Rubble pile

modello di struttura interna per alcuni corpi minori del sistema solare

In astronomia, con rubble pile (in italiano, letteralmente, agglomerato di detriti) si indica un modello di struttura interna per i corpi minori del Sistema solare. Secondo tale ipotesi, l'asteroide o la cometa non sarebbe un monolito, ma consisterebbe di un insieme di rocce, o rocce e ghiaccio, che sono tenute insieme sotto l'azione della gravità. Gli oggetti con struttura interna rubble pile avrebbero una bassa densità, perché ci sarebbero numerose cavità tra le varie rocce che li compongono.

Si ritiene che l'asteroide 101955 Bennu, qui ripreso dalla missione OSIRIS-REx, abbia una struttura interna del tipo "rubble pile".

Gli asteroidi Bennu e Ryugu hanno una densità che suggerisce che abbiano una struttura interna del tipo rubble pile.[1][2] Si pensa che anche molte comete e la maggior parte degli asteroid più piccoli siano insiemi di rocce del tipo rubble pile.

Pianeti minori

Le rubble pile si formano quando un asteroide, o una luna (che in origine poteva essere un monolite), si frantuma a causa di un impatto con un altro corpo. I frantumi che ne derivano si riassemblano per via della gravità e assumono la forma di una rubble pile. Questo processo può durare da molte ore a varie settimane.[3]

Quando un asteroide rubble-pile passa vicino a un oggetto molto più massivo, la sua forma viene alterata dalle forze mareali.[4]

Si pensa che gli asteroidi con bassa densità siano rubble pile, ad esempio 253 Mathilde. Un esempio di asteroide che non ha crateri di impatto ed è quasi certamente un'aggregato di frammenti è 25143 Itokawa.

Gli asteroidi più grandi (1 Cerere, 2 Pallas, 4 Vesta, 10 Hygiea e 704 Interamnia) non hanno porosità interna. Questo fatto è forse dovuto alla loro grandezza, che permette loro di resistere all'impatto con altri corpi senza rompersi.

Comete

Alcune osservazioni da remoto hanno suggerito che anche i nuclei cometari possano essere, anziché corpi unici, agglomerati di piccoli frammenti, debolmente legati e soggetti a occasionali eventi distruttivi. I componenti di maggiore dimensione, tuttavia, si sarebbero fomati direttamente dalla condensazione primordiale della nebulosa solare.[5][6][7][8][9] Osservazioni in situ del nucleo della Cometa Churyumov-Gerasimenko eseguite della missione Rosetta indicano, tuttavia, che forniscono un quadro più articolato rispetto allo scenario prospettato.

Satelliti naturali

È stato ipotizzato che Fobos, il più grande dei due satelliti naturali di Marte, come gli asteroidi che presentano crateri da impatto di notevoli dimensioni (quali Gaspra, Ida e Mathilde), non sia un corpo compatto, ma un agglomerato di rocce,[10] con spazi vuoti macroscopici tra i blocchi e ghiaccio d'acqua che avrebbe riempito parte degli interstizi.[11] Il tutto sarebbe ricoperto dallo spesso strato di regolite, la cui profondità potrebbe essere anche di un centinaio di metri.[12] Questa struttura interna potrebbe spiegare sia il valore della densità media,[10] sia la capacità di resistere a impatti potenzialmente catastrofici, come quello che ha generato il cratere Stickney.[13][14] La struttura ad agglomerato inoltre renderebbe Fobos deformabile sotto l'azione delle forze mareali esercitate dal pianeta; i movimenti interni non sarebbero direttamente visibili in superficie, nascosti dallo strato di regolite che si comporterebbe come una membrana cementizia elastica.[15]

Note

  1. ^ Steven R. Chesley, Davide Farnocchia e Michael C. Nolan, Orbit and Bulk Density of the OSIRIS-REx Target Asteroid (101955) Bennu, in Icarus, vol. 235, 2014-06, pp. 5–22, DOI:10.1016/j.icarus.2014.02.020. URL consultato il 23 aprile 2020.
  2. ^ (EN) Paul Rincon, Asteroid mission exploring a 'rubble pile', in BBC News, 19 marzo 2019. URL consultato il 23 aprile 2020.
  3. ^ (EN) Patrick Michel, Willy Benz e Paolo Tanga, Collisions and Gravitational Reaccumulation: Forming Asteroid Families and Satellites, in Science, vol. 294, n. 5547, 23 novembre 2001, pp. 1696–1700, DOI:10.1126/science.1065189. URL consultato il 23 aprile 2020.
  4. ^ (EN) Johndale C. Solem e Jack G. Hills, Shaping of Earth-Crossing Asteroids by Tidal Forces, in AJ, vol. 111, marzo 1996, pp. 1382, DOI:10.1086/117884. URL consultato il 23 aprile 2020.
  5. ^ (EN) Paul R. Weissman, Are cometary nuclei primordial rubble piles?, in Nature, vol. 320, n. 6059, 1986-03, pp. 242–244, DOI:10.1038/320242a0. URL consultato il 23 aprile 2020.
  6. ^ Tidal Disruption of Asteroids and Comets, su boulder.swri.edu. URL consultato il 23 aprile 2020.
  7. ^ Harold A. Weaver, Stardust at Comet Wild 2 (PDF), in Science, vol. 304, 18 giugno 2004.
  8. ^ Interior of the Cometary Nucleus, su www2.ess.ucla.edu.
  9. ^ (EN) E. Asphaug e W. Benz, Density of comet Shoemaker–Levy 9 deduced by modelling breakup of the parent 'rubble pile', in Nature, vol. 370, n. 6485, luglio 1994, pp. 120–124, DOI:10.1038/370120a0. URL consultato il 23 aprile 2020.
  10. ^ a b Emily Lakdawalla, Phobos: New gravity data and an update on the Phobos-Grunt landing site, su planetary.org, The Planetary Society, 16 ottobre 2008. URL consultato il 20 ottobre 2008.
  11. ^ (EN) S. Le Maistre, A. Rivoldini e P. Rosenblatt, Signature of Phobos' interior structure in its gravity field and libration, in Icarus, vol. 321, 15 marzo 2019, pp. 272-290, DOI:10.1016/j.icarus.2018.11.022.
  12. ^ (EN) J. Veverka e J. A. Burns, The moons of Mars, in Annual review of earth and planetary sciences. Volume 8, Palo Alto, Calif., Annual Reviews, Inc., 1980, pp. 527-558, DOI:10.1146/annurev.ea.08.050180.002523. URL consultato l'11 marzo 2012.
  13. ^ William Bottke, Large Craters on Asteroids, su boulder.swri.edu, Southwest Research Institute, 10 settembre 1998. URL consultato il 20 ottobre 2008.
  14. ^ (EN) N. Movshovitz e E. Asphaug, Long term stability of a rubble-pile Phobos, in EPSC Abstracts, vol. 6, Santa Cruz, ottobre 2011. URL consultato il 12 dicembre 2018.
  15. ^ Phobos is Slowly Falling Apart - SpaceRef, su spaceref.com. URL consultato il 17 gennaio 2019.

Collegamenti esterni

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