Basilica di Santa Maria in Cosmedin
Santa Maria in Cosmedin (lat. Sanctae Mariae in Cosmedin) si trova in Piazza Bocca della Verità a Roma.


Cenni storici
Nel sito in cui sorge oggi la chiesa, prossimo al Tevere, al Foro Boario e al Circo Massimo, sorgeva in epoca imperiale la Statio annonae, il servizio che gestiva l'approvvigionamento e la distribuzione di cibo al popolo romano.
Ancor prima, però, esso era stato sede dell'Ara Massima di Ercole, santuario "internazionale" deputato a garantire i commerci e i mercanti che in quella zona trafficavano e vivevano, e ancora nel I secolo a.C. Vitruvio cita un tempio a pianta rettangolare posto all'ingresso del Circo Massimo, dedicato ad Ercole Invitto o Pompeiano, in seguito ai restauri compiuti da questo personaggio [1].
Proprio per questa storia del luogo, probabilmente, l'annona e gli edifici vicini divennero sede fin dal VI secolo di una Diaconia, struttura ecclesiale destinata a garantire assistenza al popolo cristiano. La prima piccola chiesa fu fatta costruire da papa Gregorio Magno, la cui famiglia aveva grandi possedimenti nella zona, attorno all'inizio del VII secolo.
Il papa Adriano I la fece ricostruire alla fine dell'VIII secolo, dentro la struttura dell'antica sede dell'Annona, di cui la chiesa incorporò la struttura e il colonnato, dividendola in tre navate e abbellendola di splendide decorazioni. La chiesa e i suoi annessi furono affidati ad una colonia di monaci greci che si erano rifugiati a Roma per sottrarsi alle persecuzioni degli iconoclasti, e si erano stabiliti su questa riva del Tevere, dove era già insediata la comunità greca ed era nota per ciò come Ripa Greca. Da questi la chiesa prese il nome di Santa Maria in Schola Greca, e divenne nota come Santa Maria in Cosmedin, dalla parola greca kosmidion (ornamento).
Diversamente dalla gran parte delle chiese romane del periodo, questa non era sorta sulla tomba di un martire. Tuttavia ebbe anch'essa la sua cripta, scavata nel podio della stessa Ara Massima.
Durante il pontificato di papa Niccolò I (858-867) alla chiesa furono aggiunti una sagrestia, l'oratorio e una residenza diaconale; papa Gelasio II nel 1118 fece riparare i danni subiti dalla struttura quasi cento anni prima (1082) a seguito dell'invasione dei normanni guidati da Roberto il Guiscardo, mentre papa Callisto II intorno al 1200 fece costruire il portico.
La chiesa fu nuovamente restaurata nel 1718 su disegni di Giuseppe Sardi che ne trasformò lo stile da romanico a rococò e nel 1899 da G.B. Giovenale che eliminò questi elementi per riportare la chiesa al suo originale aspetto romanico che ancora oggi conserva.
In questa chiesa furono eletti al soglio pontificio papa Gelasio II, papa Celestino III e anche l'antipapa Benedetto XIII.
Struttura
La facciata a forma di capanna della chiesa presenta un portico con sette arcate, cui si sovrappongono sette finestre; in posizione decentrata (sulla destra dell'osservatore) si erge il bel campanile romanico risalente al XII secolo, che si eleva dal tetto per sette piani, con bifore e trifore, decorato con maioliche colorate.
Sotto il portico, il monumento di Alfano, che curò per conto del papa Callisto II i restauri della chiesa. L'interno della chiesa, tre navate, separate da pilastri e da diciotto colonne di varia provenienza; il soffito è ligneo, costituito da capriate, mentre il pavimento è arricchito dagli smalti e gli ori dei mosaici cosmateschi, oltre che da superfici marmoree, levigate dal corso del tempo.
Qui si possono ammirare la schola cantorum proprio a metà della navata centrale, la "cattedra" episcopale, il "baldacchino" gotico dell'altare maggiore (opera di Deodato) e l'altare di granito rosso posto sul fondo dell'abside risalente al 1123.
Infine, nella sagrestia è conservato un prezioso frammento di un mosaico raffigurante l'Epifania, che originariamente si trovava nella Basilica di San Pietro.
Curiosità
- Sulla sinistra del portico è visibile e visitatissima la famosa Bocca della Verità, davanti alla quale lunghe file di turisti attendono il proprio turno per farsi fotografare con una mano dentro la fessura di quello che con grande probabilità era un chiusino romano.
- Molto apprezzato dai turisti, all'interno, è anche un reliquiario contenente un teschio accreditato a San Valentino.
Note
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