Fenomenologia dello spirito

saggio di Georg Wilhelm Friedrich Hegel
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Lo stesso argomento in dettaglio: Pensiero di Hegel e Georg Wilhelm Friedrich Hegel.

La Fenomenologia dello spirito (Phänomenologie des Geistes) è un'opera filosofica di Hegel, pubblicata per la prima volta nel 1807.

Prima edizione della Fenomenologia dello Spirito

Le partizioni della filosofia hegeliana : Idea, Natura, Spirito

Il farsi dinamico dell'Assoluto passa attraverso tre fasi fondamentali:

  • idea in sé e per sé, che può essere identificata con il Dio prima della creazione dell'entità finita (il mondo), o, per meglio dire, quando il mondo è solo un programma ed è presente soltanto l'ossatura razionale del finito.
  • idea fuori di sé, cioè la Natura;
  • idea che ritorna in sé, cioè lo Spirito, ovvero l'idea che ritorna al suo stadio iniziale, gonfia di concretezza, dopo il passaggio attraverso la Natura.

Queste tre fasi non s'hanno da intendere in senso cronologico, bensì solo in senso ideale: infatti lo Spirito è coeterno sia all'Idea, sia al suo opposto, la Natura.

A queste tre partizioni, corrispondono tre diverse branche della filosofia hegeliana:

  • La logica, suddivisa a sua volta in dottrina dell'essere, dottrina dell'essenza e dottrina del concetto;
  • La filosofia della natura, ripartita in meccanica, fisica e organica;
  • La filosofia dello spirito, che studia lo spirito soggettivo, oggettivo e assoluto.

La manifestazione dell'Assoluto, la sua discesa nel mondo è rappresentata nella Fenomenologia che secondo il primo progetto dell'autore, doveva essere un'introduzione alla Logica: la coscienza umana, partendo dallo stadio della conoscenza empirica, si evolve gradualmente al sapere scientifico.

Con l'ampliarsi della materia trattata, il testo si trasformò in un'esposizione dell'intero sistema; di qui, le confusioni e le oscurità che caratterizzano l'opera.

La Fenomenologia è un'indagine, non solo della coscienza teoretica, ma anche della coscienza morale, sociale, politica e religiosa.

La Fenomenologia dello spirito

File:Fenomenologia.jpg

Hegel sviluppa il tema della risoluzione del finito nell'infinito nella Fenomenologia dello Spirito (laddove fenomenologia significa Scienza di ciò che appare). La fenomenologia è la storia romanzata della coscienza individuale che esce dalla sua individualità per farsi universalità: in pratica è come se nella dottrina hegeliana esistessero due piani separati che s'intersecano e sovrappongono quando l'Assoluto s'incarna nello Spirito soggettivo.

  • La prima via all'in su è quella della coscienza individuale verso il possesso dell'Assoluto ed è questa la strada indicata nella Fenomenologia.
  • La seconda via all'in giù è quella dell'Assoluto che attraverso gli stadi dialettici della Logica (Idea - Natura - Spirito) si manifesta come Spirito soggettivo nell'individuo e, da questo punto coincidendo con la prima via giunge, passando attraverso lo Spirito oggettivo, su se stesso, gonfio di realtà, come Spirito assoluto.

Hegel riproporrà infine l'intero percorso, sia quello individuale che quello dello stesso Assoluto, nella "Enciclopedia delle scienze filosofiche".

La Coscienza individuale ripercorre tutte le tappe dello Spirito Assoluto, e dopo molti travagli, viene ad identificarsi con esso. Da ciò prende l'avvio una delle più famose figure[1] della Fenomenologia dello Spirito, vale a dire quella della Coscienza infelice cioè quella coscienza che non sa di essere tutta la realtà, e che pertanto viene dilaniata da opposizioni interne che riesce a superare solo comprendendo di essere il tutto.

Sono quattro i momenti dello sviluppo fenomenologico: la coscienza, l'autocoscienza, la ragione e lo spirito.

La coscienza

Il momento da cui inizia la consapevolezza di sé (coscienza) è rappresentato dall'incontro dell'individuo con l'oggetto. È attraverso il confronto sensibile con gli oggetti che ci rendiamo conto della nostra esistenza. L'incontro con l'oggetto si sviluppa attraverso tre fasi:

  • certezza sensibile: in cui si è certi che esiste l'oggetto rivelato dai sensi. Nasce però la difficoltà di capire come riportare la certezza sensibile di questo oggetto a tutti gli altri oggetti che mi si presentano nella loro diversità sensibile.
  • percezione: in questa fase la mia attenzione si volge a fare in modo che le diverse proprietà degli oggetti possono essere riportate ad un unico punto di riferimento che mi permetta di avere una visione unitaria della realtà. La soluzione sembra essere quella di riportare tutta la varietà delle qualità sensibili a un punto fisso di riferimento: il sostrato, la sostanza presente in tutte le cose allo stesso modo. Ma la ricerca travagliata della sostanza ha dimostrato che l'uomo non riesce a coglierla.
  • intelletto: visto che non siamo in grado di conoscere questo sostrato sul quale ineriscono le qualità dobbiamo pensare che l'unità non stia nell'oggetto, ma nel soggetto che unifica le sensazioni tramite l'intelletto. La consistenza fenomenica della realtà viene superata non ricercandola nella sostanza ma riportandola alla funzione dell'intelletto. (Ogni fatto, secondo l'idealismo, rimanda all'atto che lo pone.)

A questo punto la coscienza ha interiorizzato l'oggetto in sé stessa ed è diventata coscienza di sé, ovvero autocoscienza che non ha più bisogno di riferirsi agli oggetti per avere coscienza di sè, Ha capito che la certezza della propria esistenza è data dalla sua attività intellettuale.

L'Autocoscienza

L'autocoscienza non ha più in Hegel il significato di essere coscienti di sè, che aveva avuto sinora ma acquista un valore sociale e politico. L'autocoscienza si raggiunge infatti solo se si riesce a confrontarci nella nostra particolare esistenza con quella degli altri. Il riconoscimento delle altre autocoscienze non avviene, come si potrebbe pensare e come in effetti Hegel aveva inizialmente sostenuto nella fase giovanile (vedi: Pensiero di Hegel), attraverso l'amore , bensì attraverso la lotta, il confronto per cui, addirittura alcuni individui arrivano a sfidare la morte per potersi affermare su quelli che hanno paura e finiscono per subordinarsi ai primi. È questo il rapporto di signoria-servitù.

Signoria e servitù

Il signore, rischiando la propria vita proteggendo quella dei deboli ha raggiunto il suo scopo, e si è affermato su quello che è divenuto il suo servo. Anche il servo però diventa importante per il signore perché dal lavoro di quello dipende il suo stesso mantenimento in vita. È il servo che lo nutre e lo accudisce e gli fornisce gli oggetti di cui ha bisogno. Il padrone non riesce più a fare a meno del servo.Dunque la subordinazione si rovescia. Il padrone diviene servo (nel senso che ha bisogno di lui) del servo, e il servo diviene padrone (con la sua attività produttiva) del padrone.

Da notare che non vengono persi i ruoli originari, ma se ne aggiunge ad entrambi uno nuovo, l'opposto. Il passato di servo e padrone non viene eliminato del tutto ma in ognuno è in parte tolto e nello stesso tempo conservato il ruolo originario. È il classico rapporto di Aufheben (togliere e conservare) che si stabilisce tra i vari momenti dello sviluppo dialettico (vedi Pensiero di Hegel) che nella dialettica del servo sono

Inoltre, il lavoro è formativo e creativo, perché il servo, in ciò che produce mette tutto se stesso non solo la sua forza materiale, mentre il padrone si limita ad utilizzare gli oggetti prodotti.[2] E poi, poiché le cose non sono di sua proprietà, il servo riesce a dominare i propri desideri: dunque attraverso il lavoro, l'autocoscienza acquisisce anche la dignità.

Stoicismo e scetticismo

Il raggiungimento dell' indipendenza, ultimo dei tre momenti della dialettica servo-padrone, coincide con lo stoicismo, ossia quella visione del saggio che ritiene di poter fare a meno delle cose del raggiungendo così l'autosufficienza del saggio. Tuttavia, in questo modo lo stoico s'illude di eliminare la realtà che continua invece a sussistere e ad influenzare la sua vita.

Chi invece riesce ad ignorare totalmente la realtà è lo scettico. Tuttavia lo scetticismo si contraddice, poiché egli, da un lato dubita della realtà e dichiara che tutto è vano e incerto, mentre dall'altro, vorrebbe poter sostenere qualcosa di reale e vero. Questa scissione tra l'uno e il Tutto, tra individuo e la totalità del mondo si ripropone nella figura della coscienza infelice religiosa tra il soggetto e la totalità di Dio.

La coscienza infelice religiosa

La scissione diventa esplicita in quella spaccatura che l'uomo avverte fra se stesso e Dio. Questa scissione appare evidente nell'ebraismo, dove il Dio è visto come un essere totalmente trascendente, padrone della vita e della morte, ovvero un rapporto di signoria-servitù fra Dio e l'uomo.(cfr. Pensiero di Hegel: il periodo di Jena).

In un secondo momento, con il cristianesimo medioevale, questa scissione sembra sanarsi quando Dio si assimila all'uomo incarnandosi.

Tuttavia, nulla viene veramente risolto: Cristo, da un lato, con la propria resurrezione, ritorna ad allontanarsi dall'uomo, superando la sua stessa incarnazione e, per altro verso, , essendo Cristo vissuto storicamente in tempi anteriori, i molti che gli sono succeduti non hanno potuto assistere al miracolo dell'incarnazione di un Dio che ormai è separato dalla storia e lontano dai credenti.

Pertanto la scissione è tutt'altro che risolta, e la coscienza, sentendosi ancora separata dall'Assoluto, permane nell'infelicità.

La presa di coscienza del proprio valore, dopo aver toccato il punto più basso con la mortificazione di sé nei confronti della divinità, avviene nel Rinascimento, quando l'uomo riprende coscienza della propria forza ed inizia il cammino per raggiungere l'Assoluto.

Ragione

Ragione osservativa

Nel Rinascimento l'uomo riacquista la ragione che gli indica come sia inutile la ricerca di un Dio trascendente mentre questo è vivo e presente nella natura stessa. Nasce così la pretesa della scienza di conquistare l'Assoluto tramite l'osservazione scientifica della realtà. Ma la descrizione che la scienza fa del mondo non vuol dire impossessarsi del mondo tramite la legge e l'esperimento. Ancora una volta la totalità sfugge al potere dell'uomo.

Ragione attiva

Allora dalla ragione osservativa si passa a quella attiva, alla descrizione del mondo si sostituisce l'azione sul mondo, la volontà di usarlo e goderne. Ma tale intento fallisce come testimoniano le tre figure della ragione attiva:

  • "il piacere e la necessità": l'individuo deluso dalla scienza e dalla ricerca naturalistica si getta nella vita alla ricerca del proprio godimento. Ma nel piacere l'individuo inevitabilmente incontrerà il suo destino che metterà fine a ogni piacere.
  • L'individuo cercherà allora di opporsi al corso ostile del mondo appellandosi alla "legge del cuore". Nuovo don Chisciotte dopo avere cercato di individuare e abbattere i mali del mondo entrerà il conflitto con altri combattenti che perseguono un loro progetto di bene e vero universali.
  • l'individuo allora prenderà come sua guida "la virtù", ossia un agire in grado di procedere oltre l'immediatezza del sentimento e delle inclinazioni soggettive. Ma il contrasto tra la virtù, il bene concepito astrattamente, e la realtà del mondo, si concluderà con la sconfitta del "cavaliere della virtù".

Individualità in sé e per sè

In questa fase sintetica dello sviluppo dialettico della ragione Hegel mostra come l'individualità,pur mirando a raggiungere la propria realizzazione, rimane tuttavia, astratta e inadeguata. Per mostrarlo egli si serve ancora delle "figure":

  • La prima figura è quella che Hegel denomina "il regno animale dello spirito": agli sforzi e alle ambizioni di una virtù che dovrebbe realizzare il bene di tutti ma che fallisce, succede l'atteggiamento dell'onesta dedizione ai propri compiti particolari. Ma c'è un inganno. L'individuo tende a spacciare la sua opera come il dovere morale stesso, mentre essa esprime soltanto il proprio interesse personale. Non esiste vera morale se non è universale.
  • La figura della "la ragione legislatrice" : l'autocoscienza avvertendo l'inganno, cerca in se stessa delle leggi che valgano per tutti. Tuttavia tali leggi che pretendono d'essere universali in effetti nascono dalla propria volontà individuale.
  • Infine la figura della "ragione esaminatrice delle leggi": l'autocoscienza cerca delle leggi assolutamente valide che s'impongano a tutti nessuno escluso. Ma così facendo l'individuo si deve porre al di sopra delle leggi stesse, riducendone quindi, la validità e l'incondizionatezza.

Con tutte queste figure Hegel vuole dirci che se ci si pone dal punto di vista dell'individuo si è inevitabilmente costretti a non raggiungere mai l'universalità. Quest'ultima si trova soltanto nella fase dello "Spirito". [3]

Iniziamo da questo momento a ad inserire la trattazione di quella che abbiamo chiamato la "via all'in giu" dell'Assoluto che lo porterà, nel momento dello Spirito soggettivo, a coincidere con la storia individuale del soggetto, iniziata con la coscienza, che abbiamo interrotto alla fase della ragione.(Vedi schema)

Logica dell'essere

Essere indeterminato e nulla

Il pensiero comincia analizzando l'essere più puro, privo di ogni caratteristica che possa esistere che si può chiamare : l'Essere immediato e indeterminato.Accettare questa definizione però equivale a pensare il Nulla in quanto non si indica niente né di determinato né di particolare. A sua volta però il Nulla, che deriva dalla totale assenza di particolarità dell'Essere, non è un nulla assoluto perché deriva da quell'Essere indeterminato che è comunque qualcosa.

Questo continuo passaggio dall'Essere al Nulla porta al tradizionale concetto di Divenire, inteso come passaggio dall'essere al non-essere e viceversa. Infatti non possiamo pensare i primi due elementi separatamente perché l'uno rimanda sempre all'altro.[4]

Essere determinato

Se esiste il Divenire deve esserci qualcosa che diviene ossia l'Essere Determinato (o Qualcosa). Questo Qualcosa, per essere tale,deve avere determinate qualità:

  • esso ha determinate qualità che lo rendono "unico" (passaggio dalla categoria Qualità a Quantità)
  • ma esso è quello che è perché ha un tot di caratteristiche (passaggio dalla Quantità alla Qualità)

Questo continuo passaggio tra queste due categorie crea la categoria della Misura

Logica dell'essenza

Le categorie dell'Essere (ossia quantità,qualità,misura) lo analizzano solo nell'aspetto superficiale ma non possiamo pensarlo solo da questo punto di vista, ma anche in profondità. Ciò che dà senso alle caratteristiche superficiali è l' Essenza. Ogni categoria infatti non avrebbe senso se non la riferissimo a un essere nella sua essenza fondamentale. Dire che "è grande, è bello ecc." (categorie di quantità, qualità) non avrebbe senso se non lo riferissimo a quell'essere che nella sua essenza è "un uomo bello, grande ecc."

Logica del concetto

  • soggettività
  • oggettività
  • idea

Il supremo risultato della attività logica è il concetto che non va inteso,com'era in Kant, una semplice attività formale dell'intelletto (soggettività) e neppure, come nel realismo qualcosa che la nostra mente ricavava dalla realtà (oggettività). La sintesi di queste due visioni contrapposte è l' idea che dall'idealismo in poi si considera come la trasfusione della realtà nell'attività di pensiero ("ogni fatto rimanda all'atto che lo pone").

La filosofia della natura

Hegel non condivide l'ammirazione della natura tipica dei Romantici, perché egli la vede solo come un momento incompleto, di passaggio. La natura è l' idea fuori di sé, e pertanto la sua caratteristica è l'esteriorità. Ma se la natura è esteriorità, la natura non possiede alcuna libertà, ed è pertanto il momento più lontano dalla razionalità. La natura è il regno di necessità e accidentalità, e pur essendo regolata da leggi, non si può elevare ad un momento superiore, proprio perché la natura non è consapevole di quelle leggi e i fenomeni si susseguono meccanicamente sempre uguali. Qualsiasi azione dell'uomo, anche la più perversa, è superiore alla natura, proprio perché l'uomo, nel bene come nel male, è consapevole delle proprie azioni.
La filosofia della natura viene divisa da Hegel in meccanica, fisica e fisica organica.

La filosofia dello spirito

Nel sistema hegeliano, è lo spirito a produrre le più alte realizzazioni umane, dalle istituzioni alla filosofia. Come ogni altro momento della filosofia hegeliana, lo spirito si dialettizza in tre momenti: spirito soggettivo, spirito oggettivo, spirito assoluto.

Spirito soggettivo

È il momento di transizione in cui lo Spirito emerge dalla Natura e attraverso essa passa nell'uomo cosciente e infine nella sua attività di pensiero e azione.

  • L'antropologia si occupa dello studio dell'anima, la quale non è altro che quel legame tra spirito e natura inteso da Hegel come carattere.
  • La fenomenologia studia lo spirito come
    • "coscienza",
    • "autocoscienza", e
    • "ragione".
  • La psicologia studia lo spirito nelle sue manifestazioni ossia: Conoscere teoretico, attività pratica e volere libero.
    • Il conoscere teoretico è quel processo tramite cui la ragione trova se stessa dentro di sè.
    • L'attività pratica è quell'unità di manifestazioni tramite cui lo spirito giunge in possesso di se stesso dall'esterno.
    • Il volere libero non è altro che la sintesi dei primi due momenti in quanto lo spirito, dopo aver trovato se stesso sia interiormente che esteriormente, si rende conto di essere libero.

L'individuo in cui si è incarnato lo Spirito soggettivo ha raggiunto la sua completezza e quindi riprende quel compito di una ricerca del vero e del bene universali andata delusa nelle fasi precedenti. A questo punto il soggetto individuale si rende conto di dover affrontare un compito infinito con forze finite. Lo soccorrerà lo spirito oggettivo che incarnandosi in forme e istituzioni superindividuali potenzierà le sue forze finite. Questo avverrà in un primo grado nella Legge esteriore che indicherà il vero e il bene a tutti coloro che la riconosceranno come tale.

Spirito oggettivo

Se lo spirito soggettivo è lo spirito individuale, la sua antitesi non può essere che lo spirito collettivo, vale a dire quello spirito che si oggettiva, si manifesta nelle istituzioni sociali e politiche che regolano la vita dell'uomo. Al termine della formazione dell'individuo , nell'individualità in sé e per sè, ultimo grado della Ragione, l'individuo tentava di dare completezza alla sua raggiunta maturità razionale cercando di realizzare un vero e un bene che potessero essere condivisi da tutti; ma il suo tentativo falliva perché si scontrava con i progetti di altri individui che anche loro cercavano di realizzare il loro ideale di vero e di bene (problema della libertà) e perché l'individuo si rendeva conto che le sue forze finite erano inadeguate a realizzare un compito infinito come quello del vero e del bene universali. Adesso sarà lo Spirito oggettivo a risolvere le difficoltà. Sarà la legge ad indicare coattivamente il vero e il bene universali e nel contempo lo stesso diritto risolverà il problema della libertà riconoscendo a ciascuno tanta libertà quanta questi è disposto a riconoscerne agli altri.

Diritto

  • Legge: il diritto è l'insieme delle norme che regolano la vita esteriore di ogni individuo. La legge esteriore indica quale deve essere il vero e il bene a cui devono adeguare la loro vita regolando nel contempo le singole libertà limitandole ma anche garantendole. La libertà si esprime attraverso la proprietà assicurata dalla legge a condizione che ci sia il riconoscimento reciproco dei diritti e il rispetto fra gli uomini tramite il contratto. La caratteristica fondamentale della legge è quella della universalità: essa deve valere allo stesso modo per tutti quelli che la riconoscono come tale.
  • Delitto : la violazione della legge, la negazione, l'antitesi del diritto verificata dalla realtà dei reati. Ma come sappiamo l'antitesi nega ma anche invera il momento precedente per cui il delitto dà senso e realtà alla legge. Una legge senza delitti è inutile ed inesistente e così delitti non previsti dalla legge non sono più tali. Il delitto inoltre deve conservare il carattere di universalità che caratterizza la legge: nel senso che il delitto non è mai qualcosa che riguarda la singola vittima del reato, ma la violazione della legge deve essere sentita come qualcosa che ha offeso tutta la collettività regolata da quella legge.
  • Pena: la sintesi il momento che nega il delitto e lo invera (aufheben), poiché se non vi è condanna è come se il delitto non fosse stato commesso e quindi come se la legge nonfosse mai esistita. La pena inoltre restaura il diritto violato e nello stesso tempo fa sì che la legge, proprio attraverso la gradazione delle pene a seconda delle mutate sensibilità della società, possa, come nuova tesi, progredire ed evolversi. La pena inoltre esprime ancora l'universalità, nel senso che deve essere sentita come giusta ed adeguata non solo da colui che ha subito il delitto ma da tutta la società. Per Hegel quindi ad esempio la pena di morte può essere considerata giusta se la società che la pretende la ritiene conforme al delitto commesso.Come le leggi così anche le pene rappresentano le società che le esprimono.

Moralità

La volontà impersonale che si concreta nella legge può entrare in contrasto con la volontà individuale che ha trovato una sua norma di condotta. Il diritto infatti non è garanzia di vita morale. La contraddizione verrà superata dalla moralità o legge interiore in cui la coscienza individuale riconosce l'universalità di una legge del dovere che impone un bene sentito come obbligatorio, che impone di fare il dovere per il dovere. Ritorna qui l'insegnamento della morale kantiana (cfr. Critica della ragion pratica) che però Hegel giudica sterile nel suo aspetto formale poiché lascia all'arbitrio e alla fantasia individuale stabilire il bene concreto che ciascuno deve operare. Il bene concreto che ciascuno deve realizzare sarà quello indicato dagli organismi sociali o da quelle comunità spirituali i cui interessi e i cui fini saranno per gli individui, che gli attribuiscono la loro rappresentanza, la legge a cui devono obbedire e il bene che devono realizzare. Insomma è pur vero che la legge esteriore m'impone di non uccidere ma appunto mi costringe a non farlo mentre la morale di una comunità spirituale, come ad esempio quella cristiana, mi indicherà lo stesso comportamento ma in base alla mia intima convinzione di non uccidere. Rimane sempre acclarato che per Hegel il valore dell'individuo è nullo al di fuori della collettività di diritto o morale in cui esso vive.

Eticità

L'ethos o costume rappresenta per Hegel la moralità sociale, lo spirito di un popolo dove convivono spontaneamente il dover essere, l'ideale, e l'essere, la realtà vivente.

In particolare l'ethos è la sintesi della legge esteriore e della legge interiore, della necessità e della libertà per cui l'individuo è veramente libero ed insieme "necessitato". Nel costume di un popolo, nelle sua abitudini di comportamento , vi è una legge non scritta che ha le stesse caratteristiche della legge scritta, vale a dire viene sentita come impositiva da tutti ma allo steso tempo risponde all'intima persuasione di tutti. L'eticità si presenta come sintesi di diritto e moralità: infatti se il diritto è esteriorità e la moralità è interiorità, l'eticità riassume in sé entrambi questi valori, in quanto il soggetto non segue più dei valori interiori, bensì dei valori interiorizzati. L'eticità, dunque, concilia il diritto e la moralità, supera la spaccatura tra l'interiorità propria della morale e l'esteriorità del diritto, in quanto il bene non è più un ideale, un dover essere, ma trova un contenuto concreto nei compiti etici che attendono ciascun individuo e che sono determinati dal proprio ruolo familiare, sociale e politico. D'altra parte il singolo non avverte il dovere (la legge) come un qualcosa di estraneo, un obbligo imposto dall'esterno, bensì come partecipazione intima e consapevole di quella condizione in cui ciascuno è posto.[5] Le istituzioni in cui si relizza l'ethos sono:

Famiglia

La famiglia è caratterizzata da legami non solo biologici, ma anche da sentimenti di fiducia, cioè da un'unità spirituale. Si articola anch'essa in tre momenti:

  • matrimonio, la costituzione della famiglia, momento fondato sul consenso libero e spirituale delle persone;
  • patrimonio,i beni materiali appartenenti alla famiglia, che devono assicurarle stabilità e ai figli mantenimento ed educazione;
  • educazione dei figli, il momento più importante della famiglia, secondo Hegel, poiché è con l'educazione che si realizza la famiglia. La procreazione fisica dei figli è in un certo senso ininfluente: i figli sono veramente tali quando sono oggetto delle cure materiali e spirituali dei gentori.
Società civile

Con l'educazione e l'allontanamento progressivo, le famiglie originarie si sciolgono. I figli abbandonano la famiglia per andare a formarne delle nuove. Queste nuove famiglie non sono più legate da un legame spirituale, e perciò giungono ad un momento in cui sussiste una perenne conflittualità. La società civile è il sistema dei bisogni e la cura degli interessi, come Hegel la definisce. La funzione è dunque simile a quella della famiglia, ma questa volta l'intervento avviene a livello giuridico, in cui bisogni e interessi vengono difesi dagli apparati statali, quali la polizia, la giustizia e le corporazioni. Nella società civile l'uomo diviene un uomo, poiché può soddisfare i propri bisogni, attraverso il lavoro, e vede i propri diritti e doveri riconosciuti attraverso la legge.
Uno dei compiti fondamentali della società civile è l'educazione dei giovani. Essa deve distaccarli dall'educazione familiare, nell'intento di creare una famiglia universale di tutti gli individui. Un altro compito è dato dal controllo degli egoismi privati, in cui la società deve intervenire su coloro che concentrano nelle mani troppa ricchezza a scapito degli altri. Al fine di tutelare tutti gli individui, la società deve promuovere la formazione di organizzazioni sindacali e di corporazioni professionali.
Hegel suddivide la società civile in tre classi:

  • agricoltori, coloro, cioè, che dispongono del patrimonio naturale che viene loro fornito dalla terra in cui lavorano;
  • lavoratori dell'industria e del commercio, cioè chi elabora il prodotto naturale per trasformarlo, vivendo quindi soltanto del proprio lavoro;
  • funzionari pubblici, che curano gli apparati statali e sono pertanto di fondamentale importanza ed esentati da ogni altro tipo di lavoro.

Da ciò scaturisce la necessità di un diritto pubblico, vale a dire un diritto valido per tutti e noto a tutti, diritto che deve essere fatto rispettare dalla magistratura e dalla polizia. In questo senso, grande importanza hanno le corporazioni, le quali sono abilitate alla costituzione di una propria polizia, sul modello delle corporazioni medioevali, al fine di proteggere i propri iscritti. Per questo motivo la corporazione si risolve come una seconda famiglia, che si prende cura dei propri iscritti in base al loro lavoro.

Stato

Lo Stato rappresenta la sintesi di famiglia e società civile, ed il momento più alto dell'eticità. Lo stato si colloca cronologicamente alla fine dell'ethos ma in realtà è presente logicamente fin dall'inizio nel senso che è già presente idealmente nella formazione della famiglie e della società civile che perderebbero di significato e di realtà se non mirassero sin dal principio alla formazione dello stato.

Hegel definisce lo Stato la realtà dell'idea etica,la prima manifestazione dell'assoluto, in quanto in esso si realizza l'intera eticità. Lo stato etico non è una somma di volontà individiduali è Spirito vivente, è la Ragione che con un'opera millenaria si è incarnata in un'istituzione al di sopra dei singoli.

«Lo Stato è l'ingresso di Dio nel mondo, certo esso sta nel mondo ed è quindi soggetto a svisamenti e ad errori . Ma come l'uomo più odioso, un delinquente, uno storpio, un ammalato sono pur sempre uomini, così è dello Stato. Il positivo, la vita esiste malgrado il difetto ed è questo positivo che importa»

Lo stato nasce non da un contratto stipulato fra gli individui, poiché non sono gli individui a formare lo Stato, bensì è lo Stato a formare gli individui.

  • Lo stato né liberale né democratico

È infatti impossibile, per Hegel, pensare uno stato di modello liberale, che altrimenti finirebbe per perdere ogni sua funzione nel semplice compito di tutelare gli interessi delle parti, ma anche di stampo democratico, in quanto la sovranità non può appartenere al popolo, perché il popolo senza lo Stato altro non è che una massa informe.

D'altra parte lo Stato è un'idea che non può esistere senza una materia reale, che è il popolo. Lo Stato è tutt'uno con il popolo. Per questo Hegel rigetta sia il contrattualismo, che il giusnaturalismo, in quanto per Hegel è inaccettabile che esista un diritto prima e oltre lo Stato. Tuttavia, lo Stato hegeliano non è da vedersi come dispotico, in quanto esiste pur sempre un sistema di leggi attraverso cui è lo stato a governare, non il popolo.

Lo Stato si costituisce autonomamente e nel modo migliore sviluppando una triadica divisione dei poteri: il potere legislativo, suddiviso in due Camere, l'una conservatrice, l'altra progressista, il potere esecutivo, che comprende magistratura e polizia, e il potere sovrano, che si identifica con il re, che è contemporaneamente individualità (in quanto il re è unico) e universalità (in quanto il re rappresenta l'intero Stato e quindi l'intero popolo). Il re, tuttavia, non ha un potere assoluto e per quanto possa operare liberamente dovrà sempre attenersi alla situazione legislativa vigente, che viene approvata ed emanata dagli altri due poteri.

Essendo lo Stato la più alta manifestazione dell'eticità, ed essendo lo Stato formato da un solo popolo, per Hegel appare impossibile e inaccettabile che possa esistere qualcosa che sia superiore allo stato, nemmeno un organismo di coordinamento sovranazionale. Pertanto il diritto internazionale non viene affatto contemplato da Hegel, che vede solo nei trattati fra gli Stati un semplice momento di comunicazione fra di loro. Trattati che gli stati possono, nella loro piena sovranità, sottoscrivere ed infrangere.

  • La guerra

Conseguenza di ciò, è che la guerra viene vista come un atto necessario per determinare i rapporti di forza, e stabilire le misure dei diritti dell'uno sull'altro. Pertanto, la guerra, questa è l' astuzia della ragione, gli uomini credono sia semplicente motivata da interessi materiali, in realtà ogni guerra è una guerra di idee in cui saranno sempre le migliori a prevalere.

La storia, prima di Hegel, veniva sempre vista come un susseguirsi caotico di eventi, suddivisibili in epoche dominate dalla ragione ed in epoche oscure: tale era la concezione propria dell'illuminismo, che aveva giudicato, per esempio, l'età di Pericle un'era illuminata e il Medioevo un'epoca buia, senza però considerare mai i rapporti che potevano sussistere fra due evi, anche se distanti fra loro. Hegel, invece, rigetta l'idea della casualità a favore della causalità. Se l'Assoluto è ragione, allora essa dominerà anche la Storia: ma dire che la storia è razionale, significa che essa non è un succedersi casuale di eventi, bensì è basata su un rapporto di causa-effetto, in base al quale la distinzione fra essere e dover essere svanisce. La storia, in pratica è già come dovrebbe essere, e non potrebbe essere altrimenti.

La storia è un succedersi di popoli, divisi in coloro che dominano il mondo e coloro che vengono dominati, allo stesso modo che fra gli individui, suddivisi in dominatori e dominati (in base al rapporto schiavo-padrone). E come gli individui, anche i popoli nascono, crescono e muoiono, per lasciare spazio a nuovi individui e nuovi popoli che continueranno a perseguire quell'obiettivo che è l'autocoscienza dello Spirito.

Il fine della storia è la libertà dello spirito, che per Hegel si manifesta nello Stato. I mezzi per conseguire questo fine sono gli individui e le loro passioni: queste spingono ogni individuo ad imprimere al mondo, alla realtà e alla storia, questa o quella direzione, in modo sempre necessario e in progressione. I grandi uomini della storia sono la più alta manifestazione di questa idea: con una sorta di astuzia, la Ragione spinge i grandi eroi della storia (come Giulio Cesare o Napoleone) a seguire e realizzare le proprie passioni e ambizioni. Ma se prima o poi essi sono destinati a perire o a soccombere, non è così per la Storia universale, che invece continua il suo progresso grazie alla caduta di questi grandi uomini. Dunque, per Hegel, gli uomini non agiscono, ma sono mossi da una forza più grande di loro.

I momenti in cui si realizza la storia universale sono tre:

Hegel vede infatti nello Stato prussiano, e nella sua abolizione dei privilegi nobiliari, la migliore realizzazione dello Stato. Infatti solo l'uguaglianza fra tutti i cittadini fa si che il singolo individuo possa sentirsi parte del tutto.

Spirito assoluto

Lo spirito assoluto rappresenta il momento in cui l'idea giunge alla coscienza di sé stessa, della propria infinità e assolutezza, ovvero del fatto che tutto è Spirito, e che il finito è la stessa vita dell'Assoluto. L'individuo ha a questo punto la possibilità di cogliere l'Assoluto e può farlo in tre diversi modi.

Arte

Con l'arte si ha l' intuizione dell'infinito nel finito (il bello). Hegel suddivide l'arte in tre momenti:

  • simbolica: ovvero quando contenuto e forma convivono in modo squilibrato, vale a dire, il messaggio spirituale non viene espresso in forme adeguate alla sua altezza, ma attraverso il simbolo;
  • classica: contenuto e forma sono in uno stretto equilibrio, che raggiunge il suo apice nella rappresentazione della figura umana, vista come la più armonica.
  • romantica: in cui si rompe nuovamente l'equilibrio tra contenuto e forma, in quanto nessuna forma può più esprimere la compiutezza dell'Assoluto, che cerca altre strade per esprimersi al meglio.

Religione

Con la religione si raggiunge l'unità dell'infinito con il finito, l'unione dell'anima con il divino. Questa unità si coglie perà nella forma della rappresentazione o del sentimento. La forma immaginativa della vita religiosa fa sì che questa unione dell'infinito col finito sia attribuita ad un Essere trascendente, mentre l' Assoluto è immanente alle coscienze, posto al di là del mondo e dell'uomo e nello stesso tempo è un Assoluto che si rivela all'uomo mentre esso è nell'uomo. Quel processo di unione del finito coll'infinito è eterno, è interiore mentre viene rappresentato dalla religione come compiutosi nel tempo e in un fatto e per virtù di un personaggio storico.

Hegel identifica nella storia dell'umanità quattro tipi di religione:

Anche il cristianesimo, come tutte le religioni, presenta però dei limiti, poiché si basano tutte sulla rappresentazione e non sulla comprensione del concetto, come invece accade con l'ultimo stadio dello spirito assoluto, ovvero, la filosofia.

Filosofia

La Filosofia è l'ultimo momento dello spirito assoluto. Anche essa è frutto di un processo storico dialettico che vede ogni filosofia negare e conservare la precedente. La filosofia è storia della filosofia. Questo processo che va dalla filosofia greca a quelle di Fichte e Schelling si conclude con l'idealismo la cui definitiva conclusione è la filosofia hegeliana.[6] Le filosofie precedenti non devono quindi essere viste negativamente ma piuttosto come un insieme di tappe necessarie che man mano negano quelle precedenti e vengono negate da quelle successive in un processo che termina con l'ultima filosofia: quella di Hegel.La filosofia giunge sempre troppo tardi perché arriva quando la realtà si è già compiuta («È come la nottola di Minerva che si alza in volo sul far della sera»).

Così come nella Religione, anche nella Filosofia è presente lo stesso contenuto, il rapporto tra finito ed infinito. Nella Religione questo rapporto è già dettato, e deve essere solo appreso per fede, mentre nella Filosofia la comprensione di questo rapporto è data tramite un processo di mediazione razionale, una serie di passaggi, fino alla comprensione dell' assoluto. La Filosofia, infine, riesce ad esprimere il Pensiero in modo adeguato, essendo puro concetto, così come il Pensiero stesso.[7]

Note

  1. ^ Espediente retorico utilizzato da Hegel per esporre tramite descrizioni metaforiche le sue concezioni filosofiche. Qualcosa di simile era già avvenuto con l'uso del mito nella filosofia platonica.
  2. ^ Com'è noto il rapporto servo-padrone troverà ampio svolgimento nella dottrina marxista.
  3. ^ Per completare la comprensione questa parte si passi direttamente alla Filosofia dello Spirito alla sezione Spirito soggettivo.
  4. ^ La prima categoria della logica: il Divenire è la giusta rappresentazione della visione idealistica della incessante attività del pensiero.
  5. ^ Valga come esempio banale di ethos considerare come nelle società civili certi comportamenti, come per esempio l' aspettare il proprio turno per eseguire una certa operazione, non siano regolati con la forza della legge da tutori dell'ordine ma tutti liberamente li mettono in atto perché sentono, in modo spontaneo, la necessità di comportarsi in quel modo.
  6. ^ A questo proposito nell'ambito della Scuola hegeliana, che si costituì dopo la morte del maestro, si disputò tra una Destra e una Sinistra se la filosofia hegeliana e se lo Stato prussiano fossero da considerare le ultime e supreme manifestazioni dello Spirito assoluto o se, in base alla stessa infinita dialettica hegeliana, fossero destinate ad essere superate.
  7. ^ L'assoluto come risultato: Hegel scrisse una prefazione alla sua Fenomenologia solo dopo aver concluso l'opera. In essa scrive che «Il vero è l'intero. Ma l'intero è soltanto l'essenza completata mediante il suo sviluppo. Si deve dire dell'Assoluto che esso è essenzialmente un "risultato" e solo "alla fine" esso è ciò che è veramente; e la sua natura consiste nell'essere effettualità, essere soggetto o divenire se stesso.» Hegel spiega perché l'Assoluto debba essere considerato un risultato e non un cominciamento con un esempio. «Se io dico "tutti gli animali", queste parole non varranno mai una "zoologia", allo stesso modo, "divino", "assoluto", "eterno", ecc. non esprimono quel che vi è contenuto; quelle parole esprimono solo l'intuizione, l'immediato. Quel che è di più in quelle parole...contiene un "divenir altro" che deve essere ripreso, contiene una "mediazione". Ma della mediazione si ha un sacro orrore come se si rinunziasse alla conoscenza...» Insomma: se parlo solo di "tutti gli animali" senza parlare dei singoli animali che, presi ciascuno in sé, non sono "la zoologia", non comprenderò mai la zoologia; se non dò concretezza all'astratta determinazione, se non percorro un processo che comprende i momenti parziali, ciascuno come momento costitutivo dell'Assoluto, procedendo per mediazioni, non arriverò mai a conoscere l'Assoluto che tuttavia è già presente fin dall'inizio del processo. Per giungere al "sapere propriamente detto", per produrre il puro concetto «il sapere deve affaticarsi in un lungo itinerario. Tale divenire...sarà ben altro di quell'entusiasmo che, come un colpo di pistola, comincia immediatamente dal sapere assoluto e si trae dall'impiccio di posizioni diverse, dichiarando di non volerne sapere.» Consumando con queste parole la rottura - personale e ideale - da Schelling, Hegel fonderà decisamente il suo sistema filosofico.

Bibliografia

Traduzioni italiane delle opere maggiori

  • Fenomenologia dello spirito, a c. di E. De Negri, Firenze, 1933, numerose riedizioni.
  • La scienza della logica, a c. di A. Moni, Bari, 1924, numerose riedizioni.
  • Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, a c. di B. Croce, Bari, 1907, numerose riedizioni.
  • Lineamenti di filosofia del diritto, a c. di F. Messineo, Bari, 1913, nuova edizione a c. di A. Plebe, 1954, numerose riedizioni.

Saggi su Hegel

  • Benedetto Croce, Saggio sullo Hegel, Bibliopolis, Napoli,2006
  • Karl Lowith, Da Hegel a Nietzsche. La frattura rivoluzionaria nel pensiero del secolo XIX, Torino, Einaudi, 1949
  • Giorgy Lukàcs, Il giovane Hegel e i problemi della società capitalistica, Einaudi, 1960
  • Jean Wahl, La coscienza infelice nella filosofia di Hegel, Milano, ILI, 1971
  • Jean Hyppolite, Genesi e struttura della Fenomenologia dello Spirito di Hegel, Firenze, La nuova Italia, 1972
  • Ernst Bloch, Soggetto - oggetto. Commento a Hegel, Il Mulino, Bologna, Il Mulino, 1975
  • AA. VV., Interpretazioni hegeliane, Firenze, La Nuova Italia, 1980
  • Alexandre Kojève, Introduzione alla lettura di Hegel. Milano, Adelphi, 1996
  • Martin Heidegger, "Il concetto Hegeliano di esperienza", in "Sentieri interrotti", La nuova italia, Milano 1999.
  • Martin Heidegger, "Hegel e i greci", in "Segnavia", Adelphi, Milano 2002.
  • Martin Heidegger, "La fenomenologia dello spirito di Hegel", Guida, Napoli 2000.
  • Martin Heidegger, "Colloquio sulla dialettica", in "Archivio di filosofia" LXVIII /2000 /1-3.
  • Remo Bodei, "Sistema ed epoca in Hegel", Il Mulino, Bologna 1975.
  • AAVV, "La logica di Hegel e la storia della filosofia", Edizioni AV, Cagliari 1996.
  • Cesa, Claudio (a cura di) - "Guida a Hegel", Laterza, Roma-Bari 2004.
  • Fabro, Cornelio - "La prima riforma della dialettica hegeliana", Editrice del Verbo Incarnato, Segni (RM) 2004.
  • Henrich, Dieter - "Hegel im Kontext", Suhrkamp, Frankfurt a.M. 1981
  • Lugarini, Leo - "Hegel. Dal mondo storico alla filosofia", Guerini e associati, Napoli 2000.
  • Vitiello, Vincenzo - "Dialettica e ermeneutica", Guida, Napoli 1976.
  • Bedeschi, Giuseppe - "Hegel", Laterza, Bari 1993.

Collegamenti esterni

Voci correlate

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