Arche scaligere
Le arche scaligere, situate nel cuore del centro storico di Verona, a fianco della chiesa di Santa Maria Antica e a pochi metri dalla piazza dei Signori, sono un monumentale complesso funerario in stile gotico della famiglia degli Scaligeri, destinate a contenere le arche (o tombe) di alcuni illustri rappresentanti della casata, tra cui quella del più grande Signore di Verona, Cangrande, a cui Dante dedicò il Paradiso. Lo storico francese Georges Duby nel suo L'Europa del medioevo ha definito le arche «uno dei più insigni e significativi monumenti dell'arte gotica».
Arche scaligere | |
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Autore | (diversi) |
Data | XIV secolo |
Materiale | marmo |
Ubicazione | piazza Arche scaligere, Verona |
Coordinate | 45°26′37.12″N 10°59′56.14″E |
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Storia
Probabilmente già a partire dal XII secolo, o comunque almeno dal XIII secolo, il cimitero della chiesa di Santa Maria Antica divenne luogo di sepoltura di tutti i rami della famiglia scaligera; il primo vero e proprio monumento funebre realizzato fu quello di Mastino I della Scala, morto nel 1277, di cui rimane però solamente il sarcofago, caratterizzato da una forma arcaica "ravennate" tipica delle tombe monumentali scaligere del periodo più antico. Questo sarcofago in origine doveva essere l'elemento principale di una "tomba a muro" protetta da un'edicola, situata sul fianco dell'ingresso laterale alla chiesa di Santa Maria Antica, tuttavia l'edicola stessa venne smontata intorno alla fine del XVIII secolo. All'inizio del XIV secolo seguì la realizzazione di altri tre sarcofaghi: quello di Alberto I (morto nel 1301), di Bartolomeo I (1304) e infine quello di Alboino (1311). Questi, senza edicola e situati allineati lungo il muro esterno della chiesa, di fianco al monumento a Mastino I, erano stati concepiti come sepolcri per l'intera famiglia, da realizzarsi in serie, e non destinati alla singola persona.[1]
Morto nel 1329 il più noto dei signori di Verona, Cangrande I della Scala, probabilmente già entro l'anno successivo venne eretto il monumento funebre in suo onore sopra l'entrata laterale della chiesetta, in parte diverso rispetto a come appare oggi: il tetto piramidale sormontato dalla statua equestre e il sarcofago con la figura giacente del cavaliere sono infatti aggiunte successive. Sembra invece che l'originale sarcofago che conteneva le spoglie di Cangrande fosse un altro, che è stato individuato in un sarcofago lavorato in rilievo ancora oggi presente all'interno del recinto del cimitero scaligero. La prima versione del monumento meglio si inserisce nella tradizionale locale, con un'edicola romanica caratterizzata da una copertura a volta a botte e archi a tutto sesto che furono successivamente sostituiti da una con copertura a volta a crociera costolonata e archi a sesto acuto trilobati; una seconda versione in stile gotico quindi, che aveva un precedente nella tomba di Dussaini, collocata lungo il muro perimetrale della chiesa di San Pietro Martire, e nell'arca di Castelbarco, situata tra la stessa chiesa e la basilica di Santa Anastasia. Il sarcofago originale, che come già detto si trova ancora all'interno del cimitero, rispetto a quelli precedenti della famiglia presenta degli elementi figurativi, mantenendo però la forma ravennate: questi elementi in rilievo presentano delle caratteristiche che lo fanno identificare come opera di scultura romanica con alcune influenze bizantine.[2]
Dopo la conquista dell'intera marca trevigiana da parte di Cangrande, il successore Mastino II ampliò ancor di più i domini di Verona impadronendosi di Brescia, Parma e Lucca, pertanto la signoria scaligera raggiunse la sua massima espansione territoriale. Visto l'ampio potere conseguito, Mastino II ebbe la possibilità di aumentare la sua attività di mecenate: tra le opere che finanziò vi fu la ristrutturazione del cimitero di Santa Maria Antica, che sarebbe dovuto divenire un elegante complesso gotico il cui fine doveva essere quello di glorificare la famiglia scaligera. Il progetto, affidato al cosiddetto "maestro delle arche scaligere", determinò il rinnovamento del monumento funebre di Cangrande, che assunse così l'aspetto che ancora oggi lo caratterizza, la realizzazione della recinzione del cimitero, coronata da statue, e la realizzazione dell'arca per Mastino II stesso. Il maestro risolse in modo audace l'incarico che gli fu assegnato, fondendo nella sua opera elementi iconografici e formali sia locali che stranieri, derivati in particolare dalla Germania meridionale, e rinnovando la tradizionale locale delle tombe romaniche grazie all'utilizzo di sculture in rilievo, di figure a tutto tondo, di frontoni a ghimberga e pinnacoli.[3]
L'ultima delle arche monumentali ad essere edificata fu quella di Cansignorio: il suo governo, terminato con la sua morte nel 1375, fu caratterizzato da delitti e congiure, tuttavia anche lui volle lasciare in sua memoria un sepolcro monumentale, commissionato ad uno dei più illustri scultori del tempo, Bonino da Campione, che iniziò l'opera nel 1364, quando il signore veronese era ancora in vita. Cansignorio spese la considerevole cifra di diecimila fiorini, ottenendone in cambio l'arca con l'apparato decorativo più complesso e sontuoso.[4]
Intorno alla fine del XVI secolo il monumento cominciò a mostrare problemi relativi alla sua conservazione, tema che nel corso dei secoli successivi emerse più volte e quindi periodicamente riproposto ai politici locali. Un primo intervento di restauro sull'arca di Mastino venne effettuato solamente nel 1786, mentre a partire dal 1838, con la spinta data della visita in città dell'imperatore Ferdinando I, si decise di ampliare l'intervento coinvolgendo l'intero complesso monumentale.[5]
Descrizione
Le arche furono realizzate nel XIV secolo da vari scultori. Arrivando da piazza dei Signori si trova, addossata al muro della chiesa di Santa Maria, la tomba di Mastino I della Scala, con un sarcofago semplice che ricorda l'uso romano. Poco avanti si trova isolata la tomba di Alberto I della Scala che, riccamente istoriata, ripete architettonicamente quella di Mastino I. Vicino al muro esterno si trovano poi tre semplici tombe, appartenenti probabilmente, in ordine, a Bartolomeo I, a Cangrande II e a Bartolomeo II della Scala (quest'ultima forse di Bailardino Nogarola).
Sopra la porta laterale di Santa Maria Antica si trova invece la magnifica arca di Cangrande I, il più grande Signore scaligero. Il sarcofago di Cangrande è sostenuto da quattro cani reggenti lo stemma scaligero: sulla faccia anteriore si possono vedere tre statue, su quella posteriore si vede invece Verona. Sopra il sarcofago si trova la statua distesa di Cangrande. Quattro colonne di ordine corinzio reggono il baldacchino, che si slancia verso l'alto, culminando nella notevole statua equestre di Cangrande della Scala. Vi è poi l'arca di Mastino II della Scala: il suo sarcofago poggia su quattro pilastri, e sopra di esso la sua statua giace stesa. In cima all'arca si trova la statua equestre del Signore, chiuso nella solida armatura. Infine l'ultima arca, quella di Cansignorio della Scala, la più ricca e movimentata.
La tomba di Giovanni della Scala è stata invece spostata qui nel 1831 dalla chiesa dei Santi Fermo e Rustico[6] al ponte Navi, e si trova adesso in fondo al cimitero, sulla parete esterna di una casa. Le statue originali di Cangrande e Mastino II sono state trasferite presso il museo di Castel Vecchio, per cui nel cimitero si trovano delle copie.
Arca di Cangrande
L'arca di Cangrande fu la prima delle tre monumentali tombe degli Scaligeri, eretta sul portone d'entrata della chiesa di Santa Maria Antica, a cui egli era particolarmente devoto.
Il sarcofago è sostenuto da cani recante il suo vessillo: la statua posta sopra lo raffigura sdraiato e forse morto, ma, nonostante questo, ancora con un sorriso. Cangrande porta vesti curiali e uno spadone a due mani a fianco. Il fronte anteriore del sarcofago è tripartito, e al centro di ogni riquadro è collocata una piccola statua. Nello scenario centrale si affaccia una Pietà in altorilievo, mentre agli estremi si ricorda l'Annunciazione di Cristo. A sinistra La Vergine Annunciata in ginocchio con la testa china e le mani congiunte, a destra l'Angelo alato (quest'ultima opera del Pegrassi). Negli angoli dei due riquadri laterali si rappresenta nella tecnica del bassorilievo le più note conquiste del principe veronese.
Nella formella sulla fronte, a destra, dell'arca si possono osservare:
- Padova. Fanti padovani e scaligeri in uno dei tanti scontri che portarono alla vittoria di Cangrande.
- La città di Padova con la basilica di Sant'Antonio, il salone e la torre del podestà, e le mura.
- Vicenza. Cangrande a cavallo in una delle battaglie svoltasi alle porte di Vicenza.
- La città di Vicenza con il palazzo e la torre di piazza, e le sue fortificazioni (è la prima iconografia nota della città di Vicenza).
Nella formella sulla fronte, a sinistra, dell'arca si possono osservare:
- Belluno. Cangrande riceve le chiavi dai rappresentanti della città.
- La città di Belluno con una delle torri del palazzo vescovile, il duomo e la torre del castello, la chiesa di San Lorenzo e di Santa Croce, oltre alle mura.
- Feltre. Cangrande si sporge per ricevere le chiavi dai rappresentanti della città.
- La città di Feltre con la rocca e l'altissimo mastio.
Nella formella sul retro, a destra, dell'arca si possono osservare:
- Cangrande davanti all'imperatore Enrico VII.
- La raffigurazione della città di Marostica.
- L'imperatore Enrico VII in trono che consegna a Cangrande e Alboino lo stendardo di Verona.
- La città di Verona con la cinta murata che all'interno l'Arena e la basilica di San Zeno, la cinta collinare che Cangrande fece costruire.
Nella formella sul retro, a sinistra, dell'arca si possono osservare:
- Padova. I cittadini presentano a Cangrande lo stendardo della città.
- Veduta di Padova.
- Cangrande riceve l'omaggio della città di Treviso dai nuovi sudditi che gli offrono le chiavi.
- L'uscita del corpo di Cangrande dalle porte di Treviso, dopo la sua morte.
Sono incisi anche i nomi delle principali città della marca: Vicenza, Padova, Feltre, Belluno, Marostica, Treviso e Verona.
Sulla sommità della tomba è presente la copia della statua equestre di Cangrande (l'originale si trova dentro il Museo di Castelvecchio), ritenuta la più bella statua equestre del XIV secolo,[7] opera attribuita a Giovanni di Rigino:[8] Cangrande è raffigurato sorridente e eretto sul cavallo appena arrestato dal galoppo vittorioso. Il vento fa ondeggiare la gualdrappa damascata che ricopre il cavallo sino agli zoccoli. Il capo di Cangrande è coperto con una maglia d'acciaio, mentre l'elmo a testa di cane alato è gettato dietro la schiena. Il braccio sembra porre la spada nel fodero, in segno di pace, mentre il sorriso da un sentimento di benevolenza. Il monumento viene così descritto da John Ruskin in The Stones of Venice:
Arca di Mastino II
Mastino II decise di farsi costruire il suo mausoleo funebre quando era ancora in vita (al contrario di Cangrande, la cui arca fu costruita dopo la sua morte), e la sua arca risulta quindi essere, cronologicamente, la seconda costruita, anche se è forse la più preziosa.[10] A base quadrangolare, ospita, nei timpani del tabernacolo del secondo ordine (dove è presente il sarcofago), quattro preziosi altorilievi con scene di storia sacra: la tentazione di Adamo ed Eva, il lavoro dei progenitori, l'uccisione di Caino e lo scherno fatto a Noè. Dunque richiami al dramma dell'umanità in conseguenza del peccato.
Mastino è raffigurato adagiato sul coperchio del sarcofago sereno, nel sonno placido della morte, e sotto, sullo stesso sarcofago, riappare, inginocchiato e supplicante di fronte alla Vergine Maria, invocante quanto scritto sulla stessa iscrizione funebre: che lo spirito del signore possa raggiungere il cielo ed ivi godere dell'eterna pace.
Sopra l'arca domina la figura di Mastino a cavallo, chiusa nell'armatura:
Arca di Cansignorio
Cansignorio della Scala, date le cattive condizioni della sua salute, incominciò, nel 1364, a pensare al suo sepolcro, e chiamò eccellenti scultori e architetti per fare la sua arca di marmo. La tomba è concepita come un reliquiario gotico, realizzato su disegno di Bonino da Campione, e costò più di 10.000 fiorini, una somma enorme.[11] Non tutte le sculture sono comunque opera di Bonino, ma accanto a lui hanno lavorato anche larghe maestranze, tra cui scultori locali.
L'arca è a base esagonale e ai lati del recinto, sempre esagonale, si innalzano i pilastri che reggono sei tabernacoli gotici, dove si trovano sei santi che ebbero a che fare con le armi, santi guerrieri. Essi sono Ludovico, Martino, Sigismondo, Valentino, Giorgio e Luigi re di Francia. Le sei colonne reggono anche il piano di marmo rosso dove si trova il sarcofago del Signore. Ai quattro angoli si trovano coppie di putti nudi. Qui si trova anche un'iscrizione attribuita a Cansignorio, che tradotta è: «Io, Cansignorio, riposo in quest'arca splendente. Io che avrei potuto essere monarca di molte città d'Italia. Io che di due popoli (il veronese e il vicentino) tenni comunque lo scettro, e quelli ressi con giustizia e con pietà. Il mio valore, aggiunto all'amore per la pace e non disgiunti alla mia fede, mi daranno fama per i secoli avvenire». Sul sarcofago sono scolpite storie tratti dai Vangeli, oltre all'incoronazione di Maria, in cui è presente anche Cansignorio. Altre sei colonne reggono il baldacchino che ricopre il sarcofago, con, nei timpani, altrettante figure allegoriche. Parte quindi la piramide esagonale che funge da tetto e che culmina con la statua equestre di Cansignorio, creando una triade insieme alle altre due statue equestri dei Signori di Verona.
Note
- ^ Seiler, p. 126.
- ^ Seiler, p. 126 e p. 130.
- ^ Seiler, p. 132.
- ^ Le arche scaligere: l'imponente e maestoso mausoleo dei signori di Verona, su finestresullarte.info. URL consultato il 10 settembre 2020.
- ^ Notiziario della Banca Popolare di Verona, Verona, 1988, n. 3.
- ^ Arche scaligere.
- ^ Carrara, p. 99.
- ^ Treccani.it. Giovanni di Rigino.
- ^ Tratto da verona.com, su verona.com. URL consultato il 29 febbraio 2008 (archiviato dall'url originale il 23 maggio 2008).
- ^ Tratto da verona.com, su verona.com. URL consultato il 21 aprile 2008 (archiviato dall'url originale il 23 maggio 2008).
- ^ Tratto da verona.com, su verona.com. URL consultato il 21 aprile 2008 (archiviato dall'url originale il 23 maggio 2008).
Bibliografia
- Peter Seiler, La trasformazione gotica della magnificenza signorile. Committenza viscontea e scaligera nei monumenti sepolcrali dal tardo Duecento alla metà del Trecento, in Martina Bagnoli e Valentino Pace (a cura di), Il gotico europeo in Italia, Napoli, Electa, 1994, ISBN 88-435-4800-X.
- Mario Carrara, Gli Scaligeri, Varese, Dall'Oglio, 1966, SBN IT\ICCU\SBL\0546240 Controllare il valore del parametro
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Voci correlate
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