse posizioni. I Romani le distinguevano ed indicavano con il nome della dea dell'amore: Venus pendula, Venus pendula conversa, Venus pendula aversa, ecc. Sull'affresco con scena di penetrazione anale vi sono tracce di una iscrizione dipinta: "Lente impelle", una richiesta della prostituta ai suoi clienti che invita a "Spingere piano"; su di un altro affresco figura un'iscrizione graffita: "Sic Emiliu" scritta da un cliente, tale Emilio, che ricorda a tutti "(di aver fatto) proprio così"; vi è anche un altorilievo in marmo con accoppiamento simile a quelli mostrati sugli affreschi, trovato in una osteria (caupona) pompeiana; infine sono esposte diverse lucerne tonde in ceramica, di epoca imperiale, con analoghe scene di accoppiamenti in rilievo sul disco: non essendo queste lucerne destinate ai bordelli, si tratta di un genere che si ritrova relativamente diffuso in tutti i siti e luoghi dove sono giunti i Romani.

Aspetto magico
 
Braciere con gambe a giovani Satiri.
Dalla Casa di Giulia Felice, Pompei
 
Mercurio con sacchetto di monete.
Facciata di una bottega, da Pompei

L'aspetto magico della sessualità romana lo si riconosce soprattutto nell'uso del fallo (membro virile eretto) in funzione apotropaica e di amuleto. Oggetti emblematici di questa credenza sono soprattutto in [3]: i "tintinnabuli" in bronzo, che venivano sospesi a catenelle agli ingressi delle case o delle botteghe con la specifica funzione di preservarle e difenderle dal malocchio, dallo sguardo invidioso, dalla mala sorte. Il "tintinnabulum" classico è un pene eretto con un corpo di leone (simbolo di forza e potenza) e due ali aperte, provvisto (a discrezione) di altri falli: certamente quello tra le zampe posteriori, ma eventualmente anche una coda fallica, o un corno fallico, o delle zampe falliche, e così via; immancabili sono i numerosi campanelli associàtivi, pendenti da altre catenelle, destinati a scacciare col loro suono gli spiriti malvagi. Poiché anche il ridere scaccia gli spiriti malvagi, alcuni tintinnabuli possono assumere forme caricaturali: pezzo eccezionale - e forse unico al mondo - è quello in forma di gladiatore che combatte con pugnali contro il suo stesso pene eretto trasformato in una pantera aggressiva; divertente anche il pigmeo che cavalca un cavallo-fallo, lo incorona addirittura, ed intanto non si accorge che sta per essere penetrato dalla coda fallica. Forse una funzione apotropaica può essere ravvisata anche nelle tre lucerne in bronzo rappresentanti operai fabbri che, impugnando un martello, si danno colpi ben assestati sul proprio immenso fallo (la cui punta è il lucignolo), tanto da sobbalzare in una sorta di danza sincronizzata. Pezzo di gran pregio è il braciere (di I d.C.) proveniente dalla Casa di Giulia Felice a Pompei, i cui tre piedi sono in forma di giovani satiri che fanno un gesto apotropaico (la mano sinistra tesa in avanti), mentre il loro pene eretto ha la stessa funzione magica. Molto interessante è anche la piccola statuetta bronzea di Mercurio - riconoscibile dal cappello alato - che ha sia la funzione di amuleto (i numerosi falli in testa che proteggono e neutralizzano il male da qualsiasi direzione esso provenga), sia quella di talismano (il dio stringe nella sua mano destra un sacco di monete, dunque attira la ricchezza ed ogni altro bene in casa); una figura simile l'abbiamo in [4] in un affresco, dove Mercurio col sacchetto di monete si presenta stavolta con le ali ai piedi ed il caduceo, brandendo un unico smisurato fallo. In una vetrinetta in [3]: numerosi amuleti fallici (dai Romani chiamati "fascinum") destinati per lo più ai bambini, al collo dei quali essi venivano sospesi per tutelarli da incidenti e malattie; ma anche amuleti destinati agli adulti (p.es. gli orecchini fallici in argento). I fàscina sono in materiali diversi: osso lavorato ed avorio, bronzo, cristallo di rocca, ecc. Interessante il fallo in corallo, precursore dell'amuleto - tuttora diffusissimo nel napoletano - del corno rosso. Molto frequente è il fallo eretto di traverso, in bronzo, tenuto ad una estremità dalla cd. "mano impudica", al quale è sospeso un pene infantile; oppure il piccolo pugno che fa il gesto detto del "le fiche". Sovente sugli amuleti in osso si riscontrano incisi degli occhi (talora stilizzati in cerchietti concentrici) che aumentano l'efficacia dell'amuleto in quanto, attirando maggiormente lo sguardo malevolo, fanno sì che esso colpisca l'oggetto e non la persona. In [4] sono esposti un paio di falli in tufo attaccati alle pareti, o insegne falliche, rinvenute all'esterno di alcune botteghe pompeiane: essi hanno la stessa funzione e scopo dei tintinnabuli; l'insegna più famosa reca l'iscrizione "Hic habitat felicitas" proveniente da una panetteria (pistrinum), che ci informa che lì tutto procede al meglio: naturalmente dal punto di vista dell'impresa e commerciale, non da quello sessuale!

Aspetto funerario

L'aspetto funerario è dato nel [V] da Cippi fallici in travertino, segnacoli di tombe etrusche provenienti dalla zona di Chiusi e Perugia, (II - I secolo a.C.): essi vengono comunemente spiegati come pietre tombali di personaggi di sesso maschile dei quali si voleva sottolineare in modo particolare la virilità o la forza generativa; in realtà i nomi etruschi incisi sull'asta sono sia di uomini che di donne (Lanuel / Lania / Mainath / Arnth / Uplna ecc.), per cui forse essi andrebbero spiegati piuttosto con una speranza di rinascita (in quanto che la terra - in cui si discende con la morte - è un forte simbolo femminile per la sua fertilità, e non sarebbe possibile rinascere se venisse a mancare l'elemento maschile). Un altro pezzo legato al mondo funerario è naturalmente nell' [A] il già citato sarcofago romano della collezione Farnese (vedi sopra: Aspetto religioso).

Aspetto erotico-amoroso

L'aspetto riconducibile all'amore ed al piacere di coppia lo si ritrova nei seguenti pezzi: nel [V], Bel piatto attico a figure rosse (metà V a.C.) con scena di sodomia eterosessuale tra un uomo ed una schiava (o prostituta: le donne libere o maritate non venivano mai rappresentate così!); Anforetta etrusca a figure nere con scena di sodomia maschile in un àmbito sportivo (le scene di omosessualità maschile compaiono unicamente in àmbiti di cultura greca o etrusca, non in quelli romani!); Grande "cratere" italico a figure rosse, con due giovani uomini banchettanti alla presenza di una etera (prostituta) che li alletta eroticamente sollevandosi la veste (seconda metà del IV a.C. - da Sant'Agata dei Goti); Notevole uno specchio etrusco in bronzo, con scena erotica graffita (collezione Borgia - IV a.C.). In [3]: Affresco dalla Casa di Cecilio Giocondo a Pompei, con scena erotica fra giovani coniugi: lui solleva la coperta, lei allunga la mano, e la piccola servetta che si allontana, scomparendo sullo sfondo come un fantasma, avendo capito che è ora di ritirarsi; Elegante letto (ricostruito nelle sue parti lignee) con elementi decorativi originali in bronzo (teste d'anatre, eroti, putti) e ageminature in rame e argento (scacchiera con "greche", tralci con fiori); Ampio bacino in bronzo con scena erotica in un tondo al suo interno (I a.C.): questo genere di oggetti, oltre ad essere destinati realmente ad abluzioni durante i banchetti o la toilette, potevano anche essere semplicemente esposti negli atri delle case per impressionare gli avventizi o suggerire la ricchezza o la raffinatezza del proprietario; Tre tozzi Satiri barbuti e ignudi con fallo enorme, in ceramica (I d.C.): vengono comunemente designati come lucerne, ma si tratta probabilmente di dildo: difatti, mentre uno manca del foro del lucignolo, gli altri due che lo possiedono non mostrano tracce di bruciature; Due piccole statuette in terracotta di coppie di amanti che si baciano: gli uni stanti, gli altri distesi su di un letto con un cagnolino in braccio.

Oggetti diversi

Vi sono infine alcuni oggetti di carattere ed uso diverso non inquadrabili negli aspetti sopra trattati. Essi fanno parte della grande collezione d'arte del cardinale Stefano Borgia, esposti nel [V] in una apposita vetrina dove sono raccolti tutti i pezzi di soggetto sessuale: da essi risalta nettamente il carattere settecentesco ed antiquario della collezione, e non sono infrequenti gli oggetti falsi e pseudo-antichi (p.es. i piccoli bronzetti; oppure il bassorilievo marmoreo con gallo priapico adorato dal pollaio); Unica nel suo genere è una lucerna a vernice nera con fallo alato in rilievo (assimilabile ad un tintinnabulum?); Di non facile interpretazione, infine, le piccole statuette in pietra tenera, rappresentanti un bambino (somigliante, per la sua testa rasata e la trecciolina ricadente di lato, al dio egizio Arpocrate), caratterizzato da un enorme fallo che egli abbraccia o depone allato (di età tolemaica).

Affreschi

  • Si trovano al primo piano; vi si accede dal Salone della Meridiana, da una porta in fondo sulla sinistra. La collezione occupa le Sale 66-78.
  • La collezione è attualmente chiusa al pubblico essendo in restauro sia gli affreschi che le sale in cui essi sono esposti. La riapertura è prevista per la primavera del 2008. Tuttavia dal 17 settembre 2007 sono state riaperte alla visita le prime tre sale delle pitture pompeiane, quelle relative a paesaggi e a ritratti (Sale 75, 78, 77).

(voce da sviluppare)

Argenti

 
Coppe di argento. Da Pompei
Foto di Giorgio Sommer
  • Si trovano al primo piano nella Sala 89, cui si accede dal Salone della Meridiana, passata la porta sulla sinistra, è la prima saletta.
  • Attualmente il 90 % degli argenti è partita per una mostra itinerante, per cui restano solo pochi oggetti concentrati in un'unica vetrina. La sala - per non tenerla vuota - è stata allestita temporaneamente con quelli che un tempo venivano chiamati "Piccoli Bronzi", che comprendono: statuette da larari, statuette decorative, elementi di mobilio, lucerne, strumenti chirurgici, strumenti vari di misura e pesi, ecc.

(voce da sviluppare)

Avori e Ceramiche invetriate

  • Si trovano al primo piano nella Sala 88, cui si accede dal Salone della Meridiana, passata la porta sulla sinistra, nella seconda saletta.

(voce da sviluppare)

Vasellame Bronzeo

  • Si trova al primo piano nella Sala 87, cui si accede dal Salone della Meridiana, passata la porta sulla sinistra, nella terza sala.

(voce da sviluppare)

Vetri

  • Si trovano al primo piano nelle Sale 85-86, cui si accede dal Salone della Meridiana, la quarta e quinta sala, passata la porta, sulla sinistra.

(voce da sviluppare)

Tempio di Iside

  • Le Sale 79-84 al primo piano, situate tra i Vetri, gli Affreschi e il Plastico di Pompei, raccolgono tutto quanto si è rinvenuto nell'area del Tempio di Iside a Pompei.

(voce da sviluppare)

Villa dei Papiri

  • Le Sale 114-117 al primo piano, salendo lo scalone sulla sinistra, raccolgono tutte le opere d'arte rinvenute nella villa (forse appartenuta ai Pisoni), tuttora sepolta a grande profondità ad Ercolano, ma indagata nel XVIII secolo col sistema dei cunicoli. Mancano i rotoli dei papiri conservati alla Biblioteca Nazionale di Napoli nell'apposita "Officina dei Papiri Ercolanesi", ma sono esposti due rotoli non ancora srotolati e foto di altri.

Nella zona relativa ad Ercolano, di rilievo notevole sono le statue in bronzo provenienti dalla Villa dei Papiri, tuttora in fase di scavo. Rappresentano corridori, animali, danzatrici e busti di personaggi dell'antichità creando uno splendido affresco dell'epoca.
(voce da sviluppare ulteriormente)


Plastico di Pompei

  • Si trova al primo piano in un apposito ampio salone, la Sala 96, situata fra i Vetri ed il Tempio di Iside.

Una intera sala è occupata da un grande plastico di Pompei, che ritrae la città in tutti i suoi piccoli particolari.
(voce da sviluppare ulteriormente)

Le sezioni Topografiche

  • Si trovano al primo piano, e vi si accede dal Salone della Meridiana, da una porta situata in fondo ad esso sulla destra.

Sezione Preistorica

  • È esposta nella prima sala della sezione Topografica, la Sala 127 e nei due piani ammezzati subito al di sopra, cui si accede dalla stessa sala.

(voce da sviluppare)

Età del Bronzo e del Ferro

  • È esposta in parte nella Sala 127 (Preistoria) e poi in quella successiva (Sala 126).

(voce da sviluppare)

Cuma

  • Si trova al primo piano nella Sala 126, subito dopo la Preistoria.
  • È allestita e visitabile solo la prima sala della sezione (nella sezione Topografica), relativa all'epoca di fondazione della colonia e accenni all'epoca arcaica. Per l'epoca classica (quindi la ricca Collezione Cumana di vasi dipinti a figure nere e a figure rosse, rinvenuti nelle sue necropoli) non vi sono indicazioni sui possibili tempi di allestimento e di apertura al pubblico.

(voce da sviluppare)

Pithecusae (Ischia)

  • Si trova al primo piano nelle Sale 124-125, successive a quella dedicata a Cuma.

La prima sala (125) è dedicata ai rinvenimenti fatti a Lacco Ameno e in altre località sull'isola di Ischia. La seconda sala (124) è interamente dedicata al rinvenimento della casa greca di Punta Chiarito di VI secolo a.C, che è ricostruita in scala 1 : 1, mentre nelle vetrine e nella ricostruzione sono esposti tutti i reperti rinvenutivi. (voce da sviluppare)

Neapolis

  • Si trova al primo piano, nelle Sale 118-120, situate subito dopo la Villa dei Papiri.

(voce da sviluppare)

Magna Grecia

  • La sezione è chiusa al pubblico in quanto in via di trasferimento nelle nuove Sale 137-143. Non vi sono indicazioni sui possibili tempi di allestimento e di riapertura al pubblico.

(voce da sviluppare)

Etruschi e Italici in Campania

  • La sezione, non ancora allestita, occuperà le Sale 130-136.


Altre collezioni e sezioni

Collezione Egizia

  • Si trova nel piano seminterrato cui si accede dal piano terra, a destra dello scalone principale, alla fine della galleria degli imperatori (Sale 18-23).

Tra le altre collezione conservate ha rilievo la collezione egiziana, terza per importanza in Italia dopo i Musei Vaticani ed il Museo egizio di Torino.
(voce da sviluppare ulteriormente)

Collezione Epigrafica

  • Si trova nel piano seminterrato, cui si accede dall'atrio di ingresso presso il banco delle informazioni (Sale 150-155).
  • La collezione è attualmente chiusa al pubblico a causa dei lavori di collegamento fra Museo e Metropolitana, non ancora terminati. Non vi sono indicazioni sui possibili tempi di riapertura al pubblico.

(voce da sviluppare)

Collezione Numismatica

  • Si trova sul piano ammezzato, salendo lo scalone, sul lato destro (Sale 51-56).

(voce da sviluppare)

Salone della Meridiana

  • Si trova al primo piano, alla fine dello scalone monumentale, della rampa centrale.

Il museo ospita anche, in un enorme salone seicentesco, una meridiana.
(voce da sviluppare ulteriormente)


Note

Bibliografia

  • A. De Franciscis - Il Museo Nazionale di Napoli - Cava dei Tirreni, 1963
  • AA. VV. - Da Palazzo degli Studi a Museo Archeologico. Mostra storico-documentaria del Museo Nazionale di Napoli - Napoli, 1977
  • AA. VV. - La Collezione Egiziana del Museo Archeologico Nazionale di Napoli - Napoli, 1989
  • S. De Caro (a cura di) - Il Museo Archeologico Nazionale di Napoli - Napoli, 1994
  • C. Gasparri (a cura di) - Le Gemme Farnese - Napoli, 1994 (2006)
  • N. Barrella - I grandi musei di Napoli - Roma, 1996
  • A. Milanese - Il Museo Reale di Napoli al tempo di Giuseppe Bonaparte e di Gioacchino Murat in: "Rivista dell'Istituto Nazionale d'Archeologia e Storia dell'Arte", Serie III, Anno XIX-XX, 1996-1997, pagg. 345-405 - Roma 1998
  • S. De Caro - Il Museo Archeologico Nazionale di Napoli (Guida alle collezioni) - Napoli, 1999
  • M.R. Borriello, T. Giove (a cura di) - La Collezione Egiziana del Museo Archeologico di Napoli (Guida alla collezione) - Napoli, 2000
  • M.R. Borriello, T. Giove (a cura di) - La Collezione Epigrafica del Museo Archeologico di Napoli (Guida alla collezione) - Napoli, 2000
  • M.R. Borriello, T. Giove (a cura di) - La Collezione Preistorica del Museo Archeologico Nazionale di Napoli (Guida alla collezione) - Napoli, 2000
  • S. Adamo Muscettola - La Villa dei Papiri a Ercolano (e nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli) (Guida rapida) - Napoli, 2000
  • S. De Caro (a cura di) - Il Gabinetto Segreto del Museo Archeologico Nazionale di Napoli (Guida alla collezione) o (Guida rapida) - Napoli, 2000
  • D. Giampaola, F. Longobardo (a cura di) - Napoli greca e romana tra Museo Archeologico Nazionale e centro antico (Guida rapida) - Napoli, 2000
  • R. Cantilena, T. Giove (a cura di) - La Collezione Numismatica per una storia monetaria del mezzogiorno (Guida alla collezione) - Napoli 2001
  • S. De Caro - I Mosaici, la Casa del Fauno (Guida alla collezione) - Napoli, 2001
  • S. De Caro - La Natura Morta nelle pitture e nei mosaici delle città vesuviane (Guide tematiche) - Napoli, 2001
  • M.R. Borriello, P. Rubino - La Magna Grecia [nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli] [Guida rapida] - Napoli, 2003
  • C. Gasparri (a cura di) - Le Sculture Farnese (Guida rapida) - Napoli, 2003
  • AA. VV. - Cibi e sapori dell'area vesuviana (Guida alla mostra) - Napoli, 2005
  • S. De Caro - Il Santuario di Iside a Pompei e nel Museo Archeologico Nazionale (Guida rapida) - Napoli, 2006
  • C. Gasparri (a cura di) - Le sculture Farnese. Storia e documenti - Napoli, 2007

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